MIT’S CORNER: MEMORABILIA ED IL RITIRO DI SEB

Personalmente ho sempre ritenuto Sebastian Vettel un grandissimo pilota.

E potrei concludere qui l’articolo.

Poi, ça va sans dire, capisco che forse è il caso di argomentare un po’ di più ma per farlo mi devo prima convincere che l’aneddotica personale può essere utile a spiegare il perché di certe opinioni. Dopo aver riflettuto per 1’43″665 (il tempo di una pole a Spa) decido che sì, vale la pena anche ricorrere all’aneddotica personale dal momento che, trattandosi di opinioni che lasciano il tempo che trovano, allora vale un po’ tutto.

Sappiate che seguo la F1 da quando ero un microbo. Nel 1977 imparai addirittura a leggere grazie all’almanacco della F1 e il ricordo va alla simpatica nonnina che mi correggeva se leggevo male i nomi dei piloti… il che non è che fosse l’optimum perché Jabouille, Depailler e Laffitte per lei erano letteralmente GIABUILLE’,  DEPAILLE’ e LAFFITTE’ con italianismi che scimmiottavano il francese senza conoscerne le regole di pronuncia, ma tant’è. Quando il babbo si rese conto che sapevo leggere s’impettì tutto contento e mi rifilò l’intera bibliografia di Jules Verne ed Emilio Salgari, il che dovrebbe spiegare il perché ancora oggi mi piace divagare svolazzando di fantasia a dritta e a manca.

Seguivo già la F1, per quel che vale a quell’età nel senso che stavo sul divano col babbo a vederlo tirar giù santi o esultare in funzione dei risultati della Ferrari. E se Niki Lauda era il nome che pronunciavo più spesso divenne però inevitabile (tipico dei bambini piccoli) il “tifo” per il mio omonimo Mario Andretti il quale, manco a farlo apposta, l’anno dopo trionfava sulla monoposto tra le più esteticamente meravigliose (oltre che tecnicamente rivoluzionarie) della storia del motorsport.
Poi ho imparato soprattutto ad apprezzare i piloti, le loro capacità, le loro imprese, le vittorie e le sconfitte. Quando accadeva che un’impresa fosse particolarmente straordinaria mi capitava il seguente fenomeno: quasi senza rendermene conto mi inginocchiavo davanti alla TV sfoggiando l’inevitabile mascella abbassata a raccogliere mosche durante la stupefazione. Non mi è accaduto molto spesso quindi l’elenco di tali occasioni me lo ricordo benissimo.
Villeneuve è quello che me ne ha fatte fare di più ma ero un bambino e probabilmente non contano ma sicuramente quella della foto è quella che spicca di più (sì, la vidi in diretta!)

Montecarlo 1984: poteva essere diversamente? (mi compiaccio del fatto che la mascella era abbassata per la prima e unica volta grazie alle imprese non di uno bensì di due (compianti) protagonisti: Ayrton e Stefan). Fu una roba mistica, che mi sentivo tipo un mercante di oli indiani ai piedi del Golgota nel 33 d.C o un modesto frequentatore delle singing chapel nella Chicago del 1980 mentre vedeva quel tizio vestito come un becchino illuminarsi d’immenso (“La banda! Elwood! La banda!”).


Montecarlo 1988: sempre Ayrton – non mi vengono in mente prestazioni più alte nella storia della F1 (che ho visto io almeno: vecchi appassionati mi dicono che Jim Clark, Ascari e Fangio erano su quel pianeta lì e a loro volta avevano sentito delle mirabolanti imprese del mantovano volante che, forse, era pure di un altro universo). Il che, se vogliamo, è piuttosto curioso dal momento che quella gara non la vinse perché si stampò da solo al Portier. Ma quel che fece prima… uuuuuuuh!

Le qualifiche di Spa 1991: me le ricordo come fosse ieri. Sul divano con papà e uno dei fratelli a ridere come matti mentre il Poltro o chi per lui raccontava della “disavventura” di Bertrand Gachot che costrinse Jordan alla sua momentanea sostituzione. Poi a ridere ulteriormente mentre traducevamo sarcasticamente il cognome del debuttante come “scarpazzone” (ai tempi abitavo a Modena e questo era il simpatico aggettivo da affibbiare al più scarso giocatore di qualsiasi sport). E poi, però, sono finito con le ginocchia a terra e con mascella aperta d’ordinanza, quando le telecamere si soffermarono, con tempi di qualifica in sovrimpressione, sull’allora totalmente sconosciuto Michael Schumacher (sempre-sia-lodato). E abbiamo tutti smesso di ridere


Magny-Cours 2004 – l’irreale prestazione di Schumy in quell’occasione fu qualcosa di indescrivibile con praticamente tutti fastest lap dal primo all’ultimo giro. Barcellona 96 e Francia 2004 sono l’Alfa e l’Omega della sua carriera.

Turchia o Monza 2006 Gp2 (la memoria fa cilecca) – ai tempi la rai le trasmetteva credo di Sabato. Non è F1 ma la riguarda indirettamente, quindi chissenefrega. Lewis parte ultimo, non ricordo se per una partenza stupida o una qualifica peggiore, e li passa tutti come birilli. Fu una cosa epica, fenomenale, galattica!, considerando che le auto erano sostanzialmente tutte uguali. Ebbene sì: inginocchiamento, mascella abbassata d’ordinanza e mano al cellulare per chiamare il fratello e dirgli di accendere immediatamente la TV che c’era uno che non si vedeva dai tempi di Senna

Monza 2008. Sì, di Seb se ne parlava, ma no, fino a lì non sembrava. Eppure quell’impresa di SV fu (quasi) l’ultima a farmi inginocchiare e smascellare. Semplicemente superbo. Ci furono condizioni particolari, è vero, ma diversamente non sarebbe stato possibile per Seb vincere una gara con una macchina tra le peggiori del gruppo – non si può forse dire lo stesso di Montecarlo 1984? E la vinse, anzi la dominò!, per davvero, non è stata una prestazione tipo Gasly/Ocon/Ricciardo di questi ultimi due anni in cui tutti i forti si sono suicidati in gara. Sbaragliò tutti sin da sabato e in gara fu, semplicemente, il più veloce in assoluto contro ogni pronostico!

 

Abu Dhabi 2012. Poteva mancare l’ineffabile Kimi? Di tante prestazioni eccezionali fatte dal 2003 al 2009 che pure avrebbero meritato l’inginocchiamento di prammatica fu quella di Abu Dhabi 2012 che me lo fece fare davvero. E ci fu anche quel team radio epocale a suggellare il coronamento di una carriera straordinaria con la vittoria inaspettata su una vettura decisamente inferiore a quelle dei team che si giocavano il mondiale.


E… no, con Max e Charles non mi è capitato di spellarmi le ginocchia: forse sono ormai “troppo vecchio per queste stronzate” (cit.) e, chissà?, l’elenco di cui sopra rimarrà invariato fino a che avrò ancora la capacità di divertirmi a guardare un GP.

Ora, per quel che mi riguarda, il solo fatto che Vettel faccia parte di questo mio, personalissimo, elenco me lo pone tra i grandissimi a prescindere. Vettel ERA un fenomeno. Strepitoso, secondo me, nelle annate 2009, 2012, 2015, 2017 e nel 2018 fino a Hockenheim, che fu spartiacque.

Se il 2009 avesse avuto il numero di gare odierne Button il mondiale se lo scordava a favore del nostro che fece un’annata epocale cui in pochi guardano con il dovuto occhio analitico, accecato dalla netta superiorità di Brawn GP mostrata fino a metà stagione e poi gestita (indubbiamente in modo magistrale da Button) fino alla fine. Ma Vettel fu meraviglioso.

Nel 2010, onestamente, non fu impeccabile così che il mondiale se lo ritrovò un po’ regalato dalla scellerata decisione Ferrari di marcare a uomo Webber in quell’ultima ferale gara di campionato. Tuttavia il merito di essersi trovato lì e di aver saputo condurre quella gara con calma olimpica non glie lo leva nessuno.

Nel 2011 e nel 2013 la superiorità del mezzo era netta ma su quel mezzo c’erano in due e Seb annichilì il pur ottimo teammate in modo impietoso.

Il 2012 fu altra annata strepitosa. Vero che anche allora il mezzo era superiore ma non così tanto e il cagnaccio Alonso stavolta non gli avrebbe fatto sconti. Tuttavia Seb fu semplicemente eccezionale, ancora una volta, proprio nell’ultima e decisiva gara in cui un incidente in partenza lo relegò nelle ultime posizioni. Non si perse d’animo e guidò da par suo per tutta la gara fino a raggiungere la posizione che gli avrebbe consentito la matematica vittoria.

Il 2014 fu annata di transizione: scoprì una vettura non competitiva (o almeno non tanto quanto sarebbe servito per lottare per il massimo titolo) e si perse d’animo facendosi mettere in ombra dal sorrisone di Daniel. Campanello d’allarme per i suoi tifosi e per gli appassionati: forse il carattere del nostro non rende giustizia ai suoi natali teutonici che lo stereotipo vorrebbe esser sempre dotato di immarcescibile freddezza esecutiva.

Il 2015 fu meraviglioso. Sembrava un bambino che giocava con il giocattolo da sempre desiderato.

2016 di nuovo transizione.

Nel 2017 si ritrovò a lottare per il massimo titolo ma gli sviluppi Ferrari di metà stagione furono troppo deludenti per potergli consentire di continuare a lottare.

Nel 2018 ancora a lottare per il mondiale, personalmente ritengo con qualche possibilità in più rispetto all’anno prima. Poi arrivò Hockenheim e qualcosa si ruppe.

Gli errori commessi poi furono dovuti, sempre secondo me, molto semplicemente al tentativo di andare oltre ai limiti della macchina per tentare il disperato recupero ma sono stati comunque l’inesorabile segno del suo spegnimento improvviso. Certo, ci furono i cerchioni bucati, gli sviluppi da gambero della Ferrari e un Lewis ad un livello stellare, apice della sua carriera in quanto a guida, quindi molto probabilmente Seb non sarebbe mai riuscito a vincere quel mondiale. Però la sensazione che l’interruttore sia andato su off l’hanno percepita tutti.

L’anno dopo, choccato da Leclerc (ma era già “spento”), avrebbe dovuto essere l’ultimo.

A carriera finita si possono tirare un po’ le fila.
Pilota velocissimo, sia in qualifica che in gara, grande affinità col muretto per avere una  gestione gara ottimale, con stile di guida mutuato (per quanto possibile) dal suo idolo Schumy che gli consentiva di dire la sua su qualsiasi tipo di pista, come tutti i grandissimi era estremamente efficace sul bagnato e spesso autore di grandi partenze. Quello stesso stile simile a MS gli faceva mangiare le gomme a più non posso ma era assecondato con straordinaria efficacia negli anni degli scarichi soffiati e lo faceva zoppicare un po’ nei cruciali 2017 e (soprattutto) 2018. Alcuni difetti non ne consentono la collocazione, secondo me, nell’olimpo. La mancanza di sensibilità in bagarre testimoniata, plasticamente e per converso, dalle poche eccezioni (end-of-2012) e una erratica quanto alle volte persino incomprensibile lunaticità (multi-21! e le boiate sparse qui e là di cui la più assurda è Baku) hanno rappresentato una zavorra di cui non si è mai liberato. A quest’ultimo punto si aggancia il suo difetto maggiore.
SV come è entrato in F1 così ne è uscito.
Cioè: dal 2008 al cruciale Hockenheim 2018 Seb è sempre stato identico a se stesso senza praticamente mai migliorarsi. Monza 08 a Hockenheim 18 (dopo non lo conto), dieci anni giusti giusti, la sua carriera non è stata una parabola, come si usa metaforicamente dire in questi casi, bensì una linea retta, piatta come la pianura padana da cui scrivo, sicuramente collocata molto in alto (inevitabile che sia così) ma pur sempre piatta. Ed in questo è stato radicalmente diverso sia dal suo idolo e mentore (il sempre-sia-lodato Schumy) che da altri dell’olimpo, che là stanno anche perché hanno saputo evolversi nel tempo della loro carriera migliorando i difetti, limando le intemperanze, trovando i necessari adattamenti e così via, per cercare di raggiungere quell’impossibile perfezione che noi tutti appassionati vorremmo vedere ad ogni giro di pista e che, a dirla tutta, è uno dei principali sottotesti allegorici di questo sport.
Curiosamente, sempre secondo me, condivide questo suo “grosso” (aggettivo moooolto relativo: stiamo pur sempre parlando di fenomeni) difetto con il suo acerrimo rivale Fernandino nostro il quale corre oggi esattamente nello stesso identico modo in cui correva ai tempi del suo debutto in Minardi (il che, a 41 anni suonati, sia beninteso, gli vale il più fragoroso dei plausi).
Ma non si rimane con l’amaro in bocca perché da quel che i media ci hanno trasmesso e per il poco che è trapelato delle sue vicende extra-paddock ne hanno fatto (e ne fanno! è ancora giovane!) una figura interessantissima, di rara intelligenza e squisita simpatia, capace di gesti significativi e affatto banali (diversamente dal suo amico-rivale LH che pur animato da condivisibilissimi e nobilissimi intenti appare assai confuso e sconclusionato nelle sue mosse da “influencer”) e, in definitiva, di una persona di quelle che ti piacerebbe conoscere anche se facesse l’idraulico a Codigoro.

Dunque niente amaro in bocca, come dicevo poc’anzi, ma una bel dessert, anzi, una torta piena di strati colorati e appetitosi, forse non perfettamente rotonda ma gustosissima.
Un caro saluto, Seb, e ad maiora.

 

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