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F1 2018 EMIRATE GP: AN INTRODUCTION

Dopo una stagione lunga e sfibrante come quella del 2018 si può facilmente immaginare che tra gli addetti ai lavori serpeggi un po’ di stanchezza e che la domanda ricorrente sia, e tutto sommato anche tra i tifosi:

“Che cosa ci andiamo a fare ad Abu Dhabi?”

I più realisti potranno subito obbiettare che trasferte come quelle in Medio Oriente o nel Caucaso contribuiscano prepotentemente a garantire lo stipendio di molti dei suddetti addetti ai lavori, per cui, anche se i giochi per il mondiale sono chiusi e i motivi di interesse sono davvero scarsi da trovare, è cosa buona e giusta per il Circus andare in pellegrinaggio in queste amene località così pregne di fascino e amore per la F1 e i suoi protagonisti. E quindi eccoci per l’ultima tappa del mondiale 2018 sul circuito di Yas Marina, luogo piuttosto lugubre per i ferraristi e invece ideale “karesansui” per i seguaci del culto delle tre stelle a 4 ruote, luogo di tranquillità e conferma delle certezze avute durante tutta la stagione (per sapere cosa vuol dire karesansui fate come me, andate su google).

Insomma, se davvero il principale motivo di interesse sarà quello di scoprire se il fido Bottas riuscirà davvero ad evitare l’ideale cucchiaio di legno assegnato all’unico pilota dei tre top team a non aver vinto in stagione, allora il GP conclusivo del 2018 sarà poco più di una passerella estremamente costosa tra la sabbia di Abu Dhabi. Il finnico sembra davvero a suo agio tra le curve di Yas Marina e potrebbe davvero essere un’occasione d’oro per mettere le mani su un successo di tappa che manca esattamente da un anno. Complice anche il probabile cambio di PU di Hamilton, reduce da una vittoria in Brasile con una PU in rottura così “imminente” da poter fare altri 30 giri, gli occhi di Toto saranno soltanto per lui. In ogni caso il rischio che l’ambita cucchiara rimanga in terra finnica per un altro anno è concreto.

Per gli altri, soprattutto Ferrari, saranno altri tre giorni di test in vista della stagione 2019. Abu Dhabi non sembra essere un circuito particolarmente favorevole alla Ferrari e probabile che punteranno solo a limitare i danni cercando di non diventare terza forza a vantaggio della Red Bull. Ultima gara di Raikkonen in Ferrari prima di passare in Alfa-Sauber. Data la ritrovata verve agonistica del finnico e il fatto che andrà a guidare in una sorta di “junior team” Ferrari, chissà se si tratterà davvero dell’ultima gara per il Cavallino…

Ultima gara in Red Bull anche per Ricciardo, finalmente libero dal perenne sguardo torvo dell’affabile Dr.Marko, che non sfigurerebbe nella parte del cattivo nella saga di James Bond. Da dire che il suo aarivo in Renault potrebbe rivelarsi il classico “saltare dalla padella nella brace” data la scarsa competitività Renault ma probabile che stia richiamando a sé tutte le ancestrali forze iettatorie che gli vengono dalle origini meridionali per augurare alla RBR una PU Honda particolarmente adatta alle grigliate. Insomma un po’ come i camionisti che espongono sul retro dei loro tir la frase “Ciò che auguri a me io te ne auguro il doppio”.

Il resto della allegra brigata ha ancora qualcosa per cui battersi. In teoria quarta, quinta e sesta posizione del “marche” sono ancora in ballo tra Renault, Racing Point Force India e Haas e considerando i piloti in ballo, tutti molto educati e rispettosi delle condotte di gara altrui, potrebbero essercene delle belle. McLaren solitaria al settimo posto aspetta solo la fine di questa stagione da “incorniciare” mentre Sauber-Alfa e Toro Rosso sono separati da pochi punti ma uno scambio di posizioni sembra improbabile. Williams ultima e non pervenuta come la sua stagione 2018.

Passando alle note tecniche, il circuito di Yas Marina non è propriamente mozzafiato: grandi accelerazioni e grandi frenate, curve a 90 gradi, una parte finale imbarazzante per noia e impossibilità di far emergere il talento dei piloti. Mettiamoci anche un asfalto liscio e poco esigente nei confronti delle gomme e le variabili in gioco calano ulteriormente, anche se con Pirelli non si può mai dire. Insomma le premesse per una gara noiosa ci sono tutte.

Favorite saranno quelle monoposto con PU competitive e stabilità in frenata, oltre che una gran trazione in uscita dalle curve a 90 gradi. In teoria un mix di caratteristiche tra Ferrari e Mercedes. Red Bull non dovrebbe poter essere della partita, soprattutto in qualifica,  ma ormai è risaputo che con i ritmi da F1 storiche che si devono adottare in gara, può sopperire alla mancanza di potenza della PU con la trazione in uscita dalle curve dimostrata negli ultimi GP. E poi c’è sempre la variabile gomme, con Pirelli che sembra averci messo più di uno zampino nel rendere le ultime gare più spettacolari…

Le gomme a disposizione dei piloti sono quelle più morbide del lotto: supersoft – ultrasoft – hypersoft. Nel 2017 la strategia per tutti fu di una singola sosta, ultrasoft-supersoft, senza particolari patemi di usura. Nel 2018 però le gomme saranno di due step più morbide rispetto al 2017 e questo potrebbe portare a qualche problema in più, anche se, non essendoci curve in percorrenza, c’è un minor rischio di graining dovuto a scivolamento laterale delle monoposto.

Probabile comunque che in Q2 chi potrà sceglierà di partire con ultrasoft per poi passare alla supersoft. Le scelte del numero di set per ogni mescola indicano che i top team si sono sostanzialmente copiati con 8 hyper e un numero simile di supersoft e ultrasoft. I team di seconda/terza fascia sono stati più vari nelle scelte, con gli estremi di Williams e Toro Rosso che hanno scelto 10 hyper e renault con 7. In generale la tendenza di questi team è stato scegliere pochi treni di supersoft, alcuni solo un treno, a vantaggio di ultrasoft e hyper soft, ovviamente con l’eccezione Renault.

Ultima tappa del circus 2018 ma il futuro è già domani, con molti team che stanno già pensando e sperimentando molto in ottica 2019. Curiosità per quanto riguarda la famigerata ala anteriore semplificata che dovrebbe consentire a chi è in scia di un’altra monoposto di non perdere carico aerodinamico e poter tentare più facilmente il sorpasso. Si sa che la teoria è una cosa e la pratica un’altra, per cui aspettiamo la prima gara del 2019 per poter trarre le prime conclusioni.

Molti i cambi di casacca importanti, tra cui spicca di sicuro l’inizio dell’avventura in Ferrari di Leclerc. Il ragazzo dovrà dimostrare di avere nervi e attributi d’acciaio per non farsi stritolare dalle aspettative che da sempre caratterizzano il mondo Ferrari.

In poche parole, godiamoci (si fa per dire) questo ultimo showdown e confidiamo nella voglia irrefrenabile dei doppiati di volersi sdoppiare per aggiungere un po’ di verve al fine settimana emiratino.

Salàm Aleikum

Edit

P.S: imperdonabile dimenticanza a cui pongo subito rimedio: questo di Abu Dhabi potrebbe essere l’ultimo GP della carriera in F1 di Fernando Alonso. Peccato debba viverlo su uno dei tracciati in cui si è infranto il sogno di diventare campione del mondo con la Ferrari in quella nefasta edizione del 2010.

Che lo si ami o lo si odi non si può prescindere dalla sua abilità al volante e dalla “carogna” agonistica che lo pervade dal primo all’ultimo giro di ogni GP. Pilota immenso. Mi fermo a questo giudizio perché è sempre inelegante commentare il carattere e la moralità di una persona che si conosce solo per averla vista in tv o letta su carta.

Onore ad Alonso e i più sinceri auguri per il suo prosieguo di carriera.

Rocco Alessandro

IL PAGELLONE SEMISERIO DEL FROLDI: INTERLAGOS

Le viscere. Il cuore. La rabbia. Che ti pompa dentro adrenalina che pompa altra rabbia; tanto che vorresti spaccare il cielo a pugni mentre la tua ragione è persa chissà dove. La benzina dei piloti è il rischio: danzare con la morte accanto. Una droga potente come poche. Portare al limite un mezzo meccanico come nessuno ha mai fatto prima. Poi arriva il coglione di turno. Tutti ne abbiamo incrociato qualcuno nella vita. Lo Schlesser che regala una doppietta insperata in casa, alla Rossa, catapultando fuori pista Senna involato ad una comoda vittoria. Coulthard, mediocre pilota (e forse migliore cronista) che si fa centrare da Michael a Spa (nessun ferrarista e nessun vero sportivo glielo perdonerà mai, e lui lo sa),  e il pilota della Ferrari con gli occhi iniettati di sangue trattenuto a stento dal Team mentre minaccioso va verso lo scozzese nei box. E Piquet che prende a pugni Salazar, nel 1982, anche lui sbattuto fuori così, mentre tutto era tranquillo ed apparentemente nulla poteva andare storto. Non so cosa sia passato per la testa ad Ocon, ma comprendo perfettamente la reazione di Max nel dopo gara. Verace, eccessiva, razionalmente da condannare ma terribilmente umana. Perché non siamo fatti solo di neuroni, ma anche di sangue e budella. Qualcuno direbbe (e anche io in parte concordo) che ogni tanto il fato porta, con gli interessi, il conto. E prima o poi a Max qualcosa indietro

doveva tornare. Vero. Ma nulla toglie ad una manovra, di un doppiato, sconsiderata come poche nella storia recente, compiuta del “terzo pilota” Mercedes. Ocon, per chi non se lo ricordasse, è quello che a Monaco disse, apertis verbis, che il suo capo era Toto Wolff. Con il piccolo particolare che lui, il ragazzo che tutto farebbe pur di avere quel benedetto posto in Mercedes (nel 2020 pare glielo abbiano promesso), guida per un’altra scuderia. La Mercedes è riuscita in due capolavori. Avere il più incredibile e straordinario cavalier servente della storia della Formula Uno: Bottas, soprannominato tappo di cemento armato. E nell’avere un terzo pilota a disposizione, tale Oco(gli)on. Se ne dice(va) un gran bene. Io ho sempre in mente quelle sue parole da Monaco, appunto. Uno schiaffo in faccia allo Sport. Il resto, l’eventuale talento, non mi interessa. In quella testa c’è un tarlo: l’essere più realista del re. Un utile idiota di cui francamente la Formula Uno può fare tranquillamente a meno…

Max Verstappen. Voto: 10. E’ lui il vincitore morale di questo Gran Premio. Inutile girarci attorno. Non conta nulla essere vincitori morali, ovvio, ma bisogna dare a Cesare quel che è di Cesare. Ed a Max quel che è di Max.

 Max Verstappen e il karma. Voto: ogni tanto il conto arriva. Di solito quando meno te lo aspetti.

 Oco(gli)on. Voto. Anzi no: auspicio. Che resti senza sedile anche nel 2020. D’altronde, pensateci, quale Team vorrebbe in squadra uno che è dipendente di un’altra squadra? Una quinta colonna quiescente pronta a eseguire i desiderata degli altri? Mi sarebbe piaciuto che un giornalista facesse questa domanda ad Ocon: Ti saresti sdoppiato da Hamilton?

Hamilton. Voto: 5. Ormai l’ego di Lewis è catapultato verso l’infinito e oltre. Non c’è  nulla di male a trovarsi nel posto giusto al momento giusto. E la fortuna aiuta gli audaci. Però: se ci metti una sicura penalizzazione (che non sappiamo ancora perché non sia stata data nelle Q2) e il terzo pilota AMG che ti serve su un piatto d’argento la vittoria…ecco, non dico che non dovresti festeggiare ma, certo, il modo dice tanto di te. Campione

Lewis, straordinario campione. Ma umanamente…stendiamo un velo pietoso. Occhio fresco pentacampione, che più si va in alto e più la caduta rischia di essere rovinosa…

Vettel. Voto: 5. Semplicemente, complice un problema elettronico che ne ha castrato la vettura, non c’era. Ha corso di riserva limitando i danni. Era come vedere, plasticamente, un Team che, a dispetto delle solite parole belligeranti, ha perso ogni stimolo ed aspetta la fine della stagione come una liberazione.

Raikkonen. Voto: 8. Non credo si potesse pretendere di più da Ice Man in questo Gran Premio. Resta la domanda se la sua fosse o meno la Rossa più performante.

Bottas. Voto: Il più grande gregario della storia della Fortuna Uno. L’ho già detto. lo ripeto.

Muretto Ferrari. Voto: sono tornati i soliti…quando la Ferrari ha scelto le gomme gialle per la partenza, in Q2, ho pensato…sono gli unici che lo hanno fatto…o sono “geni” oppure “sgeni” (copyright by Alonso, come ricorderete). Poi in gara, quello che non è parso un reale vantaggio è stato vanificato dalla scelta di gomme ancora più conservative. Qualcuno mi saprebbe spiegare se sono io che non ci capisco niente? Mi aiuta PG: «In @ScuderiaFerrari oggi eroici: partono con Soft per avere vantaggio nella lunghezza del primo stint con seconda parte di gara su mescola più morbida ed invece accorciano inutilmente il primo stint montando pure la Medium. Vergognosi».

 Muretto Red Bull. Voto: 10 e lode. Ecco, forse in Ferrari dovrebbero chiedere qualche consiglio ad Horner & co. Anzi…prendiamoci direttamente Horner (e magari quel mezzo pirata di Marko).

Pirelli. Voto: 4. Ogni volta che Pirelli dice che quella strategia sarà la migliore, viene quasi regolarmente smentita dall’andamento della gara. Ti viene il dubbio che ad una gara dalla fine del Mondiale…non abbiano ancora capito come funzionano gli pneumatici che loro hanno costruito…

Commissari di pista. Voto: Una triste commedia che ha stufato. Condivido totalmente il pensiero di Alberto Sabbatini: “In pratica per la Fia è più grave che Vettel abbia messo a rischio l’incolumità dei commissari quasi da fermo ai box che Hamilton l’incolumità di Sirotkin in pista a 200 km orari!”

FIA. Voto: non so più cosa dire. Quando una bilancia (forse rotta) vale più di una vita (rischiata), c’è molto che non va. Ok, i tifosi Ferrari rosicano amarissimo, e lo fanno da 11 anni ormai. Quindi il mio giudizio può essere in parte obnubilato da un dominio asfissiante, mortifero e quasi inscalfibile. Tuttavia: regole assurde. Commissari impreparati. Nessuna uniformità di giudizio. Pesante anglocentrismo (la FIA di francese ha solo il presidente, Mercedes di tedesco il nome e i soldi) e ipertutela per Lewis (che non ne ha bisogno). E’ ormai solare che se possono bastonano Vettel (e la Ferrari). Mentre mi chiedo cosa dovrà mai fare Hamilton per essere in qualche modo sanzionato. La FIA sta avvelenando essa stessa la sua creatura dalle galline d’ora (per ora) e sta dando la stura ad ogni complottismo. Se gli appassionati di F1 dovessero arrivare alla certezza (perché il sospetto è forte) che questo Sport sia tutto una finzione, una formula wrestling con cicli predeterminati in cui a turno qualcuno vince per un lustro, le ore di questa pantomima sarebbero contate…

 

Mariano Froldi, Direttore Responsabile di FUnoAT

F1 2018 BRAZILIAN GP: AN INTRODUCTION

Ormai orfani della famigerata “Nonna di Barrichello”, la cui presenza incombeva puntuale ogni anno sul tracciato di Interlagos, incastonato al centro di un affascinante insieme di laghi, ci si approssima al Gp del Brasile con un mondiale piloti già in archivio e “il marche”, come piaceva dire a Poltronieri, ancora in bilico tra Ferrari e Mercedes, almeno dal punto di vista dell’aritmetica. Quindi con un’aspettativa non proprio fervida, considerando anche il blasone ormai perso del mondiale costruttori, oscurato dall’egocentrico mondiale piloti.

In realtà motivi di interesse non mancano, e molti guardano già a quella che sarà la stagione 2019.

Partiamo col dire che, al netto della lotta per il mondiale costruttori, sia Ferrari che Mercedes utilizzeranno questo Gp e il successivo come delle giornate di test extra per testare soluzioni da utilizzare l’anno prossimo, in particolare le PL1 E le PL2 si presteranno molto bene allo scopo. Con tutta probabilità sarà tutto un fiorire di comparazioni tra pezzi vecchi e nuovi, esperimenti di assetto, di test di eventuali nuove sospensioni e chi più ne ha più ne test(a).

Altro argomento succoso sarà la prova del nove per quanto riguarda l’improvvisa “ferrarite” che sembra aver assalito la Mercedes nelle ultime due gare, in cui si sono visti grossi problemi di gestione gomme e di mancanza di performance. Se ad Austin era stato incriminato un errore nel bilanciamento dei pesi della vettura a seguito di un intervento tecnico in parco chiuso e in Messico un mix tra problemi di setup, pista liscia e (da parte della stampa specializzata) i cerchioni delle gomme posteriori con i famigerati fori chiusi, nel GP del Brasile ci si aspetta un ulteriore verifica. Tanti saranno iflash e teleobbiettivi pronti a scovare e immortalare i famigerati fori chiusi/aperti dei cerchioni e gli eventuali segni presenti sulle gomme al termine di prove di long run, con il conseguente profluvio di ipotesi e conclusioni, in molti casi inopportune e “ad estro”, volto a spiegare nel bene e nel male le performance delle frecce d’argento.

Infine l’altra questione che ha tenuto banco negli ultimi giorni sono le voci che vorrebbero Mattia Binotto, DT dell’area tecnica della SF, in partenza verso altri lidi (Renault) a causa di attriti con l’attuale (e confermato per i prossimi due anni, sembra) TP Maurizio Arrivabene. Quest’ultimo si è già affrettato a dichiarare che queste voci sono tutti tentativi di destabilizzare l’ambiente, che non c’è nulla di vero. Probabile, ma una evidente mancanza di empatia tra i due sembra acclarata e, considerando la storia degli ultimi 10 anni in Ferrari, c’è sempre da aguzzare le orecchie quando si parla di tecnici scontenti che sono pronti a lasciare l’Emilia per altri località. Certo sarebbe l’ennesimo spreco di materiale umano da parte della SF, in cui risulta evidente la mancanza di un ambiente consono e favorevole all’espressione dei talenti ingegneristici già presenti e al mantenimento di uno status quo vincente. Lo stesso Marchionne, a detta di molti, compì uno dei suoi pochi errori dirottando Resta alla Alfa-Sauber, sottovalutando l’impatto che avrebbe potuto avere questo sull’efficienza del reparto tecnico, anche alla luce del “buco” prestazionale in occasione dei Gp di Singapore, Sochi e Suzuka, che hanno, di fatto, compromesso il mondiale piloti e parzialmente quello costruttori.

Detto ciò passiamo a commentare gli aspetti tecnici del Gp del Brasile 2018. Pirelli ha scelto le mescole medium – soft – supersoft. Nel 2017 la strategia gara fu sulla singola sosta, in particolare supersoft + soft, con pochi imbarazzi sul fronte del degrado degli pneumatici. Quest’anno la Pirelli porta mescole di uno step più morbido rispetto al 2017 ed è probabile che si renda necessario l’utilizzo della gomma medium, considerando anche che l’odierna supersoft è in realtà l’ultrasoft del 2017. Il tracciato corto potrebbe permettere l’utilizzo della gomma soft in Q2, per avere una gomma più affidabile dal punto di vista della resa su più giri nel primo stint e nel caso il degrado della gomma SS si riveli eccessivo. Molto sollecitata la gomma anteriore destra, considerando le numerose curve in appoggio proprio su quel lato.

Le scelte dei piloti sono state, al solito, sbilanciate verso le mescole più morbide. Ham e Vettel si copiano scegliendo una sola medium, così come il duo RBR, mentre i loro due team mate hanno optato per due medium. Tra i team di seconda fascia scelte simili ai top team con qualche eccezione come Racing Point Force India e McLaren che hanno optato per quattro treni di soft.

Il tracciato dovrebbe vedere una Ferrari competitiva in quanto dovrebbe esaltarne le doti di trazione e la potenza della PU, al netto di errori di setup. Da verificare il comportamento delle Mercedes, mentre sembra non poter ripetere la gara messicana la Red Bull, penalizzata dal deficit di potenza della PU sui rettilinei in salita di Interlagos. Renault ormai quasi sicura di essere la prima “delle altre”, mentre ci si può aspettare qualcosa di positivo da Alfa-Sauber e Haas, complice la PU Ferrari e un pilota come Leclerc che si sta abituando al passaggio sistematico in Q3. Il meteo non dovrebbe riservare sorprese, con tempo asciutto seppur nuvoloso e con temperature non elevate per tutto il weekend.

Nel 2017 l’errore, forse l’unico, di Hamilton in Q1 spianò la strada al successo di Vettel. Quest’anno la lotta tra i due top team dovrebbe essere molto serrata e la MB avrà sicuramente voglia di tornare a vincere dopo due GP di astinenza. Per Ferrari si tratta di una ottima occasione per rendere meno amaro l’ennesimo brutto finale di stagione, che tra l’altro è la migliore dal 2008. Considerando i malumori interni più o meno palesi e il senso di frustrazione crescente non è di buon auspicio pensare a come fu la stagione 2009 dopo quel 2008 così simile al 2019. Ricciardo ha smaltito la delusione messicana e sarà al via con l’unico obbiettivo di rendere torvo il faccione di Helmut Marko, mentre per Alonso si tratta del penultimo atto su una pista in cui ha sempre trovato un motivo per sorridere… sia quando è diventato campione, sia quando ha contribuito a impedire a qualcun altro di diventarlo. Proprio vero che uno deve sempre trarre il meglio da ogni situazione, anche la più amara…

Rocco Alessandro

F1 2018 AMERICAN GP: AN INTRODUCTION

COTA. Circuit of the Americas. Austin, Texas.

This will be the end? Probabilmente no, ma ci andremo molto vicini. Quando prima di un GP si cominciano a fare ipotesi su “Tizio sarà campione se Caio arriverà nella posizione x” allora vuol dire che l’epilogo è vicino.

“Quando sono già stato quì?” Questa potrebbe essere la frase che la gran parte dei ferraristi potrebbe porsi in questo weekend. Disappunto che anche quest’anno viene esorcizzato nell’analisi delle colpe. Piloti, squadra, FIA. Lo stesso copione da anni con minime variazioni giusto per renderlo meno noioso ma ugualmente irritante (in base ai punti di vista ovviamente)

Più colpa di Vettel? Oppure della Scuderia, di Arrivabene? Oppure è la solita Fia che vuole male al simbolo stesso della F1? Ross Brawn, che a Maranello ha lasciato la “miseria” di 5 mondiali e 57 vittorie, ha dato di recente un suggerimento non richiesto ma molto sensato alla Scuderia, quello di rimanere uniti nelle difficoltà e di non iniziare il gioco delle colpe. Invece i rumors e gli atteggiamenti visti a Suzuka indicano un’altra realtà, quella di un team lontano da quello visto a inizio stagione, con una apparente eppur avvertibile frattura tra il pilota e il team principal, tra quest’ultimo e il direttore tecnico e la squadra tutta.

Ha ragione Ecclestone a definire con lombrosiana sicumera che è la “troppa italianità” del team la causa principale dei suoi mali? Oppure più semplicemente, ma non per questo giustificabile, la morte di Marchionne e la totale mancanza di un management all’altezza abbiano provocato i danni che si sono visti dalla domenica di Monza al tragicomico Gp del Giappone? Che hanno portato un pilota vincitore di 4 mondiali ad essere definito un pilota fragile da eminenti addetti ai lavori, un team principal ad accusare apertamente i suoi ingegneri e questi ultimi a barcamenarsi con una monoposto che si è trasformata in una bestia difficile da addomesticare?

Lasciando perdere cali prestazionali in merito a sensori e batterie, che pure avrebbero una certa base di fondamento, resta l’istantanea di una squadra che non è assemblata e addestrata per una maratona lunga 21 gp. Gli addetti ai lavori dicono che una maratona comincia a farsi selettiva dopo il 30esimo chilometro. E i fatti dicono che a questa soglia la Ferrari è arrivata col fiato corto a differenza della Mercedes, che è saputa stare in scia in momenti di crisi e ora opera un definitivo, quanto inaspettato nella sua perentorietà, allungo che la porterà solitaria al traguardo.

L’altra faccia del dualismo sono Hamilton, miglior stagione di sempre in F1, Wolff team principal che prende le decisioni più impopolari forte della logica del risultato finale da perseguire che già si era vista nella Ferrari dell’era Todt (però con la pretesa di insegnare agli altri come ci si comporta in merito) e un team che è capace di produrre uno sforzo tecnologico ed economico proprio quando serviva di più.

C’è da restare annichiliti e sgomenti anche guardando al 2019, consci che l’avversario sembra imbattibile e non sbaglia un colpo. E con una RBR che è sempre all’agguato e che potrebbe avere la PU Honda come arma per operare un definitivo salto di qualità, potendo già contare sul pilota più annunciato, più tosto e più benvoluto dai commissari Fia.

Detto ciò, ecco un’altra serie di notizie interessanti ci accompagnano verso l’appuntamento di Austin, circuito che non è la solita “tilkata” ma un collage, finalmente con un senso, di famigerate sezioni di altri circuiti da pelo sullo stomaco, come la sequenza Maggotts-Becketts-Chapel, il motodrome di Hockenheim e la curva 8 del circuito di Istanbul.

– Hamilton propone l’inversione della griglia per rendere interessanti i Gp più noiosi della stagione. Un altro passo verso la Formula wrestling?

– la FIA ufficializza il calendario 2019 che è una replica di quello del 2018. Con un deciso sdoganamento del tuning delle monoposto, che avranno le luci di posizione anche sulle paratie dell’ala posteriore

– la Williams ufficializza George Russel, prossimo campione della F2, come pilota per il 2019. Di sicuro Ocon e Kubica saranno altrettanto felici come il giovane inglese, più che altro per non dover guidare quella che nel 2018 si è dimostrata la peggior monoposto.

– I commissari Fia sanzioneranno i piloti che compiono un doppio spostamento in difesa della loro posizione in fase di tentato sorpasso da parte di un avversario. Cattiva notizia per Vettel? O Verstappen?

Tornando all’analisi delle variabili in pista, Pirelli non sceglie il salto di mescola per il Gp di Austin e propone soft, supersoft e ultrasoft, per un circuito dall’asfalto che non dovrebbe presentare eccessivi problemi di degrado anche se le mescole di quest’anno saranno di uno step più morbide rispetto a quelle del’anno passato. Nel 2017 la strategia migliore per chi partiva tra i primi 10 era la scelta di ultrasoft + soft, scelta che potrebbe essere copiata quest’anno ma che potrebbe anche vedere l’utilizzo della supersoft in Q2, per evitare di accorciare troppo il primo stint. Chi parte nelle retrovie potrebbe optare per la supersoft + ultrasoft, ma più probabile l’utilizzo della soft che offre maggiori garanzie in caso di sosta unica. Importante sarà gestire la frenata e la temperatura delle gomme nel rettilineo tra curva 11 e 12, oltre al possibile eccessivo scivolamento laterale nella sezione in contropendenza tra curva 2 e curva 10.

I tre top team questa volta si assomigliano nelle scelte con il solo Vettel a scegliere un treno di ultrasoft in più e il duo Red Bull che opta per un treno di supersoft più della concorrenza, con la sicurezza per tutti di poter provare adeguatamente passo e degrado di ogni mescola.

I team di seconda fascia e terza fascia hanno compiuto scelte più aggressive. Racing Point Force India, Williams e Sauber privilegiano le ultrasoft, Toro Rosso e Haas non pongono molta attenzione alla soft con Gasly e Grosjean, Renault copia Ferrari.

Fuori dal coro la McLaren che punta molto su soft. Da notare l’azzardo di Grosjean, Sirotkin , Gasly e Leclerc che hanno scelto un solo treno di soft.

Il meteo potrebbe riservare qualche sorpresa, con pioggia al venerdì e possibili rovesci al sabato e alla domenica, ma con percentuali sotto il 50%. Temperature piuttosto basse, difficilmente si supereranno i 20 gradi, con ovvie ricadute sulla gestione delle gomme.

Insomma, il palcoscenico sembra preparato per un’altra affermazione del duo Hamilton/Mercedes. Lo fanno supporre le ultime 4 vittorie di Hamilton su questo circuito e lo stato di forma della Mercedes. Ferrari è chiamata alla solita prova di orgoglio, quanto meno per ritrovare un po’ di ottimismo in vista del 2019, con Red Bull che sembra poter stabilmente impensierire la Scuderia e già proiettata all’anno prossimo, confortata dall’ottimismo dei tecnici Honda che si dicono sempre più vicini in termini di competititvità alle PU Ferrari e Mercedes, e “supportati” dalla decisione FIA di voler dare un ulteriore giro di vite all’utilizzo nelle qualifiche di olio nelle PU per ottenere un extraboost, grosso vantaggio per Ferrari e Mercedes e croce per la PU Honda.

Racing Point Force India continua il suo personale campionato che potrebbe anche portarla ad impensierire Renault e Haas per la vittoria del “gruppo B”. Si gioca in casa degli americani, potrebbe essere un vantaggio non da poco per la Haas. Anche Toro Rosso e Alfa-Sauber sono vicine nel punteggio, mentre McLaren e Williams aspettano solo che finisca il supplizio.

Rocco Alessandro

 

2018 F1 RUSSIAN GP: AN INTRODUCTION

Pensi a Sochi e ti vengono in mente le olimpiadi invernali del 2014. Poi guardi la cartina geografica e noti che Sochi è affacciata sul Mar Nero e ci rimani un pò male. La stessa sensazione ce l’ha un appassionato di F1 che pensa a Sochi, alla Russia e ad un autodromo che si snoda attraverso il parco olimpico dei giochi invernali, e uno ci rimane male per la seconda volta. Se poi si pensa agli strambi e imbarazzanti colbacchi che vengono donati a chi sale sul podio e all’assenza delle ombrelline, si passa direttamente alla rassegnazione. Ma in fin dei conti, una gara di F1 è pur sempre un richiamo irresistibile e quelle 20 macchine in griglia di partenza sono tutto quello che serve per mantenere viva l’attenzione.

Disegnato dall’ineffabile Hermann Tilke, il circuito di Sochi ha l’aspetto di una grottesca scimitarra, in cui l’unica possibilità di sorpasso è rappresentata dal lungo rettilineo dopo la linea del traguardo, mentre tutto il resto sono solo curve ad angolo retto fatte apposta per coltivare la frustrazione di chi vorrebbe sorpassare ma non ci riesce.

Evidentemente il disegno a mò di oggetto contundente deve aver esaltato l’indole alla vittoria senza se e senza ma della Mercedes che dal 2014 è dominatrice incontrastata con 4 vittorie e due doppiette. L’edizione del 2017 ha visto la sorprendente affermazione di Valtteri Bottas, lesto a sfruttare la scia di Vettel allo start e mettersi davanti in curva 2 per poi rimanerci fino alla fine, quando invece il compagno Hamilton incappava in una delle gare più spente dell’anno finendo quarto e mai davvero in gara per il podio.

Mentre nel 2017 si arrivava in Russia con una Mercedes in difficoltà e una Ferrari piuttosto ringalluzzita, quest’anno la situazione pare opposta ma per motivi che poco hanno a che vedere con il potenziale tecnico delle monoposto. In particolare la Ferrari, dopo aver dato l’impressione di essere la macchina migliore del lotto, ha commesso errori strategici in pista e di gestione interna del team che hanno portato a due sonore sconfitte a Monza e Singapore, come a voler riproporre un remake dell’harakiri del 2017 proprio sulle stesse piste. Invece Mercedes, parsa in difficoltà dopo la pausa estiva, ha saputo sfruttare le debolezze del team avversario e grazie alle migliorie portate sul fronte della gestione gomme, in particolare cestelli dei freni concavi e cerchi radianti, ha piazzato  un uno-due di tysoniana memoria tali da mandare in KO tecnico la scuderia di Maranello.

L’appuntamento di Sochi sembra rappresentare quasi l’ultimo appello per la Scuderia Ferrari, chiamata a mostrare in pista il vero potenziale della sua vettura, un rinnovato sangue freddo dei suoi piloti e una compattezza di squadra che sembra persa. L’occasione sembra propizia, dato che già l’anno scorso furono capaci di monopolizzare la prima fila ma dovranno vedersela con una Mercedes che, guidata dal pilota più in palla di tutto il 2018 e più forte degli ultimi 15 anni, vorrà assestare un altro colpo al morale di vettel e della SF. Una battaglia che sembra dover risolversi in un duopolio dato che Red Bull Racing non sembra poter essere in grado di rappresentare un valido contendente e men che meno gli altri team, con quello che potrebbe essere un bel pacchetto di mischia tra Racing Point Force India, Renault e Haas per la zona punti.

La situazione gomme vede una situazione uguale al Gp di Singapore: hypersoft, ultrasoft e soft, con una gestione che potrebbe rivelarsi altrettanto complicata. Sochi è un tracciato che storicamente presenta un degrado gomme molto limitato e quindi è presumibile pensare che vengano privilegiate le mescole più morbide come la scelta dei piloti sembra suggerire con strategie possibili HS +UF oppure HS +S. Non è esclusa una strategia con due soste se le HS dimostreranno di essere poco consistenti sulla durata, cosa già successa quest’anno, oppure una Q2 caratterizzata dall’utilizzo della US in modo da essere più coperti nel primo stint di gara.

 

Vediamo però che tra i piloti ci sono state differenti interpretazioni nella scelta del numero di set da portare, con Vettel che sembra essersi assunto un altro grande rischio come a Singapore, portando un solo treno di soft e ben 9 HS, come i due piloti Red Bull. C’è da sperare in prove libere “pulite” per il tedesco per accumulare più dati possibili e avere le idee più chiare sulla strategia da adottare domenica. I due Mercedes e Kimi Raikkonen hanno optato per una scelta più conservativa e con minor margine di errore mentre tra le scuderie di seconda e terza fascia sorprende la scelta dell’unica US per Hulkemberg e le tre S di Alonso, che probabilmente immagina una partenza molto in fondo alla griglia e un lungo stint su S per recuperare terreno.

Dal lato PU questo GP rappresenta il punto di non ritorno per i piloti in griglia, dato che tutti hanno raggiunto il limite di pezzi per le varie componenti della PU e chi dovesse aver problemi dovrebbe scontare una penalità.

Da questo punto di vista non ci sono belle notizie per la RBR che sembra intenzionata a retrocedere alla Spec-B del motore Renault, ritenuta più affidalle della Spec-C, per Verstappen che sarebbe così costretto a partire dal fondo dello schieramento. Un ulteriore problema in un tracciato dove è essenziale avere velocità sul dritto per effettuare sorpassi. Non è ancora dato sapere se e quando Raikkonen sceglierà di usufruire della versione evoluta del turbo della sua PU, che lo costringerebbe ad una penalità di 10 posizioni.

In conclusione un dato statistico piuttosto significativo. A Vettel, staccato di 40 punti da Hamilton, servono ora 6 vittorie di fila per avere la certezza del titolo, ovvero vincerle tutte da Sochi fino ad Abu Dhabi. Tecnicamente possibile ma la logica e la statistica dicono il contrario.

Sei vittorie di fila per un pilota ferrari e per la Scuderia non si verificano dal 2004, con Schumacher che ne vinse 7 di fila nella parte centrale del campionato e con una monoposto che era assolutamente il “benchmark” della categoria, cosa che non si può dire della SF71H, ottima monoposto ma che si contende il primato tecnico con la W09. Questo dà l’idea dell’impresa a cui è chiamato il tedesco, che pure è capace di ribaltare l’esito di un campionato quasi perso come nel 2012 o di infilare vittorie in serie come le 9 del 2013. Il problema più grande per le sue ambizioni e quelle dei ferraristi sembrano venire proprio dalla fragilità del pilota tedesco, troppo falloso questa stagione e da una squadra che non sembra avere la continuità di gestione necessaria a infilare una serie di vittorie di questa portata. Il tutto complicato da un Hamilton che mai come quest’anno si sta prendendo il diritto di essere paragonato ai grandissimi di sempre di questo sport.

Rocco Alessandro