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Motogp 2020- Gran Premio del Qatar

Anni fa era meno sorprendente vedere bagagli scaricati dalle stive un attimo prima della chiusura delle stesse: non è la prima volta che salta un Gran Premio all’ultimo momento. Sono piuttosto le motivazioni quelle che lasciano perplessi, ma non è questa la sede per affrontare discorsi politici, sociali ed economici. Qui si parla di corse, quelle che vorremmo vedere correre senza troppi fattori esterni ad ostacolarne lo svolgimento.

Tutto rimandato ad Austin ad inizio Aprile, ma la situazione è in continuo divenire per cui ci toccherà attendere gli eventi che rivoluzioneranno comunque il calendario visto che anche Buriram è stato rimandato ad ottobre sua data abituale fino all’anno scorso: quando si dice il destino!!

Vedremo due terzi di Gran Premio, seppur il terzo mancante vale i tre quarti dell’appuntamento. Sarebbe stato interessante verificare i valori in campo dopo i tests invernali in cui la nuova Honda pare sia diventata praticamente un cancello perché non si adatta alle nuove Michelin. Dobbiamo rimandare  ma ce ne faremo una ragione. In realtà i valori non dovrebbero essere cambiati di molto in quanto anche le line up sono rimaste praticamente le stesse ad eccezione della famiglia Marquez al completo in HRC (papà Marquez sostituirà Alberto Puig dopo le prime gare nel caso ancora non ne foste a conoscenza!).

Immagine tratta da Motorbox.com

Correranno i cadetti che si trovavano già in Qatar per i test della settimana scorsa che non necessitano di visti sanitari e/o di quarantene. La Moto2 diventerà quindi l’evento clou del weekend. Dopo l’anno di rodaggio con il motore Triumph e l’introduzione del gommone nel corso del 2019 non ci saranno rivoluzioni tecniche di rilievo. Al contrario della classe maggiore tra i cadetti troviamo cambi di line up ed il debutto di pezzi da novanta sbarcati dalla Moto3. Il campione del mondo 2019 Moto3 Lorenzo dalla Porta andrà a far compagnia ad Enea Bastianini nel team Italtrans mentre Aron Canet affiancherà Syahrin sceso nella categoria inferiore per far coppia con lui nell’Angel Nieto team che schiererà due Speed Up portando così a quattro in totale le moto di Luca Boscoscuro oltre a quelle del suo stesso team affidate sempre a Navarro e al nostro Diggia.

Bulega esce dal team Sky per andare sotto l’ala di Fausto Gresini ed al suo posto sale sulla Kalex nerazzurra Marco Bezzecchi. Formazione tutta italiana per il team MV con nonno Corsi e Manzi.

Il risultato dei tests invernali ha evidenziato il buono stato di salute della Speed Up con un gran bell’inizio per Canet mentre il nostro Lorenzo Dalla Porta ha faticato ad adattarsi sinora. Gli altri big sempre nelle prime posizioni. Sara pur scontato ma ciò che conterà sarà la bandiera a scacchi che vedremo domenica pomeriggio.

Immagine tratta dal sito maxracingteam.com

I ragazzini della Moto3 daranno al solito lo spettacolo più divertente senza permetterci di fare pronostici. In SkyVR46 si assisterà al ritorno di Migno che sostituirà Foggia approdato alla corte di Leopard per rimpazzare il campione in carica. Paolo Simoncelli ha lasciato inalterata la propria formazione seppur Antonelli sarà assente in Qatar perché operato alla spalla e sostituito da Garcia. Romano Fenati viene accolto nel team di Max Biaggi (la vedo complicata, mi sbaglierò) e guiderà l’Husqvarna di ritorno alle competizioni.

Buon mondiale a tutti.

Immagine in evidenza tratta da Today.it

 

Salvatore Valerioti

IL MOTOMONDIALE CLASSE 500 ANNI 80-PARTE 2

L’immagine di copertina va dedicata ad Eddie Lawson senza se e senza ma. Nella seconda parte degli anni 80 il californiano vince tre mondiali su cinque che, sommati a quello dell’84, ne fanno l’Iridato più prolifico del decennio. Chapeau Eddie.

1985

Immagine tratta da Motoblog.it

Non ho mai amato i piloti che dominavano, ma con Freddie era diverso.

La stagione  ’85 segna la fine di un epoca, quella in cui un pilota poteva vincere più mondiali nello stesso anno in categorie differenti. L’impresa di essere l’ultimo spetta ovviamente a Spencer.

Freddie è un paio di spanne sopra a chiunque e per il 1985 insieme ad HRC si butta a provar a correre due mondiali insieme, quello delle 250 e delle 500. Le gare della 250 si correvano dopo quelle della 500 tutti i weekend, quindi il rischio era “calcolato”:  Freddie poteva essere più “fresco” per la classe regina e salire sulla 250 più leggera solo dopo la gara della 500.  “Fresco” però è una parola grossa quando nei tre giorni di gara raddoppi i turni di prove e qualifiche e ti spari a manetta una fraccata di chilometri. Eppure il ragazzotto della Louisiana riesce nell’impresa di vincere entrambi i mondiali. Vince sette Gp sui dieci ai quali partecipa in 250, con un filotto a metà campionato di sei gare di fila che gli permettono di riposarsi per gli ultimi due appuntamenti. In 500 ne vince altre sette riuscendo per quattro weekend a fare doppietta in entrambe le classi, In Italia, Austria, Belgio e Francia.

Direi che ogni ulteriore commento sarebbe sprecato.. Gli altri? Annichiliti.

In 500 ha la meglio su un sempre efficace Lawson, mentre in 250 precede Anton Mang compagno di marca già campione Mondiale due volte in 250 e due volte in 350…. proprio  l’ultimo arrivato.

 

1986

Immagine tratta da twitter

Il campionato comincia dallo stesso punto in cui era finito il precedente. Freddie domina le prove e le qualifiche del Gran Premio inaugurale in Spagna. A Jarama parte dalla pole e se ne va senza neanche prendersi il fastidio di salutare i compagni di avventura. Tutto bene? No. A pochi giri dalla fine si ritira: causa ufficiale indolenzimento del braccio dovuto a tendinite….il 4 maggio 1986 (che mese infame!!!) termina la carriera di Fast Freddie e comincia quella del gemello sfigato Slow Freddie, il quale riesce nell’impresa titanica di stabilire un altro record: quello di totalizzare zero punti in una stagione intera da Campione del Mondo in carica! E’ opinione di chi scrive che tutti i grandi campioni siano animati da una luce, una fiammella che li illumina sulla strada del rischio e del talento. Questa fiammella ogni tanto si spegne all’improvviso, talvolta senza ragione apparente altre  a seguito di qualche botto qua e là. Quella luce è ciò che ti permette di avere quel metro di vantaggio in staccata, quel grado di piega in più, tutti quei piccoli dettagli che si traducono in quei decimi che a fine gara diventano quella manciata di secondi che dal primo posto ti portano a diventare l’ultimo degli ultimi.

La gara la vince il suo compagno di squadra, quel Wayne Gardner australiano che si svergina e quel giorno prende la porta per entrare nel circolo dei grandi.

Ma il Mondiale è lungo e se vuoi vincerlo devi mettere insieme tutti i pezzi altrimenti quel mastino di Eddie non lo batti.

Lawson porta a termine la sua stagione forse migliore, vincendo 7 gare mettendoci accanto anche due secondi porti ed un terzo: regolarità impressionante. Gardner finisce il campionato in scia ma avrà modo di rifarsi a breve.

Ad Assen si affaccia al mondiale un texano dinoccolato in sella ad una Suzuki… il tale risponde al nome di Kevin Schwantz (doveva arrivarmi il sostituto…) che si fa subito notare per ciò che gli riuscirà perfettamente in carriera, ovvero prendere a testate l’asfalto come nessuno mai. Infatti cade tre volte tra prove e gara..ma di lui avremo modo di riparlare più avanti.

 

1987

Immagine tratta da Twitter

Udite udite (è questione attualissima in questi giorni) per una volta il Mondiale non perde gare per strada e si disputa su 15 appuntamenti che oggi parrebbero pure pochi….

Non ci sono cambi di line up eclatanti e Gardner è ormai diventato prima guida in casa HRC. Lawson resta in Yamaha ufficiale ma l’australiano se la vedrà principalmente con Randy “Stirling” Mamola che, vincendo tre gare con la Yamaha gestita da Kenny Roberts nel frattempo diventato team manager, colleziona il suo ennesimo secondo posto in classifica generale.

Wayne di gare ne vince ben 7 e non ritirandosi mai si aggiudica il campionato. Messa così potrebbe sembrare che l’australiano fosse un regolarista con il braccino corto…no, fu addirittura uno dei primissimi a guidare quei diavoli di due tempi in derapata, moto senza traction control, con una curva di coppia che definire appuntita sarebbe un offesa. Come tutti gli australiani Wayne era un duro che quando avevan distribuito la paura era a farsi un bicchiere al pub invece che in coda.

Nel frattempo Suzuki, uscita dal ristretto giro dei grandi, fa fare qualche comparsata al texano dell’anno prima, si quello col numero 34 pur senza risultati di rilievo.

 

1988

Immagine tratta dal sito daiedegas.it

Kenny Roberts gestisce delle Yamaha buone e riesce a riportare nel giro del Motomondiale quel suo compaesano Californiano di nome Wayne Rayney tanto forte nel suo paese e naturale erede della stirpe dei piloti americani dell’epoca. In tutta risposta Wayne si piazza terzo nel mondiale vincendo la sua prima gara a Donington Park.

I mattatori della stagione sono sempre gli stessi: tutti gli statunitensi a partire dal “solito” Eddie, compreso il texano proprio lui e l’australiano Gardner a mischiare le carte. Manca Randy Mamola che, stanco di arrivare sempre secondo, si butta nell’avventura Cagiva e si toglie definitivamente l’ansia.

Immagine di Motosprint

La stagione parte con la vittoria a Suzuka di Schwantz. Kevin era un iradiddio quando riusciva a trattenersi. Non lo battevi: era più forte in frenata, era più forte in piega, era più forte in uscita dalle curve con la moto in derapata e la ruota anteriore alzata in controsterzo! Kevin era più forte di qualsiasi cosa o individuo che non fosse se stesso. Ed infatti il suo limite è sempre stato quello di voler viaggiare sempre sul filo della caduta fino a quando non cadeva veramente: ci si potrebbe scrivere un libro con le occasioni gettate al vento dal 34. Ma era splendidamente bello da vedere per quanto era sporco nella guida visto il suo background di corse sugli sterrati. Per vedere un suo Mondiale dovremo aspettare ancora quasi sei anni e trovare le condizioni ideali. Nonostante vinca più gare di altri piloti finisce il mondiale lontano dal vincitore Lawson al suo terzo iride.

Eddie mette insieme altre sette vittorie e cinque podi e si aggiudica il terzo titolo in sei anni di partecipazione al Mondiale 500. Gardner tiene alto l’onore Honda lottando come un mastino ma finendo comunque secondo.

 

1989

Immagine tratta dal sito p300.it

Nel 2004, quando  il Rossi nazionale lasciò HRC per andare in Yamaha, i media descrissero l’evento come epocale. Perché scendere dalla moto che ti fa vincere per salire su un’altra? E’ l’argomento che tiene banco anche attualmente per quanto concerne Marquez che tanti vorrebbero lontano da HRC per dimostrare veramente il suo valore. All’epoca non c’erano tutte ste parole che volavano sui social, spesso e volentieri sputate al vento da chi neanche sa da che parte si avvia una moto stradale figuriamoci da corsa… ma si sà, al giorno d’oggi tanti denti devono prendere aria.

Per il 1989 Eddie lascia la sua fedele Yamaha e si butta nel team HRC a fianco di Wayne Gardner. Ecco: non vai a correre contro il Sig. Nessuno, ma ti infili nel box di uno che è stato campione del Mondo e ti è finito in coda l’anno precedente…. Oggi se ne farebbero discorsi di sfide, adattamenti alla moto, al telaio, al tipo di erogazione e altre centoventuno pippe mentali.

Tutte balle. Eddie era un altro beach boy californiano che di chiacchere ne faceva addirittura meno chiunque altro sulla griglia: via in HRC e quarto titolo conquistato con il sorriso stampato in faccia e il polso destro aperto il più possibile. Dietro di lui un altro californiano che stava studiando per fare il botto l’anno successivo, Wayne Rainey. Il secondo Wayne, quello australiano, si fracassa le ossa a Laguna Seca e salta a piè pari quasi metà stagione senza per questo impedirsi di timbrare il cartellino prima vincendo la gara di casa sua in Australia.

Il cowboy texano Kevin non perde l’occasione  per dimostrare (a chi ancora avesse il dubbio) di essere quello che è ovvero uno showman al quale interessa lo spettacolo e la vittoria della singola gara piuttosto che la ”vision” mondiale o come diavolo la potremmo chiamare adesso.

Riesce nella mirabilante impresa di vincere sei gare (due più del campione Lawson) e finire lo stesso al quarto posto in classifica finale.. Già, perchè quando devi far le cose tanto vale mandarle in vacca sino in fondo e scappare dal detto che il secondo è il primo ad aver perso. Ma Kevin è così, non ci puoi far nulla: tutto cuore e coraggio e poco cervello (sarebbe il mio secondo idolo nel caso vi fosse mai sfuggito). Ma il mondo dei motociclisti lo ha amato proprio per questo, perchè il motociclismo degli ottanta era ancora tanta tantissima passione e piloti veri che si tiravano spallate in pista, si mandavano al diavolo ma tornavano amici appena tolto il casco.

 

Finisce così questo breve racconto di un decennio dominato dalla scuola statunitense e dalle moto made in Japan.

Chissà, magari il Bring vi racconterà anche quello successivo…..

Grazie a tutti.

Immagine in evidenza tratta da Motosport.com

 

 

Salvatore Valerioti

Il Motomondiale classe 500 anni ’80- parte 1

Gli splendidi articoli sulla F1 anni 80 pubblicati dal Boss in questa off-season sono riusciti ad aprire i cassetti chiusi nella mia memoria anche per quanto riguarda le due ruote. Belli quegli anni,  al punto che se chiudo gli occhi mi sembra di aver ancora nel naso l’odore dello scarico dei due tempi e nelle orecchie lo strillo acuto di quei motori semplici ed esplosivi.

Non ricordo perfettamente tutte quelle gare, soprattutto quelle dei primissimi ’80:  venivano spesso date in differita nei giorni successivi a degli orari improponibili su Rai3 con la eufemisticamente coinvolgente cronaca di Federico Urban, bravo professionista per carità.. Ma ti dovevano veramente piacere le moto eh.. Non ci saranno 10 appuntamenti settimanali ma mi limiterò a dividere in due il decennio.

Gli anni 80 furono l’apoteosi dell’era americana del Motomondiale che era cominciata un paio d’anni prima con lo sbarco del marziano Kenny Roberts (quello vero) in Europa. Il beach Boy californiano portò un modo di correre molto diverso, più professionale, e interruppe l’egemonia di quello svitato di Barry Sheene. Ad onor del vero Kenny aveva un vantaggio di peso non indifferente considerati i cinque chili di placche e viti che tenevano insieme l’inglese, ma questo è…

1980

immagine tratta dal sito Motogp.com

Roberts vince il suo terzo mondiale di fila a bordo della Yamaha gestita dall’importatore statunitense alla quale è stato fedele tutta la carriera. Primeggia nelle prime tre gare su 10 di un mondiale talmente corto che al giorno d’oggi finirebbe i primi di giugno: le gare in programma sarebbero state tredici, ma i Gp in Venezuela e Svezia saltarono per motivi economici e quello dell’Austria per il maltempo. I suoi avversari dell’epoca erano tutte quelle Suzuki che i giapponesi davano in gestione agli importatori dei vari paesi europei e guidate da piloti del calibro di Randy Mamola, Marco Lucchinelli, Franco Uncini e, udite udite Graziano Rossi. E il colosso Honda? In piena era due tempi era alle prese con il progetto pazzo della 4 cilindri quattro tempi NR500 a pistoni ovali con cui collezionò parecchie figure barbine fin dal suo esordio nel 1979: la moto non si qualificava manco con le cannonate. Per farla partecipare ad una gara i giapponesi dovettero assoldare alcuni privati affinchè non partissero, salvo poi vedere il proprio gioiello andare a fuoco in gara già al primo giro… Senza dimenticare che, con la partenza a spinta dell’epoca, la Honda si avviava quando il resto delle moto erano già tre curve avanti! Ma Honda è sempre Honda e segnerà comunque il decennio, eccome se lo segnerà…

Immagine tratta da pinterest.com

Per dovere di cronaca faccio un cenno alle classi minori, discriminate solo per motivi di spazio e non di importanza. Nel 1980 correvano ancora la 50cc, la 350cc  oltre che i sidecar e le classiche 125 250 e, appunto, la 500.
La classe 50 cc si disputò sino al 1983, sostituita poi dal 1984 al 1989 dalla 80, mentre la 350 che tanto fu gloriosa negli anni 60 e 70 disputò il suo ultimo campionato nel 1982 abolita in quanto troppo simile alla due e mezzo e abbastanza alla 500 per decretarne la morte. I sidecars corsero a fianco al motomondiale sino al 1997 per poi essere “aggregati” al mondiale Superbike.

1981

immagine tratta dal sito italiaonroad.it

Il mondiale piloti torna in Italia dopo sei anni dall’ultimo di Mino Agostini. Lo vince quel matto di Marco Lucchinelli che, a guardarlo bene, tutto ti sembra fuorchè un pilota professionista. L’approccio alla vita è di quelli che te li raccomando, con le corse a corollario di ciò che è il resto: divertimento puro. Ma è dannatamente matto e veloce, al punto di detenere ancora il record del Ring versione 22,8 Km… Poco importa se resiste ancora perché il tracciato è più corto, ma se arrivi a girare là dentro in meno di 8 minuti e mezzo con moto e gomme dell’epoca, sei un manico.. e neanche tutto finito..

Lucky vince in sella ad una Suzuki dopo il triennio Yamaha, ed è quella del team tutto italiano di Roberto Gallina (ex pilota e sopraffino team manager) che prepara una stagione con i fiocchi in cui Marco vince cinque gare su undici mettendosi dietro lo “Stirling Moss” delle due ruote Randy Mamola sempre su Suzuki. Bello ricordare che nell’ultimo Gp dell’anno, in Svezia, si assisterà all’ultima vittoria mondiale di Barry, questa volta in sella ad una Yamaha al posto della sua storica Suzuki. Nel 1981 fa capolino nel mondiale un ragazzino con la faccia da bambino al quale ti farebbe tenerezza e paura affidare il tuo “Ciao” della Piaggio.. Eppure lui prende quel cancello di NR500 (si, la 4t a pistoni ellittici!) e in Inghilterra lo issa sino al quinto posto prima di esagerare spalmandosi in terra. Il suo nome? Frederick Burdette Spencer… (mio primo idolo a due ruote, vogliate perdonare la libertà che mi prendo ma non ho potuto resistere).

 

1982

immagine tratta da radioerre

L’anno comincia con “Stella Fortuna” portata a Sanremo dal campione del Mondo in carica Marco Lucchinelli. E’ fuori concorso, quindi nessuna classifica in questo caso. Marco è un personaggio veramente fantastico ed istrionico, con una vita complessa e sregolata. Lascia il team Gallina e approda in Honda ufficiale al fianco di Spencer. Viene creata l’odierna struttura HRC per gestire in toto il Reparto Corse e viene fatta debuttare anche la NS500 a due tempi. Nel DNA dei giapponesi c’è l’anticonformismo e sfornano una tre cilindri a V per avere una moto più agile e snella della concorrenza Yamaha e Suzuki in pista con delle quattro cilindri.
E con la tre pistoni sotto il sedere di Fast Freddie arrivano anche le prime due vittorie preparatorie al futuro nonché il primato di Spencer come vincitore più giovane della categoria a poco più di vent’anni.
Il campionato resta in Italia grazie a Franco Uncini e sempre al team di Roberto Gallina sul quale non mi posso soffermare perché ci andrebbe un articolo dedicato. Avete presente Lucchinelli ed i suoi eccessi? Ecco, pensate all’opposto e vi apparirà Uncini. Vince anche lui cinque gare e si mette dietro le Yamaha alle prese con gli sviluppi della OW60 OW61 ed in attesa di capire se fosse meglio il motore a quattro cilindri in quadrato o a V… A fine anno lascia Kawasaki regina delle 350 e 250 ma con scarsi risultati nella classe maggiore. Ed insieme a lei saluta tutti anche quell’altro sciroccato di Kork Ballington.

1983

immagine tratta dal sito GPone

Più guardo le foto dell’epoca e più Freddie mi sembra quel compagno di classe del liceo secchione che andava pure a messa tutte le domeniche col vestito della festa come si usava allora. Metti la sua foto a fianco di quella di Barry Sheene o dello stesso Lucchinelli e ti chiedi: ma questi possono fare lo stesso sport?
Infatti la risposta è no. Freddie si aggiudica il mondiale 1983 vincendo sei gare su dodici mettendoci accanto tre piazze d’onore ed un altro podio, quarto posto ed un solo ritiro. Sono numeri che farebbero impallidire anche gli schiacciasassi contemporanei. Poco più di ventun’anni di età e diventa il campione più giovane di sempre mettendo in fila dietro di lui gente che risponde ai nomi di Roberts (sempre quello vero), Randy “Stirling” Mamola ed un certo Eddie Lawson che debutta in 500 cavalcando una Yamaha YZR con sopra un numero a me particolarmente caro, il 27.

immagine tratta da pinterest.com

Il vecchio Kenny fu un osso duro per tutta la stagione perché vinse le restanti sei gare non vinte da Spencer e perse il titolo per soli due punti, ovvero la differenza tra un terzo ed un quarto posto in più tra i due. Non la prese esattamente bene e a fine anno decise di averne avuto a sufficienza salutando la compagnia. Il campione in carica Franco Uncini non potè difendere il titolo: vero che la sua Suzuki aveva perso in competitività, ma il motivo più importante fu quell’Highside ad Assen dal quale ne usci centrato in pieno alla testa mentre a quattro zampe cercava di andare fuori dall’asfalto sull’erba. Le immagini sono agghiaccianti tutt’ora. Curva a destra, lui vola per aria e atterra con tutti gli altri piloti che cercano di sfilarlo sulla destra: passano diverse moto mentre lui cerca di salvarsi, tutte dallo stesso lato, tranne una che avendo una traiettoria più larga in uscita dalla curva decide di buttarsi sulla sinistra verso l’esterno. Wayne Gardner (si lui) centra in pieno  il casco di Franco con la sua ruota anteriore e gli fa fare un 360 in aria lasciandolo esanime in terra. Al Check-in gli stracciano il biglietto e lo rispediscono indietro dopo qualche giorno di coma con la lettera di assunzione per fargli curare la sicurezza dei piloti e delle piste.

Immagine di Motosprint.it

1984
In Honda sono da sempre in costante fermento. Guardando la 4 cilindri della concorrenza di Iwata capiscono che l’escalation delle potenze avrebbe messo sotto scacco la propria 3 cilindri in tempi brevi. Quindi fanno debuttare LEI, la regina delle regine a due tempi, la NSR500 quattro cilindri che con le dovute evoluzioni avrebbe segnato per oltre quindici anni la storia del motociclismo. Basti pensare che il nome della moto del primo mondiale di Rossi nonché ultimo delle due tempi è sempre lo stesso ed è targato 2001!
All’epoca non c’era l’abitudine odierna di tenere il proprio numero di gara per tutta la carriera. Venivano assegnati in base alla classifica dell’anno precedente: pur di levarsi quel 4 dalla carena Eddie Lawson si vince 4 gare ed insieme ad esse anche il suo primo mondiale grazie ad una costanza di rendimento impressionante.  Primeggia, e anche per distacco, su Mamola (una altra volta secondo) Roche, Spencer ed Haslam (Ron). A dirla fino in fondo Freddie ebbe una stagione travagliata dagli infortuni sin dall’inizio quando non partecipò al gran premio inaugurale in Sud Africa causa una caduta in prova nonostante avesse fatto la pole. Sempre per incidente saltò le ultime tre gare essendosi infortunato in un’altra gara fuori campionato. L’asticella era la sua avendo vinto 5 gare su 6 alle quale prese parte, ma Eddie da splendido professionista seppe approfittare di ogni situazione. Ecco, per me Eddie era un po’ il Prost del motociclismo: poco appariscente ma dannatamente veloce e concreto.

 

Grazie. a presto per il secondo lustro

Immagine in evidenza tratta dal sito motorsport.com

Salvatore Valerioti

TEST VALENCIA MotoGP 2020- “Rivoluzione Orange”

La Yamaha M1 di Maverick Vinales chiude in testa le due guornate di prove, seguito dalle altre due M1 del SIC Racing Team (Petronas) di Quartararo e Morbidelli ma…

Risultati dei test di Valencia. Immagine tratta dal sito ufficiale della MotoGP

…Non ci sono dubbi, aldilà dei risultati dei test, la casa di Mattighofen ruba la scena agli avversari.

Non abbandoneremo mai la nostra filosofia” tuonavano i vertici KTM qualche mese fa, eppure di fronte all’evoluzione continua della MotoGP tocca stare al passo coi tempi.

Forse serviva un Campione del Mondo per far cambiare idea (Copertina dedicata a Pedrosa)  e portare una novità tecnica “storica” per la casa austriaca. I risultati si sono visti si da subito.

KTM ha portato un nuovo telaio, guardandolo a primo impatto sembra addirittura che abbiano abbandonato la struttura a traliccio ma i tecnici KTM ci spiegano che si tratta sempre di tubolari ma molto larghi. La struttura rimane in alluminio con una geometria molto simile ai tradizionali.

Pol Espargaró già a metà giornata del “Day 2” aveva girato in 1’30″685, quindi ben 789 millesimi in meno rispetto al best lap delle FP4, in condizioni meteo pressoché simili. Nei test di Valencia 2018 chiuse in 1’31″628. Non riesce a migliorarsi ma comunque porta la KTM in TOP10.

Pol Espargaró su RC16 2020 – Immagine tratta dal sito ufficiale MotoGP

Resta da vedere se e quanto abbia influito la nuova anteriore Michelin 2020, già provata a Misano. Tant’è che il cronometro parla ed anche il volto di Pol trasudava felicità.

A mio modesto parere il Pilota (al quale ho dedicato la foto d’apertura) potrebbe tranquillamente ritornare a correre, vederlo in Pista per i test è una gioia per occhi ma allo stesso tempo un colpo al cuore pensando che non sarà nel Mondiale. Quel Pilota è Daniel Pedrosa.

DOMINIO YAMAHA

Come ormai di consueto la M1 condotta da Vinales domina i test di Valencia facendo segnare 1’29″849 ed essendo l’unico Pilota ad abbattere il muro del 30″. È più veloce addirittura della Pole segnata lo scorso sabato da Quartararo in 1’29″978.

Non solo Vinales, anche Quartararo e Morbidelli risultano velocissimi e si piazzano rispettivamente in 2^ e 3^ posizione. Il Francese fa segnare 1’30″013 mentre per l’Italo-Brasiliano 1’30″114 .

Valentino Rossi in azione. Da notare la presa d’aria dell’airbox nuova, più centrata e più alta rispetto alla M1 2019, nella foto successiva. Immagine tratta dal sito ufficiale MotoGP.

Più attardato Valentino Rossi che è lontano quasi 1 secondo (932 millesimi) da Vinales. Ha chiuso in 9^ posizione con il tempo di 1’30″781. Nella 2^ giornata di ha avuto un problema alla M1 2020,  si è fermato per del fumo che usciva dal lato sinistro della moto altezza del motore. Massimo riserbo nel box Yamaha che non ha rilasciato dichiarazioni in merito.

Quartararo in azione. Notare come la presa d’aria della M1 2019 sia diversa dalla M1 2020 nella foto sopra con VR46. Immagine tratta dal sito ufficiale MotoGP.

Notevoli le novità tecniche portate anche dalla casa di Iwata, in foto presa d’aria airbox nuova, per rendere più competitiva la moto in vista del 2020.

Sotto la lente d’ingrandimento finisce inesorabilmente il motore. Vinales ha dichiarato che è più potente ma manca ancora qualcosa agli alti regimi. Nel primo e nell’ultimo settore aveva avuto un grande aiuto dalla maggiore potenza. Nel Day2 i Piloti ufficiali hanno utilizzato solamente la M1 2020. Buon segno a mio avviso.

Il nuovo motore è stato utilizzato soltanto dai Piloti Ufficiali mentre Morbidelli e Quartararo probabilmente lo proveranno a nei test di Jerez de la Frontera.

Nella giornata di martedi (Day1) Quartararo ha “chiesto” in diretta tv  di voler provare a tutti i costi il nuovo motore e che si tratta di qualcosa di troppo importante per il 2020. Probabilmente lo proverà martedi prossimo nei test di Jerez, ricordandoci che diventerà “free agent” nel 2021… Yamaha dovrà giocare una partita molto attenta con Fabio e sopratutto con il suo scaltro manager. Fossi nei manager di Iwata farei attenzione al prefisso 051, qualora arrivassero telefonate “notturne”…

Se KTM e Yamaha hanno “attirato” la mia attenzione per ovvie ragioni, non da meno sono state le altre case. Quella che mi è sembrata più “sicura di se” è stata proprio la Honda.

La RCV213V ha un motore formidabile, causa di problemi per chiunque non si chiami Marc Marquez, quindi hanno lavorato molto sulla ciclistica della moto.

“Per imparare questa moto devi caderci”. Detto fatto ed i Piloti Honda sono finiti nella ghiaia. Alex ,Crutchlow e Bradl alla curva 10 perdendo l’anteriore, mentre Marquez in quasi highside alla 13. Da notare lo sfogo di Crutchlow che non ha gradito il trattamento di HRC. Alcuni dei suoi tecnici (tre)sono stati spostati nel team di Alex Marquez…

Rimanendo sul fronte giapponese  in casa Suzuki ottima impressione per entrambi i Piloti, sopratutto un Mir in palla che si è piazzato in 5^ posizione siglando 1’30″427 davanti a Rins in 1’30″503. Valencia non è il tracciato adatto per valutare le prestazione della Suzuki, anzi sarà interessante vederla nei test di Sepang. Mir si è detto molto contento del motore ma ancor più contento della nuova anteriore Michelin.

Personalmente credo che nel 2020 possa esplodere in maniera definitiva il talento di Joan Mir. Darà filo da torcere a Rins è molti metteranno gli occhi su di lui. Insieme a Quartararo è  il futuro di questa MotoGP.

APRILIA “ON FIRE”🔥🔥🔥🔥

Andrea Iannone con l’Aprilia in fiamme. Hanno “accorciato” la rapportatura del cambio spingendo cosi il motore al limite per più tempo. È esploso. Immagine tratta dal sito ufficiale MotoGP

Ci aspettiamo una rivoluzione da Aprilia. Tutti.

La casa di Noale merita altro, non di certo i risultati degli ultimi anni, questi test di Valencia certificano che è  stata l’unica casa a non fare passi eccezionali in avanti. Certo che la RS GP 2020 arriverà a Sepang ma oggi abbiamo assistito aqualcosa di più unico che raro.

Il motore della RS GP di Iannone esplode letteralmente, lo sfogo del Pilota di Vasto nel box è da film hollywoodiano… “Potevo andarmi ad ammazzare a 300 KM/h, ve l’avevo detto” tuona Andrea… Entrambi i Piloti girano più piano di quanto fatto in Q1 nel GP di Valencia e sugli stessi tempi di quanto fatto in FP4.

DULCIS IN FUNDO…DUCATI

A Borgo Panigale si respira la solita aria da test. Detta la linea Dovizioso, che chiude i test 8° in 1’30″665, e la linea è chiara: I test son fatti per provare, il tempo lasciamolo agli altri. Così è stato anche stavolta. In casa Ducati si sono concentrati molto sul lavoro sporco lasciando perdere la ricerca del tempo.

Dovizioso ha avuto un valido alleato in Miller  visto che Petrucci ha fatto solamente 9 giri in tutto per problemi fisici e Bagnaia ha saltato i test a causa dell’incidente di Valencia. Tutto rimandato a Jerez comunque. Il Dovi è l’unico Pilota che non prova l’attacco al tempo insieme a Iannone e B.Smith.

Ritengo che i mesi di marzo/aprile/maggio saranno infuocati, telefoni bollenti, mail pronte ad esplodere, 007 ovunque sparsi qua e la per il paddock.  Dovizioso in scadeza di contratto, Petrucci pure… Marquez, Vinales, Rins, Mir e Quartararo pure… Signori sarà una primavera infuocata e se Ducati vuole il Titolo Mondiale, a mio modestissimo parere, deve prendere un Pilota da Titolo Mondiale, un Pilota che osa, un Pilota che getti il cuore oltre l’ostacolo… (Ragazzo hai finito di pescare?)

NEXT GENERATION

Alex Marquez seguito dal fratello Marc. Immagine tratta dal sito ufficiale MotoGP

Tre i nuovi Piloti in MotoGP dal 2020.

  • Alex Marquez in Repsol Honda Team chiude in penultima posizione in 1’32″235, non male se si pensa che nelle FP4 Lecuona girava in 1’32″662. Lento se paragonato ai rookie del 2019, Bagnaia chiudeva in 1’31″405, Mir 1’31″714, Quartararo in 1’32″091 (sappiamo poi come è andato il resto della stagione);
  • Iker Lecuona in Red Bull KTM Tech3, che ha avuto il vantaggio di provare ed utilizzare la moto nel GP di Valencia, ha fatto segnare un 1’31″515 in 16^ posizione;
  • Brad Binder in Red Bull KTM Tech3, il Campione del Mondo Moto3 2016 e vice Campione Moto2 2019, chiude ultimo in 1’32″367. Personalmente credo sia stato l’agnello sacrificale di KTM per il Mondiale Moto2, avrebbe lottato per la vittoria ma KTM ha preferito lasciare “libero” Jorge Martin…

Un pensiero finale per lo pneumatico anteriore Michelin portato qui a Valencia e già provato due volte in altrettanti test.  Ad alcuni Piloti è piaciuto mentre a qualcuno no. Nel 2020 a detta di Michelin ci sarà una “rivoluzione” negli pneumatici, daranno infatti maggior grip e saranno più efficaci.

Non resta che sfruttare bene le indicazioni dei Piloti, che hanno provato queste nuove gomme negli appositi test, è sperare che prendano la giusta strada altrimenti… vedranno soltanto il retro del bellissimo casco che é nalla foto qui sotto.

Lo Shoei X Spirit III di Marc Marquez. Immagine tratta dal sito ufficiale MotoGP

La frase del giorno… “Non mi interessa una moto facile, la voglio veloce”.

Saluti.

Francky Longo

 

P.S. Non prendete impegni per l’8 Marzo prossimo…. Mancano 109 giorni da oggi e potrete festeggiare oltre alle donne del vostro ❤…. IL RITORNO DELLA MOTO GP sul circuito di Losail in Qatar✊👑🔥 #StayTuned #BlogDelRing 

 

E’ FINALMENTE SUONATA L’ULTIMA CAMPANELLA DEL 2019

E anche il 2019 è messo negli annali del Motomondiale

Una stagione da poche emozioni in MotoGP, per quello che riguarda la corsa iridata. Marquez  che ha segnato il passo fin da subito, lasciando solo l’illusione agli altri o qualche gara di gioia.

Un ennesimo “noioso” trionfo, che lo porta maggiormente nell’olimpo dei più grandi di sempre, candidato al dominio anche nella prossima stagione.

Il quesito è: Che compagno di box pensionerà nel 2020?

Il 2018 ci aveva fatto vivere quello di Pedrosa, ma clamorosamente, il 2019 ci ha fatto salutare il campionissimo Lorenzo. Due piloti di cui non serve citar numeri o risultati e star a narrarne il valore, ma uniti nell’aver ottenuto davvero poco in una stagione dove il binomio Honda/93 ha dimostrato tutto il suo potenziale.

Tiriamo un due somme?

  • Honda

Una stagione che dimostra ancora una volta che la sua moto funziona bene con un solo pilota, con gli altri alfieri che raccimolano solo piazzamente e vedono il podio quasi con il binocolo, il giorno in cui mai il fenomeno dovesse accasarsi in un’altro team, potrebbe presentare un conto pesante, ma nel frattempo festeggiano la tripla corona, ottenuta quasi esclusivamente da un solo pilota, a dimostrazione del potenziale del binomio Marquez Honda.

Crutchlow, Nakagami, Lorenzo e Zarco, han tutti ottenuto prestazioni da moto clienti di team di terza fascia, ma non me la sento di dar loro delle responsabilità, un caso potrebbe starci, ma 4 su 4 è troppo dai.

  • Ducati

Una moto che pareva la favorita per il titolo, che alla prima gara ha fatto sognare, ma che nell’andare della stagione è stata riassorbita dal gruppo. Speriamo nel 2020, ma grosse speranze non paiono al momento esserci.

Dovizioso è stato ancora una volta il miglior pilota per la casa di Borgo Panigale, regalando due belle gare in Qatar e sopratutto a Zeltweg. Il giorno in cui imparerà a scendere in pista sempre con quella mentalità, potrà farci sognare, anche se il miglior Dovi, lo abbiam già visto nel 2017, tuttavia, chissà.

Petrucci ha fatto una stagione mirata al rinnovo di contratto, ottenuto quello, ciao tutti, in perfetto stile da politico Italiano, si è adagiato alla poltrona da cui non lo schiodano. Troppo poco dopo la bella vittoria del Mugello.

Miller è diventato finalmente un bravo pilota veloce e costante, meritevole di salire sulla Ducati di Petrucci, con 5 buoni terzi posti stagionali.

Bagnaia come debutto è abbastanza deludente, con una stagione in cui non ha mostrato ne la velocità e men che meno capacità di non fare errori clamorosi, segno che il giorno che smetterà di cadere, non lo porterà subito a ottenere bei risultati. C’è da lavorare e tanto, ma purtroppo dovrà saltare i test, quindi già non si comincia bene il 2020.

  • Yamaha

Una moto che è migliorata parecchio da inizio stagione, ma che ha trovato maggior costanza nella fase finale di stagione, con il team satellite e un rookie. Il buon Quartararo è stato artefice di quattro secondi posti nella fase finale, giocandosi per tre volte la gara, portandoci a sperare in un 2020 che lo vedrà contendere molte vittorie e chissà se magari anche qualcosa di più. Una stagione davvero convincente per lui.

Vinales, miglior Yamahista e terzo nel mondiale, chiude con la metà dei punti rispetto a Marquez, cifra che fa fin spavento pronunciarla, e le due vittorie stagionali, salvano una stagione troppo zeppa di alti e bassi.

Rossi? Forse nel 2018 era meglio non firmare quel rinnovo di due stagioni, perchè ormai pare sia definitivamente cominciata la parabola discendente, con prestazioni che lo fan sembrare tornato in sella alla Ducati del 2011-2012, peccato che sotto il sedere abbia la M1. Non è il giusto finale di carriera per un campione qual’è.

Morbidelli, un pilota che ha ottenuto troppo poco, ma che mostra gli stessi difetti delle prime stagioni in moto2, dove aveva un buon giro in qualifica, un buon passo per la prima metà gara, ma che deve imparare a gestire la seconda fase di gara, quando ci riuscirà, potrà farci vedere belle cose, per ora la sufficenza è striminzita o regalata.

  • Suzuki

Stagione iniziata quasi con il botto, con quella bellissima vittoria ad Austin e il secondo posto a Jerez, poi però qualcosa si è perso con un annata passata ad arrivare a un pelo dal podio o in posizioni molto di rincalzo. Qualche errore dei piloti, come ad Assen, ma la casa Giapponese ha ancora tanto da lavorare per mettersi costantemente li con i big.

Rins, due vittorie stagionali davvero belle, con quella di Silverstone arrivata giocando molto di tattica con Marquez. qualche errorino nella fase centrale di stagione, ma un passo abbastanza costante per massimizzare quello che si poteva con una moto non ancora a livello.

Mir un chiaro scuro, con un inizio di stagione deludente e un infortunio che lo ha tagliato fuori per 2 gare, ma dal suo ritorno, si è messo a testa bassa ed ha iniziato a tenere una buona costanza, risultando prestazionalmente veloce come il suo compagno di box.

  • Aprilia

Un team che sappiamo bene essere in continuo sviluppo, in attesa di una rivoluzione per il 2020, dove verranno portate molte modifiche alla moto, con un motore che sarà totalmente nuovo nelle sue geometrie. Stagione che definire positiva sarebbe eufemistico, quando il miglior risultato è un sesto posto.

Espargarò e Iannone han fatto quel che si poteva e forse alle volte anche più di quello che dovevano, finendo in ghiaia. Lo Spagnolo è stato più costante dell’Italiano, sia in qualifica che in gara.

  • KTM

La strada è ancora lunghissima per diventare un team almeno di centro gruppo costante ed aver avuto 4 moto, non è servito a vedere alcun miglioramento prestazionale. Nel bilancio stagionale, i picchi massimi si toccano con il settimo posto di Espargarò a Misano, dopo aver ottenuto una seconda posizione in griglia.

Nell’annata della scuderia Austriaca, va ricordato l’abbandono a stagione in corso di Zarco, che consenzientemente con il team, ha deciso di rescindere il contratto a stagione in corso, senza completare il campionato. Qualcosa che a memoria, non si era mai vista nella massima serie e che mina la professionalità del pilota Francese.

  • MOTO 2

Stagione alquanto indecifrabile, dove a inizio stagione pareva dovesse essere una passeggiata per Baldassarri, ma dal passaggio alla gomma da 200, si è trasformata in un filotto di vittorie di Marquez.

Tutti a pensare che fosse solo talento dello Spagnolo? No, perchè la seconda metà di stagione, il fratello del fenomeno ha iniziato ad arrancare, con un Binder che ha messo assieme un numero di vittorie pari a quelle del campione del mondo e risultati ben più convincenti, tanto da chiudere l’anno a soli 7 punti.

Per il 2020 è da capire quali saranno le scelte di mercato, se arriverà la probabile decisione di vedere Alex Marquez in Hrc ufficiale assieme al fratello Marc.

Onestamente? Una follia se si avverasse.

  • MOTO 3 

La stagione ha preso una linea di vero dominio verso il finale di stagione, con un Dalla Porta che ha maggiormente massimizzato i risultati, più che aver dominato la categoria, riuscendo a far sbagliare un altrettanto costante Canet, che quando si è trovato ad alzare il ritmo per chiudere le corse davanti al rivale, è incappato in molti errori.

Da precisare che alcune cadute non sono state di sua responsabilità, ma avrebbero cambiato di poco l’esito della classifica finale

Per il 2020 è impossibile fare un pronostico, pensando che in questa stagione han vinto 12 piloti diversi.

  • RINGRAZIAMENTI

I doverosi ringraziamenti vanno a tutti coloro che seguono e supportano questa mia voglia di narrare il Motomondiale.

Al Boss Andras, per darmi praticamente carta bianca nella gestione (forse alle volte me ne concedo pure troppa)

A Icemankr7, alias Salvatore, per essere un dannato malato quanto me di questo mondo, oltre che una persona sempre sul pezzo, pronta  a dar supporto quando serve e stimolo per nuovi argomenti, quando prevalica la noia nelle corse. Onesto? Più che un amico, quasi un fratello e lui sa perchè.

A LucaBKK che usa i nostri articoli per avviare la sua prossima attività turistica della zona Asiatica. Scherzo, il ragazzo ne sa e tanto di corse e quando serve un aiuto, non si tira mai indietro.

A Valther, che quando può ci aiuta sempre, con articoli di pre e post gara persona sempre informata, seppur zeppo di mille impegni personali.

A Francky il nuovo acquisto Jolly tutto fare, che sviscera statistiche e aneddoti con una passione presente in poche persone, saltando dal mondo pistaiolo a quello delle road race.

  • Signori e Signore…

…ANCHE QUESTO è IL BLOG DEL RING…

…quel covo di appassionati, a cui piace dire la loro, con infinita competenza, umiltà e dedizione, che speriamo di riuscire a trasmettervi.

Grazie ancora a voi tutti.

P.S. JORGE, ti aspettiamo nel 2021 😉

Saluti

Davide_QV