Non c’è bisogno che vi spieghi chi sia Mandrake e soprattutto quello che si inventava pur di raddrizzare una situazione a suo favore, perché assistere al GP degli Stati Uniti, è stato come essere testimoni di una vera e propria mandrakata da parte di Verstappen, LeClerc e tutta la Ferrari.
Innanzitutto chi è il vero vincitore del GP svoltosi domenica scorsa? Il sottoscritto non ha dubbi, di sicuro è stato Max Verstappen. Con tutto il rispetto per la doppietta Ferrari, della quale ne parlerò dopo, mi pare evidente che la vera attenzione in questo momento sia rivolta tutta verso il decidere su chi sarà campione del mondo e, il fatto che Charles sia stato “dimenticato” dalla regia (fosse sempre cosi ci metterei la firma!), ne è la prova concreta. Per Norris è, anzi era imperativo, finire ogni GP con uno scarto da Verstappen di almeno sette punti. Dico era perché il primo dei sei GP è andato e naturalmente, considerando che l’inglese è finito dietro il campione del mondo, ora lo scarto con cui deve terminare i restanti GP inevitabilmente aumenta. Inutile esercizio aritmetico il mio comunque, perché già prima del Texas l’impresa per Norris era improba, figuriamoci ora dopo la mandrakata che ha fatto il campione del mondo. Red Bull si è presentata in quel del Austin con dei correttivi (ormai gli aggiornamenti servono solo a risolvere i casini fatti con gli upgrade portati in precedenza) alla vettura, per cercare di arrivare a fine mondiale con almeno uno dei due titoli al sicuro e, considerando come si è svolto il week end, questi aggiornamenti di certo non sono stati miracolosi (esistono i miracoli in F1?) perché non abbiamo visto la RB20 dominare o comunque avere un vantaggio di quattro decimi al giro sul resto del mondo. Il vero aggiornamento della Red Bull si chiama Max Verstappen, il quale nel momento in cui il gioco si fa duro, nel momento in cui l’odore dell’obiettivo si fa sempre più intenso, ecco che si mette in modalità “non si fanno prigionieri” e semplicemente non ce n’è per nessuno. Il buon Lando è un pilota molto veloce e, purtroppo per lui, la velocità unita ai bei sorrisi che sfoggia in ogni occasione, servono a ben poco contro un animale quale è il suo avversario ed infatti, li dove bisogna avere nervi saldi ed una tenuta mentale non indifferente, ecco che crolla e tutte le sue certezze si sciolgono come neve al sole. Lando semplicemente non è all’altezza del compito assegnatogli, inutile girarci attorno e, semmai qualcuno aveva ancora dubbi o Dio non voglia aveva speranze perché potesse vincere un mondiale (perché sarebbe puro masochismo sperare in questa impresa per l’inglese!), di certo il Texas ha fugato ogni incertezza a riguardo. L’emblema di ciò che affermo sono stati gli ultimi giri del GP americano, in luogo del quale si è consumata la mandrakata dell’olandese tenendo dietro il povero Lando: gioia per gli occhi per chi stava sul divano di casa e, agonia lenta e dolorosa per chi era dietro il campione del mondo che disperatamente tentava di sorpassarlo. Il problema di Lando (eppure in Austria ha avuto un assaggio di tutto ciò) che non gli vuole entrare nel cervello, è che se vuole sorpassare Verstappen in gara, mentre si sta giocando un mondiale tra le altre cose, è quello che deve accettare che per riuscirci deve arrivare al contatto, perché alla fine della percorrenza della curva ne deve uscire solo uno, cioè Max oppure nessuno di tutti e due! Durante i tentativi di sorpasso Verstappen faceva quello che voleva in barba al regolamento, che dice che non puoi sforare oltre un certo numero di movimenti (sigh) in difesa e, Lando non ha fatto altro che cadere nella sua rete e con lui, tutta la squadra: infatti anche loro sono stati degli ingenui visto che non hanno detto al loro alfiere di restituire subito la posizione, in maniera tale da riprovarci nei giri finali (ne mancavano ancora tre), dato che l’inglese aveva gomme più fresche. In tutto questo dramma che si consumava ai danni di Norris mi sono chiesto dove fosse Piastri. Perché il giovane e promettente australiano, quando c’è da vincere, è sempre presente mentre quando c’è bisogno di lui, praticamente è assente. Cosa sarebbe stata la lotta tra i due contendenti al titolo se Max fosse stato disturbato dal compagno dell’inglese papaya? Suppongo che Max avrebbe dovuto fare il doppio del lavoro o, per meglio dire, una mandrakata ancora più eclatante. Indipendentemente dalle scialbe prestazioni di Piastri in Texas, il quale al momento è troppo altalenante e probabilmente inesperto per contare su di lui, il responsabile di tutto questo rimane sempre il buon Lando il quale, ha vanificato nuovamente una partenza dalla pole, che persino Russell dai box aveva letto. A mio modesto giudizio il mondiale si chiude ad Austin e sebbene mancano ancora cinque GP, dove sicuramente tutto può succedere, le probabilità ormai pendono tutte dalle parte di Max il quale, mai come quest’anno andrà a vincere un mondiale dove ha fatto di sicuro la differenza: un campione si vede proprio in situazioni come quelle che sta vivendo Verstappen in questo 2024 e cioè, quando c’è da vincere lo fa e, quando c’è da massimizzare il potenziale che ha a disposizione, semplicemente porta il risultato a casa… chapeau!
Chi di certo non è stato a guardare ed aveva già capito tutto, in fase di partenza, è stato proprio il nostro Mandrake rosso LeClerc che addirittura partiva dietro il suo coriaceo compagno di box. Naturalmente la Sprint Race, che purtroppo inquina un weekend che non ha bisogno affatto di questo format, non ha fatto altro che far incazzare (agonisticamente parlando) prima il monegasco e, fargli prendere le misure dopo per la gara di domenica. Charles già sapeva tutto: sapeva che aveva la macchina per vincere, sapeva che se voleva tagliare il traguardo per primo doveva come minimo uscire da curva uno davanti a Carlos e, soprattutto sapeva cosa avrebbe fatto Verstappen in partenza. Il monegasco, freddo come un consumato Killer, non si fa pregare per quell’occasione che gli viene donata e semplicemente fa quello che ci si aspetta da uno come lui. La vera cosa che a Charles manca in questo momento è quella di gareggiare in questo modo per un lungo periodo: il monegasco, a causa principalmente di non avere sempre un mezzo all’altezza, è costretto spesso e volentieri a rimanere a remare in posizioni di rincalzo mentre, come già detto più volte, stare davanti non fa altro che aumentare la tua fiducia perché essere in testa, ti pone in una condizione mentale che è completamente diversa dallo stare terzo o quarto. La regia ha “dimenticato” Charles come quando succedeva con il Michael dei bei tempi che furono eppure, nella sua solitudine, il monegasco ha dovuto gestire gomme e vettura e nel contempo si preoccupava di non essere rotto le palle dal compagno, chiedendo via radio alla squadra la strategia che lo avrebbe lasciato in una posizione di sicurezza. Visione di gara, gestione impeccabile delle gomme che si vanno ad aggiungere al resto del repertorio che già aveva… a Charles manca solo una cosa che vanno a completare il pacchetto di questo pilota ed è il mondiale. Al campione in pectore della Ferrari si unisce il compagno di squadra che, proprio grazie alla sua bravura (Sainz non ha il talento di Charles eppure è proprio la sua attitudine al lavoro che lo rendono pericoloso… che coppia di piloti che ha la Rossa!) ha costretto Charles ad alzare il tiro, come si suol dire e quindi, inevitabilmente lo ha messo in condizioni di migliorare. Ferrari, inteso come Team, dal canto suo non è stata da meno visto che la vera mandrakata, è stata quella di anticipare gli sviluppi che proprio ad Austin avrebbero dovuti portare, in modo tale che hanno avuto tutto il tempo per iniziare a comprenderli e, la pista texana è servita solo come banco di conferma. Quanto visto domenica scorsa lascia ben sperare e nel contempo deve far stare con i piedi per terra: alla fine del mondiale mancano ancora cinque GP dove tutto può succedere, mandrakate incluse.
Vito Quaranta