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THE CLINICAL REVIEW – ANALISI FERRARI, MERCEDES E RED BULL 2019

Ciao a tutti gli appassionati di F1 e benvenuti alla prima Review del 2019 sul Blog del Ring!

Tanti articoli, tante discussioni, tanti rumors: come ogni anno già nel periodo delle presentazioni i tifosi sono ansiosi di vedere le vetture ma sono sempre i test a delineare i primi tratti di quel quadro che verrà ultimato a dicembre con l’ultimo GP e, per questo motivo, quest’anno ho preferito analizzare le vetture “solo” dopo averle viste in pista, dato che solitamente i team sono restii a mostrare la vera forma prima di Barcellona, camuffando le vetture per nascondere le soluzioni più interessanti. In questa analisi mi focalizzerò principalmente sui 3 top team, Ferrari, Mercedes e Red Bull.

Red Bull RB15 – Honda: la vettura

La nuova creazione di Adrian Newey per questa stagione si presenta come l’evoluzione della RB14: passo “corto”, alto rake e grandissima compattezza del corpo vettura per ridurre ingombri e migliorare l’efficienza aerodinamica. Potremmo quindi dire che per Red Bull non è stata necessaria nessuna modifica sulla vettura con i nuovi regolamenti: sono riusciti a far lavorare aerodinamicamente la parte posteriore della vettura scegliendo all’anteriore un’ala classica con “upwash” (cioè facendo fluire l’aria al di sopra degli pneumatici), un interessante convogliatore di flusso per il T-tray “a zanna” di ispirazione Mercedes e una sospensione anteriore pushrod con doppi bracci trasversali progettati con cura per assicurare il miglior flusso d’aria laminare possibile tra di essi verso gli ingressi laterali delle pance. Le fiancate, infatti, sono un’evoluzione della vettura dello scorso anno con cono anti intrusione posizionato stile Ferrari SF70H per posizionare in alto i radiatori e ottenere un’importante “rientranza” nella parte bassa fondamentale per generare un effetto di downwash che serve a migliorare le prestazioni del posteriore vettura, abbinato ad un cofano motore che stringe molto verso la zona Coca Cola per “alimentare” il fondo con maggiore aria (che viene tolta alla PU, però…), quest’ultimo progettato con ampie feritoie per gestire i flussi turbolenti sulle ruote posteriori. Grazie a questi accorgimenti Red Bull può permettersi un rake molto simile al 2018 ed è una cosa non da poco considerando il grande vantaggio di carico che può dare l’assetto picchiato rispetto ad uno “convenzionale”, soprattutto per chi sa usarlo.

Red Bull RB15 – Honda: analisi Test

Nelle due sessioni a Barcellona la Red Bull si è mostrata una vettura molto vicina a Ferrari e Mercedes, soprattutto dopo aver portato un’ala posteriore molto più carica di quella precedente, molto stabile nei trasferimento di carico, chiaro segno di un ottimo comportamento delle sospensioni ma abbastanza deficitaria nel passo gara, probabilmente a causa di una non perfetta gestione gomme (evidente anche con meno carico di benzina: RB girava spesso con traiettorie più larghe, simbolo di un sottosterzo dovuto a un non perfetto setup o forse al tentativo di aumentare la velocità di percorrenza). Lato PU, invece, sembra essere stato fatto un interessantissimo (e chiacchieratissimo, più in là nella stagione spiegherò perché) passo avanti da parte di Honda: nonostante qualche problema di affidabilità (che costringerà i nipponici a modificare in qualche zona il layout del propulsore per Melbourne), la potenza almeno in configurazione gara sembra esserci e questo rende parecchio fiducioso Helmut Marko per questa stagione, tanto da considerarsi la seconda forza in pista. Sarà vero? Chissà…

Lewis Hamilton (GBR) Mercedes AMG F1 W10

Mercedes W10 EQPower+ – la vettura

La nuova arma degli anglo-tedeschi si basa su concetti collaudati del 2017/2018 ulteriormente estremizzati e, in alcuni casi, profondamente rivisti. Si è partiti, infatti, con la necessità di non allungare ulteriormente il passo a causa dei serbatoi carburante più capienti e di sfruttare al massimo i 3725 mm di interasse per avere un miglior comportamento in curva; a ciò si aggiunge anche la necessità di migliorare il comportamento sugli pneumatici (ricordiamo la grande discussione sui mozzi “forati” per dissipare il calore in eccesso) e anche quella di modificare i flussi sul corpo vettura a causa del nuovo regolamento: il risultato è una vettura che, soprattutto nella configurazione “base” ha dato non pochi grattacapi agli ingegneri, in gran parte dovuti ad un minor carico aero rispetto alle attese e ad un sistema sospensivo troppo complicato da settare e troppo “delicato”, che ha ristretto la finestra di funzionamento dei nuovi pneumatici Pirelli 2019 (in pieno stile “Allison” verrebbe da dire). Questi problemi sono stati in gran parte compensati con il maxi pacchetto portato nella seconda settimana di Test che ha dimostrato innanzitutto come Mercedes fosse a conoscenza da tempo dei deficit della vettura “base” ma che sperava anche di essere abbastanza competitiva anche in quelle condizioni di maggiore efficienza aero per avere minori consumi e maggiore velocità sul dritto. Così non è stato e il pacchetto “evo” è diventato ben presto un pacchetto “riparatore”: sono stati energizzati i flussi in ogni area della vettura, dal muso, ai bargeboards e al fondo, per incrementare il carico. Intervenire sulla vettura così tanto ha permesso a Mercedes di riprendersi una posizione da contendente seria (grazie anche alla maggior conoscenza del potenziale a disposizione), però, potrebbe (in teoria) non essere il massimo in ottica sviluppo nel corso della stagione. Vedremo.

Mercedes W10 EQPower+ – Test

Nei test a Barcellona la W10 è partita davvero male per essere la vettura del team campione del mondo. Mostrava grosso graining alle temperature più fredde e grandi problemi di bilanciamento a serbatoi più scarichi, con sottosterzo a centro curva e sovrasterzo in uscita. In questo scenario “apocalittico” molte testate giornalistiche (spinte dalle parole dei membri del team) ci hanno sguazzato prevedendo un mondiale già perso. Come ho spesso ribadito sui miei canali social, però, era abbastanza chiaro fosse una situazione momentanea, dovuta sì a problemi progettuali, ma in gran parte migliorabili con lo studio della monoposto. Così è stato: la vettura è migliorata costantemente durante i test ed è da considerarsi più vicina di quanto sembri (circa 2-3 decimi in tutte le condizioni di carico carburante), persi maggiormente nelle curve veloci che in quelle lente. La situazione, quindi, è tutto sommato positiva (soprattutto alle temperature “giuste”) e lo sarebbe di più se Mercedes potesse sfruttare i CV in più della nuova PU 2019 (modificata nei materiali e nel disegno della camera di combustione), cosa che non ha potuto fare nei test (e chissà anche nei primi GP) poiché, provando una mappatura più spinta, c’è stata una pericolosa rottura fronte pressione olio. Senza dimenticarci del talento del suo pilota di punta, ovviamente.

Ferrari SF90 – la vettura

La nuova arma della Scuderia di Maranello è un’evoluzione profondainvisibile della SF71H sotto tutti punti di vista ma specialmente nella meccanica e nella ripartizione dei pesi. Si è discusso molto riguardo alla particolare concezione dell’ala anteriore che continua a sfruttare l’outwash anche senza i flap verticali (rimossi con il nuovo regolamento): per me è una discussione trascurabile, poiché il teorico vantaggio di questo tipo di soluzione (minore drag) nei confronti di una stile Mercedes e Red Bull sarebbe evidente solo a parità di potenziale delle vetture e quindi non è l’ala il motivo della competitività della Rossa. La nuova vettura ha mantenuto la stessa filosofia del 2018, cioè passo “lungo” (leggermente aumentato di qualche millimetro) e rake “medio” per sfruttare i vantaggi di alto carico e elevata efficienza di entrambe le soluzioni ed è importante sottolineare come la vettura sia stata testata in galleria per tantissimo tempo senza ali, per ottenere una grandissima efficienza (i nuovi regolamenti hanno aumentato il drag a causa delle dimensioni delle ali), sovrapponibile a quella che ha contraddistinto la monoposto 2018 e ottenuta grazie al grandissimo lavoro di packaging della PU, con spostamento dei radiatori in basso per migliorare il baricentro e liberare tanto spazio nell’airscope e cofano motore, in modo da usarli come se fossero una grande “pinna” che aumenta l’efficienza dell’ala posteriore; allo sfruttamento delle sospensioni come se fossero elementi aerodinamici, sia all’anteriore che al posteriore. Come ho anticipato prima, però, gran parte del lavoro è sulla meccanica: questa SF90 si presenta con una nuova sospensione posteriore idraulica (testata negli ultimi GP sulla SF71H) e un nuovo posizionamento dei braccetti del terzo elemento all’anteriore (con relativo mozzo ruota completamente ridisegnato) modificando il centro di non rollio per avere una macchina con miglior inserimento, miglior gestione gomma e soprattutto, combinandolo ad una taratura delle molle più morbida, consente di giocare con le altezze del rake sia in accelerazione che in frenata (accoppiato ad un potenziamento dell’impianto frenante), sfruttando al meglio anche il “suspension jacking”, cioè l’innalzamento o l’abbassamento della massa sospesa, per risolvere alcuni problemi di rigidezza sulla SF71H che provocavano perdita di grip (strisciamenti trasversali degli pneumatici e consumo eccessivo del battistrada), difficoltà in inserimento e difficoltà nel dare gas in uscita. Per riassumere: sotto il vestito, tutto.

Ferrari SF90 – Test

La vettura del Cavallino esce vincente da queste due settimane di test sia in configurazione “gara” che in configurazione “qualifica” mostrandosi non solo la più veloce, ma in particolar modo la più “facile” da guidare, segno che l’obiettivo di “semplificare” per sfruttare a pieno il reale potenziale del progetto SF71H (che l’anno scorso ha dato tante notti insonni ai meccanici e ingegneri) è stato centrato. La vettura già dal primo giorno non ha mostrato sbavature tanto da permettere ad un estasiato Sebastian Vettel anche qualche elogio “poco scaramantico”. La vettura è anche migliorata nel corso delle giornate tramite modifiche di setup poiché la strada verso la comprensione delle nuove Pirelli 2019 (nuova mescola, nuova struttura e nuovo spessore battistrada) è lunga ma sembra essere un po’ meno ripida per Ferrari rispetto ad altri team rivali diretti. Non è stato, però, tutto rose e fiori: l’incidente di Seb dovuto alla rottura del mozzo di cui sopra e non del cerchione (credere che un cerchio in lega di magnesio ricavato dal pieno possa “esplodere” per un detrito vagante è alquanto improbabile, ma verosimile guardando le immagini dell’incidente), associato a qualche problemino di troppo (rispettivamente radiatore ERS, guarnizione scarico e problema al cablaggio) sulla PU Evo testata nella seconda settimana di test, ha fatto “tuonare” Binotto non poco, pur consapevole dei problemi di tempistica ristretta di produzione di questi pezzi (quindi risolvibili per Melbourne). Power Unit Evo, più compatta, che nasce anche dall’esigenza di recuperare qualche cv (circa una decina in configurazione massima rispetto a Mercedes) tramite un’innovativa benzina portata da Shell, persino “caratteristica” nel suo odore.

Un’occhio a Melbourne…:

La pista è praticamente l’opposto di Barcellona: asfalto scivoloso, cittadina, curve poco veloci e poca usura delle gomme. In teoria potrebbe agevolare la Rossa, ma questo mondiale 2019 si prospetta più combattuto e sorprendente che mai. Riuscirà la Mercedes a imporsi nelle curve lente o Red Bull a sorprenderci con Honda?

Chris Ammirabile

 

 

L’ANGOLO DEL FROLDI: ASPETTANDO MELBOURNE

A che punto è la notte? Questa frase interrogativa mi è assai cara, come sa chi mi legge.

E’ un mio intercalare per dire: a che punto siamo? Ce la facciamo a vincere questo benedetto/maledetto Mondiale?

Intanto qualche mia riflessione dopo i test di Barcellona.

Mentre ero lì, al Montmelò, e stavo aspettando di andare via dal circuito con cari amici, ho assistito allo “smontaggio” del Paddock. Ammetto che lo spettacolo, razionale e certosino mi ha, in qualche modo, affascinato. E non avevo mai riflettuto abbastanza su questo particolare.

Avete presente i “Transformers”, il noto cartone animato e la successiva serie cinematografica con sequel infiniti?

Ecco, finiti i test (o un Gran Premio) le parti del paddock si animano e si trasformano in enormi Tir, pronti anch’essi, con l’iniziale lentezza di un pachiderma, a ricompattarsi per riprendere la loro forma originaria.

Anche questo, se ci pensate è l’ingegno umano. Creare spazi dove non ce ne sono.

In Formula 1 i vari tir sono delle vere e proprie opere di ingegneria mobile.

Roba da sfidare la fisica. Dentro devono avere cucine, brandine, bar, sale per conferenze, uffici, officine etc etc.

Cosa possiamo dire di questi test finali?

La Ferrari (dicono) è la più veloce. Ma la Mercedes è più o meno al suo livello, forse leggermente in ritardo e, per quel che si è potuto vedere è certamente la più affidabile.

Tocco ferro, faccio il noto gesto apotropaico e ricordo a me stesso che tutti i Mondiali di Formula uno, ma soprattutto questi Mondiali, quelli del regolamento dei 4 ubriachi al bar, non si vincono senza affidabilità. Affidabilità.

Certo, è più facile dalla prestazione ottenere l’affidabilità che viceversa, ma non mi stupirebbe se qualche team avesse messo in cantiere di usare una o più PU rispetto alle tre, mettendo in conto ovviamente le draconiane sanzioni di questa balorda epoca in cui non solo i piloti non si possono allenare, ma pagano anche per la rottura di un cambio o di una PU.

Le parole di Hamilton nella conferenza stampa conclusiva dove, senza mezzi termini, affermava che la Ferrari è davanti di mezzo secondo? A mio parere Lewis gigionegggiava abbastanza.

D’altronde la scuola è quella di Toto-Troll, maestro supremo delle perculate iper-galattiche.

Tenere un profilo basso è sempre una nota vincente (vero Ferrari?) e soprattutto se vinci hai creato il clima per poter dire che hai prevalso contro grandi avversari. Nobilita la tua vittoria, la fa vedere molto più sudata, come se fare una monoposto nettamente superiore alla concorrenza non fosse un valore e un merito.

Il fatto è che, dopo i primi tempi abbiamo, capito il giochino di Toto (straordinario manager) e la cosa risulta abbastanza stucchevole.

Tornando alla Ferrari, resta da vedere il bicchiere mezzo pieno: monoposto che si porta facilmente al limite, con rapidi inserimenti in curva. Sembra sui binari.

Alla Red Bull, alla fine, di chilometri ne hanno fatto davvero pochi, vuoi per affidabilità, vuoi per Gasly.

Grande tristezza per due nobili decadute, Williams e Mc-Laren, soprattutto per la prima.  Anche se i tempi promettenti della seconda non devono illudere più di tanto.

E’ proverbiale l’efficienza del telaio RB. Il motore è ancora un’incognita anche se i nipponici paiono aver fatto un deciso passo in avanti.

E ora? L’Australia.

Con tanti interrogativi, come sempre dopo i test.

Ma le sensazioni “in rosso” non sono poi così male.

 

Mariano Froldi

Test F1 Barcellona, Giorno 2

Benvenuti all’analisi di questa seconda giornata di Test al Montmelò. L’attività in pista di oggi ricalca grosso modo quella di ieri, tranne per un importante particolare, il meteo, che ha provocato leggeri problemi ai team, soprattutto nella prima mattinata con le temperature più fredde (sia ambientali che dell’asfalto) per quanto riguarda la finestra di utilizzo degli pneumatici. Infatti è comparso il graining, fenomeno di degrado della superficie del battistrada dovuto alle temperature troppo basse (frequente all’anteriore, specialmente lato sinistro, a Barcellona), rientrato successivamente con il ristabilirsi delle temperature (seppur rimaste di qualche grado inferiore a ieri).

Cominciamo, in attesa del debutto della Williams atteso domani pomeriggio, nella nostra consueta “classifica dal basso” dei team più proficui in pista con la Haas- Ferrari, la quale, nonostante si sia mostrata anche oggi molto solida in quanto a prestazione pura (testimoniato dal terzo tempo assoluto a circa 1 secondo dalla Rossa di Leclerc a parità di mescola), si ritrova in questa zona della classifica a causa di un problema “irrisolvibile” al sedile del danese che ha permesso il debutto anticipato di Pietro Fittipaldi (che continuerà domattina). Solo 72 giri per gli italo-americani, ma sono contenti riguardo all’handling della vettura.

Lance Stroll (CDN) Racing Point F1 Team RP19.
19.02.2019.

Giornata positiva e programma svolto per Lance Stroll al debutto con la RP19. Solo 79 giri ma comunque il triplo di quelli svolti da Perez ieri nello “shakedown ufficiale” della Racing Point. L’ex Williams si è detto soddisfatto ed emozionato, ma ha ammesso di non conoscere ancora a fondo i metodi di lavoro del nuovo team e di non avere un buon feeling con le nuove regole aerodinamiche, da mettere alla prova probabilmente soltanto nei weekend di gara.

Pierre Gasly  driving the (10) Aston Martin Red Bull Racing RB15  (Photo by Dan Istitene/Getty Images)

Solo 92 giri per Pierre Gasly e la sua Red Bull RB15. Dopo una mattinata proficua, basata su short runs per ottenere la maggior quantità di dati possibili sulle gomme e sul comportamento della vettura, è stato autore di un incidente che ha messo fine alla sua giornata, dovuto ad una improvvisa perdita del posteriore della vettura. Tanto lavoro quindi per il team in serata per preparare la giornata di domani.

Antonio Giovinazzi (ITA) Alfa Romeo Racing C38.
19.02.2019.

Quinta posizione assoluta e più di 100 giri per Antonio Giovinazzi e la sua Alfa Romeo C38, al debutto “ufficiale” in questa stagione. Tante prove sulla vettura, anche “studiando” il lavoro di Kimi di ieri, che hanno risposto come si aspettavano i tecnici, quindi atmosfera positiva nel team con licenza svizzera. Giornata impegnativa anche dal punto di vista fisico per il pilota italiano che ha ammesso di aver dovuto “rispolverare un po’ se stesso come pilota” e di fare molto allenamento in vista della vero e proprio debutto a Melbourne.

Alexander Albon (THA) Scuderia Toro Rosso STR14.
19.02.2019.

Tanto lavoro per i rookie di questa stagione, Lando Norris (McLaren) e Alexander Albon (Toro Rosso): ben 104 e 132 giri rispettivamente e tanti dati portati a casa. McLaren, oltre ad aver testato la nuova MCL34 in vari runs con diverse specifiche di gomme per aumentare la comprensione di un pacchetto davvero diverso dal precedente, ha provato anche dei giri di qualifica a serbatoi scarichi, che hanno permesso al pilota britannico di raggiungere addirittura la seconda posizione assoluta odierna. Tanto impegno anche per il pilota anglo-thailandese: nonostante sia stato autore di un testacoda nel suo primo giro con la vettura “spaventato” dalle forze G, ha continuato il lavoro cominciato ieri da Kvyat sulla gestione della PU e di raccolta dati aerodinamici.

Daniel Ricciardo (AUS) Renault Sport F1 Team RS19.
19.02.2019.

Giornata complicata per Daniel Ricciardo e la RS19. Il pilota australiano ha potuto completare appena 28 giri nella sua sessione mattutina a causa di una spettacolare e pericolosa rottura del suo DRS in pieno rettilineo. Il pilota di Perth però si dice fiducioso sul setup e sul comportamento della vettura, anche perché il resto del lavoro è stato compiuto da Hulkenberg, tra cui vari long runs in ben 95 giri nel solo pomeriggio.

Valtteri Bottas (FIN) Mercedes AMG F1 W10.
18.02.2019.

Ultimo argomento di questa analisi sono i due Top Team, Mercedes e Ferrari. Gli anglo-tedeschi si sono concentrati in numerosi long run con mescole C2 (medium) e C3 (soft), test aerodinamici e prove di gestione PU. Nessun problema di affidabilità ma tanto studio sul bilanciamento della vettura apparso già da ieri non perfetto, ma in via di miglioramento, almeno secondo quanto riportato da Bottas, al lavoro nel pomeriggio. Solo nelle fasi finali il pilota finlandese ha provato un giro “veloce” con le gomme C3, che lo ha portato in sesta posizione assoluta, ancora lontano dalla vetta.

Lewis Hamilton (GBR) Mercedes AMG F1 W10.
19.02.2019.

Leclerc, al debutto con Ferrari, invece si impone nella classifica assoluta, sia per numero di giri assoluti che per tempo sul giro: 1.18.247 con gomma Soft, ad un decimo dal tempo fatto dal suo compagno ieri. In mattinata Ferrari è partita molto cauta per far prendere feeling al pilota monegasco con la SF90, per poi fargli seguire lo stesso programma svolto in mattinata da Vettel: tempi molto simili, venuti in modo facile appena la vettura è scesa in pista. A confermare questo comportamento, già visto ieri, è lo stesso Leclerc: “mi sono sentito subito a mio agio e mi sono divertito molto. Abbiamo raccolto tantissimi dati e abbiamo portato a termine il nostro programma”.

Si è parlato molto di “nascondino” da parte di Mercedes mentre Ferrari , invece, avrebbe “scoperto le carte”: assolutamente falso. Entrambi i team sono ben lontani dall’aver espresso il loro vero potenziale, anche perché impegnati (e lo saranno per tutta la prima settimana di test) in prove fondamentali di comparazione con la galleria del vento e con i dati delle simulazioni. E poi, per nascondersi, basta alzare il piede sul rettilineo come fatto dai due piloti della Rossa…no?

Charles Leclerc (MON) Ferrari SF90.
19.02.2019.

Chris Ammirabile

LETTERA A BABBO NATALE

Caro Babbo Natale, ti scrivo questa letterina sperando che almeno qualcuno di questi desideri
possa avverarsi…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Vorrei che tu chiedessi alla Befana di portare un pò di carbone a Toto Wolff; sia chiaro, carbone rigorosamente tedesco. Vedi…il nostro ha la straordinaria abitudine di essere un vincente (prima a dir la verità piagnucolava ogni giorno che se continuavano a perdere si sarebbero ritirati…); ma accade che il suo prenderci in giro (e lo fa divinamente sia chiaro) diventi alla fine un pò noioso, una volta scoperto che se dice una cosa, è vera quella contraria…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Poi, mi piacerebbe che qualcuno spiegasse a Luigino che no, a Natale non è nato lui, e che per quanto sia uno straordinario pilota, non fa ancora i miracoli. Per questo vorrei che trovasse sotto l’albero una settantina di chilogrammi di modestia.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Vorrei regalare a Valterino una nuova divisa da maggiordomo. Quella che ha è ormai consunta, è stata usata tanto e proficuamente, ed il nostro pinguino finnico ha bisogno di una nuova tuta, splendida splendente.

Vorrei che tu regalassi una dose extra di salute per il grande Niki Lauda. E ovviamente vorrei che assistesse alla vittoria della Ferrari in entrambi i mondiali.

Vorrei che Pirelli, sotto l’albero di Natale (fatto rigorosamente in Turchia e di plastica riciclabile) trovasse la formula perfetta per fare finalmente gomme degne di tale nome. Insomma, che diventassero semplicemente quegli affari tondi e neri dalle cui bizze non dipende tutta una gara. Una variabile indipendente e non una variabile determinante. Come era negli anni in cui, da ragazzino, seguivo le gare di Formula Uno. Tu pensa..c’era gente che vinceva le gare anche con le gomme spiattellate.

Vorrei regalare a Luca Cordero di Montezemolo una macchina della verità con annesso pentotal. Mi piacerebbe sottoporlo ad una seduta per chiedergli come mai, negli anni novanta, fece prima la voce grossa per un sacrosanto campionato alternativo alla Formula Uno, e sembrava fare su serio… salvo poi rimangiarsi tutto. Ma non solo, vorrei chiedergli come mai alla fine del suo regno a Maranello si lamentò della mancanza dei test in pista, dell’abuso dei simulatori e di altre follie ancora oggi presenti, quando fu lui stesso, con il silenzio-assenso, ad avallare quelle robe e pure un regolamento che il compianto Marchionne avrebbe giustamente e splendidamente definito come “scritto da 4 ubriachi al bar”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Mi piacerebbe che tutto il Team di Maranello trovasse sotto l’albero di Natale un grande contenitore di serenità e umiltà. Servono entrambe per vincere.

Vorrei che Seb, vero ferrarista, ricevesse sotto l’albero un pacchetto di un’ottima tisana rilassante, e una copia del libro “L’arte della guerra” di Sun Tzu, affinché capisca quanto è importante comprendere i punti deboli dell’avversario e volgerli a proprio vantaggio.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Vorrei che qualcuno regalasse ad Arrivabene un lunghissimo viaggio in giro per il Mondo, pieno di agi e confort, ma lontano dagli week end di Formula Uno…

Vorrei che gli agli attuali capi della Ferrari (Elkann e Camilleri) ricevessero in dono un pò dello “spirito” di Marchionne nel gestire e tenere unita una squadra come la Ferrari. Servirebbe. Eccome.

Vorrei che a Mattia Binotto fosse consegnata sotto l’albero una dose extra di pazienza. Serve, eccome, la sua competenza e le sue capacità organizzative. Disuniti si perde.

Vorrei che una cassa di buon senso arrivasse ai piani alti della FIA. Regolamenti assurdi, commissari impreparati, interpretazioni tecnico-regolamentari alquanto discutibili, iper-tutela di AMG e Hamilton (che non ne hanno bisogno visto che vincono meritatamente). A Place de la Concorde a quanto pare il buon senso è merce rarissima, se non quasi introvabile. Ma non demordiamo…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Vorrei regalare un bonus extra di maturità per Max. Non che non abbia già mostrati notevoli segni di maturità ma ecco, vorrei che il processo di crescita professionale fosse un pochino… accelerato.

E’ evidente, caro Babbo Natale, quale sia il mio desiderio, un desiderio immagino condiviso da milioni di persone in tutto il globo terracqueo. Che la Ferrari torni a vincere il Mondiale. Vedi, checché se ne dica, tu esisti, ed inoltre hai la tuta rossa! Quindi sei automaticamente dalla parte dei ferraristi.
Una vittoria iridata sarebbe davvero una bella ventata di ossigeno. Però, è anche vero che nella vita reale (e nello sport) non ti arriva nulla da nulla. A meno che, sia chiaro, non ci sia una mammina generosa che prepari regolamenti tagliati su misura per te.
Ma a chi piacerebbe vincere a mani basse uno o due mondiali senza concorrenza? A me certamente no, e credo neanche a tutti coloro che si proclamano sinceri sportivi. Detto questo, ecco mi piacerebbe se, sotto l’albero di Natale tu portassi, almeno, qualche botta di culo a Maranello. Per quando potrebbe servire. E certamente non guasterebbe. Perché al netto degli errori e dei limiti degli uomini in rosso, siamo storicamente in credito con la dea bendata.

E in conclusione, mi piacerebbe, ed ora torno dannatamente serio, rivedere Michael. Il cristianesimo è intriso del senso del miracolo. Anche se razionalmente non ci crediamo (ed è giusto così) talvolta le cose inspiegabili accadono…e non aggiungo altro…io comunque prego sempre per lui.

Mariano Froldi, Direttore Resposabile di FunoAT

I NUMERI DEL DOMINIO

Motorsport is dangerous.

E’ un fatto inoppugnabile, persino banale ma può esserlo non nel modo più ovvio che ci viene in mente. La passione per i motori può portare allo scontro se subentra la variabile “tifo”, con la conseguenza di arrivare a vedere le cose in maniera distorta, vedere solo quello che si vuole vedere e considerare solo quello che fa più comodo ad assecondare le proprie convinzioni. Arrivando a confondere un asino con un cavallo.

Per diramare la questione di solito ci si affida ai numeri e alle statistiche. Chi ha vinto di più, chi è stato mediamente più veloce, chi meno bravo, chi più efficace. Una bella tabellina, chi ha sommato più punti è il migliore e buonanotte al secchio.

Giusto? Non proprio, perché anche i numeri, nella loro “neutralità” possono non dire tutta la verità, ma indicare tendenze e offrire spiegazioni che possono essere facilmente manipolate ad uso e consumo dell’una o dell’altra corrente di pensiero in gioco. Però una buona mano la danno e soprattutto offrono a chi li maneggia senza preconcetti o pregiudizi la possibilità di ottenere un quadro della situazione, se non vero, quanto meno intellettualmente onesto. Ed è quello che proveremo a fare analizzando i numeri delle tre serie vincenti che hanno caratterizzato gli ultimi 20 anni: Ferrari 2000-2004, quello Red Bull 2010-2013 e quello Mercedes 2014-2018 (per il momento…). E proveremo a rispondere alla domanda principale: qual è stato il binomio pilota/monoposto migliore?

Ferrari 2000 – 2004

Viene spesso definito come il periodo più “tirannico” di sempre, sicuramente enfatizzato dalla fame agonistica di Schumacher e dalla scarsa simpatia che ispiravano Todt e i suoi metodi, su tutti il team radio di Zeltweg 2002. Di sicuro ha regalato alla F1 due delle monoposto più dominanti di sempre, la F2002 e la F2004. La percentuale di vittorie nel quinquennio è stata del 67%, 57 vittorie su 85 Gp disputati (MSC 48,BAR 9) e con entrambi i piloti al vertice della classifica nel 2002 e 2004, una media di 10,2 pole all’anno su 17 gare, con tre prime file occupate in media ogni anno. La media di podi è di 23,4, il 68,8% di quelli possibili.

La lotta per il mondiale fu particolarmente serrata solo nel 2001 e 2003 con tre vetture capaci di vincere e con prestazioni equiparabili. Il 2003 è stato l’unico caso tra quelli che osserveremo in cui i piloti e la scuderia vincente non hanno mai ottenuto una doppietta, anno in cui sono stati introdotti parco chiuso, unico giro lanciato in qualifica ed eliminazione del warm-up della domenica mattina.

Red Bull 2010 – 2014

Il filotto di 4 mondiali consecutivi ha fatto epoca, facendo accostare il nome di Vettel al gotha dei piloti più forti di sempre, probabilmente anche grazie alle performance offerte nel soffertissimo mondiale 2012. Annata in cui c’è stata la più bassa percentuale di vittorie tra quelli esaminati, appena il 35%. La percentuale di vittorie nel quadriennio è stata del 53% (34 VET, 7 WEB), la più bassa tra le tre oggetto di attenzione. Solo questo dato probabilmente può far affermare che è stato il binomio piloti/monoposto meno dominante tra i tre considerati. La media di pole è stata di 13 a stagione su 19.25 gare, indice di una monoposto mediamente molto veloce sul giro secco, data la media di 5,5 prime file occupate in media ogni anno, ma molto meno affidabile in gara, dato il relativo basso numero di vittorie realizzato, con 21,5 podi all’anno, il 55,8% del totale.

A discapito delle Red Bull, negli anni 2010 e 2012 ci furono anche Ferrari e McLaren come validissime opponenti, esaltate dal talento dei loro piloti di punta Alonso e Hamilton. Queste particolari condizioni di equilibrio oggi fanno sorridere, ripensando anche al fatto che gli anni dei 4 mondiali di Vettel vengono spesso ricordati come anni in cui il dominio Red Bull era totale.

Mercedes 2014 – 2018

E’ la serie che punta a superare quella della Ferrari del 2000-2004 e ha tutte le carte in regola per farlo. L’introduzione delle PU ibride ha modificato i rapporti di forza visti fino al 2013 e ha consegnato alla Mercedes un dominio praticamente incontrastato per 5 anni, conditi da altrettanti mondiali e con due piloti che ne hanno vinto almeno uno, cosa mai successa nei casi già visti in precedenza. La percentuale di vittorie è del 74% (51 HAM, 20 ROS, 3 BOT) con una media di pole a stagione di 16,8 su 20 gare che ne fanno la monoposto più veloce e vincente degli ultimi 20 anni. Anche il numero di prime file occupate è ben superiore agli anni di dominio Ferrari-Red Bull, con 10,2 di media all’anno.

Lewis Hamilton (GBR) Mercedes AMG F1 W07 Hybrid.
25.02.2016.

In realtà gli ultimi due anni, come ben sappiamo, sono stati molto più combattuti e solo una maggiore forza di squadra nel 2017 e un pilota superiore agli altri nel 2018, hanno permesso alla Mercedes di rimanere sul trono del vincitore.

Questi i “freddi” numeri che ci portano a fare una serie di considerazioni:

    • La squadra più dominante degli ultimi 20 anni è la Mercedes
    • Il quadriennio Red Bull è stato il meno dominante dei tre considerati
    • Hamilton è il pilota che ha vinto di più (51), con Schumacher a 48 ma con 15 GP in meno disputati nell’arco degli anni di dominio.
    • Hamilton ha avuto anche il compagno più ostico di tutti, Nico Rosberg, che gli ha “soffiato” 20 vittorie. In questo caso è da considerare la quasi totale mancanza di competitor negli anni 2014, 2015 e 2016, fattore che ha agevolato molto i piloti Mercedes.
    • La Mercedes è stata la monoposto più competitiva di tutte in prova, con tutta la prima fila occupata in media su una gara su due.
    • Mercedes e Red Bull hanno vinto il mondiale costruttori sempre prima dell’ultima gara. La Ferrari ha dovuto attendere la gara finale nel 2000 e nel 2003
    • Hamilton è il pilota con più pole, 52 (10,4 all’anno in Mercedes) seguito da Schumacher e Vettel a quota 40 (rispettivamente 8 in Ferrari e 10 in Red Bull, all’anno). Considerando anche le pole ottenute negli anni in cui non ha vinto il mondiale Vettel è a quota 50, mentre Hamilton è a 66. Rosberg è a quota 26 pole nel periodo 2014-2016 (8,6 all’anno)

Tutti e tre i periodi considerati sono stati interessati da rilevanti modifiche del regolamento tecnico che ne hanno sicuramente condizionato i risultati. In particolare l’anno 2003 vide corpose modifiche con il malcelato fine di interrompere il predominio Ferrari, cosa poi avvenuta nel 2005 e 2006, causa una monoposto non all’altezza e una meno efficace interpretazione del mass damper Ferrari rispetto a quello Renault. Successivamente ci sarà l’abolizione dei test privati che pesarono fortemente sulla competitività della Ferrari. Gli anni Red Bull ricordano la polemica sugli scarichi soffianti, aboliti una tantum nel 2011 e poi definitivamente nel 2012, cosa che però non ha scalfito il dominio della casa austriaca. Dominio che fu spezzato brutalmente dall’introduzione delle PU nel 2014, con la Mercedes unica in possesso di una valida e competitiva power unit.

In conclusione, ripensare agli anni in cui la F1 è stata cannibalizzata da un solo team rimette in discussione tutta una serie di assunti che, “a caldo”, si rivelano fallaci. In primis che tutti gli anni in cui si è fatto “filotto” siano stati ugualmente semplici, oppure frutto del talento di un singolo pilota o degli ingegneri a disposizione. In realtà le cose sono più complesse rispetto al generale assunto che una volta iniziato un ciclo vincente, le vittorie in divenire siano solo una conseguenza. In realtà la lotta per il mantenimento dello status quo è feroce e spesso si svolge più fuori dalla pista che dentro, complici gli ingigantiti interessi economici e mediatici che il circus ha saputo attarre. In quest’ultimo campo le cronache sono piuttosto eloquenti, con Ferrari che tra il 1999 e il 2005 ha saputo sfruttare molto bene il suo peso politico, ricordando le querelle su terzo pedale e differenziale McLaren, berillio dei motori Mercedes, diffusore williams nel 2001, gomme michelin e mass damper Renault. Poi è venuto il turno di Red Bull con gli scarichi soffianti e le deroghe alle mappature del motore Renault per esigenze di affidabilità, oltre al caso Pirelli del 2013. E infine Mercedes con i famigerati 1000 km di test in deroga, il regolamento sulle nuove PU che sembrò cucito su misura per venire incontro alla power unit Mercedes e le deroghe all’utilizzo di olio e additivi in camera di combustione.

Vince chi è più bravo in pista, ai box e chi ha più influenza politica per dirottare le decisioni dei commissari tecnici a proprio favore. I tre punti chiave sono:

  • un grande pilota: Schumacher, Hamilton e Vettel. Piloti capaci di unire il talento in pista a quello di catalizzatori delle dinamiche positive nel team. Il tutto condito da una fame di vittorie che non ammette condivisione con il compagno di team se non occasionalmente.
  • un team efficiente, capace e reattivo. Lo è stato il dream team Ferrari con Todt-Brawn-Byrne, quello Red Bull Horner- Newey anche se aveva e ha ancora la pecca di partire in ritardo prestazionale rispetto ad altri team per poi recuperare più di tutti nel corso della stagione e non ultima la Mercedes con Wolff che per metodi e carisma può essere definito un Todt 2.0, accoppiato a Costa, Cowell e Allison (due ex Ferrari con dente piuttosto avvelenato)
  • una grande influenza politica. Tutti e tre i team hanno saputo sfruttare le contingenze del momento per far valere più di altri le proprie ragioni nell’assicurarsi le migliori condizioni ambientali e far chiudere un occhio sui “buchi” del regolamento che potevano essere oggetto dell’attenzione dei commissari FIA. Senza guardare in faccia a nessuno.

Rocco Alessandro