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Hamilton archivia la stagione 2019 con un assolo

21 gare. L’ultima a ridosso di Natale. Per di più su un circuito che tradizionalmente riserva poche emozioni. Verrebbe da dire che finalmente è finita. Ma c’è chi, dopo una ventina di gare, un mondiale già vinto, l’ultimo di tanti, ha ancora fame, e trova motivazione nel non fare la pole da diverse gare. Lui che, di pole, ne ha più di ogni altro pilota nella storia. E così Lewis Hamilton, abituato a portarsi sempre a casa tutto ciò che vuole, il sabato ne aggiunge una in più, apparentemente senza tanto sforzo. Di fianco a lui, e subito dietro, ha il futuro, Verstappen e Leclerc. Il presente, Bottas, è relegato in fondo alla griglia per doppio cambio di motore. Il passato, Vettel, è in seconda fila di fianco al compagno di squadra.

Alla partenza i primi passano la prima curva nell’ordine in cui sono scattati dalla griglia. Ma Leclerc si fa subito aggressivo nei confronti di Verstappen, che pare un po’ in difficoltà, e lo supera di forza sul primo rettilineo disponibile. Subito dopo anche Vettel cerca di fare lo stesso ma non si difende abbastanza e Max lo supera nuovamente. Il tedesco non avrà altra occasione, perchè, causa problema tecnico ai sistemi FIA, non potrà usare il DRS e, anzi, perderà progressivamente terreno nei confronti dell’olandese.

Dopo 10 giri Hamilton guida con ben 5 secondi di vantaggio su Leclerc, che a sua volta ne ha 2 su Verstappen e 5 su Vettel.

Al giro 13 doppio pit stop Ferrari, per montare gomme dure. I due piloti erano partiti con mescole diverse, con Vettel unico dei primi ad usare la gomma soft, non traendone alcun vantaggio, peraltro. A peggiorare la situazione, un problema all’anteriore sinistra gli fa perdere qualche secondo di troppo ai box.

Le gomme medie di Hamilton e Verstappen non sembrano invece accusare cali di rendimento.

La mancanza del DRS crea parecchi problemi sia a Bottas, che si trova bloccato nella sua rimonta dall’ultima posizione, sia a Vettel e Albon dietro di lui. I 3 hanno davanti una Renault, che, a quanto pare, si trova a proprio agio nel ruolo del tappo qui ad Abu Dhabi.

Al giro 26 si ferma, finalmente, Verstappen, per montare gomma dura, rientrando a 4 secondi da Leclerc. Il giro dopo è il turno di Hamilton, il quale rientra con un vantaggio di 6 secondi sul monegasco. Max inizia però a lamentarsi di qualcosa che non funziona sulla sua macchina. Nonostante questo, il distacco dal ferrarista cala rapidamente, mentre quest’ultimo vede Lewis allontanarsi altrettanto rapidamente.

Al giro 30 il rimontante Bottas effettua il suo pit-stop rientrando subito dietro ad Albon in sesta posizione, ma con gomma molto più fresca rispetto a quella del thailandese e anche di Vettel che è subito davanti a lui. E, infatti, inizia a recuperare velocemente su entrambi.

Verstappen intanto aggancia Leclerc, e lo supera al primo tentativo. Charles tenta di restituire il favore alla fine del rettilineo successivo, ma senza successo.

Al giro 39 la Ferrari regala un altro doppio pit-stop, con entrambi i piloti che montano gomme medie. Leclerc rientra per pochissimo davanti ad Albon e Bottas, con quest’ultimo che diventa immediatamente il diretto rivale di Charles. Ma la gomma nuova consente al monegasco di mettere diversi secondi fra lui e il finlandese, autore comunque di una grande rimonta, pur supportata da un mezzo ben superiore alla concorrenza. Quei secondi saranno determinanti nell’ultimo giro, quando la seconda guida Mercedes arriverà in zona DRS, senza però riuscire a tentare un sorpasso.

E così si arriva alla fine di una gara poco spettacolare, con Hamilton e Mercedes dominatori a ben rappresentare quanto abbiamo visto durante la stagione, tranne che per un breve periodo. Verstappen secondo e Leclerc terzo completano un podio composto dai tre migliori piloti della stagione. Bottas, secondo in campionato, arriva alla fine nella posizione che gli compete per talento, la quarta. Dietro di lui Vettel, riuscito nel finale a superare Albon. I tre completano un ideale podio di seconde guide.

Vittoria della F1/2 per Perez, che ha passato in extremis il solito grande Norris. Al nono posto Kvyat e al decimo Sainz che ha tolto in extremis ad Hulkenberg la soddisfazione di chiudere la carriera arrivando a punti.

Poca soddisfazione per Renault e Alfa Romeo. La Haas chiude una stagione disastrosa nei bassifondi, così come la Williams, che, a differenza del team americano, da lì non si è mai mosso.

Alcune considerazioni velocissime per tracciare un primo, parziale, bilancio della stagione.

1) 2 vittorie, e potevano essere di più, terzo posto in campionato sfumato grazie anche alla collaborazione del compagno, 7 pole, più di ogni altro. Il tutto alla prima stagione in rosso. Non mi soffermerei sul fatto che sia meglio del compagno, basta già questo a dire che il futuro è radioso. Ferrari permettendo.
2) 1 sola vittoria, grazie alla magnanimità del suo box. Un’altra sfumata grazie alla intransigenza dei commissari per una penalizzazione discutibile. Una sequela di errori clamorosi non accettabile per un pilota Ferrari. E, soprattutto, la netta sensazione che il compagno sia più forte. La carriera di Seb sembra inesorabilmente rivolta verso la discesa.
3) Una vettura con pochi punti deboli, la W10. Un pilota che non sbaglia un colpo, e la presunta debolezza in qualifica è dovuta solamente alle caratteristiche dell’auto. La carriera di Lewis non è decisamente in discesa, e quello di quest’anno non è di sicuro l’ultimo mondiale che vince.
4) 3 vittorie di Max sono forse più di quanto ci potesse aspettare. Il motore Honda ha fatto un bel salto avanti e si è subito dimostrato meglio del Renault. Per l’anno prossimo nella contesa ci sarà anche Verstappen e, forse, potrebbe veramente essere lui il vero rivale della Mercedes.
5) Ad Abu Dhabi era presente l’intero CDA Mercedes. Nelle settimane scorse erano circolate voci di vendita del team e di dubbi sull’impegno del costruttore tedesco oltre il 2020. Niente di meglio di una vittoria in scioltezza per convincerli a rimanere, anche se sarà determinante ciò che riusciranno a spuntare a livello economico trattando con i padroni del vapore. In questo, almeno la Ferrari è stata più brava. Ma, dopo 6 stagioni consecutive di dominio praticamente incontrastato, e con la determinazione che hanno mostrato oggi sia il team che Hamilton, pare proprio che l’unico avversario in grado di fermarli sia fuori dalla pista, non dentro.

Come ha ricordato Hamilton, è stata una stagione caratterizzata da perdite dolorose. Charlie Whiting pochi giorni prima dell’apertura del campionato a Melbourne, Niki Lauda in maggio, Antoine Hubert a Spa. Ed è stata anche una stagione dove il risultato finale si poteva tranquillamente scrivere dopo la prima sessione di qualifica. Purtroppo, per la Ferrari, è finita esattamente come è iniziata. Anzi, peggio, visto che davanti c’è pure la Red Bull-Honda. Si prospettano mesi di duro lavoro per recuperare il divario che nelle ultime gare  è tornato importante, dopo che per diverse gare la SF90 si era (un po’ misteriosamente) trasformata in una macchina dominante. Come se a Maranello avessero programmato la stagione 2019 sulle gare di Spa e Monza. Magari è stato proprio così.

 

Immagine in evidenza dal profilo @MercedesAMGF1

La versione di Seldon: dalla passione, ai fasti, alla crisi. La parabola di un signor inglese (parte II°).

Tra le definizioni di dominio ce n’è una che mi ha attratto diabolicamente più delle altre altre. E’ questa: “territorio ridotto in potere di qualcuno! Cioè il dominio non solo può essere costruito o trovato (cercato o per caso), ma quella parola “ridotto” può significare anche che può essere imposto e dunque subìto…

Oggi  per descrivere un dominio in F1 si ricorre ai passati domìni di Ferrari e Red Bull, o al presente dominio della Mercedes. Più di una volta, a dir la verità centinaia di volte, ognuno di noi ha preso parte ad una discussione in cui si indica nel dominio, ora di questo ora di quello, un fattore politico (al limite anche di scambio favoristico) accompagnato a quello tecnico. Se ne parlava per la Ferrari, se ne parlava (forse un po’ meno) per la Red Bull, se ne parla per la Mercedes…

Stiamo parlando di archi temporali, specie quello Ferrari e quello Mercedes (ormai pari) piuttosto lunghi in cui agli altri restano briciole di vittorie, punti, prestazioni.

Come definire allora il periodo che dal 1992 al 1997 portò alla Williams 5 titoli costruttori e 4 piloti? Decisamente dominio! E questo anche con il mancato 1995. In  un momento sportivo in cui non c’erano congelamenti regolamentari pluriennali (che per la verità sono roba del presente dominio Mercedes…), gli avversari erano molto vicini (ma questo non è un demerito della Mercedes attuale), e i piloti della scuderia inglese cambiarono spesso…Quella Williams era una macchina da guerra oliata ed efficiente pari alla Ferrari Schumacheriana e alla Mercedes Hamiltoniana. Chi ci saliva vinceva, a patto ovviamente che avesse i numeri dei migliori.

La maturità.

L’anno 1989 vede la Williams cominciare quella che sarà una proficua collaborazione con la Renault. Persi i motori Honda (accasati alla McLaren) e Mansell (accasato alla Ferrari di Fiorio) la scuderia riparte da Patrese e Boutsen. Con la FW12C, evoluzione della vettura dell’anno precedente, la scuderia ottiene con Boutsen due vittorie e il secondo posto in campionato costruttori.

Il 1990 porta altri due successi, con Patrese e con Boutsen, ma si rivela per la scuderia un passo indietro rispetto all’anno precedente. Solo il quarto posto nella classifica costruttori. La vettura in pista è la FW13, utilizzata per la verità già alla fine del 1989.

Nel 1991 si cominciano a raccogliere i frutti del rinnovamento, del quale fa parte anche il rientro di Mansell al posto di Boutsen e il lavoro di un giovane Newey. Patrese è dichiaratamente seconda guida. La FW14 aveva solo bisogno di una “sgrezzata”. Da un certo punto in poi la vettura mostra grande competitività e inanella con Patrese, e soprattutto con Mansell una serie di vittorie che lanciano l’inglese in lotta per l’iride con Senna. Un brutto errore della squadra ai box durante un pit stop e un ritiro mettono Mansell e la Williams fuori dai giochi per il mondiale. Risultato: secondi sia nel costruttori che nel piloti.

Di quell’anno ricorderemo per sempre lo spettacolare duello a 300 all’ora tra Mansell e Senna affiancati in rettilineo al Montmelò. Senna alzò il piede per primo. Posizione conquistata dall’inglese che (forse non tutti ricordano) perse poco dopo per un pit lento, e che riconquistò in pista in uno dei più bei GP mai tramandati alla storia

L’Università.

Il 1992 comincia per la Williams con una serie imbarazzante (per gli altri) di doppiette (4 su cinque vittorie). Serie interrotta a Monaco per un problema ad una ruota a GP quasi finito. Mansell rientra dietro al brasiliano e tenta in tutti i modi possibili di superarlo senza peraltro riuscirci. Se ancora oggi, guardando un GP a Montecarlo, mi aspetto che quello dietro attacchi quello davanti anche senza speranza alcuna è perchè ho ancora negli occhi il leone che ci prova con Senna! Per avere un’idea di quanto fosse forte quella Williams basti pensare che Mansell si laureò campione arrivando secondo in Ungheria con 5 gp da disputare (su sedici!). Alla fine vincerà 9 gare!

Quando ci spaventiamo per il mondiale vinto a 3 gare dalla fine ai giorni nostri pensiamo a quello…I padri della FW14 (Newey e Head) potevano ben essere orgogliosi della loro creatura…Le sospensioni attive, di cui era dotata la Williams erano un’arma micidiale. Intanto un giovane tedesco quell’anno vinse a Spa il primo dei suoi tanti gran premi…

Corre ancora l’anno 1992 quando Alain Prost viene ingaggiato in Williams per il 1993, dove peraltro non incontrerà Nigel Mansell, il quale andrà in Indy. Orfana anche di Patrese sarà la volta dell’esordio di Damon figlio di Hill Grahman). La nuova FW15C, dotata delle micidiali sospensioni attive e del traction control, è una macchina sublime. Prost vince all’esordio anche se sul bagnato si arrende due volte alle magie di Senna. Per chi come me si ricorda quell’anno si ricorderà anche come le prime gare del campionato furono l’apoteosi del talento di Senna, che con una macchina inferiore spesso dava lezioni di guida, e in una stagione segnata dal dominio della Williams si mette comunque al secondo posto nel mondiale. La Williams chiude con 10 gare vinte su sedici e una sola pole position mancata. Prost vince il suo quarto titolo e si ritira.

E’ il 1994 quando Senna arriva alla Williams per vincere chiaramente il titolo. Il brasiliano si era dovuto accodare dietro Prost l’anno prima. Si trova però a guidare una macchina, la FW16, privata per regolamento delle sospensioni attive, del controllo di trazione e di altri congegni elettronici che ne avevano decretato l’imbattibilità gli anni precedenti. (Una volta si sapeva e si voleva spezzare il dominio di qualcuno, se sia giusto o meno ognuno di noi ha una sua opinione…). Insomma la vettura non era facile da guidare come quelle che l’avevano preceduta. Tali problemi non sembrava avere la Benetton guidata dal giovane ed irrequieto Schumacher, subito vincente. Il brasiliano non è per niente a suo agio, per di più sembra soffrire l’avvento di nuovi protagonisti.

Il 30 aprile, alla vigilia del gp di S.Marino, Roland Ratzenberger rompe l’alettone su un cordolo e carambola dalla Villeneuve alla Tosa, rimanendo esanime. I soccorritori accorsi riescono a riattivare l’attività cardiaca e a trasportarlo in ospedale, dove sette minuti dopo il ricoverò smetterà di respirare. Se la morte fosse avvenuta definitivamente in pista le autorità avrebbero per legge dovuto porre sotto sequestro l’autodromo e annullare la gara del giorno dopo. Questi pochi minuti di vita supplementare di Ratzenberger cambieranno i successivi eventi.

E’ il 1° maggio, nel gp di S.Marino Senna parte in pole position. Dopo una ripartenza per un incidente al via Senna mantiene il comando seguito da Schumacher. Al settimo giro alla curva del Tamburello approcciata dal brasiliano a più di 300 all’ora la sua Williams va dritta causa rottura del piantone dello sterzo. Nonostante freni impatta a circa 200 all’ora e un braccio della sospensione entra nella visiera provocando irreparabili ferite al pilota. Muore così uno dei più grandi interpreti di questo sport, e muore anche un’idea, un modello di Formula1 e di motorsport.

La giustizia italiana, dopo anni, riconoscerà Patrick Head colpevole per aver autorizzato la modifica (chiesta dallo stesso Senna) con risaldatura ad angolo variato e diametri e materiali diversi del piantone dello sterzo. Condanna ormai prescritta dopo 13 anni.

Riporto alcuni brevi stralci di articoli e dichiarazioni, nell’ordine di: Autosprint e Claire Williams:

-“….le indagini, aperte proprio dalla rivelazione di Autosprint, appurarono che i tecnici Williams avevano tagliato e risaldato grossolanamente il piantone per cambiarne l’inclinazione e migliorare la posizione di guida di Senna. Quella giuntura, sotto le sollecitazioni delle curve di Imola e le rappezzature dell’asfalto, non resse agli sforzi e al 7° giro Senna si ritrovò con lo sterzo in mano e al Tamburello la Williams, invece di curvare, andò dritta verso il muro”.

– “Mio padre non ha mai voluto parlarne. Non è nella sua persona. Non è il tipo da terapia o lunghe conversazioni. Tiene tutto dentro. E’ così che gli hanno insegnato ad essere, in ogni caso, quando esce fuori la storia dell’incidente si vede chiaramente la sofferenza dai suoi occhi . A casa nostra Ayrton è stato considerato un Dio per lungo tempo, perfino per decenni. Papà ne era innamorato. Lo aveva nel cuore, nella testa e voleva assolutamente portarlo in squadra. Alla fine il suo sogno si è avverato, ma è finito nel peggior modo possibile“.

Il 1994 prosegue cinicamente (e nello sport non può essere altrimenti) con Hill a difendere i colori della Williams. Affiancato a spot da Coulthard e dal disponibile Mansell (che conquisterà a più di 40 anni la sua ultima vittoria in F1). Il campionato termina con un discusso incidente a Schumacher che coinvolge “accidentalmente” Hill. Con entrambi ritirati il titolo è del tedesco per un punto. Quello costruttori della Williams.

Nel 1995 la Williams è ancora la macchina migliore. La stessa cosa non può dirsi della coppia di piloti, Hill e Coulthard. Mi sono fatto l’idea che a Frank, dopo la scomparsa di Senna che lo colpì quanto quella di Courage nel ’70, in fondo importasse poco, cosa che si rifletterà anche nel futuro prossimo o meno prossimo a venire……

Dall’altra parte, fornita  dello stesso motore Renault della Williams, c’è la Benetton dell’astro nascente Schumacher. Troppo per quei due, i quali si rendono spesso protagonisti di errori importanti. Tutto ciò vanifica le 5 vittorie in campionato tra Hill (4) e Coulthard (1). Il mondiale piloti va a Michael Schumacher e quello costruttori alla Benetton

E’ il 1996 e la Williams, ancora sotto le sapienti mani dell’ancora giovane Newey, torna a dominare in maniera imbarazzante. Alla guida, al posto di Coulthard, viene ingaggiato un piccolo uomo dal grande cognome, Jacques Villeneuve, fresco vincitore della Indy500. Viene anche confermato Hill, che sembra finalmente, dopo le delusioni delle due ultime stagioni, pronto per vincere il titolo. Così accade! Con la FW18 l’avvio è scoppiettante come nel ’92 con Mansell. 5 vittorie di cui 4 di Hill. Alla fine saranno 12 su 16, e la Williams pareggerà i conti dei costruttori con la Ferrari, e Jacques se la giocò fino alla fine…A fine stagione Hill andrà via per lasciare il posto a Frentzen.

Nel 1997 come detto arriva Harald Frentzen. Chi prenderà in mano la scuderia sulle piste è il giovane Jacques con la FW19 (l’ultima Williams di Newey…), e il suo avversario sarà il tedesco, ma della Ferrari! Dopo un avvio promettente con 4 successi su sei gare, la Ferrari comincia a mostrare la forza con la quale potrà tornare a giocarsi i mondiali. Un deludente Frentzen lascia a Villeneuve la palla da giocare con Schumacher.

All’ultima gara, sul circuito di Jerez della Frontera, la Williams sembra più a suo agio nonostante il leader sia Schumacher, virtualmente campione del Mondo. Dopo una lunga rincorsa sempre a pochi secondi dal tedesco, al 47mo giro Jacques lo affianca all’interno della curva Dry Sac. Schumacher scarta in maniera evidente verso la vettura del canadese ma questa volta (…..) ha la peggio. Villeneuve con la macchina danneggiata finirà terzo con Hakkinen primo, vincendo così il suo primo e unico mondiale in F1. Questo porterà la scuderia di Grove (da poco trasferita da Didcot) a vincere il suo nono titolo costruttori, sorpassando la Ferrari. Uno straordinario risultato per un garagista ambizioso e visionario…

Intanto però un altro matrimonio di Frank sta per sciogliersi, quello con la Renault.

Nel 1998, con la perdita dei motori Renault sostituiti dai Mecacrhome (Renault non supportati dalla casa) e del tecnico Newey, il risveglio è amaro per la macchina dominante degli ultimi sei anni. Ferrari e McLaren hanno organizzato squadre fortissime sia dal punto di vista tecnico che dei piloti. Il terzo posto nel costruttori è “la coppa degli altri”.

Nel 1999 va anche peggio. Con i motori Supertec (sempre Renault passati di mano…) e i suoi piloti Ralf Schumacher e Alex Zanardi, non andrà oltre il quinto posto.

Il colpo di coda del terzo millennio.

Nell’anno 2000 il Team Williams cambia nome e diventa BMW Williams F1 Team, proprio perchè, per l’ennesima volta, cambia il fornitore di motori. Questa volta si tratta però di un legame solido quanto quello Renault. Al posto di Alex Zanardi viene ingaggiato Jenson Button al fianco di Ralph Schumacher. La scuderia, con la FW22, si aggiudica nuovamente il terzo posto nel costruttori nell’anno del terzo Mondiale di Shumacher e del secondo consecutivo della Ferrari.

Il 2001 vede l’avvicendarsi di Montoya con Button. Montoya come Villeneuve viene dalle gare americane dove ha ben figurato. La FW23 è una buona evoluzione della precedente e BMW ha intanto migliorato la sua unità. La Williams conquista 4 vittorie, 3 con Shumacher e 1 con Montoya, e il terzo posto nel costruttori

Nel 2002 con una sola vittoria di Ralph Schumacher ma parecchi buoni piazzamenti la Williams termina al secondo posto nel costruttori

Il 2003 si rivela per la scuderia inglese un anno di grande competitività sia della vettura che del suo pilota Montoya. Certo anche per il fatto che degli anni di dominio della Ferrari questo è stato il meno evidente, nonchè per lo stato di grazia del giovane Kimi Raikkonen che ha contrastato il tedesco fino alla fine, purtroppo per lui non supportato da un motore Mercedes fin troppo fragile. Alla fine Montoya e la sua Williams BMW si aggiudicano il terzo posto nel piloti a poca distanza da Schumacher e Raikkonen, e il secondo nel costruttori.

Il 2004 e il 2005 purtroppo per la blasonata scuderia di Frank si possono considerare gli striduli lamenti del cigno che muore. Uno splendido animale delle piste canta sulle ultime note di una bellissima canzone. Una vittoria di Montoya in Brasile chiude l’ultimo anno coi motori BMW.

La storia non finisce qui, ma quello che viene dopo non ha un decimo del fascino del “prima”. Comincia un lento declino che ha portato la Williams negli ultimi due anni a occupare le ultime file. Così come la McLaren, altra blasonatissima scuderia inglese, dopo un periodo buio (seppur non lunghissimo) sta dignitosamente uscendo dalla crisi, spero anche per la Williams un orizzonte migliore.

 

Decidere se parlare o meno dell’ultimo quindicennio non è stato facile. Dal non volerlo fare estesamente a non volerlo proprio fare. Il periodo (al di là di brevi fiammate di competitività) mi ispira tristezza, proprio per quel passato di cui ho scritto. Spero di non avervi annoiato più di tanto. Lo capirei, nonostante abbia condensato particolarmente certi anni…grazie a tutti!

 

 

Antonio

 

Immagine in evidenza da: autosport.com

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Doppietta Honda ad Interlagos, in Ferrari scoppia la guerra

“Questo succede quando si smette di barare”. Così si esprimeva il prode Max ad Austin, commentando il week-end anonimo della Ferrari.

E proprio Max, dopo alcune prestazioni non brillantissime, ad Interlagos piazza la sua Red Bull in pole position, mostrando una velocità in rettilineo a dir poco sospetta. Vettel lo bracca in seconda posizione, davanti ad Hamilton e Bottas mai in lotta per la prima posizione. Charles Leclerc segna il quarto tempo, ma dovrà partire 14° per via del cambio di motore

E, per una volta, alla partenza il fenomeno olandese riesce a mantenere la prima posizione, mai impensierito da Vettel il quale, anzi, si vede rubare la seconda posizione da Hamilton, molto bravo ad allungare la staccata alla prima curva sfilando all’esterno il tedesco.

I distacchi fra i primi aumentano rapidamente nei giri iniziali, mentre dietro Leclerc inizia una furiosa rimonta. Al settimo giro si trova già in settima posizione.

Al 21° giro Hamilton, impossibilitato ad avvicinarsi a Verstappen, tenta la carta dell’undercut, rimontando gomma soft. Max lo imita al giro successivo, ma si trova la Williams di Kubica che esce dal suo pit-stop e quasi lo manda a muro. Perde così la posizione sull’inglese, il quale supera di forza Leclerc, imitato subito dopo dall’olandese, che sul rettilineo di partenza si riprende poi di forza la posizione su Lewis.

Al 26° giro si ferma Vettel, autore fino a quel momento di una gara anonima in terza posizione. Al giro successivo si ferma anche Bottas, che monta la gomma più dura. In testa torna così Verstappen, seguito da Hamilton e da Leclerc che non ha ancora effettuato il suo pit-stop.

In questa fase la superiorità della Red Bull è marcata, in particolare sui rettilinei. Lewis si lamenta prima del motore, e poi delle gomme soft. Vettel, che ha montato le medie, viaggia ad un ritmo decisamente superiore, riprendendosi la terza posizione ai danni del compagno, che si ferma a 30° giro e monta la gomma più dura, come Bottas.

A metà gara, curiosamente nei primi 6 ci sono tutti e 3 i tipi di mescola. Verstappen ed Hamilton con gomma soft, Vettel e Albon con gomma media, Bottas e Leclerc con gomma dura.

Al 41° giro Bottas si ferma per la sua seconda sosta e monta gomma media. Al giro successivo si ferma anche Hamilton con uguale scelta. E dopo un ulteriore giro è la volta di Verstappen, che riesce a mantenere la posizione.

Bottas si ritrova dietro a Leclerc ma nonostante le gomme teoricamente molto superiori non riesce a superarlo, perchè Charles chiude gli spazi in modo magistrale. Ma al 52° giro la power unit abbandona il finlandese costringendolo al ritiro. La macchina è parcheggiata in zona sicura, ma per spostarla è necessaria la gru, ed esce la safety car. Verstappen decide di fermarsi per cambiare le gomme, ma Hamilton non lo imita, così come Vettel che si era fermato poco prima. Leclerc invece ne approfitta per montare gomma soft nuova.

Alla ripartenza, con dieci giri da compiere, accade di tutto. Hamilton quasi si ferma e compatta il gruppo, ma, prevedibilmente, non riesce a difendersi da Verstappen. Dietro di loro, Vettel dorme e si fa passare da un bravissimo Albon. Mentre Verstappen si allontana indisturbato, Seb riprova ad attaccare il thailandese, ma quest’ultimo si difende benissimo. Al giro successivo Leclerc rompe gli indugi e supera di forza il dormiente compagno di squadra, il quale non ci sta e, in un’assurda ripetizione della Turchia 2010, attacca il compagno e lo chiude leggermente in pieno rettilineo, quanto basta per rompendogli la sospensione e bucare la propria gomma posteriore sinistra. Ritiro per entrambi i ferraristi e nuova safety car.

Hamilton, con le gomme ormai finite, si ferma ai box, e rientra quarto dietro Gasly, incredibilmente terzo. Alla ripartenza passa subito il francese, e poi attacca assurdamente Albon mandandolo in testa coda e riperdendo la posizione. Ma Pierre si difende bene, e chiude secondo, nel posto che avrebbe dovuto essere di chi l’ha sostituito in Red Bull. Hamilton si piazza terzo ma su di lui incombe lo spettro della penalità. Quarto Sainz, rimontato dall’ultima posizione. L’improbabile classifica continua con Raikkonen e Giovinazzi, sempre consistenti per tutta la gara. Settimo Ricciardo, davanti a Norris, Perez e Kvyat, a completare la grande giornata per la Toro Rosso.

Nemmeno in una giornata anomala la Haas riesce ad approfittarne per andare a punti, mentre per la Williams sarebbe obiettivamente stato chiedere troppo, anche se Russel si è comunque piazzato dodicesimo, risultato decente per lo standard del team.

La classifica è comunque provvisoria sia per la penalizzazione possibile (e sacrosanta) ad Hamilton, sia perchè molte macchine sembra abbiano usato il DRS durante la bandiera gialla esposta in occasione del ritiro di Bottas.

Ora si va ad Abu Dhabi per la gara conclusiva di un mondiale dall’esito scontato. Si spera di rivedere una gara divertente come quella odierna, ma meglio non farsi illusioni.

P.S.1 Per la Ferrari quella di oggi è stata una gara disastrosa in tutti i sensi. La magia delle gare post-ferie è sparita, e ci si chiede a questo punto quanto effettivamente abbiano influito le direttive tecniche. Ma, quel che è peggio, è la guerra scoppiata fra i due piloti, favorita tecnicamente da una manovra pericolosa di Vettel, ma Leclerc di sicuro non ha fatto nulla per evitare l’esito nefasto. Bene ha fatto Binotto a non prendere posizione. Il tedesco deve comunque stare attento: Leclerc non è Webber, nemmeno nella considerazione degli uomini della scuderia, considerando anche che, purtroppo, il conteggio degli errori è a suo sfavore, mentre lo stipendio no. A rimetterci da questa guerra è stata (e, in prospettiva, sarà) soprattutto la Scuderia, che ora nel bilancio 2019 conterà probabilmente le stesse vittorie della Honda, che fino allo scorso anno faceva fatica a finire le gare. E un possibile appena accettabile terzo posto nella classifica piloti è stato probabilmente oggi compromesso.

P.S.2. Si potrebbe discutere a lungo sulla improvvisa resurrezione dei motori Honda dopo gare scialbe. Di sicuro per loro non arriveranno direttive tecniche.

P.S 3. oggi Toto Wolff non era presente. In settimana Mercedes aveva fatto sapere che taglierà 1 miliardo di euro di costi, e si vocifera che il team sia in vendita con Penske interessato all’acquisto. Si prospettano scenari interessanti per i prossimi anni.

P.S 4. fosse stato un altro pilota a fare ciò che ha fatto Hamilton su Albon, sul podio non ci sarebbe andato. Ma siamo in Brasile e Lewis è un 6 volte campione del mondo e aveva il casco dedicato a Senna, non si poteva non mandarlo a raccogliere l’ovazione della folla.

WEC 4 HOURS OF SHANGHAI 2019

Terzo round del campionato sulla pista cinese che è sempre stata presente in calendario. Il WEC introduce per la seconda volta il nuovo format corto da 4 ore, rendendo ancora più sprint la competizione. Dopo la facile doppietta in casa da parte delle Toyota il “success handicap” introdotto dalla federazione ha rallentato le TS050 di 2,7 sec al giro “teorici” agendo su fuel flow e peso minimo. Questa strada scelta dal WEC per livellare le prestazioni sembra troppo macchinosa e non pare essere risolutiva come si è visto al Fuji, dove le LMP1 private non hanno potuto nulla contro le vetture giapponesi. In Cina gli aggiustamenti sono molto più penalizzanti per la Toyota ed effettivamente almeno la Rebellion R13 potrebbe giocarsela più sul giro secco che nell’arco di 4 ore; mentre le Ginetta oggettivamente sono ancora molto acerbe e gestite da un team abbastanza inesperto nelle gare WEC. Probabilmente le TS050 faranno un po’ fatica sul lungo rettilineo ma poi in gara, soprattutto nei doppiaggi, avranno il solito vantaggio di accelerazione grazie al loro ibrido. Sarà più difficile sicuramente la gara, ma è difficile immaginare una vittoria dei privati, a meno di imprevisti.

In classe LMP2 c’è sempre una gran lotta tra tutti i team dotati dell’Oreca, che stanno imparando a conoscere sempre meglio. Sta crescendo anche la Goodyear, che comunque aveva l’esperienza Dunlop, visto che la vettura dell’High Class Racing ha concluso con un secondo posto al Fuji, poi squalificata per irregolarità tecnica. La grande rivelazione della stagione è rappresentata dal Racing Team Netherland che al Fuji è riuscito addirittura a vincere con una gara strepitosa, soprattutto da parte del neo campione F2 De Vries e ad un eccellente lavoro di Van Eerd, primo pilota Bronze a vincere una gara in LMP2. Purtroppo la Cetilar paga il fatto di correre con Dallara che non è ancora a livello dell’Oreca 07, su cui tutti gli altri team si sono orientati. Anche qui a Shanghai ci aspettiamo una gara combattutissima fino alle ultime battute.

L’attenzione gara dopo gara si sposta sempre più sulla classe GTE-Pro, che nonostante l’uscita di scena di Ford e BMW, offre sempre gare tiratissime e difficili da prevedere, e non è solo il BOP…perché ormai è da qualche tempo che non si cambia e tutte e tre le macchine hanno trovato un ritmo simile, anche la nuova Porsche. Le prime due gare sono state molto incerte, con un risultato a sorpresa a Silverstone e più in linea al Fuji, dove però c’è stato il tracollo Ferrari in gara. A Shanghai un anno fa, in una gara funestata dalla pioggia, ci fu la prima vittoria della nuova Aston Martin Vantage AMR; il tracciato cinese sembra portare bene alle vetture britanniche visto che nel 2012 vi firmarono la loro prima vittoria nel WEC. Quest’anno le Aston puntano decisamente al bersaglio grosso, provando a chiudere la tournee asiatica con la doppietta. Ormai la Vantage si è pienamente adattata e sviluppata in sinergia con le Michelin, garantendo una tenuta sulla distanza che l’anno scorso era semplicemente impossibile. Le Ferrari di AF Corse devono iniziare a portare a casa i podi e vittorie, dopo essere stati sfortunati a Silverstone e chiaramente sottotono al Fuji. Chi l’avrebbe detto dopo la qualifica di Silverstone che nelle prime due gare le vetture del Cavallino avrebbero fatto zero podi? Infine c’è la Porsche, che sa di aver ancora un bel margine di sviluppo da trovare, e comunque è a tratti molto consistente e può contare su uno dei team più preparati di sempre nell’endurance. Vediamo chi la spunterà.

In GTE Am la tappa giapponese ha visto la fantastica vittoria del TF Sport, che ha preso subito la leadership grazie allo stint di Yoluc. Quest’anno a causa del success ballast ripetersi costantemente a podio non è più così semplice, per cui ci si aspettano grandi performance dalle Porsche, che sono le meno penalizzate a livello di peso.

 

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ORARI

Qualifiche: Sabato 9 Novembre h. 7.00

Gara: Domenica 10 Novembre h. 5.00

Questa volta su Eurosport 1 ci sarà la diretta integrale ed è veramente un bel plus che non costringe i fan ad iscriversi a Motorsport TV per vedere la gara. Che dire…speriamo in qualche novità là in alto e in una battaglia come sempre in GT.

Aury

Hamilton a -1 da Schumacher, la Ferrari resta a casa

2 novembre 2008: un giovanissimo Lewis Hamilton vince il primo titolo mondiale alla sua seconda stagione, togliendolo in extremis a Felipe Massa, che non avrà mai più gloria, dopo quella giornata.

3 novembre 2019: un Lewis Hamilton molto maturo vince il suo sesto titolo mondiale, il quinto in 6 anni avendo perso a sua volta in extremis quello del 2016.

I numeri non mentono mai, in qualsiasi epoca e con qualsiasi vettura essi vengano raggiunti. Fare confronti con altri campioni è sempre inopportuno, l’albo d’oro dice che Lewis ora si trova a -1 dal più grande di tutti i tempi, Michael Schumacher, e si trova ancora al massimo della forma e della motivazione, oltre che guidare per un team che da 6 anni non va in crisi di prestazione se non per gare isolate. Quindi il conteggio andrà avanti, chissà ancora per quanto.

Fatti i doverosi complimenti all’esa-campione, veniamo alla cronaca di una gara ben poco entusiasmante. Si è arrivati ad Austin con temperature inusuali per il Texas. Ed era fin troppo facile prevedere che questo, a qualcuno, avrebbe creato problemi nell’interpretazione delle gomme. E chi sarebbe stato quel qualcuno era altrettanto facile prevederlo.

Il venerdì aveva raccontato di una Ferrari in difficoltà come sempre a far durare le gomme. Ma il sabato non c’è stato il dominio cui la rossa ci aveva abituati dopo il ritorno dalle vacanze. Per di più, il motore abbandona Leclerc nelle FP3, e lo costringe a montare una PU vecchia per il resto del week-end.  Un solidissimo Bottas guadagna così la pole per pochi millesimi davanti a Vettel, Verstappen, Leclerc ed Hamilton, tutti vicinissimi.

Già dalla partenza si capisce che sarà una gara a 3, e che fra questi non ci saranno macchine rosse. Vettel dopo poche curve sprofonda in settima posizione. A Leclerc non va molto meglio, e si vede superato da Hamilton mantenendo la quarta posizione dello start. I primi 3, Bottas, Verstappen e Lewis, si allontanano da lui rapidamente.

Al nono giro finisce la gara di Sebastian, con la sospensione posteriore destra saltata. Al quattordicesimo si ferma Verstappen, le cui gomme erano ormai finite. Bottas si copre da un possibile undercut fermandosi al giro successivo, mentre Hamilton viene invitato a fare la stessa cosa ma rifiuta preferendo continuare. In questo modo, però, gira notevolmente più lento del compagno di squadra, che lo raggiunge e supera al 24° giro. A quel punto si ferma anche l’inglese, ma per potere sperare di vincere non dovrà fare altre soste e sperare che gli avversari invece cambino ancora le gomme.

Rientrato in pista, Lewis inizia a recuperare al ritmo di un secondo al giro. Anche Leclerc, fermatosi al 21° giro per ben 7 secondi (piove sul bagnato), gira su ottimi tempi, segno che con le gomme dure la Ferrari si trova meglio rispetto alle medie con le quali era partito. Le stesse gomme dure non vanno altrettanto bene a Verstappen, che  è costretto a fare la sua seconda sosta molto presto, al 35° giro, e viene subito imitato da Bottas, il quale al rientro in pista inizia a segnare tempi record nel tentativo di raggiungere il compagno di squadra in testa alla gara.

Ma Lewis, come già in Messico, guida da campione del mondo, gestendo benissimo le gomme e continuando con un ottimo ritmo. Ma, purtroppo per lui, con queste Pirelli i miracoli non li può fare nessuno, e a 5 giri dalla fine deve cedere la posizione a Bottas che lo supera di forza dopo avere fallito un tentativo al giro precedente.

Ormai le gomme sono finite, e la minaccia Verstappen incombe. Purtroppo per l’olandese, Magnussen insabbia la sua Haas al penultimo giro proprio alla fine del lungo rettilineo, laddove c’è l’unico punto in cui il sorpasso è teoricamente possibile.

Finisce così con Bottas che vince meritatamente dalla pole, Hamilton secondo e Verstappen terzo. Al quarto posto, staccato di quasi un minuto, arriva Leclerc, autore del giro più veloce nel finale. Quinto un ottimo Albon, rimontato dall’ultima posizione dopo un contatto in partenza. Sesto Ricciardo, con una Renault più vicina del solito ai primi,  tallonato dal fantastico Norris con una McLaren sempre più quarta forza. A confermarlo c’è l’ottavo posto di Sainz, davanti ad Hulkenberg e a Perez, rimontato dal fondo dopo essere partito dalla pit-lane. La sua posizione avrebbe dovuto essere di Kvyat, che però è stato penalizzato subito dopo la fine della gara.

Fuori dai punti, per l’ennesima volta, Raikkonen, davanti al già citato Kvyat, agli inconsistenti Stroll e Giovinazzi, a Grosjean con l’unica Haas arrivata al traguardo, e a Gasly, classificato pur non essendo arrivato al traguardo, e comunque davanti alla Williams di Russel, che al traguardo ci è arrivata ma molto lentamente.

Con i due campionati già assegnati, restano solo la gara di Interlagos e quella di Abu Dhabi. Vedremo se la Ferrari tornerà sui livelli ai quali ci aveva abituato dopo le ferie, o se continuerà il dominio Mercedes che abbiamo visto nelle ultime gare.

p.s. 1
Chiedo scusa ai tifosi di Lewis per l’immagine in evidenza che non lo celebra, ma era troppo pittoresca nella sua “drammaticità” per non essere utilizzata. Il carbonio, generalmente infaticabile e molto tollerante, si ribella al troppo lavoro che gli è stato chiesto ad Austin, fra salti, buchi e cordoli anche messi da un giorno all’altro da una direzione corsa sempre attentissima alla sicurezza. Ma è accaduto solo alla Ferrari, e questo deve fare pensare.

p.s. 2
Abbiamo letto in questi giorni dei malumori degli altri team nei confronti della PU Ferrari. Abbiamo anche saputo di una richiesta di chiarimenti da parte della Red Bull su un dispositivo palesemente irregolare, cui la FIA ha risposto più o meno “non provate a montarlo in macchina se no sono guai”. E improvvisamente, come a Monza lo scorso anno quando impazzavano le polemiche sulla batteria, la Ferrari perde un vantaggio che sembrava evidente. Sicuramente non c’entrerà assolutamente nulla, ma…

p.s. 3
Dopo la bella strategia attuata in Messico, Binotto aveva detto “dobbiamo rischiare di più”. E infatti quando Charles ha rotto la PU, anzichè montarne una fresca beccando 10 posizioni ma potendo contare su una unità fresca da usare nelle ultime gare, ne hanno rimontata una vecchia, col dubbio di non potere più riutilizzare l’altra, e dovere quindi prendere comunque penalità in Brasile. Col senno di poi è stata una scelta sbagliata, a meno che…

p.s. 4
Della presa d’aria Mercedes posta fuori dalla sagoma prevista per la presa dei freni, e adibita non al raffreddamento degli stessi ma a quello delle gomme, si è parlato poco, chissà perchè…