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Amanda e la capra

C’è un giochino perverso che mette il concorrente di fronte a tre porte.
Dietro una delle tre porte c’è una bionda mozzafiato; dietro ognuna delle altre due, una capra.
Una volta operata la scelta, il presentatore, con un pizzico di malvagità, apre una delle due porte che non sono state scelte.
Una porta che cela, ovviamente, una capra.
Ora il concorrente sa che dietro le due porte rimaste (una delle quali era la sua prima scelta) c’è rispettivamente Amanda Seyfried, e il simpatico esponente del genere Caprini, famiglia dei Bovidi.
Che rumina.

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Piloti per un giorno

“La libidine è qui” diceva Guido Nicheli, indimenticabile caratterista italiano, “sole, Whisky… e sei in pole position”

Il sole c’è, il Whisky lo teniamo per dopo, aggiungiamo una monoposto e l’asfalto dell’autodromo di San Martino del Lago (Cr) e siamo in pole position pure noi, comunque vada la giornata, anche se ovviamente più andiamo forte e meglio è. La monoposto è una Formula Junior, categoria tra le grandi classiche dell’automobilismo, guidata negli anni d’oro da piloti del calibro di Clark, Hulme, Surtees e Bandini: linea old-style come piace a noi, rossa fiammante, niente ali (da regolamento), ruote scoperte, telaio tubolare pannellato in alluminio, gruppo motore/cambio/differenziale posteriore, motore Fiat Fire 4 da 1200cm3 con 4 cilindri in linea e 90 cv di potenza su soli 350 Kg di peso, divertimento assicurato!

Ci mette a disposizione il mezzo la Rubini Corse, nome noto per gli amanti del Motorsport: il team piacentino mosse i primi passi in un’officina di provincia grazie al fondatore Armando, il figlio Duilio proseguì poi nell’attività e corse ad alti livelli arrivando alla fine dei ’70 alla vittoria nel campionato italiano turismo, cui presero parte piloti del calibro di Nannini, Pirro e Alboreto, oltre a partecipazioni e successi in Mg Metro Challenge, Formula Italia e Formula Fiat Abarth, spesso vetrina per le gare di Formula 1 a Imola e Monza. Terminata la carriera da pilota, Rubini divenne preparatore ufficiale Mg Metro e capo meccanico PiemmeMotors in Formula 3, categoria in cui vinse il campionato italiano nel 1992. Oggi ci accompagna Davide, l’ultimo della “Dinastia”, già pilota di Formula 3, Seat Ibiza, Seat Leon e Mazda Mx5, pilota “titolare” della Junior, anche se ritirato da qualche anno.

Casco giallo creato come tributo per ricordare la livrea in versione italianizzata dell’elmetto del mio eroe purtroppo scomparso, tuta biancorossa con un solo sponsor e la toppa nostalgica “Sex breakfast of champions”, tutto è pronto per le procedure di partenza: due parole con il meccanico in merito ai settaggi dell’auto, cinture strette da togliere il fiato, volante inserito, motore acceso e sono brividi. C’è un altro ragazzo che si alternerà alla guida, non c’è nulla da vincere, ma lo spirito è quello: vedere i tempi al muretto ad ogni giro e puntare ad abbassare quello del rivale/amico è già una motivazione in più. Dentro ad un abitacolo angusto e caldo mi viene da pensare che in fondo siamo tutti uguali: dai cavalieri del rischio del passato ai piloti moderni, così vincolati a regolamenti che probabilmente non piacciono nemmeno a loro, passando per chi ci ha provato e non è riuscito, chi corre a livelli amatoriali, fino a noi che riusciamo a ritagliarci qualche giornata di libertà, tutti uniti dalla stessa passione, dalla voglia di competere contro sé stessi e gli altri, di sentire il rombo dei motori e l’odore della benzina.

Si parte, esco dai box e posso destreggiarmi tre la curve di una pista di quelle che ti fanno “rizzare il pelo”: un misto iniziale con doppia a sinistra e doppia a destra dove l’asfalto è leggermente sconnesso e in staccata tende a far scivolare l’auto (lo so bene, lo scorso anno ho insabbiato un’altra monoposto in quel punto), poi terza/quarta e si affronta un breve rettilineo interrotto da una curva in pendenza verso destra, alzando leggermente il piede si arriva ad un tornante “da seconda”, accelerazione in uscita e via verso il punto più bello della pista: curva verso destra in accelerazione, tieni giù il piede e senti l’auto che va verso l’esterno, c’è solo da fidarsi del mezzo e tenere premuto l’acceleratore fino alla staccata di un altro tornante sinistro che immette in un lunghissimo rettilineo, giù tutta e arriviamo a circa 200 chilometri orari, non è certo la velocità di una Formula 1 ma seduti per terra con il motore “a tutta” e le vibrazioni sembra di volare! A 150mt staccata violenta e si entra nell’ultimo misto, abbastanza lento e tecnico: sinistra, destra, sinistra e ritorno al rettilineo del traguardo, breve con staccata a 50mt a sinistra all’interno del misto iniziale.

Primo turno dedicato in gran parte a scaldare le gomme con un paio di rientri per controllo temperature e regolazione frenata, poi tocca all’altro “collega” scaldarsi e imparare la pista, fortunatamente non troppo trafficata  anche se popolata da mezzi decisamente performanti, quali un prototipo 2000cc, due Formula 3 e una Formula 4 del team Antonelli, mentre nei turni a ruote coperte girano un Audi Dtm, due Leon da trofeo e due Porsche, insomma anche nei momenti di attesa c’è da divertirsi e la colonna sonora è di quelle che preferiamo, ovvero motori assordanti, staccate al limite e accelerazioni violente.

Ritento con un secondo turno ma non riesco ad ottenere granché in quanto un Formula 3 si insabbia dopo pochi giri ed è bandiera rossa, rientro ai box e approfittiamo per controllare la vettura in attesa che la Gru riporti l’altro mezzo ai box, ritorno in pista e purtroppo c’è un problema con il cambio (chi è più aggiornato di me sulle vicende dei gran premi mi fa notare che i problemi al cambio per le auto rosse sono la normalità), si rientra ai box, così possiamo verificare anche l’abilità del team che ci ha offerto questa giornata: mentre noi “piloti” ci fermiamo per il pranzo confrontandoci su pista e vettura, i meccanici provvedono rapidamente alla riparazione e dopo la pausa il mezzo è di nuovo pronto, ma ora tocca al collega.

Nel primo turno sembrava timido ma deve aver preso confidenza, ad ogni passaggio migliora, dal muretto gli mostriamo i tempi ed evidentemente lo motiviamo perché chiude la sessione con un crono ottimo, secondo le richieste di Rubini che ci aveva invitato a scendere sotto il muro dei “40. Missione compiuta, almeno per lui, ma ora tocca a me! Entro in macchina e dico sorridendo al collega che non si va a casa finché non ho battuto il suo tempo.

Scendo in pista per l’ultimo turno… dopo il riscaldamento, le regolazioni e le noie al cambio è ora di fare sul serio: un paio di giri e con gomme “calde” si inizia a tirare, avendo già girato su questa pista con una vettura completamente diversa devo prendere i riferimenti guidando al limite, inizio con qualche crono un pò alto, il tempo del collega è ancora lontano, è ora di prendere qualche rischio, staccare più avanti, accelerare prima in uscita, fidarsi del mezzo anche quando sembra “partire”. Il cambio nuovo funziona a meraviglia, la monoposto tiene ed è sincera nel comportamento, una vera auto da corsa, passo davanti al muretto e ad ogni tornata i tempi scendono, finalmente ci siamo, il best lap è mio, altri due giri per migliorare ancora ed è bandiera a scacchi, sto rientrando ai box e già sale un pò di malinconia.

Arriva dunque la parte meno felice della giornata: andiamo a saldare il conto alla pista mentre i meccanici provvedono a pulire e caricare il mezzo, spostando le attrezzature dai box al furgone, poi siamo pronti per rimettere gli abiti civili confrontandoci un’ultima volta sui tempi, staccate e traiettorie, c’è ancora tempo prima di tornare a case e pensare a clienti, fatturati e conti vari, oggi il nostro “lavoro” è quello del pilota e ce lo godiamo fino in fondo. Si ritorna a casa, ma mentalmente ci stiamo già preparando per il prossimo appuntamento, probabilmente a Varano dè Melegari, nel circuito intitolato a Riccardo Paletti, con il pensiero di migliorare e prepararsi per tentare in futuro anche qualche partecipazione in gara.

Si, decisamente questa passione è sana, ci unisce e offre sempre grandi stimoli, non siamo di certo Hamilton e Alonso alla guida di una Formula 1, ma per un giorno ci siamo sentiti proprio come loro.

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HEARTBREAK RIDGE

Ringers carissimi, per festaggiare degnamente i sacri misteri del giovedì sul Bring eccomi qua ad usare il titolo originale di un film da me ritenuto la pietra angolare di ogni uomo degno di essere chiamato tale per parlare (ed invitarvi a fare altrettanto) delle volte in cui la F1 mi ha spezzato il cuore, sportivamente ed umanamente.

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2016 FORMULA 1 BRITISH GRAND PRIX Silverstone

Ed eccoci arrivati alla decima ripresa di questo infinito incontro di boxe che ottimisticamente chiamiamo “Mondiale di Formula 1”.
Le gambe sono pesanti e la guardia è ormai bassa a causa del fiato corto e della serie impressionante di Jab che sta tirando il nostro avversario principale: la noia.
Sì perché nonostante il circo itinerante sia giunto ad una tappa carica di Storia, quella Storia con la esse maiuscola che oggi preferiamo barattare con le hospitality piene di vip e le piscine bordo pista stracolme di champagne, l’impressione generale è quella di assistere ad uno spettacolo di arte varia orchestrato alla bell’e meglio.
Nulla a che vedere insomma con l’abile sceneggiatura degli anni passati quando l’equilibrio e l’imprevedibilità erano parte integrante dell’assegno in bianco che lautamente giravamo a Bernie Ecclestone.
E quando non lo era, ci pensavano trovate regolamentari degne del Teatro dell’Assurdo a riportare tutto nell’ambito della commedia dell’arte.

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FORMULA 1 GROSSER PREIS VON ÖSTERREICH 2016 Spielberg

Eccoci così giunti alla nona prova del Mondiale 2016 cari Ringers, la F1 è di scena in Austria questo weekend col GP in programma sul Redbull Ring ex A1 Ring sorto nel 1997 sulle ceneri del gloriosissimo Österreichring che chiuse i battenti dopo la controversa edizione di 10 anni prima la quale necessitò di ben 3 partenze per sancire un via regolare. Quando Dieter Mateschitz decise di comprare il circuito in oggetto nel 2004 dichiarò che l’obiettivo era ridar vita al leggendario Österreichring salvo poi optare per un progetto di implementazione dell’A1 Ring verso ovest (stoppato dalle proteste degli ambientalisti) finendo infine per ri-ottenere l’omologazione da parte della FIA nel 2010 con una configurazione assolutamente identica a quella del noto A1 Ring ove la F1 corse fino al 2004. Il paradosso è che, esattamente come per Silverstone, essendo il tracciato di base talmente superlativo anche la sua versione “light” a tutti gli effetti era e resta un ottimo tracciato aiutato in tal senso dai dislivelli naturali tipici della Stiria. Parlando di dislivelli penso si possa ragionevolmente concordare sul fatto che grossa parte delle “maledizioni” che si è tirato addosso Tilke siano state dovute all’aver sempre e solo tracciato su distese assolutamente piatte (ed infatti Austin col suo COTA è la (splendida) eccezione che conferma la regola). E dire che, anche qui come per molte altre cose di buon senso, non serviva un Dottorato in Fisica Quantistica per arrivarci ma appunto solo buon senso. Temo che ormai suddetto buon senso sia più raro del già citato Dottorato.

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