F1 in pillole – Capitolo 10

Nel corso degli anni ottanta la Formula 1 ha vissuto una costante crescita di popolarità mediatica, amplificata alla fine del decennio dall’epico duello tra Senna e Prost, le cui battaglie dentro e fuori dagli autodromi, amplificate ad uso e consumo dei media, hanno finito per attirare una nuova fetta di pubblico e proiettato il Circus dei Gp nell’olimpo degli sport più seguiti oltre all’universale calcio.

Chi in quegli anni ha ammirato bolidi dalle potenze mostruose e dalla tecnologia sempre più raffinata, domati da cavalieri senza macchia e senza paura in duelli indimenticabili, certamente non avrebbe mai immaginato che a breve la classe regina dell’automobilismo avrebbe perso i propri punti di riferimento, con il pensionamento dei grandi protagonisti della scena, un ricambio generazionale non all’altezza, un cambio di mentalità generale del pubblico e degli addetti ai lavori, sempre più rivolti allo show piuttosto che allo sport, il tutto gravato dalla tragica scomparsa del pilota più rappresentativo, caduto in battaglia in un nero fine settimana a Imola.

Ma prima di giungere alla conclusione, vediamo cosa successe in quel periodo.

Scuderia Italia, l’avventura continua

Dopo un’annata deludente senza nessun punto ottenuto, la Scuderia Italia si presentò al via del 1991 con un’evoluzione della vettura precedente e con il motore Judd, ottenendo risultati al di sopra delle aspettative: a Imola Lehto colse l’unico podio in carriera, bravo a sfruttare i numerosi ritiri (tra cui quelli delle Ferrari, con Alesi fuori al secondo giro e Prost addirittura nel giro di ricognizione) conducendo una gara regolare partendo dall’ottava fila. Grande promessa, venne ingaggiato dall’ambiziosa Benetton nel 1994 ma un grave incidente nei test lo costrinse a uno stop forzato; una volta rientrato non riuscì più ad esprimersi sugli stessi livelli e si ritirò a fine stagione. Il suo compagno di squadra Emanuele Pirro centrò un ottimo sesto posto a Montecarlo, cogliendo l’ultimo punto in carriera, poi a fine stagione abbandonò la F1 e si dedicò definitivamente alle competizioni a ruote coperte per una lunga carriera ricca di successi, tra cui due titoli super-turismo e cinque vittorie alla 24 ore di Le Mans.

Breve storia della Fondmetal in F1

La Fondmetal, gruppo industriale di forte esperienza, entrò in F1 come sponsor, poi come partner e infine rilevando la struttura dell’Osella, affrontando con alterne fortune due campionati del mondo. Nel 1992 l’ottimo Tarquini si qualificò con regolarità anche se fu penalizzato dalla fragilità della vettura, mentre Chiesa pagò la scarsa esperienza e la difficoltà nel correre con un mezzo poco competitivo. A Magny Cours lo svizzero riuscì a entrare in griglia per la terza volta in stagione, ma la sua gara non durò nemmeno il tempo di un giro, coinvolto in un incidente poco dopo il via; mancata la qualificazione a Silverstone ed Hockenheim, venne sostituito da Van De Poele, poi il team chiuse i battenti prima della fine del campionato.

Le tragicomiche avventure dell’Andrea Moda

Andrea Sassetti acquistò il materiale Coloni per iscrivere L’Andrea Moda con lo scopo di promuovere la propria attività, anche se le cose non andarono come previsto. Per vari problemi il team non scese in pista nelle prime due gare, arrivando all’allontanamento dei piloti Caffi e Bertaggia e all’arrivo di Moreno, che qualificò l’Andrea Moda per l’unica volta nella propria breve storia. A Montecarlo il brasiliano superò le pre-qualifiche e si qualificò all’ultimo posto a 5.450 sec dalla pole, mentre in gara fu costretto al ritiro dopo soli 11 giri per noie al motore Judd. Dopo quel “miracolo” di Moreno, per l’Andrea Moda fu di nuovo impossibile superare lo scoglio delle pre-qualifiche, fino a quando il team fu bandito in seguito all’arresto del patron durante il week end di Spa.

Per affiancare Moreno venne scelto McCarthy, già test driver dalla Footwork: il pilota inglese non si qualificò mai e spesso si limitò a pochi giri, addirittura a Silverstone disputò le prequalifiche su pista asciutta con gomme da bagnato, unico treno di gomme disponibile, facendo segnare il tempo di 1:46.719, distante 27.754 dalla pole di Nigel Mansell (il compagno di squadra Moreno con gomme da asciutto era comunque oltre gli 11 secondi). Perry McCarthy ha narrato la sua stagione all’Andrea Moda nella propria autobiografia Flat Out, Flat Broke: Formula 1 the Hard Way!

La storia della March ai titoli di coda

La March era rientrata in F1 alla fine degli anni ottanta con ottime prestazioni, poi passò nelle mani del gruppo Leyton House, i cui investimenti non diedero i risultati sperati, inoltre il patron Akira Akagi venne arrestato per frode alla fine del 1991, riportando il team alla denominazione originale. A causa delle difficoltà finanziarie la March disputò il 1992 con la vettura dell’anno precedente con cui Wendlinger riuscì a cogliere un miracoloso quarto posto, mentre il debuttante Belmondo visse una stagione travagliata, qualificandosi in sole 5 occasioni prima di essere sostituito da Naspetti, che abbandonò il campionato International Formula 3000 dove fino a quel momento occupava la prima posizione. Al debutto, sul circuito di Spa, il pilota italiano si qualificò agevolmente in ventunesima posizione a 7,2 secondi dalla pole di Mansell, mentre in gara fu dodicesimo; corse le cinque gare di fine stagione ottenendo un undicesimo posto come migliore risultato poi, dopo il ritiro della March, divenne collaudatore per la Jordan, scuderia con la quale corse il suo ultimo gran premio, quello del Portogallo nel 1993, ritirandosi per la rottura del motore. Nelle ultime due gare Naspetti fu affiancato da Jan Lammers, assente dal mondiale di Formula 1 dal 1982, poi una volta chiusa la stagione il team tentò di iscrivere la ormai obsoleta CG911B anche al mondiale 1993, ma in Sudafrica non si presentò e chiuse definitivamente i battenti.

Modena, promessa mancata

La stagione del debutto si era rivelata sorprendente per la Jordan, che nel 1992 si trovò invece a fronteggiare difficoltà economiche e tecniche: la nuova 192 era un’evoluzione della precedente progettata per il V8 Cosworth, pertanto fu difficile adattare il V12 Yamaha, che si rivelò tra l’altro poco affidabile e particolarmente “assetato” di benzina. Oltre a Gugelmin venne ingaggiato il talentuoso Modena, penalizzato dalla macchina e lontanissimo dalle prestazioni ottenute l’anno precedente con la Tyrrell, anche se con un sesto posto ad Adelaide ottenne l’unico punto stagionale per Eddie Jordan, nella gara che chiuse la sua carriera in Formula 1.

Nuovo tentativo per la Lola

La Scuderia Italia mosse i primi passi in Formula 1 con telai Dallara, ottenendo risultati incoraggianti, ma alla fine del 1992 l’accordo venne chiuso (pare per problemi tra il telaista e la Ferrari, fornitrice di motori) e avviato un nuovo percorso con la Lola, già presente precedentemente con Haas e poi Larrousse. I risultati furono disastrosi: i due piloti mancarono spesso la qualificazione e non arrivarono mai in zona punti, sfiorata solamente da Badoer a Imola. Chiusa anzitempo la stagione, Lucchini entrò in società con la Minardi, prima di tornare con grande successo a gare turismo e Gt.

Un piccolo record per Barbazza

Monzese di nascita, con alle spalle esperienze in America (terzo alla 500 miglia di Indianapolis nel 1987) e una poco fortunata stagione in Formula 1 con la Ags con la quale non riuscì mai a qualificarsi, nel 1993 Barbazza ebbe l’occasione di tornare nel circus con la Minardi stabilendo un piccolo primato: grazie ai due sesti posti di Donington e Imola fu infatti il primo ad andare a punti per due gare consecutive con la scuderia faentina. Sostituito da Martini a metà stagione, abbandonò la Formula 1 e tornò in America nella serie Imsa, dove la sua carriera si interruppe definitivamente a causa di un grave incidente alla 3 ore di Road Atlanta alla guida della Ferrari 333 Sp; in seguitò si distinse per il proprio lavoro nell’ambito della sicurezza sportiva.

Benvenuta Sauber

Peter Sauber inizio la propria attività costruendo vetture Formula 2 e Sport Prototipo, avviando una proficua collaborazione con la Mercedes, il cui appoggio fu determinante per il passaggio in Formula 1. La Sauber C12 debuttò nel 1993 e si dimostrò subito competitiva ma altrettanto inaffidabile e il promettente Wendlinger fu più volte costretto al ritiro, ma finalmente a Montreal arrivò il primo punto, cui seguirono altri tre piazzamenti che consentirono all’austriaco di terminare la stagione in una soddisfacente posizione di metà classifica. Nel 1994, dopo un buon avvio, Wendlinger fu vittima di un terribile incidente a Monaco che compromise la sua carriera in F1, passò allora con successo alle ruote coperte.

256 volte Patrese

Vicecampione in carica, dopo gli anni d’oro in Williams Riccardo Patrese venne scelto da Briatore per affiancare l’astro nascente Schumacher e mettere in campo la propria esperienza al fine di sostenere la grande crescita della Benetton. Trascorsa una prima metà di stagione tribolata, il padovano visse un finale in crescendo conquistando numerosi piazzamenti grazie ad ottime prestazioni; dopo aver festeggiato in Germania il traguardo dei 250 Gp, colse all’Hungaroring il suo ultimo podio giungendo secondo al traguardo, poi a fine stagione si ritirò, rifiutando durante l’anno seguente un’offerta della Williams, che lo aveva scelto per sostituire Ayrton Senna.

Andretti di nome ma non di fatto
Il figlio di “Piedone” arrivò in Formula 1 forte di grandi risultati ottenuti nelle corse americane, dove vinse anche un campionato CART nel 1991, anno in cui effettuò i primi test sulla Mclaren, scuderia con cui debuttò due anni più tardi. La stagione non iniziò nel migliore dei modi in quanto il team aveva perso i motori Honda e si era dovuta accontentare dei Ford “clienti”, inoltre Andretti faticava ad adattarsi alla categoria e il confronto interno con un campione navigato come Senna rese la situazione ancora più difficile. A Monza un testacoda lo portò in fondo al gruppo, ma con grinta l’americano recuperò terreno e riuscì a chiudere al terzo posto (suo miglior risultato), nella stessa pista dove era salito sul podio l’ultima volta il padre Mario nel 1982. Appiedato dopo il Gp d’Italia, Andretti tornò in America ripresentandosi al via del campionato CART.

Minardi stile Hot Wheels

Le forniture di motori Ferrari e Lamborghini non avevano portato risultati e lasciato un pesante disavanzo economico, per cui la Minardi iniziò il 1993 con una vettura dall’architettura semplice e i motori Ford dell’anno precedente, nonostante ciò si trattò della miglior stagione in termini di punteggio per il team faentino. Christian Fittipaldi (figlio di Wilson e nipote di Emerson), che ottenne ben 5 punti in campionato, a Monza fu protagonista di un arrivo spettacolare, terminando alle spalle di Martini dopo averlo colpito ed eseguendo un incredibile 360° in aria.

Apicella, carriera lampo

La carriera in F1 di Apicella non durò nemmeno un giro: chiamato da Eddie Jordan per disputare il gp d’Italia in seguito al ritiro di Boutsen, l’italiano si qualificò 23esimo e venne coinvolto in un incidente poco dopo il via. Contende questo particolare record di carriera lampo con Miguel Angel Guerra (Osella, Imola 1981).

Verso la regola del 107%

Per alcuni anni in Formula 1 l’elevato numero di iscritti rese necessaria l’esclusione di alcuni piloti per mantenere un massimo di 26 partecipanti alle gare poi, con l’abbandono di diversi team, a partire dal Gp del Brasile 1993 si decise di escludere uno solo dei 26 iscritti. Dal Gp di Germania vennero ammessi tutti i partecipanti, che nelle ultime gare dell’anno, causa il forfait della Scuderia Italia, divennero 24; in questo modo Toshio Suzuki, chiamato dalla Larrousse per sostituire Alliot, in Australia prese parte alla gara nonostante un pesante distacco in qualifica, situazione cui in futuro si cercò di ovviare con l’introduzione della regola del 107%.

Mclaren Lamborghini: sogno sfumato

Nell’estate del 1993 la Mclaren testò una Mp4/8 su cui era stato installato un potentissimo V12 Lamborghini: nonostante alcuni problemi relativi a lunghezza, consumi e affidabilità, Senna telefonò a Dennis dichiarandosi entusiasta, richiedendo addirittura di averlo subito, ma i vertici Mclaren avevano dei dubbi, inoltre la Peugeot garantì anche copertura economica, per questo motivo Dennis si accordò con la casa francese, irritando non poco Senna, e della Mclaren Lamborghini restano solo racconti e immagini di un bel sogno.

Imola tragica: Addio Ayrton e Roland

Oltre al classico appuntamento di Suzuka, nel 1994 e 1995 la F1 sbarcò in Giappone anche per il gran premio del Pacifico, disputatosi sul circuito di Aida. Dopo una lunga gavetta, Roland Ratzenberger realizzò a 34 anni il suo sogno di debuttare in Formula 1 grazie ad un contratto di cinque gare con il team Simtek. Mancata la qualificazione in Brasile, il pilota austriaco in GIappone si piazzò in ultima fila al fianco del compagno David Brabham, conducendo poi una gara regolare, chiusa all’undicesimo posto a cinque giri dal vincitore. Morì nel successivo gran premio a Imola a causa delle ferite riportate in un incidente avvenuto nelle prove del sabato, in un week end già sconvolto dal drammatico botto di Barrichello, fortunatamente risoltosi con lievi conseguenze.

Il 30 aprile 1994, giorno della tragedia di Roland, Ayrton Senna colse la sua 65esima ed ultima pole position, il giorno seguente anche l’asso brasiliano perse la vita e tra i rottami della sua Williams venne ritrovata una bandiera austriaca: Ayrton era sceso in pista per la gara con l’intento di celebrare lo sfortunato collega sventolando quella bandiera nel giro d’onore della sua 42esima vittoria, che purtroppo non arrivò mai. Nel fine settimana più nero che la Formula 1 ricordi anche uno spaventoso incidente al via, con tifosi feriti da rottami, oltre ad un meccanico colpito ai box dall’incolpevole Alboreto a causa di una ruota persa dalla sua Minardi. La Formula 1 arrivò in stato di shock al successivo Gp di Montecarlo, dove Karl Wendlinger uscì di pista durante le libere rimanendo per un lungo periodo in coma: riuscì a ristabilirsi e tornare a correre, pur senza giungere nuovamente ai livelli di competitività precedenti all’incidente.

Le pillole non finiscono qui, c’è ancora una lunga storia da raccontare, ma è inutile negare che quel primo maggio segnò uno spartiacque, e da quel momento nulla sarebbe più stato come prima.

Mister Brown

Per fare un salto indietro nel tempo leggere qui:

Pillole di F1 cap. 1 – Anni ’50 e ‘60
Pillole di F1 cap. 2 – Anni ’70 (prima parte)
Pillole di F1 cap. 3 – Anni ’70 (seconda parte)
Pillole di F1 cap. 4 – Anni ’70 (terza parte)
Pillole di F1 cap. 5 – Arrivano gli anni ’80
Pillole di F1 cap. 6 – L’era del turbo (inizio)
Pillole di F1 cap. 7 – L’era del turbo (fine)
Pillole di F1 cap. 8 – Speciale 1989
Pillole di F1 cap. 9 – Campionati 1990 e 1991