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Hamilton sale in cattedra ad Hockenheim, Vettel dietro la lavagna

Ci sono gare difficili da raccontare. Perchè più di altre esprimono il valore intrinseco dei singoli contendenti e, purtroppo, gettano ombre sinistre sulle aspirazioni di alcuni di loro, che magari erano partiti con ben altre ambizioni. E perchè gli episodi che hanno portato al risultato finale sono troppi per essere citati e perfino ricordati.

In questi casi è meglio dare la precedenza alle premesse e all’esito finale, e da questi fare alcune considerazioni.

Le premesse: Vettel e Ferrari fortissimi, centrano una pole fantastica davanti ad un pubblico in tripudio, e la dedicano all’ormai ex presidente Sergio Marchionne. Lewis si ritrova invece nella disperazione, dopo che la sua Mercedes l’ha lasciato a piedi, forse con qualche responsabilità da parte sua.

La Ferrari ha dimostrato una indiscutibile superiorità sulla Mercedes, e Seb deve solo dare il colpo di grazia al rivale, vincendo la gara. Per farlo, gli basta partire bene e andarsene via, sperando che non arrivi qualcosa a disturbare la sua gara. Come ad esempio la pioggia.

Il finale: la pioggia arriva a pochi giri dal traguardo, ad intermittenza e solo su alcuni tratti del circuito. Hamilton rimonta imperiosamente fino alla quarta posizione, e si trova nel posto giusto al momento giusto. Cioè quando Vettel, impegnato come gli altri a tenere in pista la macchina con gomme slick su fondo bagnato, si pianta nelle barriere nella curva più lenta del motordrom. Proprio dove manca la via di fuga. E Lewis si ritrova primo, guidando come nessun altro su una pista che per gli altri era al limite della praticabilità, e segnando pure il giro più veloce alla penultima tornata per dimostrare ai rivali quanto sia forte.

Ciò che è successo in mezzo non vale nemmeno la pena di ricapitolarlo, perchè la gara fino all’arrivo della pioggia è stata abbastanza piatta, indirizzata verso una doppietta Ferrari che avrebbe potuto risultare determinante in ottica mondiale. E, invece, siamo a parlare di una doppietta Mercedes, di una coppia di piloti che, almeno oggi, è stata nettamente superiore a quella Ferrari (considerando anche che Raikkonen all’arrivo della pioggia è letteralmente evaporato), e di due classifiche mondiali che ora vedono l’argento nella prima casella.

La tendenza, che sembrava essere cambiata a Silverstone, si è nuovamente invertita ad Hockenheim, ma stavolta in maniera inquietante per la Ferrari. Perchè a ben vedere la Mercedes si era ritrovata dietro per problemi di affidabilità o per episodi nei quali i piloti erano incolpevoli, la Ferrari si è invece ritrovata dietro per proprio per colpa dei suoi piloti. Questo è indiscutibile. Si può obiettare che sia facile giudicarlo da fuori, ma è sufficiente mettere in fila le situazioni in cui la Ferrari quest’anno ha perso punti, e quelle in cui li ha persi la Mercedes, e si vedrà facilmente che dal lato Ferrari sul banco degli imputati ci vanno i piloti stessi.

Siamo solo a metà stagione, c’è tantissimo tempo per recuperare, ma, come abbiamo già scritto su queste pagine diverse volte, se continua a sprecare come è stato fatto nella prima parte della stagione, la Ferrari non vincerà nessuno dei due mondiali. E tutto questo con una macchina che si sta sempre più rivelando eccezionale.

Detto tutto quanto sopra, la classifica finale è risultata completamente rimescolata dalla pioggia, e a punti sono andati anche piloti che fino al cambiamento delle condizioni navigavano in fondo, come Perez e Ocon, Ericsson e Hartley, arrivati dalla settima posizione in giù. O Grosjean, arrivato sesto ma letteralmente surclassato dal compagno di squadra Magnussen fino a quando la gara è rimasta asciutta.

Ottimo risultato di Hulkenberg, quinto, il quale a sua volta ha messo in ombra il compagno Sainz. Mentre Verstappen ha osato troppo montando anzitempo le gomme intermedie e ha perso quella che per lui poteva essere una grande occasione.

Fra una sola settimana si corre in Ungheria, pista da sempre amica della Ferrari e dei suoi piloti. Potremmo assistere ad un altro capovolgimento di fronte, ma i punti persi oggi non le torneranno comunque indietro.

P.S.
Ci sono uomini ai quali il destino non dà l’opportunità di vedere compiute le sfide che avevano cominciato. E delle quali avrebbero meritato di ricevere gli onori, dopo averne sopportato gli oneri, a volte fra lo scetticismo generale.
Sergio Marchionne ha preso le redini della Ferrari nel 2014 in uno dei momenti più difficili della sua storia della Scuderia, ha dato responsabilità a uomini il cui curriculum poteva essere discutibile, e allontanato altri uomini dal curriculum invece indiscutibile. Ha deciso di dare fiducia alle cosiddette seconde e terze linee italiane, tecnici sconosciuti che avevano ancora tutto da dimostrare, almeno pubblicamente. Ciò avendo di fronte un avversario dal budget almeno doppio, che si era scritto il regolamento da solo e il cui dominio sembrava destinato a durare in eterno. E il destino ha voluto che Sergio Marchionne dovesse lasciare la Ferrari, e l’intero gruppo FCA, proprio nel momento di maggior forza della squadra alla quale tanto teneva. Gli onori dei successi futuri, a quanto è dato sapere, andranno eventualmente a qualcun altro. E questo qualcun altro, nonché coloro che hanno in mano le sorti del risultato, dovranno ricordare ciò che l’ex presidente disse prima dell’inizio del mondiale: “la SF71H è una gran macchina, se non vincerà la responsabilità sarà degli uomini che la gestiscono”. In quel momento sembrava una boutade, ma, come per tante delle frasi pronunciate da Marchionne nei 14 anni in cui è stato alla ribalta, alla luce di quanto vediamo oggi aveva ragione lui.

 

2018 F1 GERMAN GP: AN INTRODUCTION.

“Solo i morti han visto la fine della Guerra”

Dittatore Centrafricano

Il Circus della F1 si sposta ad Hockenheim per quello che con ogni probabilità sarà il ballo d’addio del circuito in oggetto. La Germania perde il proprio GP dal 2019 ed Hockenheim di fatto rischia di perdere la F1 per sempre. Impossibile perciò non esser colti da un forte attacco di malinconia al pensiero di tutte le pagine di Storia della F1 che si son scritte su questo tracciato. Ma anche constatare come sia stato tragicamente amaro per molti. Vedasi la scomparsa del più grande di sempre in una gara di F2 il 7 aprile del 1968. O il Depa che perde la vita a bordo della sua Alfa 179 durante dei test privati il primo agosto del 1980. Infine Didier la cui carriera in F1 finisce drammaticamente col volo in prova il 7 agosto 1982. Fortunatamente si son viste anche delle belle pagine di Sport da queste parti: la Fenice che rompe a suo favore gli equilibri del Mondiale 1977 vincendo la prima edizione di questo GP. Tambay che nel 1982 si riprende (parzialmente….) quello che un destino infame aveva negato alla Ferrari il giorno prima. Prost che nel 1986 spinge la sua Mecca oltre il traguardo dopo esser rimasto senza benzina arpionando così il punto che mesi dopo lo aiuterà a prendersi il Mondiale ad Adelaide. Berger che nel 1994 riporta la Ferrari alla vittoria dopo un digiuno di quasi 4 anni. Barrichello che nel 2000 vince la sua prima gara in F1 guidando con le slicks su un Motodrom completamente allagato.

Nel 2002 venne introdotto il tracciato attuale in sostituzione di quello storico dai leggendari rettilinei immersi nella foresta nera. Si perse l’epicità dei dritti da più di 350kmh ma in compenso, grazie questa volta ad un buon lavoro di Tilke, la pista divenne più tecnica offrendo due nuove staccate violente (curva 2 e curva 6) che favoriscono i sorpassi ed una sezione extra che di fatto rappresenta una sorta di Motodrom “light” prima di quello vero. Il caso ha voluto che su questa pista si siano viste gare più interessanti dopo la modifica al tracciato del 2002 rispetto a prima: ad esempio nell’anno del debutto vi fu un epico ruota a ruota tra Raikkonen e Montoya protrattosi all’infinito e favorito dalla nuova conformazione della pista. Parlando di Profeti in Patria (o sedicenti tali) il Kaiser ha sempre goduto di accoglienze trionfali da queste parti (complice l’essere rossovestito, mix vincente per l’appeal in zona) mentre Nico Rosberg ha invece incontrato accoglienze ben più tiepide. Va altresì detto che qui ad Hockenheim il pubblico è solitamente ferrato in materia e particolarmente esigente, e che sa riservare a chi ama passaggi indimenticabili all’interno del Motodrom.

Passando all’attualità Ferrari si presenta in Germania in testa sia al WDC che al WCC. L’impressione netta è che l’inerzia si sia spostata dalla parte di Maranello e che se Hamilton probabilmente avrà ancora lo spunto necessario per prevalere in Qualifica per quanto concerne la gara Ferrari dovrebbe invece essere la favorita. La squadra italiana si sta presentando con importanti modifiche aerodinamiche ad ogni GP e nel Paddock è convinzione diffusa che la sua Power Unit sia ormai, seppur leggermente, migliore di quella MB. Brackley affronta il primo GP con Aldo Costa dimissionario, cosa che fa pensare ad una possibile fine di un’era per loro ma guai a darli per sconfitti. Hockenheim segna peraltro la fine dell’utilizzo delle controverse Pirelli da -0,4mm, cosa che mette MB sotto la lente d’ingrandimento sia per quanto concerne la gestione del famigerato blistering che la messa a punto degli assetti sulla W09. Redbull divorziata in casa con Renault dovrebbe giocare in difesa, cosa che potrebbe significare la presenza di un gap sensibile tra i due top teams e loro. Il resto del gruppo dovrebbe vedere i motorizzati Ferrari a loro agio nel sopravanzare del tutto o in larga parte quel che resta del plotone.

Buon GP a tutti

#wearebring #wearebetter #bringyourpassion

F1 in pillole – Capitolo 13

Il Signor Gino era arzillo e con il passare degli anni non perse il vizio di uscire al sabato sera per ballare, pertanto era solito tornare tardi e dormire la domenica, ma l’8 ottobre del 2000 fu svegliato di soprassalto poco dopo le 7.00. Aveva la sfortuna di vivere a fianco del sottoscritto, solitamente attento alla norme del buon vicinato, ma un digiuno di 21 anni che si spezza dopo anni di delusioni e trionfi solo sfiorati meritava urla con un’estensione vocale degna di Bruce Dickinson.

Quella mattina aprì un ciclo straordinario in cui la Ferrari e Michael Schumacher sbaragliarono la concorrenza con una precisione chirurgica sotto ogni aspetto, combattendo anche contro un regolamento che veniva corretto in corsa per arginare un dominio incontrastato e destinato a scatenare l’eterna discussione sulla noia.

Credo che ogni vero appassionato di Formula 1 e Motorsport in generale possa ritenere una “libidine coi fiocchi” (cit. di Jerry Calà, ma anche del Sig. Gino) la perfezione messa in pista del Cavallino Rampante nel primo lustro del nuovo millennio, ma la prevedibilità di un campionato che sembrava già scritto in partenza non poteva che irritare i tifosi occasionali e la schiera di addetti ai lavori che farebbero meglio a parlare di calcio, tutti spuntati come funghi nell’era del dominio Ferrari.

La Formula 1 ha sicuramente cambiato pelle nel 1994, ma è indubbio che la piega che l’ha portata a prediligere le variabili artificiali al merito sportivo trovi le proprie radici in quegli anni, che vi raccontiamo con l’abituale attenzione per le cosiddette scuderie di secondo piano.

Arriva la Jaguar

Nel 1999 la Stewart Gp venne rilevata dal gruppo Ford che la rinominò Jaguar Racing con l’intento di promuovere la casa inglese. Eddie Irvine, dopo aver sfiorato il titolo nel 1999, entrò in contrasto con i vertici Ferrari per il proprio ruolo all’interno della scuderia e accettò l’offerta della Jaguar, che lo affiancò a Herbert, già in forze alla Stewart l’anno precedente; l’irlandese colse gli unici quattro punti stagionali del team, con cui chiuse la carriera alla fine del 2002, salendo due volte sul podio.

Red Bull mette le ali, la Sauber le perde

Attivo in Formula 1 dal 1995, Diniz ha ottenuto in tutto 10 punti, ma non è mai riuscito ad entrare tra i primi sei nel gran premio di casa e in occasione della sua ultima apparizione ad Interlagos non riuscì nemmeno a disputare la gara; nel corso del fine settimane infatti, entrambe le Sauber subirono il cedimento dell’alettone posteriore e vennero ritirate dall’evento per motivi di sicurezza. Curiosamente all’inizio dell’anno Autosprint aveva amplificato l’idea di alcuni tecnici di eliminare gli alettoni e riportare in F1 le minigonne, in modo da favorire i sorpassi. Diniz chiuse il campionato a zero punti e abbandonò, diventando per un breve periodo socio del team di Alain Prost, spostandosi poi in Brasile nel ruolo di manager.

Burti stuntman

Dopo aver iniziato la propria avvenuta in F1 al volante della Jaguar, Luciano Burti venne chiamato da Alain Prost per sostituire Mazzacane nel corso del 2001, cogliendo due ottavi posti come migliore risultato. Nel corso della stagione il brasiliano fu protagonista di due incidenti spettacolari: il primo ad Hockenheim dove la sua vettura decollò dopo aver tamponato la vettura di Schumacher che procedeva lentamente causa un guasto, il secondo a Spa, quando in seguito ad un contatto con Irvine uscì di pista a Blanchimont ad oltre 270 Km/h. Uscito fortunatamente senza gravi conseguenze, non ebbe altre occasioni in F1 e dopo un’esperienza da collaudatore Ferrari passò alle Stock Car brasiliane, prima di diventare commentatore di gare Formula 1 per la nota Rede Globo.

La Prost ai titoli di coda

La scuderia Prost, nata nel 1997 dalle ceneri della Ligier, colse nel primo anno risultati di rilievo, con materiale, tecnici e piloti della precedente gestione, salvo poi subire un calo nelle stagioni successive. Nel 2000 Jean Alesi terminò la stagione a zero punti, unico caso nella sua lunga carriera, mentre l’anno seguente ritornò in classifica con alcune sporadiche apparizioni tra i primi sei: ad Hockenheim il francese partì in settima fila e fu sesto al traguardo, a ridosso delle Benetton. Fu l’ultimo punto per la Prost e l’ultima gara nel team per Alesi, che dal Gp di Ungheria passò alla Jordan, con cui centrò un altro sesto posto, poi a fine stagione si ritirò dalla F1. Riguardo la scuderia francese, sulla seconda vettura Mazzacane venne sostituito da Burti, il quale si infortunò lasciando il posto a Enge, unico pilota F1 della Repubblica Ceca. La situazione finanziaria del team era comunque ormai compromessa: la mancanza di risultati, l’abbandono della Galouises e la rottura del rapporto con Diniz, che precedentemente era entrato in società, lasciarono il team privo di sostegni economici concreti e costringendolo a chiudere i battenti.

Brilla la stella di Alonso

A Suzuka si concluse il mondiale (già conquistato da Schumacher) con l’addio di due protagonisti degli anni passati, ovvero Hakkinen e Alesi, mentre in fondo al gruppo si mise in luce un giovane destinato a grandi traguardi: Fernando Alonso, il quale alla guida della Minardi, in prova si mise alle spalle le due Arrows, la Prost di Enge e il compagno di squadra Yoong, distante quasi due secondi dal suo tempo. In gara lo spagnolo confermò l’ottima prestazione terminando in undicesima posizione davanti ad avversari di vetture più prestazionali; nel corso del week end giapponese arrivò anche l’annuncio dell’ingaggio da parte della Renault, che impiegò Alonso per un anno come collaudatore e poi come prima guida, arrivando alla conquista di due titoli mondiali, nel 2005 e 2006.

Webber, buona la prima!

Dopo una proficua esperienza in Fia Gt Mark Webber tornò in monoposto con il team European Arrows di Stoddart, il quale rilevò la Minardi in F1 ingaggiando il pilota australiano, che nel frattempo aveva svolto il ruolo di tester Benetton. Il debutto fu entusiasmante: partito in nona fila, Mark Webber riuscì a cogliere un insperato quinto posto, unico piazzamento a punti del team nel corso della stagione, dopo aver resistito nel finale agli attacchi della Toyota di Mika Salo.

Chi va piano arriva sano ma non va lontano

Con la riduzione delle vetture al via sotto le 26 unità che un tempo determinavano il limite dei qualificati, dal 1996 al 2002 venne introdotta una nuova regola per prevenire la partenza di vetture molto lente, con esclusione di chi segnava in qualifica un tempo superiore al 107% del tempo ottenuto dalla macchina in pole position. Nel corso degli anni furono rari i piloti incappati in tale ostacolo, tra questi Alex Yoong, malese in forza alla Minardi che nel 2002 mancò la qualificazione in ben tre occasioni, come ad esempio a Imola, quando girò ad oltre sei secondi dalla pole e a due secondi e mezzo dal compagno di squadra Webber.

Addio all’Arrows

L’Arrows, nata alla fine del 1977 da una costola della Shadow, vanta una lunga esperienza in F1 e detiene il record di presenze (382) senza vittorie, con una pole position (colta di Patrese nel 1981) e cinque podi, oltre a un quarto posto nel mondiale (1988) come migliore risultato. Nel 1996 il team fu acquistato dalla Twr di Tom Walkinshaw che poi rilevò anche la Hart assumendone il fondatore Brian ma, a parte un lampo di Damon Hill all’Hungaroring nel 1997, il team accusò sempre maggiori problemi di liquidità stazionando costantemente a fondo griglia. Nel 2002 venne appiedato Verstappen per far posto all’esperto Frentzen, mentre Bernoldi continuò la sua avventura grazie all’appoggio della Red Bull, ma i risultati non arrivarono: al primo Gp entrambe le vetture accusarono problemi e subirono una squalifica, in Spagna Frentzen partì in quinta fila e fu sesto al traguardo, nell’ultima gara conclusa dall’Arrows a pieni giri. Seguì un altro punto a Monaco (prima bandiera a scacchi per Bernoldi), poi in Francia i piloti fecero un solo giro in qualifica per evitare una penale, mancando la qualificazione e il team sparì definitivamente dopo il Gp di Germania.

Il regalo di Fisico per i 200 Gp della Jordan

Alla fine del 2002 la Jordan perse lo sponsor principale con un ulteriore riduzione del budget e la stagione iniziò con due gare difficili, ma ad Interlagos Fisichella centrò la quarta fila (miglior risultato stagionale in prova) e in una gara resa caotica dalla pioggia riuscì a risalire fino ai vertici. Dopo gli incidenti di Webber e Alonso la corsa fu interrotta con attribuzione dei piazzamenti sul giro precedente: per un errore di cronometraggio la vittoria fu assegnata a Raikkonen, poi in una successiva riunione la federazione restituì il successo a Fisichella, che vinse per la prima volta in carriera, mentre per la Jordan fu l’ultima affermazione, proprio nella gara in cui il team festeggiò il 200esimo Gran Premio. Il compagno di squadra di Fisichella, il debuttante Firman, ingaggiato grazie a notevoli risultati in altre categorie, fu messo invece fuori causa dalla rottura di una sospensione; quella del 2003 fu l’unica stagione nel circus per l’irlandese, che colse un punto in Spagna, suo miglior piazzamento in Formula 1.

La Minardi davanti a tutti

“F1 2.0” is coming: nel 2003, oltre all’eliminazione del warm up, venne introdotto il parco chiuso, che vieta ogni tipo di intervento sulla vettura tra la fine delle qualifiche e la gara. Venne inoltre inserito un nuovo assurdo tipo di qualifica basato sul giro secco, scelta che a Magny Cours portò una particolare soddisfazione alla Minardi: le prove si svolsero infatti con pista che andava asciugandosi, con vantaggio degli ultimi piloti a scendere in pista, e Jos Verstappen fece segnare il tempo più rapido, portando la Minardi in testa ad una sessione cronometrata per la prima volta dal 1989, quando Pierluigi Martini aveva marcato la migliore prestazione nel warm up a Spa; le prove del sabato ristabilirono le gerarchie e Verstappen chiuse 19esimo davanti al compagno di squadra Wilson.

Ultimo punto Minardi a griglia completa

Di male in peggio: il regolamento delle qualifiche cambiò ancora basandosi su due sessioni, per cui nella prima tutti i piloti scendevano in pista nell’ordine inverso rispetto ai risultati della gara precedente, mentre per la seconda sessione, dove effettivamente i tempi erano ritenuti validi per la griglia di partenza, l’ordine d’ingresso si basava sui risultati del primo turno; a proposito, in Malesia la Minardi ottenne la miglior prestazione stagionale, con Baumgartner in nona e Bruni in ottava fila. L’italiano, che a Sepang concluse al 14esimo posto ottenendo il miglior risultato in F1 (ripetuto in altre due occasioni) risultò spesso più veloce del compagno di squadra, il quale riuscì però a cogliere un punto nell’imprevedibile gran premio degli Stati Uniti, dove Bruni fu coinvolto in una carambola al via.

Trulli Principe a Monaco

Passato alla Renault nel 2002, Jarno Trulli visse due stagioni in crescendo, poi nel 2004 le sue prestazioni migliorarono ulteriormente, portandolo a lottare ad armi pari con il compagno di squadra, l’astro nascente Fernando Alonso. A Monaco l’abruzzese visse un fine settimana di gloria, con pole position e vittoria, unica per la Renault nel corso del campionato e unica gara non vinta da Schumacher tra le prime 13. A metà stagione nacquero tensioni “contrattuali” tra Briatore e il pilota, che venne licenziato con un pretesto e dopo una gara di stop si accasò alla Toyota, dove corse nelle cinque stagioni successive.

Le ultime pagine della storia Jordan

Con il team in vendita e la nuova vettura, la EJ14, che di fatto era un’evoluzione del deludente modello precedente, in aggiunta alla mancanza di fondi che rese impossibile eseguire adeguati test, era lecito pensare che la Jordan avrebbe lottato a fondo griglia per tutto il campionato. In quella che fu l’ultima vera stagione per il team di Eddie Jordan (che nel 2005 mantenne il nome ma passò nelle mani del gruppo Midland) ebbe modo di debuttare Giorgio Pantano, il quale fu penalizzato da una vettura non competitiva e non riuscì a lasciare il segno che meritava, cimentandosi poi con successo in Gp2 (campione 2008), Superleague, Irl e Gt Open (campione classe GT2). A causa di un contenzioso in corso con il proprio manager, il pilota italiano perse l’appoggio di alcuni sponsor e fu provvisoriamente appiedato dal team, sostituito con il collaudatore Timo Glock. Qualificatosi in quarta fila, a Montreal il pilota tedesco riuscì a concludere la gara undicesimo davanti al compagno di squadra Heidfeld; a fine gara le Williams e le Toyota furono squalificate per le dimensioni irregolari delle prese d’aria dei freni anteriori, permettendo alle Jordan di entrare in zona punti. Dopo un’esperienza in Champ car, Glock tornò in Europa vincendo la Gp2, poi tornò dal 2008 in Formula 1, dove corse con Toyota e Virgin, ottenendo tre podi e un giro più veloce.

Ancora polemiche sulle qualifiche

Come accaduto l’anno precedente, quando fu quinto a Monza, il collaudatore della Williams Genè venne scelto per sostituire Ralf Schumacher, infortunatosi seriamente ad Indianapolis, ma in questo caso i risultati furono meno entusiasmanti: decimo in Francia, lo spagnolo fu dodicesimo a Silverstone in quella che fu la sua ultima apparizione in gara. Il week end inglese tra l’altro fu caratterizzato dalle polemiche in quanto durante la prima sessione di prove, utile per determinare l’ordine di uscita nelle qualifiche, molti piloti girarono volontariamente molto lenti, addirittura frenando in rettilineo, in modo da partire primi, temendo l’imminente arrivo della pioggia. Gené è diventato poi collaudatore Ferrari e affermato commentatore del settore, inoltre ha continuato a correre e non si è fatto mancare affermazioni importanti quali la 24 ore di Le Mans e la 12 ore di Sebring.

Tra limiti e penalità, la F1 perde credibilità

Dal mondiale 2004 venne disposto che ciascun pilota avrebbe dovuto disputare tutto il week-end di gara con un solo motore, con penalità di dieci posizioni sulla griglia di partenza in caso di sostituzione dello stesso (convertita in una partenza dal fondo dello schieramento se il cambio fosse avvenuto dopo le qualifiche). La Bar montava un propulsore Honda RA004E, particolarmente performante e affidabile, tanto da permettere al team di affrontare la stagione migliore della propria storia; oltre a Sato e Button, venne confermato il “terzo” Anthony Davidson, che nei turni del venerdi si mise più volte in luce segnando tempi vicinissimi a quelli dei titolari.

 

Tornando  a noi, come avete potuto leggere, le limitazioni e penalizzazioni che hanno compromesso il regolamento recente della F1 partono purtroppo da lontano; ci stiamo dunque avvicinando alla prossima puntata che rappresenta l’ultima di questa avventura tra i meandri della categoria, ma prima è necessario tornare un attimo a quella mattina del 2000.

L’entusiasmo si sentiva nell’aria, tutti al bar del paese parlavano della Ferrari e il futuro appariva radioso, ma il Signor Gino di F1 ne sapeva poco e incrociandomi per strada, con sguardo truce, ebbe modo di apostrofarmi: “S’et cumbinà stamatèina? Pariva ca i’eran drè maszat!” Tradotto in Italiano: “Cos’hai combinato questa mattina, sembrava ti stessero ammazzando”

 

A presto per l’ultima puntata.

Mister Brown

 

Per fare un salto indietro nel tempo leggere qui:

Pillole di F1 cap. 1 – Anni ’50 e ‘60
Pillole di F1 cap. 2 – Anni ’70 (1)
Pillole di F1 cap. 3 – Anni ’70 (2)
Pillole di F1 cap. 4 – Anni ’70 (3)
Pillole di F1 cap. 5 – Arrivano gli anni ’80
Pillole di F1 cap. 6 – L’era del turbo (1)
Pillole di F1 cap. 7 – L’era del turbo (2)
Pillole di F1 cap. 8 – Speciale 1989
Pillole di F1 cap. 9 – Campionati 1990 e 1991
Pillole di F1 cap. 10 – F1 nel caos (1)
Pillole di F1 cap. 11 – F1 nel caos (2)
Pillole di F1 cap. 12 – Verso il nuovo millennio

Vettel e Hamilton da cineteca a Silverstone

Il mondiale 2018 è destinato ad essere ricordato a lungo per il grande equilibrio ma anche per gli episodi che riportano alla memoria antiche diatribe fra eroi di un’altra epoca.

E lo spettacolo c’è quando la diatriba avviene in una Silverstone rovente, per le temperature e per il calore dei tifosi verso l’eroe di casa, Lewis Hamilton, capace il sabato di piazzare la sua Mercedes in pole con un giro monstre, distaccando di un nulla le due Ferrari, e di ben 3 decimi il compagno Bottas.

Avere Vettel nella fila dietro è un discorso, averlo di fianco è un altro. E Hamilton lo capisce subito, perchè il tedesco parte a razzo e si invola, mentre lui parte malissimo, si fa superare dal compagno Bottas, e, qualche curva dopo, si ritrova Raikkonen all’interno. Tenta di resistergli ma il finlandese sbaglia la frenata e lo sperona mandandolo in testacoda. Un episodio che farà lungamente discutere, sulla cui dinamica (e intenzionalità) possono esserci molte visioni che qui non approfondiremo. Perchè vale su tutti il giudizio della direzione gara, che appioppa al finlandese 10 secondi di penalità, il doppio di quelli attribuiti a Vettel in Francia per analoga manovra su Bottas, e molti di più degli zero che abbiamo visto attribuiti ai vari Bottas e Verstappen per episodi simili passati (ma, sia ben chiaro, oggi non è stata commessa alcuna ingiustizia, la penalità ci stava).

E così Vettel e Bottas se ne vanno indisturbati davanti alle due Red Bull e a Raikkonen, che ha perso solo una posizione nel contatto con Hamilton, mentre quest’ultimo riparte dal fondo, senza danni alla macchina, e si produce in una rimonta furibonda che lo riporta, in pochi giri, a ridosso dei primi 5.

Il primo pit-stop non cambia la classifica, a parte l’ovvia perdita di posizioni di Raikkonen per avere scontato la penalità. Hamilton è l’ultimo a cambiare, ed esce in sesta posizione. Le gomme medie non sembrano rendere bene, sulla Ferrari, come le soft, e Bottas recupera così su Vettel fino ad arrivare a 2 secondi dal tedesco.

Ma a 18 giri dalla fine Ericsson si dimentica di disattivare il DRS in approccio alla velocissima Copse, e concede il bis del brutto incidente di Grosjean al venerdì, avvenuto per lo stesso motivo. L’uscita della Safety Car è inevitabile, ma la strategia dei primi è diversa: le due Mercedes non cambiano gomme, le Ferrari e le Red Bull sì, e così Vettel si ritrova a sandwich fra Bottas ed Hamilton, con gomme di 10 giri più nuove.

Alla ripartenza Verstappen e Raikkonen regalano emozioni, con sorpassi e controsorpassi nella zona del vecchio start, ma subito dopo Sainz pensa bene di chiudere la Copse con Grosjean all’interno. Quest’ultimo non ci pensa neanche lontanamente ad alleggerire e lo scontro è inevitabile, con entrambe le auto spedite nella ghiaia ad alta velocità e la conseguente inevitabile ulteriore uscita della Safety Car.

Gli ultimi giri sono letteralmente da cineteca, con le due Ferrari a dare la caccia alle due Mercedes, a cercare di sfruttare il vantaggio di gomme più nuove e più morbide. Per qualche giro sembra di assistere ad una gara di MotoGp, con 4 macchine in un fazzoletto. Bottas resiste strenuamente ma deve capitolare ad un gran sorpasso di Vettel, che si invola indisturbato verso la bandiera a scacchi. Qualche giro dopo anche Hamilton lo passa, e riesce poi a difendere la seconda posizione dagli attacchi di Raikkonen, che impiega qualche giro di troppo a sbarazzarsi di Bottas. Nel frattempo Verstappen è costretto al ritiro, e Ricciardo chiude una gara difficile con un’anonima quinta posizione.

Dietro i primi, dopo il solito abisso, una Renault ritornata decente con Hulkenberg, il solito consistente Ocon, poi Alonso, Magnussen e Gasly.  Fuori dai punti Perez e Vandoorne, e le due inguardabili Williams, non doppiate solo grazie alle Safety Car.

Menzione speciale per Leclerc, tranquillamente a punti fino al pit-stop, e costretto al ritiro da un problema alla trasmissione.

Ora si va in Germania, l’altra casa della Mercedes, ma anche casa di Vettel. Qualche anno fa la guida del circuito di Hockenheim ci raccontava che la Mercedes e Rosberg non riuscivano a scaldare i cuori dei tedeschi come riuscivano a fare Schumi e la Ferrari. C’è da giurare che questo Sebastian, su questa Ferrari, siano in grado di farlo.

P.S. Vettel oggi ha vinto nonostante un problema al collo accusato ieri. Ha fatto di tutto per nasconderlo, bisogna sottolinearlo perchè non tutti i campioni, del presente e del passato, sono ed erano così attenti a non crearsi alibi. 

P.S. 2: Hamilton, interpellato sul podio da Brundle dopo avere mancato l’intervista in pista, ha parlato di “stratagemmi interessanti da parte degli altri”. Lascio al lettore qualsiasi considerazione in merito alla frase, faccio solo osservare che in F1 chi è senza peccato può scagliare la prima pietra in qualsiasi momento, ma normalmente di feriti per sassi vaganti non se ne vedono.

 

Verstappen strepitoso nel disastro Mercedes, la Ferrari ne approfitta a metà

C’è chi spreca poco alla volta. E chi spreca in modo equivalente ma lo fa tutto in una volta. E qualcun altro approfitta. Questo è ciò che è successo oggi sul circuito di proprietà della Red Bull, dove Max Verstappen ha colto una vittoria che ieri sembrava totalmente fuori dalla sua portata.

Perchè al sabato le qualifiche erano state dominate dalla Mercedes, che aveva messo a frutto il pacchetto di aggiornamenti che Hamilton voleva spaventasse a morte gli avversari. Le due Ferrari subito dietro, con Vettel a 3 decimi dalla pole. 3 decimi su un circuito dove per fare un giro si impiega poco più di un minuto sono un’eternità. E a peggiorare le cose un Seb distratto che, terminato il suo giro, non si fa da parte per far passare Sainz. Sanzione di 3 posizioni inevitabile, e week-end in salita per lui. Così come per le Red Bull, apparse molto in difficoltà a tenere il passo.

Partenza con spunto micidiale di Raikkonen che si infila fra le due Mercedes, le quali però gestiscono la situazione in maniera magistrale, attendendo l’errore di Kimi, anzi, i due errori nelle prime due curve, che non gli consentono di attaccare Hamilton, andato in testa ma, anzi, gli fanno perdere pure la posizione su Bottas. E in queste prime due curve c’è una parte della differenza fra Mercedes e Ferrari.

Vettel perde due posizione al via grazie ad una strenua resistenza di Grosjean in curva 1, ma le recupera velocemente, mentre davanti le due Mercedes se ne vanno indisturbate, con Verstappen in terza posizione dopo avere dato la proverbiale ruotata alla macchina rossa, quella di Kimi in questo caso.

Indisturbate, si diceva, ma fino ad un certo punto, perchè al giro 16 il cambio abbandona Bottas, mettendo fine alla sua gara, e attivando la solita VSC rovina-strategie, che dà l’opportunità a Ferrari e Red Bull di montare le gomme soft, le più dure della gamma a disposizione. Ma, anche, le più soggette al famigerato blistering. La Mercedes non ne approfitta, ma si tratta di un errore che viene ammesso via radio poco dopo, quando l’ingegnere chiede a Lewis di guadagnare 8 secondi. Le gomme però sono finite e dopo qualche giro l’inglese rientra per montare le soft, uscendo fra le due Ferrari. A questo punto ha pneumatici con 10 giri in meno rispetto ai diretti avversari.

Ma gli serviranno a poco, perchè il vento ormai è cambiato, e quella che poteva essere una parata Mercedes potenzialmente in grado di imprimere la svolta al mondiale, si trasforma, per i tedeschi, in un incubo. Non solo Hamilton non riesce a recuperare su Raikkonen, ma deve subire un bellissimo sorpasso da Vettel, poco dopo che Kimi aveva fatto lo stesso su Ricciardo, in grandissima crisi con le gomme posteriori, al punto da rientrare ai box immediatamente dopo avere perso la posizione.

E alla stessa operazione è costretto Lewis a 18 giri dalla fine, anche lui vittima di un pesante blistering alle gomme posteriori. Esce subito dietro Ricciardo, che viene però subito abbandonato dal motore Renault.

In testa alla gara, Verstappen procede indisturbato, con tempi costanti e gomme con solo leggeri segni di blistering. Dietro di lui le due Ferrari non sembrano spingere più di tanto per raggiungerlo. Poi a 10 giri dalla bandiera a scacchi arriva la definitiva mazzata sulle aspirazioni di Hamilton di portare a casa almeno qualche punto buono per il mondiale. Un guasto ferma anche la seconda Mercedes, e gli ultimi giri vivono tutti nel tentativo dei ferraristi di recuperare su Max, il quale però gestisce perfettamente le sue gomme e vince senza mai essere impensierito. Dietro di lui Raikkonen, sul quale la Ferrari non ha il coraggio (giustamente) di replicare l’odioso ordine di Zeltweg 2002. Terzo Vettel, che riguadagna la testa del mondiale piloti, così come la Ferrari riguadagna la testa di quello costruttori.

Altri due motori Ferrari seguono in classifica, con un grande Romain Grosjean davanti al compagno Magnussen, pur se staccati di un giro intero dai primi. Per trovare i primi motori Mercedes bisogna arrivare al sesto e settimo posto, con le due Force India di Ocon e Perez, poi Alonso ,bravo a recuperare dopo essere partito dai box, e a chiudere la zona punti altri due motori Ferrari, con le Sauber di Leclerc ed Ericsson.

Gara da dimenticare per Toro Rosso (anche se Gasly era nei punti fino a pochi giri dalla fine), Renault e Williams (e non è ovviamente una novità).

Il gran premio di oggi lascia aperti un po’ di dubbi, e probabilmente nessuno, a parte Verstappen, può dirsi veramente soddisfatto dal suo esito. Ovviamente non è soddisfatta la Mercedes, con un doppio zero storico, ma anche la Ferrari può chiedersi (e Seb in conferenza stampa lo ha fatto) cosa sarebbe successo senza la distrazione di ieri, che ha portato ad una sanzione sulla quale c’è poco da discutere. Il che allunga la lista delle situazioni in cui “si poteva fare meglio”. Quest’anno nei week-end senza macchia la Ferrari ha sempre vinto, negli altri no, lasciando già molti punti per strada.

Fra una sola settimana c’è Silverstone, dove ritorneranno le famigerate gomme anti-blistering dal battistrada ribassato di ben 0.4 mm. Senza di esse, oggi il blistering ha afflitto tutti tranne le Ferrari, è bene farlo notare ma è anche bene ricordare che da Maranello hanno già fatto sapere più volte di non ritenere di essere svantaggiati dalla diversa costruzione, e questo dovrebbe porre fine a qualsiasi polemica. Ma, soprattutto, si dovrà vedere quale impatto avranno per la Mercedes i ritiri di oggi in termini di penalità. Ci potrebbero essere occasioni da cogliere per i ferraristi, vedremo se sapranno approfittarne completamente con un week-end perfetto in casa dei diretti avversari.