IL MOTOMONDIALE NEL NUOVO MILLENNIO- PARTE1

E venne il nuovo millennio a proiettare il circo del Motomondiale verso una notorietà ben più ampia, quasi planetaria. Venne portandosi dentro un uomo che nel decennio in questione dominò in lungo ed in largo tra tante luci e qualche ombra. Perché quando sei bravo e forte devi avere anche qualche detrattore, altrimenti non lo sei abbastanza. Dopo un digiuno lungo quasi come un’era “ferrarista” il mondiale piloti torna in Italia grazie al ragazzino di Tavullia che cancella il nome di Franco Uncini dal tabellone italiano come ultimo iridato, e torna anche una vittoria tutta italiana pilota/moto  grazie al binomio Capirossi/Ducati, quella vittoria che mancava dai tempi di Agostino e della MV.

I “duemila” cominciano con il vecchio regolamento dei motori 500 a due tempi per vedere la svolta epocale dei 1000 a 4 tempi e poi arrivare all’esperimento delle 800 che sarebbe stato accantonato all’inizio del decennio successivo. Il mix tra regolamenti tecnici più “attinenti” al mercato delle moto, il fattore umano e una sapiente promozione mediatica rese possibile catapultare la categoria da quella nicchia di pubblico di appassionati portandola davanti agli occhi di una platea più completa e trasversale.

Ricetta semplice, con ingredienti degni dei più grandi chef stellati:

Prendi un ragazzo stratalentuoso, simpatico ed irriverente di nome Valentino Rossi (il buono) e lo metti al centro di tutto. Crei una rivalità con un altro talentuoso italiano diametralmente opposto come carattere il quale è schietto ed antipatico al punto giusto e guida anche un’altra moto (Max Biaggi il cattivo). Nel tempo lo fai salire sulla sua stessa moto e lo misceli con un altro personaggio un pò più sfigato (Sete “Hollywood” Gibernau il bello). In corso di preparazione inverti le moto per cuocere meglio la pietanza. Prima di finire il piatto fai spuntar dal nulla il tocco segreto che da sapore, la variabile impazzita (Stoner e la Ducati). Al momento di impiattare gli metti accanto un altro tosto sulla sua stessa moto (Giorgio Lorenzo) e servi il tutto condito dalla presenza di altre case che grazie al regolamento sono tornate nel grande giro (Ducati, Aprilia, Kawasaki).

Messa così sembra semplice ed irrispettoso: chapeau a chi è riuscito a preparare questa prelibatezza per farcela gustare. Dobbiamo ringraziare Carmelo il quale, confezionando questo piatto, fece la spesa al supermarket dell’altra categoria che piaceva agli appassionati e che lui temeva maggiormente verso la fine dei ‘90: la Superbike (vogliate perdonare la stilettata ma non sono riuscito a tenermi).

 

Stagione 2000

Immagine tratta da Motogp.com

Il Re della categoria Doohan si è dovuto ritirare l’anno prima e nel 2000 non c’è più un leader carismatico del mondiale. La Honda crede in Rossi e lo fa debuttare sulla NSR con un “all in”: gli da la moto di Mick e lo affida al team di tecnici che seguirono il Re durante il suo regno, capotecnico compreso, dando i natali al sodalizio Rossi/Burgess che durerà tre lustri e segnerà in maniera indelebile la storia del motociclismo. Honda ci crede la punto di creare una struttura parallela al team Repsol per farlo crescere con tutta la serenità possibile.

Il primo anno di Valentino è al solito di apprendistato, ma gli basta per permettere di perdere la verginità a Donington sotto l’acqua e di ripetersi in Brasile.

Immagine tratta da Gpone

Le due case principali Yamaha e Honda schierano un filotto di moto ufficiali tra i team interni e quelli satellite. Per Honda: Rossi, Gibernau, Okada, Criville, Barros, Capirossi (gli ultimi due con Pons).

Per Yamaha: Biaggi, Checa, Laconi, McCoy, Abe.

Il titolo lo vince però Kenny Robert Jr. su una Suzuki. Ecco, Kenny è figlio di quello “vero”, però troppo spesso bistrattato. Se vinci un titolo nella classe regina può essere che non farai mai parte dei GOAT, ma pippa non sei e bisogna dartene merito. Probabilmente Kenny avrebbe vinto di più se negli anni successivi della sua carriera avesse fatto altre scelte piuttosto che restare nel team del padre, ma resta il campione 2000 e chi vince ha sempre ragione: 4 Gp aggiudicati e regolarità superiore rispetto agli altri. Il simpaticissimo Garry McCoy (secondo per numero di vittorie stagionali 3) è sempre iperspettacolare ma ha una naturale predisposizione ad assaggiare margherite con il culo per cui non sale neanche sul podio iridato di stagione.  Il secondo posto va a VR46 che ha preso rapidamente le misure a quella bestiola di NSR la quale non pensa un attimo a lanciarti per aria se non la rispetti.

Gradino più basso del podio a Max Biaggi vincitore di due gare e sempre coriaceo. Peccato quella scivolata a Le Mans con il giallo nella schiena a mettergli pressione.

Da ricordare la vittoria al Mugello di Loris Capirossi sulla Honda di Sito Pons.. Sono passati 20 anni e sembra l’altro ieri: il caparbio Loris ha sempre fatto ottime gare sulla pista di casa ma quella resta l’ultima vittoria tricolore.

(Immagine tratta da Motori News24)

 

Stagione 2001- La prima di Vale

Il copione di Rossi si ripete anche nella classe regina: il primo anno impara e nel secondo nella categoria domina…in serenità.. Valentino in sella all’ufficialissima NSR “Nastro Azzurro” pianta una serie di undici vittorie su sedici gare da tramortire chiunque avesse il solo pensiero di avvicinarsi all’iride. Comicia la stagione con la vittoria a Suzuka, gara in cui la rivalità con Biaggi raggiunge vette impervie. Al solito Vale parte male e nella rimonta dei primi giri esce meglio dalla “triangle Chicane” tentando di passare il romano dall’esterno. In tutta risposta Max allarga il gomito per tenere la posizione “accompagnando” dolcemente Rossi verso l’erba in piena accelerazione ad oltre 200 Km/h: Polvere e terra volano ma il 46 non chiude il gas ed alla fine del giro successivo sorpassa il romano in fondo al rettilineo di partenza chiudendogli la porta in faccia di brutto e alzandogli il dito medio in piena curva con la moto “piegata” con una sola mano! Una tamarrata notevole, ma quel giorno Max si sarebbe meritato un massaggio gengivale col manganello.

Immagine tratta da Insella.it

Valentino si aggiudica una stagione in cui non ce n’è per nessuno mostrando un dominio ed una classe da far impallidire chiunque prima e dopo di lui. Biaggi riesce ad agguantare il secondo posto in classifica generale facendo il possibile con una Yamaha che non è al livello della Honda di Rossi ma che comunque gli permette di mettersi dietro gli altri alfieri Honda in primis Capirossi che completa un fantastico podio tutto italiano nel Mondiale che ad oggi resta ancora unico e forse irripetibile.

(immagine tratta da daidegas,it)

Iniziato nel 1949 finisce a fine 2001 la storia 500 del motomondiale, dopo ben 52 stagioni. Le due tempi correranno ancora a fianco alle quattro tempi nel 2002 per questioni di budget e di tempi necessari ad allestire le moto anche per i team satellite. L’ultima vittoria di quel motore “tremendo” resta quindi quella di sabato 3 novembre 2001 sul circuito di Jacarepagua a Rio con Valentino Rossi in sella ad una NSR, regina incontrastata della sua era, in grado di far vincere il mondiale a sei piloti diversi nell’arco 17 stagioni di corse per un totale di 10 mondiali piloti ed un numero di vittorie di tappa da perderci la testa.

 

Stagione 2002-La seconda volta di Valentino

(Immagine tratta da Wikipedia)

L’anno della rivoluzione 4T. Al bando o quasi i motori vecchia generazione che il mondo aveva dichiarato sporchi ed inquinanti, debuttano le 4 tempi delle maggiori case motociclistiche. A dire il vero il passaggio avvenne in modo completo solo l’anno successivo in quanto di moto buone ce ne eran poche: Honda, Yamaha e Suzuki cominciarono con due moto, Aprilia con una soltanto e Kawasaki in ritardo con il progetto fece soltanto qualche uscita estemporanea . Per non decimare la griglia fu permesso ai team privati di partecipare con le moto 2001, con la speranza di vedere una ipotetica lotta alla pari tra le due formule: niente di più improbabile. Le due tempi reggevano il passo giusto qualche giro salvo venire sverniciate ad ogni rettilineo che si apriva davanti alle ruote delle 4T. Pochi e sporadici episodi furono quelli di lotta, con Loris Cuor Di Leone Capirossi a metterci l’anima ogni tanto ma a resistere nelle zone alte giusto qualche giro.

Ma andiamo per ordine.

Honda: debutta la RC211V con motore 5 cilindri a V, praticamente un’astronave confronto alle moto portate in pista dalla concorrenza. La supremazia HRC è palese sin dal primo giorno in cui la “211” mette le ruote in pista e si capisce che il passo avanti rispetto a tutta la concorrenza è di quasi un lustro: elettronica sofisticata per l’epoca, ciclistica sopraffina, aerodinamica rivoluzionata. Praticamente lo stesso impatto che ebbe Mercedes sull’attuale regolamento della Formula Uno…..

(Immagine di Report motori)

Yamaha prende sottogamba il cambiamento e fornisce al Biaggi e Checa una sorta di ibrido, ovvero il telaio e l’aerodinamica della vecchia 500 con montato dentro un motore della R1 (4 in linea) senza neanche la cilindrata piena e addirittura con i carburatori..impossibile competere.

(immagine di Racing Cafè)

Suzuki tira fuori dalla penna dei suoi tecnici la GSV-R che, a dirla tutta, avrebbe già il format che negli anni futuri sarebbe diventato il più vincente ovvero un 4 cilindri a V. Però i soldi non sono gli stessi presenti a Tokyo e la moto non vincerà nulla sino al 2007 quando un funambolo australiano la riporterà sul gradino più alto grazie all’acqua di Le Mans.

(Immagine tratta da pinterest.com)

Aprilia fa debuttare il progetto più “estroso” (Gigi Dall’Igna), la RS Cube a 3 cilindri con motore progettato insieme alla Cosworth. La moto ha un telaio derivato dalla 250 ed è molto compatta e molto nervosa, nonché difficile da mettere a punto. Con Laconi alla guida non avrà mai un acuto.

(Immagine tratta da Motocorse.com)

La stagione non ha storia, con Rossi mattatore in lungo e largo altro che Marquez scansate proprio. Vale rivince 11 gare su 16 lasciando agli altri solo le briciole, primo tra tutti il suo compagno Ukawa che lo sopravanza una sola volta durante la stagione per una distrazione del marchigiano durante la gara di Welkom in Sud Africa.

La superiorità è disarmante al punto che Rossi si può permettere di sbagliare più della metà delle partenze e rimontare regolarmente vincendo le gare per distacco. Degne di nota le due vittorie di Max Biaggi in sella a quella che è forse stata la peggior Yamaha della storia. Il romano vince sulla “sua” pista a Brno complice anche il ritiro di Rossi, e compie un capolavoro a Sepang mettendosi dietro tutti issandosi sino all’ennesimo secondo posto in classifica mondiale.

(Immagine tratta da Motorsport.com)

Da ricordare anche l’aneddoto del “mundialito” vinto da Alex Barros su Valentino Rossi.

(Immagine tratta da Motgp.com)

Dopo essere riuscita ad allestire altre RCV211V, HRC ne fornì dapprima una a Gresini per Kato (pupillo Honda) e, a partire dal Gp Del Pacifico a Motegi, una seconda al suo miglior cliente (il team Pons) per gli ultimi Gp di stagione. La moto fu assegnata al brasiliano (partente in direzione Yamaha) il quale ci vinse pure la gara regalando al suo team la prima vittoria in classe regina. Nella restante parte del campionato il brasiliano vinse nuovamente il Gp di chiusura e totalizzò più punti di Valentino in quel mundialito. Chiacchere per dare motivo di interesse ad un mondiale vinto praticamente alla prima gara: con in palio il bottino grosso, il buon Alex non solo non avrebbe visto palla ma neanche la rete dove infilarla. Curioso il fatto che la RCV non fu fatta vedere a Capirossi manco con il lanternino: Loris corse spesso e volentieri in condizioni disastrate pur di esserci e l’anno prima fu comunque autore del terzo posto nel mondiale sempre su Honda. La moto fu fatta testare anche ad ex piloti a fine stagione, a piloti delle classi inferiori ed a giornalisti del settore…Insomma si direbbe “cani e porci” ma non Capirex….

 

 

Stagione 2003- La tripletta

La stagione merita qualche riga in più per tutto ciò che accadde.

Biaggi riesce a salire sulla tanto agognata Rcv211V accordandosi con Pons che in “zona Cesarini” racimola uno sponsor importante come la Camel e riesce a trovare il budget per completare la stagione. Sito gli mette accanto Ukawa per accontentare HRC che pretende un giapponese sulla sua moto.

(Immagine tratta da Motogp.com)

Al fianco di Rossi nel team ufficiale Repsol c’è Hayden fresco campione AMA SBK per ovvie ragioni commerciali.

Gresini ha sotto contratto il futuro campione prescelto dai giapponesi Daijiro Kato con la terza RCV straufficiale. Già, perché all’epoca c’erano le ufficialissime, le ufficiali e le moto clienti che non avrebbero ricevuto aggiornamenti importanti rispetto ad inizio stagione. Questo il leit motive dei lamenti dei clienti nel corso dell’anno (Max Biaggi). Gresini ingaggia anche Sete “Hollywood” Gibernau da mettere sulla seconda moto che è diversa da quella di Dajiro.

(Immagine tratta da daidegas.it)

 

Barros emigra in Yamaha al fianco di Checa, ma la novità più importante è il debutto della Ducati con la Desmosedici. Torna nel mondiale un costruttore italiano importante dopo l’ultima presenza della Cagiva guidata da Chili in sella ad una C594 tirata fuori dal museo per l’occasione del Mugello 1995.

(Immagine tratta da Motogp.com)

Ducati entra con un team importante dopo anni di dominio nel mondiale SBK e lo fa con una moto che non può conservare uno dei suoi “marchi di fabbrica” ovvero il motore bicilindrico, ma che comunque resta nella tradizione con l’adozione del telaio a traliccio di tubi e l’utilizzo della distribuzione desmodromica: negli anni il primo diventerà un limite la seconda un plus.

Grande ritorno dopo vent’anni di Kawasaki che schiera la verdissima ZX-RR in pianta stabile: la moto è bella, con un motore 4 cilindri in linea secondo la stessa filosofia scelta da Yamaha. Purtroppo sarà difficile da mettere a punto e non arriveranno risultati entusiasmanti, fors’anche per la scelta dei piloti ricaduta su Garry McCoy ed Andrew Pitt collaudatore a digiuno di esperienze così importanti.

(Immagine tratta da Wikipedia)

Aprilia “rivede” il progetto ambizioso dell’anno prima, passa alle gomme Michelin, chiude il programma SBK e si butta a capofitto nella classe regina portando con se due piloti di primordine del campionato delle derivate della serie, ovvero Colin Edwards e Noriyuki Haga: ecco completata la disfatta del mondiale Superbike.

(Immagine tratta da Formulapassion.it)

Il nuovo regolamento fu uno tsunami per le derivate dalla serie. Oltre alla smobilitazione dei programmi ufficiali Honda ed Aprilia ed il ridimensionamento di quello Ducati si assistette al trasloco in blocco dei piloti più rappresentativi della serie primo tra tutti l’icona dei ducatisti Troy Bayliss che prese il manubrio della seconda Ducati Factory.

Questo lo scenario di riferimento.

Il mondiale comincia malissimo in Giappone a Suzuka. Nel corso del terzo giro Kato perde il controllo della moto in uscita dalla “130R” e si schianta contro un muro prima della “Triangle Chicane”: dopo 14 giorni di anticamera d’ospedale decide che è ora di andarsene e saluta tutti lasciando un vuoto nel cuore degli appassionati delle due ruote.

(Immagine tratta dal Corriere.it)

Daijiro era amato perché simpatico, umile e dannatamente veloce. Honda l’aveva scelto per il suo futuro perché aveva tutte le caratteristiche per realizzare il malcelato sogno di un mondiale completamente giapponese. Le cause dell’incidente? Forse l’acceleratore bloccato, forse un malore…sono quasi sempre le stesse quando l’incidente capita ad uno solo e quasi mai si sa la vera verità….

(Immagine di Motori News24)

 

La gara la vince Rossi (tanto per cambiare) davanti a Biaggi e Capirossi che regala il primo podio alla Ducati nel giorno del debutto.

La seconda gara si corre a Welkom in Sudafrica: Sete Gibernau eredita la moto di Dajiro e vince il Gran Premio alla prima occasione con la moto buona. Dopo il traguardo alza le braccia al cielo in segno di ringraziamento del compagno morto una settimana prima e lo celebra sul podio.

(Immangine tratta da bandierascacchi.com)

Il mondiale è combattuto sino a metà stagione proprio grazie a Gibernau che vince ancora in Francia, Olanda e Germania raggiungendo il punto più alto della sua carriera motociclistica e che  per un paio d’anni lo rese il principale antagonista del re della categoria.

Però, nella seconda metà di stagione Rossi comincia a fare sul serio ed imbrocca un filotto di sei vittorie ed un secondo posto che gli consegnano il terzo mondiale di seguito. A partire da Brno non ce n’è più per nessuno: esattamente dal giorno dopo in cui prese la decisione di preparare le valigie e togliere il disturbo da HRC, . Valentino lascia a Biaggi il solo Gp di Motegi per un errore nelle fasi iniziali che lo costringono ad una rimonta dalla nona posizione senza aver la speranza di raggiungere il romano che vince in solitaria il suo secondo Gp stagionale. Max lo mette insieme quello a Donington vinto a seguito della penalizzazione di Rossi per sorpasso in regime di bandiere gialle.

La RCV211V arriva quasi al cappotto vincendo 15 gare su sedici, eccezion fatta per il Gp di Catalunya vinto da uno splendido Capirossi che regala alla Ducati la prima vittoria alla sesta gara dal debutto. Il rettilineo lunghissimo di Montmelo aveva già rivelato la velocità massima che il desmodromico di Borgo Panigale riusciva a sviluppare durante i test, ed in gara ci fu la conferma complice un paio di errorini del sempre presente VR46.

(Immagine tratta da motorionline.com)

 

Stagione 2004- Il grande cambiamento

A parere di chi scrive il 2004 fu l’anno in cui abbiamo ammirato il miglior Rossi di sempre. Se nelle classi  minori con Aprilia e nella maggiore con Honda aveva avuto sempre la miglior moto del lotto, nel 2004 non è più così…

Rossi lascia la comoda Honda e si tuffa nell’avventura Yamaha. Per farlo si porta dietro tutto il suo entourage tecnico e dal Giappone lo accontentano molto volentieri. La scommessa è grande sia per Valentino che per la casa giapponese e a fine anno la vinceranno.

Dal Giappone mettono mano alla M1 in maniera seria ed importante e Vale ci mette quello che gli viene meglio, ovvero aprire la manetta con la mano destra.

(Immagine tratta da motoblog)

Lo fa divinamente al debutto in Sudafrica dove vince e lo fa anche “alla grandissima”, dando vita ad un epico duello con Max Biaggi in sella a quella Honda: in un sol colpo sconfigge entrambi i rivali alla prima occasione. La gara è qualcosa di fantastico con un susseguirsi di sorpassi e controsorpassi da tenerti incollato al video infischiandone di tutto il resto cronometro compreso: se ci fossero stati solo loro due in pista nessuno si sarebbe accorto di nulla. La stagione si svilupperà sulla falsariga della prima gara con Rossi attento a non perdere nessuna opportunità e ad “addormentare” le gare nelle occasioni in cui sa che potrebbe rischiare di perdere il treno dei primi. Illuminante in merito la strategia adottata nel suo Mugello dove ad ogni sorpasso delle Honda in rettilineo lui replica immediatamente alla prima curva possibile tenendosele dietro. Ed in effetti la Yamaha non ha le potenzialità velocistiche di Honda e Ducati, ma il mondiale torna lo stesso a Tavullia ed alla casa dei tre diapason digiuna dai tempi di Rainey.

Valentino non può più permettersi di vincere 11 gare a stagione, ma se ne fa “bastare” nove per sopravanzare Hollywood Gibernau che regge sino ai fattacci del Qatar per poi essere asfaltato nelle ultime tre gare da un Rossi che lascia agli altri solo le briciole. Il Qatar, ovvero la gara in cui Rossi e Biaggi furono retrocessi al fondo della griglia di partenza in quanto i propri tecnici avevano lavato/gommato la posizione di partenza in maniera non regolamentare. Rossi parte dall’ultima posizione ma si stende nella foga di recuperare. Nel momento stesso che si rimise in piedi decise che non ce ne sarebbe più stato per nessuno e cosi fu.

(Immagine tratta da moto.it)

A fine anno l’impresa migliore di Vale è completata. Quarto Mondiale di fila davanti alle Honda di Gibernau, Biaggi, Barros, Edwards, Tamada. Yamaha vince 9 gare e Honda 7. L’uomo ha superato la macchina.

Max Biaggi, terzo in classifica mondiale, si aggiudica l’ultimo Gp in carriera in Germania tenendosi dietro due Honda Repsol con la sua “Camel Pons”, facendo crescere il rammarico di non essere stato scelto dal team ufficiale che gli aveva preferito Barros durante l’inverno. Dopo oltre vent’anni il team interno riesce a NON vincere neanche una gara lasciando la gloria a Gresini e Pons che lo sopravanzano nella classifica dei team conquistando rispettivamente quattro e tre gare. La vittoria di Valentino su HRC assume i contorni del trionfo.

(Immagine di copertina tratta da alamy.it)

Appuntamento alla prossima settimana con la seconda parte.- Grazie a tutti.