FORMULA ONE SEASON REVIEW: 2001

Eccoci arrivati alla Stagione 2001 la quale, come prevedibile, catalizzò un interesse inferiore alla precedente, nella quale la Ferrari finalmente tornò all’iride Piloti.

Non è comunque un anno che tralascerei: a parere di chi scrive, il Campionato del Mondo di Formula 1 2001 rappresenta l’ultimo anno di competizione in continuità con la tradizione sportiva, tecnica e “giuridica”. A partire da quest’anno infatti si intravede all’orizzonte un mutamento nella mentalità della F1, che nel medio termine portò lo sport ad assumere la forma attuale.

Per esempio, la stagione 2001 avviò il processo di “de-deregulation”. Detto in termini umani, nell’ottica di ridurre le prestazioni la FIA iniziò la pratica di porre vincoli sempre più stringenti sulla tecnica delle vettura, pratica legislativa che ha toccato l’apice nel triennio 2014-2016. A titolo d’esempio, introdusse un limite sugli elementi dei profili alari dell’ala posteriore (tre per la parte superiore e uno per la parte inferiore) quando fino all’anno prima non ve n’era alcuno. L’innalzamento di 5 cm dell’ala anteriore causò una serie infinita di grattacapi ai team, tanto da poter essere considerata una neanche-tanto-piccola rivoluzione (secondo alcuni anche più importante della restrizione della carreggiata del ’98).

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Sul versante della sicurezza, la FIA diede un giro di vita sui telai (scocche più lunghe, misure interne maggiorate, nuove protezioni) e introdusse crash test più severi. Il risultato fu un aumento del peso di 10/15 kg, esasperando la ricerca dei team in tutti gli altri settori nel tentativo di ridurre il peso totale delle monoposto. Insomma, si avvia anche l’incremento annuale del peso delle vetture, una costante dei nostri tempi.

Fu anche la stagione della liberalizzazione dell’elettronica (sotto forma di TC e di launch control) per porre termine alle infinite polemiche che si scatenavano ogniqualvolta una monoposto sembrava erogare la potenza meglio delle altre. A conti fatti fu una ammissione di impotenza dei commissari tecnici della FIA, incapace di scovare le infrazioni in questo complesso settore.

Ad ogni modo il campionato non venne ancora viziato da quel largo e preponderante utilizzo dell’elettronica che avrebbe invece caratterizzato gli anni a venire, in particolare dal 2003 in poi (2003 che spezzerà  per sempre la F1 intesa in modo tradizionale, come avremo modo di vedere tra qualche settimana).

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Il 2001 sarà l’ultimo anno di una F1 tradizionale, senza regolamenti idioti, regole “ad personam” e interferenze di giudici e direttori di gara alla costante ricerca dello spettacolo.

Non prendetemi per nostalgico – per dire, approvo il DRS. Non voglio sminuire la F1 attuale e neanche ignorare i difetti dell’epoca (che tutto sommato sono i problemi “tradizionali” della F1). La politica continuò a giocare un ruolo importante nella vita dei team, e Williams e McLaren in varie occasioni furono frustrate dalle decisioni dei responsabili tecnici. Del resto in un mondo dove andavano concentrandosi sempre più case costruttrici diverse sarebbe stato impensabile il contrario. A parte poche eccezioni le gare erano povere di sorpassi in pista – se la F1, in termine di pura azione in pista, proponesse oggi lo stesso spettacolo di allora si scatenerebbero lamentele sulla “formula noia” ad ogni gara – e ricche di sorpassi ai box. Meno male che hanno abolito i rifornimenti.

Il concetto però è che erano corse dove nessuno, tra piloti, team e progettisti, si risparmiava per ottenere quanta più prestazione possibile, senza limiti che non la distanza di gara e quelli imposti dalla sicurezza. Al di là della distanza temporale, che abbellisce quasi ogni periodo passato, questo è il motivo per cui oggi si guarda con rimpianto alla F1 dell’epoca.

Team e piloti

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Riguardo ai team, è stato l’anno del dominio netto della Ferrari, che si riconferma in entrambi i campionati. La F2001, un concentrato di potenza, eleganza e affidabilità, è una logica evoluzione dell’illustre predecessore. Unica tra i top team a mantenere una continuità dopo il cambio di regolamenti, la monoposto si è rivelata subito competitiva e capace di esprimersi ad ottimo livello in tutte le piste, a differenza dei rivali. Nei singoli elementi (telaio, aerodinamica, motore, sospensioni, gomme, elettronica) concedeva qualcosina agli avversari ma nella globalità si rivelava imbattibile. L’affidabilità costituì il principale punto di forza: 90% di arrivi, contro il 75% e 69% di McLaren e Williams, e nessuna defaillance nei momenti chiave.

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Anche sul lato piloti la Ferrari si è mostrata ai vertici. Il Kaiser si conferma campione con quattro gare di anticipo sulla chiusura del Mondiale dopo averne vinte 7 su 13 a fronte del paio vinte da Coulthard e Ralf e dell’unica vinta da Mika nello stesso lasso di tempo. Al contrario, era e resta un mistero come fece Barrichello a non portarsi a casa nemmeno un Gran Premio per tutta la stagione. Specie alla luce del fatto che l’anno prima corse un’ottima stagione di esordio, culminata nella vittoria di Hockenheim, che lasciò erroneamente presagire spiragli di qualcuno che poteva essere destinato a qualcosa di meglio dell’essere un gregario.

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La McLaren Mercedes MP4/16 sarà la vera delusa del campionato, 102 punti contro i 170 della rossa. La scarsa affidabilità della vettura inglese, frutto di un progetto estremo e del Mercedes-Benz che ha pagato il ban del berillio più della concorrenza, frustreranno le sue altrimenti ottime prestazioni velocistiche. Insomma, come il 2000 ma peggio.

La Stagione 2001 fu anche l’ultima di Mika in F1. Fu sottotono, vinse il primo GP stagionale solo a Silverstone bissando poi ad Indianapolis nel weekend in cui annunciò il ritiro prima di picchiare molto duro nel warm-up rischiando la buccia (da Adelaide 1995 correva sapendo che con un altro trauma cranico importante sarebbe passato a miglior vita). Si ritirò un Signore della Formula 1, uno dei pochissimi (se non l’unico) del quale è impossibile ricordare anche solo la minima scorrettezza.

A David Coulthard invece non bastò disputare la migliore stagione nella massima serie per sfidare Schumacher. Per quanto in grado di infastidirlo all’inizio, sul lungo periodo si dimostrò incapace di reggere il peso della lotta mondiale.

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Dopo anni opachi, la Williams tornò alla ribalta come terzo incomodo. Terza nel Costruttori come nel 2000, il punteggio stavolta è molto più importante: 80 punti contro 36, quattro vittorie (le prime dal ’97) contro tre podi. In più di un’occasione si è rivelata essere l’avversaria principale della Casa di Maranello. Il merito principale è da ascriversi al 10 cilindri BMW, al secondo anno nella serie ma già il più potente propulsore del lotto. Un’altra componente chiave del ritorno ai vertici è stato l’utilizzo di coperture Michelin, al ritorno nel circus dopo 16 stagioni di assenza ma competitive fin da subito e fondamentali in almeno due vittorie.

Quando penso al 2001 le prime due cose che mi vengono in mente sono il Kaiser che si conferma Campione a Budapest e Juan Pablo Montoya. Complice l’eclissi progressiva di Mika, il debuttante della Williams fece subito pensare a lui come il nuovo rivale del Kaiser. La Storia dimostrerà che sarà Alonso a detronizzarlo nel 2005 ma quello che mancò a JPM dal 2001 al 2004 fu una Williams all’altezza della Ferrari, non il manico né gli attributi. Al massimo una maggior freddezza.

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La Sauber Petronas C20 fu, tra i team, la rivelazione dell’anno, considerando il pessimo 2000. Con Nick Heidfeld (a podio in Brasile) e il debuttante Kimi Raikkonen (… sapete la storia) si aggiudicò la quarta piazza nel Costruttori. Un contributo importante venne fornito anche dal V10 Ferrari dell’anno prima, potente e affidabile. Da un punto di vista tecnico si distinse anche per uno sviluppo intenso e per diverse soluzioni in anticipo sulla concorrenza.

Raikkonen fu presto strappato alla Sauber a peso d’oro dalla Mclaren. Peter Sauber ancora ride ripensando alla Galleria del Vento che si costruì grazie ai soldi di Woking.

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Il team di Eddie Jordan, nonostante discrete ed interessanti prestazioni velocistiche, pagò a caro prezzo l’inaffidabilità di una EJ11 forse troppo estrema, un Trulli veloce ma a volte dispersivo (e sempre sfortunato) e le polemiche interne con un Frentzen in fase calante. Il tedesco venne licenziato prima del tempo, con Alesi a rilevarne il posto nelle ultime gare. Però aveva la livrea di gran lunga più figa dello schieramento.

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La BAR Honda 003 al contrario pagò un progetto eccessivamente conservativo. La vettura, una banale evoluzione della buona 02, non mostrò mai grandi doti velocistiche. Un’ottima affidabilità permise comunque a Jacques Villeneuve di sfruttare le defaillances dei top team per ottenere i podi in Spagna e in Germania. I primi per la BAR, gli ultimi per il canadese (le cui prestazioni saranno influenzate dalla vertebra schiacciata procuratosi in Australia).

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I risultati della Benetton-Renault B201, settima nel Costruttori con una vettura lenta e poco affidabile, farebbero pensare a una delusione. In realtà della Benetton era presente il nome, il team altro non era che la Renault sotto pseudonimo, Per la scuderia fu pertanto un anno di transizione, utile per rafforzare e sviluppare la squadra e per provare nuove soluzioni (tra cui l’innovativo motore con angolo di banking di 111°).

Con tale vettura laboratorio si esaltò Fisichella, che a Spa regala l’ultimo podio alla scuderia. Davvero in ombra fu la stagione di Jenson Button, al suo secondo anno di F1 ma quasi mai pervenuto. Non venne mai definito “paracarro” da Briatore (bufala targata 2009) mentre posso confermare l’appellativo di “pigro playboy”.  In generale quei due non si presero mai, e Button presto farà le valigie.

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Semplicemente scarsa fu la Jaguar R2 Cosworth, monoposto alquanto convenzionale e meno che mediocre. Nonostante un bel podio di Eddie Irvine a Montecarlo, tradì le aspettative della Ford, che dopo due anni di pessime prestazione cominciò a spazientirsi.

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Il 2001 fu un anno drammatico per il team Prost, che dopo la disastrosa stagione 2000 si vide fin dall’inizio privo dei maggiori sponsor oltre che del supporto ufficiale della Peugeot. Nonostante  il patron Alain Prost si fosse assicurato tutto il retrotreno della Ferrari (motore, cambio e sospensioni), la Prost-Acer AP04 era nata sbagliata e tale rimase. A differenza dell’anno prima riuscì almeno a conquistare qualche punto, tutti con l’ancora competitivo Jean Alesi. Non abbastanza per salvare l’equipe blu, che fallirà durante l’inverno. Prova che essere stato un pilota molto acuto non è garanzia di essere tale anche come proprietario di team. Si può dire che con il ritorno della Renault il supporto della Francia si spostò altrove, ma la verità è che Prost come team owner non ha fatto che accumulare errori strategici.

[COURTESY OF REDDIT.COM]

Il penultimo posto in classifica non rende merito alla Arrows Asiatech A22. La vettura era competitiva e controcorrente per molti aspetti (come il passo ridotto e i serbatoi piccoli). Come nel 2000 l’ostacolo principale fu la scarsa affidabilità, un budget non all’altezza delle sfide tecniche e il motore (il Peugeot dell’anno prima, lento e poco affidabile). Jos Verstappen tirò fuori delle ottime prestazioni, come in Malesia e in Austria. In sordina invece il debutto di Enrique Bernoldi (curiosamente Helmut Marko, che sponsorizzava la scuderia, lo aveva preferito a Raikkonen), che si ricorda solo per aver bloccato Coulthard a Montecarlo.

[COURTESY OF REDDIT.COM]

In fondo come sempre l’European Minardi PS01. Nonostante gli zero punti finali, la piastrella di Faenza ebbe un anno dignitoso. Buona parte dei problemi tecnici e di budget furono una conseguenza dell’estrema sofisticazione del nuovo cambio.

Rispetto a Raikkonen e Montoya, l’esordio di Alonso con la Minardi fu più in sordina. Agli addetti ai lavori non sfuggì che razza di talento fosse tant’è che Todt gli offrì un contratto come collaudatore per il 2002 (ma senza garanzie per il 2003) che lui rifiutò a favore del contratto offertogli da Briatore in Renault. Il quale gli offrì anch’egli un contratto come collaudatore per l’anno successivo ma con la garanzia di essere titolare nel 2003. Todt la prese malissimo coniando il celebre “con  me mai Alonso in Ferrari” 5 anni prima del famigerato weekend di Monza 2006. Complice la pochezza della Minardi Alonso si piazzò quint’ultimo in Classifica Mondiale (fun fact: alle spalle del teammate Tarso Marques) ma nella gara finale a Suzuka arrivò 11mo dopo aver lottato con Bar e Benetton, malgrado 150cv in meno. Era nata una stella ma se ne accorsero davvero in pochi.

 

Australia

Un triste successo.

[COURTESY OF P300.IT]

La tradizionale fanfara di inizio campionato è intonata in tono minore. Al quinto giro di gara Jacques Villeneuve decolla sulla vettura di Ralf Schumacher e si schianta sulle barriere. Dei detriti si infilano nello spiraglio della griglia pensato per i fotografi: il commissario di pista Graham Beveridge viene colpito da una ruota e muore da lì a poco. La seconda morte di un commissario in sei mesi per mano di una gomma vagante spingerà la FIA a trovare modi per evitare che le ruote schizzino via dopo un impatto.

La gara in sé è stata movimentata. La Ferrari è la monoposto più in forma e Schumacher sr non ha problemi a partire dalla pole e a vincere la gara (malgrado aver distrutto la monoposto il venerdì con un doppio cappottamento). Barrichello invece perde la seconda posizione nelle fasi finali per un’incomprensione col doppiato Alonso, che permette a Coulthard di sopravanzarlo. La sua vettura era stata già compromessa dallo scontro con Frentzen nel secondo giro. Hakkinen era secondo prima che il cedimento di una sospensione lo mandasse contro le barriere nel punto più veloce della pista. Fu questo incidente a fargli accarezzare l’idea di dire addio alla F1.

Il “primo degli altri” Panis venne penalizzato per sorpasso sotto bandiere gialle. Ciò promuove Heidfeld (4°), Frentzen (senza il testacoda indotto da Barrichello poteva finire sul podio) e Raikkonen, a punti alla prima gara in carriera dopo una gara condotta già ad alti livelli. Non si può dire lo stesso per Montoya, che fa a sportellate con mezzo schieramento prima di ritirarsi per rottura del motore. Ottimo anche l’esordio di Alonso, che riesce a tenersi alle spalle le (pessime) Benetton.

 

Malesia

A vent’anni esatti, continuano a essere ben poche le gare più surreali di Malesia 2001 e ancora non ve n’è stata un tasso di colpi di scena/giro maggiore del primo terzo di questa corsa.

KUALA LUMPUR, MALAYSIA – MARCH 18: GP VON MALAYSIA 2001, Kuala Lumpur; STARTABBRUCH wegen Giancarlo FISICHELLA/BENETTON RENAULT (Photo by Andreas Rentz/Bongarts/Getty Images)

Si parte alla grande con Fisichella che sbaglia postazione in griglia, innesta la retromarcia per riguadagnare furtivo la casella corretta ma gli si spegne il motore esattamente a metà. Una delle scene più imbarazzanti che ricordi.

Venti minuti dopo si parte sul serio, con Montoya che si avvia dai box col muletto per problemi al motore. Ralf e Barrichello si toccano alla prima curva, il tedesco si gira a metà di curva 1 e ciò causa il caos nel gruppo: buona parte dei piloti vanno all’esterno, qualche coraggioso si butta al suo interno e guadagna una quantità di posizioni a due cifre. Coulthard e Jos Verstappen sono tra questi e si ritrovano alle spalle del duo Ferrari, dopo essere partiti rispettivamente dall’ottava e dalla diciottesima (!) posizione.

[COURTESY OF FOM]

Dopo tre giri inizia a cadere una leggera pioggerellina e esplode il motore di Panis inondando di olio un punto veloce. L’interazione tra i due liquidi coglie impreparate le due Ferrari, comodamente in testa, ed escono di pista una dopo l’altra, come in un film di Ridolini. Schivano miracolosamente le barriere e riemergono intorno alla decima posizione, Barrichello davanti a Schumacher. Conduce Trulli.

Un minuto dopo si scatena un fortunale, che coglie i piloti ancora con le coperture da asciutto.  Ne escono cinque in un solo giro, è il caos. Piove così forte che anche i piloti con le gomme da bagnato faticano a stare in pista. Entra la SC per la troppa acqua.

Le Ferrari rientrano ai box al momento giusto ma, ennesimo colpo di scena surreale, i meccanici non trovano una gomma di Barrichello. Il brasiliano resta fermo su tre ruote per UN MINUTO E DIECI (!!!), mentre Schumacher resta bloccato alle spalle come un automobilista al casello. Basta quest’episodio per sconfessare chi sostiene la teoria del complotto ai danni di Irvine nel 1999 usando il Nurburgring come prova. Peraltro era successa una scena simile anche nel 2000 in Canada, seppur senza conseguente.

I meccanici evocano la gomma mancante poco prima che il trenino della SC arrivi e i due riescono a evitare la doppiatura per un pelo. Possono accodarsi al resto del gruppo nello stesso giro del leader, ma restano ultimi.

SEPANG, MALAYSIA: Formula One six-time world champion Ferrari’s Michael Schumacher, of Germany, follows in a thick cloud of rain kicked up by teammate Rubens Barrichello, of Brazil, 18 March 2001 during Malaysia’s Sepang Formula One Grand Prix. Schumacher took the checkered, followed by Barrichelo and McLaren’s David Coulthard, of Britian, third. AFP PHOTO/Stephen SHAVER (Photo credit should read STEPHEN SHAVER/AFP via Getty Images)

Le Ferrari però hanno l’asso nella manica: contrariamente a tutti gli altri (meno Verstappen), i Rossi montano le Intermedie, anziché le Heavy Rain. Lì per lì sembra un’assurdità, ma alla ripartenza si scopre che la pista è meno bagnata del previsto. I due danno staccano tempi di 5 secondi inferiore al resto del gruppo e tempo cinque giri e Schumacher torna in testa (aveva liquidato Barrichello nel mentre). Forse a questo pensava Todt, in quel di Fuji nel 2007…

I restanti due terzi di gara sono di gestione della doppietta. Coulthard riesce a seguire Barrichello a qualche secondo e conclude terzo, mentre Hakkinen arranca nelle ultime posizioni della zona punti e conclude sesto dopo aver perso praticamente tutti i corpo a corpo. Spiace anche per Verstappen: una volta finita la pioggia, l’incantesimo svanisce e si ritrova con la consueta zucca di sempre. Malgrado lotti con tutte le sue forze scivola fuori dalla zona punti, quando sul bagnato aveva anche condotto la gara. Sad.

 

Brasile

Montoya si presenta con un sorpasso.

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Schumacher conquista l’ottava pole consecutiva (record teorico, dato che sono state conquistate a cavallo degli anni). Alla partenza mantiene la leadership, mentre Hakkinen, terzo, resta in panne. Lo schivano tutti, ma per permetterne la rimozione (si era portato il volante con sé) entra in pista la SC. Alle spalle di Schumacher c’è ora Montoya.

Montoya applica tutta la sua esperienza accumulata in anni di Champ Car (più adusa alle SC della F1 di quegli anni) per infilare Schumacher alla ripartenza. Dopo due gare un po’ insipide, Montoya finalmente mostra di cosa è capace: stacca una macchina dopo, si appoggia alla monoposto del tedesco e lo spinge “gentilmente” all’esterno per comprometterne l’uscita. Il tutto senza essere una “dive bomb”. Uno dei migliori sorpassi degli anni Duemila. Più indietro Ralf tampona Barrichello. Gara compromessa per il tedesco e finita per il brasiliano, mai fortunato a Interlagos.

Schumacher resta a portata di tiro del colombiano ma è su una strategia a due soste e presto deve rientrare ai box. Montoya risponde alla sosta segnando tempi record su gomme usate, ai quali Schumacher non riesce a rispondere. Il destino sembra essere quello di vincere in F1 alla terza gara. Solo Baghetti avrebbe fatto meglio di lui…

…Se durante il 39° giro Jos Verstappen non avesse sbagliato sciaguratamente il punto di frenata durante il doppiaggio. La Arrows decolla sulla Williams, ritiro per entrambi. 17 anni dopo, giustizia sarà fatta.

AUTóDROMO JOSé CARLOS PACE, BRAZIL – APRIL 01: David Coulthard, McLaren MP4-16 Mercedes, celebrates victory during the Brazilian GP at Autódromo José Carlos Pace on April 01, 2001 in Autódromo José Carlos Pace, Brazil. (Photo by LAT Images)

Al termine del primo giro di soste Schumacher è finito dietro anche a Coulthard, ma inizia a piovere e il muretto azzecca il timing per il passaggio alle Intermedie. Torna in testa, ma né Schumacher né la Ferrari sono in giornata. Prima si gira, poi esce sull’erba e al 50° subisce il sorpasso di Coulthard. Manovra tanto splendida quanto dimenticata: fu Spa 2000, ma sul bagnato e in curva. Il tedesco non ne ha per rispondere e alla fine lo scozzese vince la gara con 16s di distacco, interrompendo la serie positiva della Ferrari e riaprendo il mondiale [AHAHAH].

Più indietro Heidfeld conquista il primo podio per la Sauber da Spa 1998. Non è stata la performance più scintillante, ma almeno è riuscito a sopravvivere. Le Jordan sono rimaste vittime di problemi tecnici (sovrasterzo per Trulli, motore per Frentzen), le Jaguar dell’acqua (testacoda per Irvine, perdita idraulica per Burti) e le BAR dai box (cinque minuti di sosta totali, tra Villeneuve e Panis). Tutto ciò ha permesso anche a Fisichella di ottenere un punto insperato alla vigilia (partiva 18°).

San Marino

Comunque vada, vince sempre Schumacher.

2001 San Marino Grand Prix – Race
Imola, Italy. 15th April 2001.
Race winner Ralf Schumacher, BMW Williams pulls away from 2nd place David Coulthard, West McLaren Mercedes – action.
World Copyright: Steve Etherington/LAT Photographic
ref: 17.5 mb digital image.

Gli Schumacher scrivono la storia: con l’affermazione di Ralf, diventano la prima coppia di fratelli a vincere entrambi un Gran Premio dai tempi di Emilio e Luigi Villoresi.

Dopo aver sfruttato le indecisioni al via del duo McLaren, che aveva monopolizzato la prima fila, sfrutta la costanza delle Michelin per staccare Coulthard in prossimità della prima sosta. Dopo appena quattro gare la casa francese è già pronta per vincere. Minor fortuna per Montoya, che si ritira per guasto alla frizione dopo una gara nel gruppo. Hakkinen rimane vittima del “Trulli train” (l’italiano era stato ottimo in qualifica ma il ritmo gara era ben inferiore ai top team) e concluse ai piedi del podio alle spalle di Barrichello.

Per le Ferrari è stato il peggiore weekend dell’anno. Per la prima volta dopo nove gare, Schumacher non è in pole. Solo quarti e sesti in qualifica, la partenza è anche peggiore e girano 7 e 8 dopo il primo giro. Schumacher perderà altre due posizioni per un glitch del cambio durante il terzo giro. La rimonta del tedesco verrà poi frustrata da una foratura e terminata per motivi precauzionali dopo aver scoperto che il cerchione era danneggiato. La causa dei problemi verrà identificata in un componente della ruota montato male.

Con il secondo posto Coulthard raggiunge Michael Schumacher a quota 26 punti. Dopo di loro c’è Barrichello a 14 punti e Ralf Schumacher a 12.

Prima di arrivare in Spagna, la F1 piange Michele Alboreto. Stava provando la sua Audi R8 per la 24h di Le Mans quando, per l’afflosciamento di uno pneumatico, la barchetta è decollata andando a schiantarsi a bordo pista. Per l’ex ferrarista, che avrebbe compiuto 45 anni a Dicembre, non ci fu scampo.

 

Spagna

To finish first, first you have to finish” (cit.)

[COURTESY OF FORMULA1.COM]

Era la giornata di Mika Hakkinen. Era in testa per la prima volta da Spa dell’anno prima. La McLaren aveva battuto in strategia la Ferrari. Era lì, a due kilometri dalla fine, con quaranta secondi di vantaggio su Schumacher. Poi la frizione sceglie di abbandonarlo. Schumacher per vincere non deve far altro che sorpassare una vettura ferma a bordo pista. L’altra McLaren di Coulthard aveva avuto dei problemi con l’elettronica al via ed era ben lontana. Con quei dieci punti Hakkinen sarebbe rientrato in gioco, avrebbe dato un senso a una stagione che assomiglia sempre più al 1985 di Lauda. Invece no.

[COURTESY OF MOTORSPORT.COM]

Sul podio sale per la prima volta assoluta Montoya (abile a rimontare dalla 11a posizione in qualifica) e per la prima volta dopo due ani Villeneuve. Coulthard è solo quinto, dopo esser partito dai box a causa delle bizze del launch control. Avversari di Schumacher sì, ma solo a parole.

Austria

Stavolta Hakkinen non parte neppure…

[COURTESY OF REDDIT.COM]

In testa alla corsa le Williams schizzano via allo spegnersi dei semafori rossi, sopravanzando Schumacher, alle prese con una partenza non proprio da manuale. Quando Schumacher il Piccolo si ritira all’11° giro per problemi ai freni, Montoya diventa l’oggetto della caccia di Schumacher il Grande. In questa fase le Bridgestone sono più performanti delle Michelin, ma Montoya non si fa intimorire.

Al 16° giro il colombiano usa le maniere forti sbagliando grossolanamente. Ritarda la frentata al tornantino in modo inverosimile, blocca le posteriori, va nella ghiaia e trascina con sé Schumacher. Rientreranno sesti e settimi a una decina di secondi dal leader. All’epoca non mi pare di ricordare grandi apprezzamenti per la manovra di Montoya, che venne anzi piuttosto criticata. Come cambia la sensibilità…

L’incidente permette a Barrichello di andare in testa, con Coulthard a inseguirlo. Lo scozzese passerà poi in testa dopo le soste e andrà a vincere. Un’importante iniezione di morale dopo le peggiori qualifiche dell’anno (lui e Hakkinen si erano qualificati 7 e 8).

La rimonta di Schumacher prosegue fino al terzo posto. Si assiste a un assaggio di quello che accadrà 12 mesi dopo: tra il secondo e il terzo posto ci sono due punti di differenza; troppi, in un anno dalla lotta così tirata e sofferta [lol]. Arriva implacabile l’ordine di scuderia: “Rubens, lascia passare Michael“. Sulle prime Barrichello fa finta di non aver sentito, ma il contratto lo obbliga e alla fine cede la posizione all’ultimo momento utile.

Divertente la posizione del brasiliano: “E se alla fine perdo il mondiale per due punti?” Sì, certo, come no (fermo restando che in Ferrari potevano risparmiarsela). Per zittire le voci di litigi in famiglia la Ferrari annuncia il prolungamento dei contratti di Schumacher e Barrichello.

 

Monaco

Fuori dalle piste Coulthard di solito è descritto come una persona mite e gentile. Eppure si racconta che nella notte dopo la gara si intrufolò nel retrobox McLaren e distrusse a calci una decina di computer. Reazione perfettamente comprensibile.

[COURTESY OF FORMULAPASSION.COM]

Al Sabato aveva rischiato rischiato l’osso del collo per qualificare la sua McLaren in pole position davanti a Schumacher. Partire dalla pole a Montecarlo significa avere tre quarti di vittoria in mano.  Vincendo avrebbe sicuramente raggiunto Schumacher in testa alla classifica mondiale e magari, con un po’ di fortuna, lo avrebbe superato.

La macchina gli si pianta al via del giro di ricognizione. Anche stavolta è il launch control (il tallone d’Achille della McLaren a inizio campionato). Resta immobile mentre tutti quanti lo sfilano. Deve partire ultimo.

Grazie ai tanti ritiri (e nonostante il tappo di Bernoldi nei primi 34 giri) riesce comunque a concludere in quinta posizione. Due punti di consolazione, ma nel frattempo Schumacher vince ed estende il vantaggio in classifica a 12 punti. Il campionato a conti fatti finisce qui, e anche la carriera di Coulthard non andrà molto più avanti. Tra i ritirati anche il duo Williams. Con 11 ritiri su 7 gare la scuderia di Grove non è ancora pronta per lanciare l’attacco al Mondiale.

Il pilota più contento al termine della giornata fu probabilmente Eddie Irvine, che dopo un’ottima sesta posizione in qualifica sfrutta i guai di Williams e McLaren per concludere a podio. All’epoca venne raccontata come l’inizio dell’era Jaguar/Ford (non ridete). Assimilabile a una vittoria è anche il sesto posto di Alesi, che riporta la Prost a punti dopo un anno e mezzo di digiuno.

 

Canada

Per fortuna gli Schumacher sono soltanto due” (cit. Mika Hakkinen)

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Le Michelin mostrano un comportamento caratteristico. Partono forte, poi hanno un momento di assestamento che dura 7/8 giri in cui perdono prestazione dopodiché si “riaccendono” e sul lungo periodo battono le Bridgestone. La gara canadese prova perfettamente questa teoria.

All’inizio la gara sembrava un delle classiche gare del periodo – Schumacher parte primo, si invola e gli altri lo rivedono in occasione delle soste e al traguardo. Ma dopo una dozzina di giri Ralf Schumacher inizia a recuperare qualche decimo al giro, fino a entrargli in scia. Ralf è attaccato al fratello ma di sorpasso non se ne parla.

Michael rientra per primo ai box (la F2001 aveva serbatoi non troppo capienti) così che Ralf si ritrova con l’aria libera. Le Michelin, ancora performanti, fanno il resto. Dopo la sosta emerge con cinque secondi sul fratellone ed estende ulteriormente la leadership fino alla fine.

Michael conclude secondo ma ha motivi per essere soddisfatto. Coulthard si ritira con il motore rotto a tredici giri dalla fine e così allunga in classifica. Hakkinen ottiene il primo podio dell’anno, sebbene con una prestazione scialba. Assolutamente lodevole la quarta posizione finale di Raikkonen – poteva addirittura finire il podio, se non fosse stato tamponato da Zonta mentre era in lotta con il connazionale. Quinto Jean Alesi con la Prost dopo una delle migliori gare in carriera. De La Rosa salva la gara della Jaguar con la sesta posizione. Ottime anche le gare di Panis, Trulli e Verstappen, tutte conclusesi anzitempo per problemi tecnici.

 

Europa

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Il momento più duro per Schumacher è stato prima del via. Durante il giro di schieramento la Ferrari lo lascia a piedi nel posto più lontano possibile dai box. Poteva usare il muletto – ma prima doveva raggiungere i box, e farlo alla svelta. Dopo un paio di minuti di apparente panico, scovò e requisì un motorino BMW e con questo raggiunse i box. Tutta pubblicità per i rivali…

NUERBURG, GERMANY – JUNE 24: GP von EUROPA 2001, Nuerburgring; Michael SCHUMACHER/GER – FERRARI – vor Ralf SCHUMACHER/GER – BMW WILLIAMS -, Juan Pablo MONTOYA/COL – BMW WILLIAMS – und Rubens BARRICHELLO/BRA – FERRARI – (Photo by Andreas Rentz/Bongarts/Getty Images)

Come in Canada, continua la lotta “in famiglia” tra Michael e Ralf Schumacher. Dopo un duro confronto alla partenza, anche stavolta Ralf resta appollaiato alle spalle del fratello maggiore per tutto il primo stint, in attesa di sfruttare la maggior efficacia delle gomme Michelin in prossimità delle soste. La differenza con due settimane prima è che i due rientrano ai box nello stesso momento.

La crew Ferrari regola quella della Williams (traditions) e Michael mantiene la posizione.  All’uscita dai box Coulthard, che ancora doveva fermarsi, si inserisce tra i due belligeranti. Ralf, nel tentativo di stargli davanti, tocca la linea bianca all’uscita dai box. I conseguenti 10 secondi di stop&go chiudono la lotta per la vittoria.

Scontata la penalità Ralf conclude quarto, mentre Montoya ha una gara singolarmente priva di emozioni ma ricca di sostanza ed è secondo. Una strategia sbagliata consegna un mediocre quinto posto a Barrichello. Le McLaren vanno in crisi con le gomme – le Bridgestone si adattavano meglio alla Ferrari che alla loro monoposto. Se Coulthard in qualche modo resiste e arriva a podio, Hakkinen avrebbe concluso addirittura fuori dai punti se il motore di Trulli non fosse esploso.

 

Francia

Continuo a non capacitarmi dell’esistenza di fan di Magny Cours.

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Anche stavolta il duello è tutto in casa Schumacher: Ralf in pole, Michael secondo a dieci millesimi. Ralf controlla il primo stint ma una sosta problematica permette a Michael di sopravanzarlo. Nel secondo stint Ralf ha problemi con le gomme e non può ricucire il distacco. Montoya, su strategia alternativa, poteva essere una minaccia ma perde una dozzina di secondi dietro il compagno di scuderia prima che in Williams escogitino un team order. Comunque inutile, dato che da lì a poco il BMW del colombiano rese l’anima al creatore.

Barrichello arriva terzo dopo una pessima qualifica grazie anche a una strategia aggressiva. Quarto Coulthard, la cui gara è stata rovinata da uno stop&go per eccesso di velocità in pitlane. A Hakkinen viene montata male la trasmissione e si ritira prima ancora di partire.

Non c’è altro da raccontare, è Magny Cours. Anche la classifica ammette poche storie: Michael Schumacher 78, Coulthard  41, Ralf Schumacher 31.

Gran Bretagna

Certe volte si vince anche in due.

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Dopo un inizio di campionato troppo brutto per essere vero (9 punti in 10 gare) Hakkinen torna alla vittoria. Dopo un’ottima qualifica, conclusasi a 80 millesimi dal tempo di Michael Schumacher, il finlandese sorpassa il tedesco al quinto giro e stravince con mezzo minuto di vantaggio. Hakkinen beneficia anche di una delle rare strategie sbagliate di Ross Brawn: una sosta sola per Schumacher, quando da previsioni (poi concretizzatesi) quella su due soste era più veloce di 20 secondi.

Schumacher ritrova in rivale (per poco) ma ne perde un altro: alla partenza Coulthard si scontra con Trulli (ottimo quarto in qualifica) e si deve ritirare dopo il conseguente danno alla sospensione. Il distacco sale a 37 punti.

Barrichello finisce terzo, di una decina di secondi davanti a Montoya, che non riesce a concludere a podio (ragioni di strategia, ma anche stavolta rallentato da Ralf nel momento clou della gara) però si permette il lusso di sorpassare Schumacher in pista. Schumacher il Piccolo si ritira col motore in panne a metà gara.

 

Germania

Ultima gara della storia della F1 sul vecchio tracciato di Hockenheim. Per quanto il nuovo layout mi piaccia (permette gare divertenti) riconosco al vecchio Hockenheim una sua specificità che si riscontra sempre meno nei nuovi circuiti. Anche la sua scomparsa è insieme metafora e segno del trapasso della F1 “tradizionale”.

Il layout è favorevole alle Williams, che, complice un upgrade del BMW, in qualifica monopolizzano la prima fila con Montoya davanti a Ralf.

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Al via lo scatto è regolare. Ma al momento di passare in seconda, Michael Schumacher non riesce a inserire la marcia e resta bloccato agli ottanta all’ora mentre tutti gli sfrecciano a pochi centimetri. Burti aveva la visuale coperta da Panis e non poté schivarlo. Lo scontro è brutale, la Prost si impenna e ricadd sulla Arrows di Bernoldi, mentre per poco Verstappen non viene decapitato da una ruota vagante (e ci si lamenta dell’Halo…). Macchine distrutte ma piloti illesi. La bandiera rossa cala doverosa.

La seconda partenza è normale. Come da tradizione nel vecchio Hockenheimring la corsa è una gara a eliminazione. Prima Hakkinen, poi Juancho (che aveva un minuto di vantaggio su Ralf) e Michael Schumacher, infine Coulthard. Vince Ralf con 45s di vantaggio sull’altro superstite, Barrichello -penalizzato da una strategia a due soste ma autore di bellissimi duelli con le McLaren- anche se l’espressione sul podio era quella di uno che era appena stato sculacciato, non di chi aveva vinto la gara

Sull’ultimo gradino del podio sale Villeneuve, con grandissima sorpresa di tutti – sua per prima. Altrettanto inatteso fu il doppio arrivo a punti delle Benetton, con Fisichella di poco davanti a Button. Completa la zona punti delle meraviglie Alesi, che regala alla Prost l’ultimo punto della sua storia.

In classifica è stato uno zero a zero. Con 37 punti di vantaggio e cinque gare alla conclusione, il Kaiser ha il mondiale a portata di mano.

 

Ungheria

Il giorno del trionfo.

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In barba allo sforzo dei legislatori per rallentare le vetture, Schumacher migliora di 3 secondi la pole rispetto all’anno prima e distrugge il record di Prost, che resisteva dal 1993. Coulthard e Barrichello stanno a guardare a 8 decimi di distanza.

Anche in gara non c’è storia (per quanto abbia rischiato di rovinare la macchina con un fuoripista nel giro di formazione). Mentre Barrichello e Coulthard lottano tramite strategie, Schumacher si invola a vincere per la settima volta in stagione. Barrichello fa il suo dovere e priva Coulthard di un vitale secondo posto.

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In questo modo Schumacher vince il quarto titolo mondiale con quattro gare d’anticipo, eguagliando, oltre che il numero di mondiali, anche il numero di vittorie di Prost.

Per il resto non c’è molto altro da dire. Tre manovre di sorpasso, di cui due di Button su Minardi e solo una “vera” (Alesi su De La Rosa) ci ricordano di quanto il DRS sia un male necessario, almeno in certe piste.

 

Belgio

Ricordo Spa 2001 principalmente per tre cose: la 52a vittoria di Schumacher, che all’epoca gli fruttò il record per il maggior numero di vittorie in carriera, la seconda partenza con Ralf Schumacher ancora sui cavalletti, e il pauroso incidente di Burti al terzo giro.

Per la prima, non c’è molto da dire. La prima fila è monopolizzata dalla Williams, ma prima Montoya stalla e deve partire dal fondo, poi accadono il secondo e il terzo episodio.

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Burti attacca Irvine a Blanchimont. L’irlandese non lo vede e chiude la porta. La Prost tampona la Jaguar e perde l’ala anteriore. La macchina senza più direzionalità si schianta ai 300 all’ora e si infila sotto le protezioni. La scena è terribile: la macchina è avvolta dalle gomme, il pilota ha impattato contro le barriere e il caso è sfondato. L’impatto è stato talmente violento che le paratie laterali alla testa del pilota si sono rotte. La visiera, come se non bastasse, si è rotta sfregiando il viso del pilota e si teme anche il “colpo di frusta” (il collare Hans non era ancora usato dalla F1).

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Malgrado lo scenario apocalittico, il pilota sta bene. Le verifiche mediche scoprono solo un trauma cranico di lieve entità e delle contusioni sul volto. Lo spettro di Imola 1994 si allontana.

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Francorchamps Belgium : German Bmw-williams Formula One Driver Ralf Schumacher (front R) Remains at His Starting Position While Still Hanging in the Air at the Start of the Formation Lap Sunday 02 September 2001 During the Belgian Formula One Grand Prix in Spa/francorchamps the Two Williams Bmw Faced Problems at the Two Formation Laps the Belgian Grand Prix was Halted Here on Sunday After a Spectacular Crash Involving Brazils Luciano Burti the Prost Acer Driver Ploughed Into a Tyre Wall After His Car Appeared to Clip the Jaguar of Eddie Irvine Sending the Ulsterman Flying Off the Track with the South American the Safety Car Immediately Came Onto the Track Following the Crash with the Red Flag Halting the Race
Auto-f1-francorchamps-start – Sep 2001

La gara riprende. I meccanici Williams stavano cambiando l’ala posteriore della Williams di Ralf, ma non fanno in tempo a completare la procedura. Onde evitare il ritiro, lasciano la Williams sui cavalletti. La macchina viene sfilata da tutti quanti, ma almeno può essere riportata ai box. I meccanici completano le riparazioni e il tedesco può partire insieme agli altri, per quanto in ultima posizione.

Con le due Williams evaporate, Michael Schumacher deve solo amministrare la macchina. Il compito del tedesco è agevolato da Fisichella, che, con il guizzo delle Renault degli anni 2000, passa dalla sesta alla seconda posizione, e tiene a bada tutto il resto del gruppo.

Le battaglie si sprecano, ma tempo che Coulthard riesce a sopravanzare il romano che Schumacher ha già accumulato 15s di svantaggio. L’italiano della Benetton riuscirà a conservare il suo posto sul podio, 102o e ultimo della storia della compagine italo-britannica.

Nei giri finali si conuma una bella lotta tra Barrichello, Ralf e Alesi per la quinta posizione. La spunta il brasiliano, mentre il francese, ora in forza alla Jordan, difende con gli artigli l’ultimo punto in carriera.

Da segnalare anche la triste storia di Frentzen e della Prost: il tedesco conquista una miracolosa quarta piazza in qualifica con una macchina migliore solo della Minardi – tuttora una delle qualifiche più sorprendenti che mi viene in mente. Alla prima partenza gli si spegne il motore e deve scattare dai box. Sad.

 

Italia

Doveva essere il giorno della grande festa di casa, ma il weekend si disputa in un clima molto pesante. Prima gli attentati delle Torri Gemelle, poi, tra venerdì e Sabato, la notizia dell’agghiacciante incidente di Alex Zanard in una gara di formula Cart.

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Anche il cinico mondo della F1 resta scosso (forse più da Zanardi). Gli Schumacher non volevano proprio correre ma si dovettero arrendere. Michael promosse un accordo per non attaccarsi nelle prime curve; come di consueto per la F1, il gruppo si divide, infinite discussioni tra piloti, TP, manager, pubblicità e Ecclestone, ma alla fine la gara si disputa normalmente. Tempo tre secondi e Button tampona Trulli.

Con Michael e Ralf a correre controvoglia (il ferrarista si sforzò per non andare a podio) e le McLaren in fase calante, il compito di dar spettacolo viene delegato a Montoya e a Barrichello. Il duo si alterna in testa grazie a strategie diverse (una sosta per il colombiano, due per il brasiliano) ma alla fine la spunta Juancho, che conquista la tanto agognata vittoria in F1.

Ad amareggiare ulteriormente l’ambiente, Hakkinen annunciò il preconizzato ritiro dalle corse.

 

Stati Uniti

Hakkinen chiude trionfalmente la sua carriera.

INDIANAPOLIS MOTOR SPEEDWAY, UNITED STATES OF AMERICA – SEPTEMBER 30: Rubens Barrichello, Ferrari F2001, leads Juan Pablo Montoya, Williams FW23 BMW, Ralf Schumacher, Williams FW23 BMW, and Mika Häkkinen, McLaren MP4-16 Mercedes during the United States GP at Indianapolis Motor Speedway on September 30, 2001 in Indianapolis Motor Speedway, United States of America. (Photo by LAT Images)

Nel warm up Hakkinen si schianta violentemente. Per un pilota normale sarebbe stato un incidente seccante, ma per Hakkinen rischiò di essere molto di più. Dopo l’incidente di Adelaide 1995, per Hakkinen un qualsiasi altro trauma cranico sarebbe stato fatale. Quella mattina ci andò molto vicino.

In gara, il finlandese parte quarto (dopo aver perso il secondo posto per una penalità) e al via perde un’ulteriore posizione, ma nei restanti 72 sfrutta tutte le occasioni.

Ralf scompare per l’incapacità di far funzionare la strategia a due soste (e poi si ritirerà per testacoda in lotta con le Sauber). Montoya stava per portarsela a casa, aiutato dalla strategia giusta e da un sorpasso su Michael Schumacher, ma si pianta per un problema idraulico. Ritarda la sosta quel che basta per emergere dai box davanti a Schumacher (rientrato presto per via di problemi di gomme), mentre la rimonta di Barrichello viene fermata dall’unico guasto al V10 Ferrari di tutta la stagione.

Per il finlandese è il suggello di una carriera eccezionale, coronata da due titoli mondiali. Insieme a Villeneuve fu uno dei pochi a reggere l’onda d’urto generata da Schumacher. Il duello con il tedesco fu di altissimo livello ma sempre caratterizzato da una rara correttezza e sportività. Mai una scorrettezza o un gesto fuori posto. Ancora oggi è uno dei rivali evocato con più nostalgia dai ferraristi.

 

Giappone

Il Kaiser chiude trionfalmente la stagione.

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Schumacher distribuisce le ultime mazzate. Dopo l’undicesima pole della stagione (record dell’epoca), conquistata con 7 decimi di vantaggio sul secondo, al via utilizza le sue Bridgestone al meglio per costruirsi un vantaggio di 8 secondi nei primi tre giri – a parità di strategia (!). In teoria doveva “fare lo scudiero” per aiutare Barrichello a sopravanzare Coulthard nel WDC, ma il brasiliano non si disfa delle Williams e il tedesco fu lasciato libere di vincere (lol). L’unico del gruppo che riesce a restargli vicino è Montoya, ma le Michelin pagano troppo a inizio stint per costituirsi come minaccia credibile.

Barrichello ha diverse avventure (e regala almeno tre bei sorpassi ai danni delle Williams) ma alla fine non riesce a fare meglio della quinta posizione. Hakkinen si toglie lo sfizio di battagliare con Schumacher come ai vecchi tempi – anche se è solo per ragioni di strategia. Nel finale commuove tutti cedendo a Coulthard quello che sarebbe stato il suo ultimo podio per bloccare la rimonta di Barrichello e assicurargli il secondo posto nel WDC. Un signore.

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Alesi al contrario conclude la sua carriera col botto: Raikkonen ha un cedimento improvviso e va in testacoda in un tratto ad alta velocità, lui che lo seguiva non può evitarlo e il tutto si conclude con un ragù di carbonio.

L’ultimo giovane, Alonso, mostra tutto il suo campionario di trucchi portando la sua modestissima Minardi a lottare con Fisichella e le due BAR. Dopo 53 giri di qualifica conclude 11°, ma questa gara gli varrà le attenzioni di buona parte del paddock.

Non so in quanti se ne stessero accorgendo, ma si stava per schiudere una nuova era.

[COURTESY OF P300.IT]

 

La Redazione

Immagine di copertina tratta da Formulapassion.com