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2018 F1 RUSSIAN GP: AN INTRODUCTION

Pensi a Sochi e ti vengono in mente le olimpiadi invernali del 2014. Poi guardi la cartina geografica e noti che Sochi è affacciata sul Mar Nero e ci rimani un pò male. La stessa sensazione ce l’ha un appassionato di F1 che pensa a Sochi, alla Russia e ad un autodromo che si snoda attraverso il parco olimpico dei giochi invernali, e uno ci rimane male per la seconda volta. Se poi si pensa agli strambi e imbarazzanti colbacchi che vengono donati a chi sale sul podio e all’assenza delle ombrelline, si passa direttamente alla rassegnazione. Ma in fin dei conti, una gara di F1 è pur sempre un richiamo irresistibile e quelle 20 macchine in griglia di partenza sono tutto quello che serve per mantenere viva l’attenzione.

Disegnato dall’ineffabile Hermann Tilke, il circuito di Sochi ha l’aspetto di una grottesca scimitarra, in cui l’unica possibilità di sorpasso è rappresentata dal lungo rettilineo dopo la linea del traguardo, mentre tutto il resto sono solo curve ad angolo retto fatte apposta per coltivare la frustrazione di chi vorrebbe sorpassare ma non ci riesce.

Evidentemente il disegno a mò di oggetto contundente deve aver esaltato l’indole alla vittoria senza se e senza ma della Mercedes che dal 2014 è dominatrice incontrastata con 4 vittorie e due doppiette. L’edizione del 2017 ha visto la sorprendente affermazione di Valtteri Bottas, lesto a sfruttare la scia di Vettel allo start e mettersi davanti in curva 2 per poi rimanerci fino alla fine, quando invece il compagno Hamilton incappava in una delle gare più spente dell’anno finendo quarto e mai davvero in gara per il podio.

Mentre nel 2017 si arrivava in Russia con una Mercedes in difficoltà e una Ferrari piuttosto ringalluzzita, quest’anno la situazione pare opposta ma per motivi che poco hanno a che vedere con il potenziale tecnico delle monoposto. In particolare la Ferrari, dopo aver dato l’impressione di essere la macchina migliore del lotto, ha commesso errori strategici in pista e di gestione interna del team che hanno portato a due sonore sconfitte a Monza e Singapore, come a voler riproporre un remake dell’harakiri del 2017 proprio sulle stesse piste. Invece Mercedes, parsa in difficoltà dopo la pausa estiva, ha saputo sfruttare le debolezze del team avversario e grazie alle migliorie portate sul fronte della gestione gomme, in particolare cestelli dei freni concavi e cerchi radianti, ha piazzato  un uno-due di tysoniana memoria tali da mandare in KO tecnico la scuderia di Maranello.

L’appuntamento di Sochi sembra rappresentare quasi l’ultimo appello per la Scuderia Ferrari, chiamata a mostrare in pista il vero potenziale della sua vettura, un rinnovato sangue freddo dei suoi piloti e una compattezza di squadra che sembra persa. L’occasione sembra propizia, dato che già l’anno scorso furono capaci di monopolizzare la prima fila ma dovranno vedersela con una Mercedes che, guidata dal pilota più in palla di tutto il 2018 e più forte degli ultimi 15 anni, vorrà assestare un altro colpo al morale di vettel e della SF. Una battaglia che sembra dover risolversi in un duopolio dato che Red Bull Racing non sembra poter essere in grado di rappresentare un valido contendente e men che meno gli altri team, con quello che potrebbe essere un bel pacchetto di mischia tra Racing Point Force India, Renault e Haas per la zona punti.

La situazione gomme vede una situazione uguale al Gp di Singapore: hypersoft, ultrasoft e soft, con una gestione che potrebbe rivelarsi altrettanto complicata. Sochi è un tracciato che storicamente presenta un degrado gomme molto limitato e quindi è presumibile pensare che vengano privilegiate le mescole più morbide come la scelta dei piloti sembra suggerire con strategie possibili HS +UF oppure HS +S. Non è esclusa una strategia con due soste se le HS dimostreranno di essere poco consistenti sulla durata, cosa già successa quest’anno, oppure una Q2 caratterizzata dall’utilizzo della US in modo da essere più coperti nel primo stint di gara.

 

Vediamo però che tra i piloti ci sono state differenti interpretazioni nella scelta del numero di set da portare, con Vettel che sembra essersi assunto un altro grande rischio come a Singapore, portando un solo treno di soft e ben 9 HS, come i due piloti Red Bull. C’è da sperare in prove libere “pulite” per il tedesco per accumulare più dati possibili e avere le idee più chiare sulla strategia da adottare domenica. I due Mercedes e Kimi Raikkonen hanno optato per una scelta più conservativa e con minor margine di errore mentre tra le scuderie di seconda e terza fascia sorprende la scelta dell’unica US per Hulkemberg e le tre S di Alonso, che probabilmente immagina una partenza molto in fondo alla griglia e un lungo stint su S per recuperare terreno.

Dal lato PU questo GP rappresenta il punto di non ritorno per i piloti in griglia, dato che tutti hanno raggiunto il limite di pezzi per le varie componenti della PU e chi dovesse aver problemi dovrebbe scontare una penalità.

Da questo punto di vista non ci sono belle notizie per la RBR che sembra intenzionata a retrocedere alla Spec-B del motore Renault, ritenuta più affidalle della Spec-C, per Verstappen che sarebbe così costretto a partire dal fondo dello schieramento. Un ulteriore problema in un tracciato dove è essenziale avere velocità sul dritto per effettuare sorpassi. Non è ancora dato sapere se e quando Raikkonen sceglierà di usufruire della versione evoluta del turbo della sua PU, che lo costringerebbe ad una penalità di 10 posizioni.

In conclusione un dato statistico piuttosto significativo. A Vettel, staccato di 40 punti da Hamilton, servono ora 6 vittorie di fila per avere la certezza del titolo, ovvero vincerle tutte da Sochi fino ad Abu Dhabi. Tecnicamente possibile ma la logica e la statistica dicono il contrario.

Sei vittorie di fila per un pilota ferrari e per la Scuderia non si verificano dal 2004, con Schumacher che ne vinse 7 di fila nella parte centrale del campionato e con una monoposto che era assolutamente il “benchmark” della categoria, cosa che non si può dire della SF71H, ottima monoposto ma che si contende il primato tecnico con la W09. Questo dà l’idea dell’impresa a cui è chiamato il tedesco, che pure è capace di ribaltare l’esito di un campionato quasi perso come nel 2012 o di infilare vittorie in serie come le 9 del 2013. Il problema più grande per le sue ambizioni e quelle dei ferraristi sembrano venire proprio dalla fragilità del pilota tedesco, troppo falloso questa stagione e da una squadra che non sembra avere la continuità di gestione necessaria a infilare una serie di vittorie di questa portata. Il tutto complicato da un Hamilton che mai come quest’anno si sta prendendo il diritto di essere paragonato ai grandissimi di sempre di questo sport.

Rocco Alessandro

2018 F1 ITALIAN GP: AN INTRODUCTION

Il tempio della velocità. La gara più veloce del mondiale F1.

E’ questa la definizione che accompagna da decenni il circuito di Monza, teatro da sempre del GP d’Italia tranne che per l’edizione del 1980, disputata sul circuito Enzo e Dino Ferrari e vinta da Nelson Piquet.

Costruito nel 1922, è stato uno dei punti di riferimento dell’automobilismo a livello mondiale. Veloce, tecnico, rischioso, mortale, ha acceso la passione, l’immaginazione dei tifosi e l’agonismo dei piloti che hanno sempre visto in Monza la sublimazione delle loro spirito sportivo.

Curve come la variante della Roggia, le due Lesmo, la Ascari e la Parabolica sono ormai scolpite nell’immaginario collettivo di ogni appassionato di motorsport, con rettilinei velocissimi a sfidare i piloti a chi avesse il coraggio di staccare il più tardi possibile.

Tutto vero, tutto giusto…peccato che purtroppo gran parte di quell’antico fascino si sia perso e oggi il circuito brianzolo è ospite di una delle gare più noiose dell’intero circus, complice anche il carattere sempre più votato all’endurance della F1 attuale e alcune modifiche al tracciato che perdonano eventuali errori, come ad esempio l’esterno delle Parabolica in asfalto e non più in ghiaia.

Non un gran biglietto da visita in effetti, in particolare se pensiamo a quello che Monza ha saputo offrire nel passato e a quello che ha saputo regalare al popolo ferrarista: la doppietta in gara e iridata del ’79 e l’altrettanto rocambolesca e quasi “divina” dell’88, pochi giorni dopo la morte di Enzo Ferrari. Il duello Schumacher-Montoya del 2003 sembra lontano anni luce e anche le battaglie Ferrari-RBR-McLaren-Williams degli anni 2000-2013 vengono ricordate con rimpianto alla luce del dominio della Mercedes dal 2014 ad oggi. Quattro vittorie, 3 doppiette e una dimostrazione pressoche continua di onnipotenza sportiva che ha annicchilito la concorrenza. Ovviamente non gliene si può fare una colpa al team anglo-tedesco, troppo forti e bravi rispetto a tutti ma di sicuro per lo spettacolo e la suspence non sono state edizioni da ricordare vividamente.

Quest’anno però ci si approssima con tutt’altre aspettative all’appuntamento italiano della F1. Basti pensare ad una Ferrari reduce dal convincente successo a SPA e vittoriosa anche a Silverstone e Montreal, negli ultimi anni feudo Mercedes e circuiti ostici per le caratteristiche della rossa, per aumentare l’aspettativa di una battaglia vera in pista. Mercedes, forse per la prima volta in 5 anni, non gode dei favori del pronostico e anche questa è una notizia impensabile fino a poco tempo fa.

Trazione in uscita dalle varianti, stabilità nelle curve ad alta velocità di percorrenza e potenza della PU sui lunghi rettifili saranno le variabili tecniche su cui si svilupperà la tenzone sportiva tra Ferrari e Mercedes, tra Vettel e Hamilton. Vettel raggiungerà Hamilton a quota 4 successi o Hamilton affiancherà Schumacher a 5? Impossibile dirlo, tante variabili, una tra le quali il meteo che sposteranno più volte l’ago della bilancia garantendo un esito incertissimo. Di sicuro rappresenta un crocevia per l’ultima parte del campionato: un successo Ferrari certificherebbe sul campo una superiorità difficilmente arginabile dagli anglo-tedeschi mentre un successo Mercedes ricompatterebbe il team delle frecce d’argento e ricaccerebbe nella frustrazione e nei dubbi i rosso vestiti. Fondamentale anche l’apporto delle seconde guide ormai tagliate fuori dalla lotta al titolo, ma che non sembrano destinati a recitare un ruolo da protagonista assoluto. Il palcoscenico è allestito solo per Hamilton e Vettel, o almeno, così sperano tutti, ansiosi di vedere un altro duello ravvicinato (scusate ma non ce la faccio a scrivere “RUOTA A RUOTA!!!!”, quello ormai è appannaggio di altri…)

Qualche nota tecnica:

-Pirelli ha deciso per le gomme supersoft, soft e medium. Niente salto di mescola quindi ma gomme più morbide rispetto allo scorso anno. Per quanto riguarda la scelta dei singoli piloti vediamo dall’immagine che ci sono diverse sorprese, con i top team che hanno fatto scelte diverse tra loro.

Probabile che possa essere possibile una strategia a una sosta supersoft+soft, con eventuali problemi di blistering per Mercedes. In caso di degrado eccessivo allora preferibile la scelta supersoft+medium, con un presumibile vantaggio per le frecce d’argento che utilizza molto bene le medium. Dato il relativo poco tempo con cui è necessario percorre un giro, non è escluso che si possa pensare di passare la Q2 con soft e pensare ad una strategia in gara aggressiva Soft+Supersoft.

Interessante la scelta di Vettel, unico pilota insieme a Ericsson ad avere scelto un solo treno di soft. E’ presumibile pensare che punti a qualificarsi in Q2 con supersoft, affrontare il primo stint con quella mescola per poi puntare su una medium. Oppure “sfruttare” il lavoro del compagno di squadra che ha scelto due treni di soft ed utilizzarla senza averla provata nelle prove libere. Sarà interessante capire anche se le frecce d’argento avranno problemi di blistering con le mescole più morbide, i lunghi rettilinei potrebbero aiutare a non surriscaldare la gomma ma molto dipenderà da assetti e temperature dell’asfalto.

Qualche sorpresa potrebbe presentarsi anche sul fronte dei consumi delle PU, dato che Monza è il circuito con la media sul giro più alta del mondiale. Chinchero ha parlato, in occasione del GP del Belgio, di qualche problema di consumo della nuova PU Mercedes (seppur in maniera molto velata e non circonstanziata). La gara delle frecce d’argento non ha evidenziato problemi sotto questo punto di vista per cui questa speculazione può essere messa in secondo piano. Vedremo se a Monza cambierà qualcosa sotto questo aspetto.

Sul fronte PU e relative unità utilizzate già certa la penalizzazione di Ricciardo che usufruirà della terza evoluzione della PU Renault e partirà in fondo alla griglia, mentre per Raikkonen, in attesa di utilizzare l’ultima versione di turbocompressore che lo costringerebbe, essendo la quarta unità,ad una penalità di 10 posti in griglia, rumors indicano che potrebbe scontarla in uno dei successivi GP. Nessun problema per gli altri piloti dei top team.

Arriviamo alle dolenti note: gli altri team è presumibile che non saranno della partita a meno di eventi eccezionali.

Red Bull soffrirà molto la mancanza di potenza della sua PU Renault e probabilmente non servirà viaggiare con ali molto scariche per recuperare il gap. Haas e Racing Point Force India (un nome un po’ più complicato no?) si candidano ad una gara dignitosa, considerato le prestazioni offerte a SPA,ma lontana dal vertice. Toro Rosso, Alfa-Sauber e Renault potrebbero giocarsela per gli ultimi piazzamenti a punti, ma per Honda il circuito brianzolo potrebbe rappresentare un calvario dal punto di vista dell’affidabilità. Ultime senza speranza alcuna se non quella di fare numero sono McLaren e Williams, le due nobili decadute che stanno mestamente chiudendo un annata davvero complicata, senza apparente possibilità di ripresa.

Bene, vi ho annoiato abbastanza con le mie facezie, non resta che augurarvi mazzonianamente buon GP a tutti e in particolare ai temerari che affronteranno le tangenziali di Milano per raggiungere il circuito e l’impeccabile organizzazione e strutture che troveranno in loco. Sarà interessante sentire la loro di opinione, a bocce ferme.

P.S: incredibile a dirsi ma i record sul giro in gara di 1.21.046 e in qualifica di 1.20.089 sono ancora datati 2004 e appartengono a Rubens Barrichello. Il giro più veloce di sempre è invece di Juan Pablo Montoya in 1.19.525 nelle prove libere del Gp del 2004, record ufficioso perché non effettuato in una sessione di qualifica valida per lo schieramento.

Rocco Alessandro

2018 F1 BELGIAN GP: AN INTRODUCTION

Incipit
Società per Azioni, salus per aquam…Spa! Per chi ama la F1 questo acronimo significa solo una cosa: Università del motorsport!

Tracciato
Come dicevano quelli bravi per un ventennio:
“un cordiale saluto a tutti, il tracciato di Spa-Francorchamps situato sulle Ardenne misura attualmente poco più di 7km (ben 15km l’originale conformazione risalente al 1950), è il circuito più lungo del mondiale e collega le città termali di Spa, Stavelot, Malmedy e Francorchamps; uno dei punti più caratteristici è la famosa curva dell’Eau Rouge, che pochi temerari riescono a percorrere in pieno, originariamente sulla sommità di questa sgorgava una sorgente idrotermale; le gare fin qui disputate nelle annate di F1 sono sempre state ricche di colpi di scena e non di rado la vera protagonista è stata la pioggia che cadendo improvvisa ha sovente sparigliato le carte…”

Albo d’oro
Su questo tracciato hanno vinto solo i migliori: 4 volte di fila Jim Clark negli anni ‘60, 5 volte Ayrton Senna negli anni ‘80, ben 6 volte Michael Schumacher negli anni ‘90, 4 volte Kimi Raikkonen negli anni 2000, plurivincitori in attività anche Lewis Hamilton 3 volte e già 2 volte Sebastian Vettel

Curiosità
Alonso non ha mai vinto a Spa in F1.
Nel GP del 2000 si ammirò quello che da molti è considerato il miglior sorpasso nella storia di F1: Mika Hakkinen su Schumacher con doppiaggio di Zonta incluso!
Nell’edizione del ‘95 Schumacher vinse partendo 16° resistendo a Damon Hill sotto il diluvio con gomme slick.
Nel 2011 il primitivo episodio di blistering Pirelli: le gomme soft sulle RedBull durarono solo 5 giri!
Nel 2012 il crash più pirotecnico che coinvolse varie vetture: Grosjean su Lotus, Maldonado su Williams, Hamilton su McLaren e Alonso su Ferrari…
Le monoposto progettate da Adrian Newey hanno vinto qui ben 9 volte negli ultimi 25anni (2 Williams 4 McLaren 3 RedBull)
Nel 2003 il GP non fu disputato per mancanza di main sponsor.

Meteo
Probabili cirrocumuli di tifosi olandesi, precipitazioni sparse di Heineken, improvvisi blistering di gomme Pirelli.

Favoriti
Dato che quest’anno l’unico olio di cui si parlerà sarà quello delle patatine fritte, il favorito d’obbligo per il GP ma soprattutto per il titolo iridato, sara’ colui che trionferà con la PU 3 evo (Ferrari o Mercedes)

Record
il record sul giro appartiene a Sebastian Vettel  1’47”263 su RedBull-Renault 2009

 

Filippo Vettel

The Clinical Review – Analisi FERRARI, MERCEDES e RED BULL 2018

Ciao a tutti e benvenuti alla The Clinical Review, questa volta in versione “MAXI“, che comprenderà l’analisi complessiva dei Top team di F1 in questa prima parte di stagione 2018.

Una stagione a dir poco mozzafiato per i tanti avvenimenti accaduti dentro e fuori dai weekend di gara con i 3 top team, Ferrari, Mercedes e Red Bull, che si sono sfidati a suon di vittorie regalandoci un grande spettacolo, tanti dibattiti e anche una classifica che, seppur apparentemente molto equilibrata, ha bisogno di varie interpretazioni sui rapporti di forza visti e su come questi non sempre abbiano avuto un reale riscontro in pista per tantissime cause che ora spiegherò.

Red Bull RB14

Cominciamo l’analisi (come sempre) in ordine crescente di competitività, quindi parlando dell’ultimo dei 3 top team, Red Bull. Il team anglo-austriaco, grazie ad una grande attenzione mediatica e forte di una grande attesa di riscatto dopo alcuni anni di luci ed ombre, era atteso nella lotta più che nelle scorse stagioni. Molti analisti di F1, infatti, nei test, grazie ai dati GPS di team concorrenti, avevano notato come Red Bull fosse l’unico team a poter competere con Mercedes sul fronte velocità in curva (sia curve lente che veloci) e questo aveva portato ad una grande fiducia e, considerando la potenza deficitaria del motore Renault, anche il consueto appellativo “miglior telaio” (che come sappiamo viene dato sempre al team più vincente, in teoria però..). Già nelle analisi dei test a Barcellona avevo parlato di come il “progetto RB14” fosse un’estremizzazione della RB13 in versione B vista a metà 2017 e non un vero progetto nuovo, quindi una vettura già al suo top della forma, con pochi margini di sviluppo, visto soprattutto il lavoro della diretta concorrenza; per questo motivo era piuttosto facile intuire che avremmo visto una quasi costante terza forza e non una vera e propria pretendente al titolo, nonostante la coppia superlativa di piloti.

Il rake esasperato della RB14

La nuova RB14, infatti, è una vettura che ha mantenuto la filosofia “passo corto” (ormai unica dei top ad averlo) e quindi risulta essere naturalmente agile e scattante nei cambi di direzione, complice anche un elevato carico derivato da ali e corpo vettura e questo le permette di essere molto efficace sugli pneumatici, grazie anche all’elevatissima comunicatività del telaio. Le vetture a “passo corto”, infatti, ricordando anche la Ferrari SF70H, hanno come punto di forza (se ben sfruttato) la capacità di mandare in temperatura le gomme anteriori contemporaneamente alle posteriori, con ovvi vantaggi sia di setup (già pronto al venerdì), dato che riescono ad essere molto equilibrate e “gentili”, ma anche di performance nelle piste in cui non sono presenti curve che generano parecchia temperatura sull’avantreno (tipo Monaco). Ovviamente ci sono anche dei contro, soprattutto a livello aerodinamico, in quanto non riescono a generare abbastanza carico dal fondo e dalle altre parti della vettura “a carico gratuito” quando ci sono piste veloci (tipo Silverstone) e questo, nel caso della RB14, accoppiato anche ad una PU che non genera livelli sufficienti di potenza massima, diventa molto deficitario a livello dei tempi sul giro, specialmente in qualifica. Situazione diversa in gara, ovviamente, in cui conta maggiormente la gestione del consumo degli pneumatici e meno la potenza dato che sia Ferrari che Mercedes abbassano i cv per gestire l’affidabilità e i consumi delle Power Unit. Ciò ha permesso alla Red Bull di poter conquistare ben 3 vittorie in Cina, Monaco e Austria (potrei dire insperate, a parte Monaco), grazie anche alla grande bravura di Ricciardo e Verstappen ad approfittare delle situazioni favorevoli che si sono presentate. Tornando a parlare di Power Unit, possiamo dire con quasi assoluta certezza che il gap da Ferrari e Mercedes si attesti in qualifica (al momento) mediamente sui 30-40cv in fase di qualifica (3-6 decimi fino a circa 1 secondo di gap in base delle piste), per poi abbassarsi in gara su livelli più vicini ai concorrenti, comunque senza una mappatura “full power” evidente, considerando i cv di differenza.

Il nuovo fondo (German GP) di chiara ispirazione Ferrari

C’è da sottolineare, però, un particolare a cui forse è stato dato poco peso: Renault ha provato a recuperare il gap (grazie a Budkowski?) cercando di sfruttare la vecchia ormai tecnica dell’olio combustibile, utilizzando il trafilaggio in camera di combustione (tramite un’elettrovalvola nel basamento, come Mercedes) di vapori olio proveniente da un circuito separato e parallelo (ricordo infatti che Renault era l’unica fino al 2017 anche a raffreddare le sue componenti ibride con olio) e quindi esimersi dal controllo FIA (0.6kg/100km); ovviamente il tutto poi è miseramente fallito non solo con il polverone alzato da Mercedes con le ispezioni FIA sui rivali, ma anche perché i risultati non sono stati quelli sperati (tant’è che poi è stata Renault stessa ad accusare i rivali di usare questa tecnica nel famoso “party mode” in Q3). Il motorista francese quindi si è messo a lavoro sulle benzine le quali, con BP Castrol in Austria al team ufficiale (e a McLaren) ed Esso (per Red Bull) in Ungheria, hanno garantito +10cv, associato anche ad un nuovo MGU-K (non aggiornato dal 2016) circa 3 kg più leggero. Guardando la prima parte di stagione in modo complessivo, quindi, possiamo notare come Red Bull non abbia quasi mai spiccato su Mercedes e Ferrari (a parte in Prova Libera e a Monaco, per i motivi di cui sopra) ma si sia comportata da outsider di eccellenza.

Mercedes W09 EQ Power+

Passiamo ora all’analisi di Mercedes  che, nonostante la leadership in questa fase del campionato, ritengo, seppur di pochissimo, la seconda forza di questo 2018. Nell’analisi di Melbourne avevo parlato della W09 come “la monoposto più completa” e continuo a ribadirlo, seppur lo sia stata a tratti: l’annata di studio precedente (in cui la Mercedes era competitiva solo nelle piste veloci) ha permesso ai tecnici di perfezionare il pacchetto aero-telaio, tramite un affinamento dei punti deboli che caratterizzavano la W08. Dal punto di vista telaistico la W09 presenta un rinnovato bilanciamento dei pesi e una rinnovata sospensione anteriore completamente idraulica che permette di essere neutra nell’handling (niente sottosterzo e miglior velocità d’inserimento in curva) e molto più gentile sulle gomme rispetto alla sorella del 2017, tanto da essere anche migliore delle altre vetture in certi frangenti. Tutto questo coadiuvato da una migliorata aerodinamica, anche grazie al pacchetto portato in Austria di pance “arretrate” stile Ferrari e Red Bull, che garantisce un miglior equilibrio aerodinamico in curva (2.5 decimi) e un’affinata distribuzione del carico. 

Il nuovo bodywork della W09 portato in Austria

La W09, però, perde il primato quest’anno di efficienza: il grande lavoro svolto dai tecnici italiani sulla SF71H ha non solo raggiunto, ma addirittura superato il benchmark aerodinamico stabilito dai tecnici della Mercedes in questi anni, costretti ora ad utilizzare un maggior carico complessivo per far lavorare in modo uniforme gli pneumatici (confermato anche da Adrian Newey dopo aver scrutato la vettura nei test a Barcellona). Oltre al primato di efficienza aero la Mercedes quest’anno ha perso anche il primato di potenza: sul fronte PU, infatti, i tecnici guidati da Andy Cowell hanno sì lavorato alacremente sul fronte attriti per aumentare l’affidabilità e diminuire i consumi, ma si sono trovati ad inseguire (tranne in Francia e in Austria con la PU Phase 2.1 fresca e una Ferrari non al top della forma) sul fronte potenza massima a causa di importanti problemi di surriscaldamento (soprattutto con aria sporca) dovuti alla miscela aria-benzina magrissima utilizzata per ridurre i consumi e anche alla riduzione dell’olio combustibile: sono convinto, infatti, che abbiano “patito” più di tutti nel medio termine la direttiva FIA 2017 (tant’è sono stati gli unici a evitarla anticipando la PU 4 a Spa), poiché il desiderio di un vantaggio temporaneo su Ferrari (e la vittoria del mondiale) ha provocato un lavoro anticipato dei tecnici di Maranello per risolvere i problemi di detonazione causati dalla mancanza dell’olio speciale. 

Lewis Hamilton, Qualifica del GP di Ungheria 2018

Un pregio della W09 che è balzato sotto gli occhi di tutti dopo le Qualifiche del GP di Ungheria è la competitività in condizioni da bagnato estremo e i motivi sono da ricondurre ad un concetto aerodinamico molto più simile alle F1 dei primi anni 2000: il bassissimo rake e il passo lungo garantiscono un minore disturbo e una minore perdita di carico aero causato dagli pneumatici Cinturato Blu Pirelli; se consideriamo anche che Mercedes comunque continua, seppur meno del 2017, a riscaldare gli pneumatici molto più della concorrenza diretta per una naturale “aggressività” della meccanica sospensiva e sembra avere un’erogazione della PU “più gentile” della Ferrari, capiamo bene come questo aiuti parecchio in condizioni di pioggia battente. Il punto di forza più grande di Mercedes, però, resta la solidità del team: seppur non possano categoricamente evitare errori banali di strategia, si mostrano comunque più forti mentalmente, grazie innanzitutto alla “abitudine” alla vittoria, anche grazie ad un pilota, Lewis Hamilton, straordinariamente ragioniere quando le condizioni non permettono di attaccare, che si trasforma in grandissimo “approfittatore” quando la diretta concorrenza (Ferrari) si lascia andare a grossolani errori, protetto inoltre da un Valtteri Bottas incredibilmente votato con anima e cuore alla causa Mercedes. È proprio il caso di dirlo: l’unione fa la forza!

Passiamo ora all’analisi del team come sempre più polarizzante dell’intera F1, Ferrari.

Sebastian Vettel – Ferrari SF71H

Come sapete nell’analisi dei test a Barcellona avevo giudicato la SF71H come un “gioiellino” non ancora in grado di esprimersi in pista a causa della complessità di un progetto (passo lungo – alto rake) che necessitava di know-how e interventi mirati per funzionare. Ebbene, dalle informazioni raccolte a Marzo (link) avevo parlato di una Ferrari che contava di essere circa mezzo secondo più veloce di Mercedes entro il GP di Baku, ma, grazie ad un pacchetto specifico al retrotreno (costato parecchie notti agli ingegneri a Maranello), Ferrari è riuscita a sbloccare questo potenziale già al GP del Bahrain, per poi raggiungere l’apice in Azerbaijan come previsto. Ferrari ha poi subito un crollo prestazionale a Barcellona e nei 4 GP successivi, a causa di un pacchetto evolutivo che non combaciava con i dati della galleria: il nuovo fondo, accoppiato al diffusore, non permetteva un adeguato livello di carico al posteriore e questo rendeva la SF71H molto sottosterzante in ingresso (come a Melbourne).

Fondo della SF71H. Notare il foro per l’inserimento dello starter per l’avviamento

A Silverstone, però, arriva la svolta: interventi mirati a sigillare il fondo tramite i vortici esterni e un diffusore rinnovato permettono alla vettura di ottenere nuovamente un adeguato equilibrio aerodinamico, tanto da sopravanzare la W09 sotto quasi tutti i punti di vista: la SF71H, infatti, per funzionare necessita ora di minor carico aero grazie ad una straordinaria efficienza dal corpo vettura e ad una rinnovata meccanica (aggiornamento del centro di non rollio che ha notevolmente aumentato lo sfruttamento degli pneumatici), che rendono la vettura di Maranello il punto di riferimento tecnico per questo 2018.

Il nuovo fondo portato a Silverstone. Notare le aperture create per sigillare i flussi e far funzionare il Rake

Dal punto di vista della PU, Ferrari ha compiuto il salto di qualità definitivo per raggiungere (e superare) Mercedes. Già a Melbourne si era potuto notare, infatti, come la Ferrari con la Specifica 1 avesse raggiunto Mercedes in potenza massima, ma peccasse di consumi elevati; con la Specifica 2 (attualmente montata solo da Vettel dal GP del Canada in poi) Ferrari ha lavorato sui punti deboli: riduzione dei consumi, aumento della potenza (circa 5cv) e utilizzo della mappatura di qualifica anche in gara (con la sigla K1). Il grosso salto di qualità è stato poi l’introduzione di una nuova specifica di benzina (10cv) fortemente antidetonante da parte di Shell (finalmente!) a Silverstone che ha permesso di aumentare ancora la pressione turbo (ricordiamo la tecnica di sfiato wastegate presente da inizio anno per aumentare il picco pressorio) e giri turbo, così di rimando recuperare una quantità superiore di energia elettrica da destinare alle batterie (grazie ad un MGU-H notevolmente migliorato, punto debole dall’inizio dell’era ibrida). Tutto questo ha permesso alla Rossa di sopravanzare Mercedes in potenza (si parla di 15-20cv in Q3) e ovviamente ha scatenato la fantasia degli avversari che si sono davvero sbizzarriti nelle ipotesi di soluzioni illegali sulla Rossa (fondo flessibile, circuito olio separato per turbo e trasmissione, soffiaggi dell’ala posteriore, batterie illegali, flussometri ingannati, doppio DRS, specchietti..) che, però, hanno provocato innanzitutto un grande lavoro extra dei meccanici nei weekend di gara (smontaggio e controllo delle vetture da parte della FIA quasi ad ogni GP) ma addirittura anche l’utilizzo per il GP di Monaco e Canada di un hardware batterie di proprietà FIA per il monitoraggio della parte elettrica. Il tutto si è chiuso non soltanto con un nulla di fatto, ma anche con una “minaccia” da parte di Whiting alla Mercedes (specialmente ai loro tecnici provenienti da Ferrari) di sanzioni nel caso di altre richieste di controllo basate solo su rumors; ha portato, inoltre, alla conclusione dell’alleanza tra i due costruttori, visti anche i vari gentlemen’s agreement saltati (primo fra tutti la pugnalata sulla PU al GP del Belgio 2017).

Ferrari SF71H – Vista posteriore

Il più grande punto debole della Ferrari, al momento, è sembrata la stabilità sotto pressione del team (piloti, meccanici e strateghi): autori di prestazioni magnifiche ma anche di errori madornali, si sono davvero comportati da “spreconi”, cullati forse un po’ troppo dalla competitività del mezzo (non sempre scontata, abbiamo visto in caso di pioggia ad esempio) ma anche colpiti da inaspettate sfortune (pioggia e SC) o tragedie come la morte del presidente, nonché creatore di questa équipe, Sergio Marchionne. Importante sarà, quindi, in questa seconda parte di stagione essere perfetti (sfruttando anche un cospicuo pacchetto di aggiornamenti aerodinamici e motoristici in arrivo) perché il mondiale, viste le forze in campo, sembra più equilibrato che mai.

La nuova ala anteriore provata a Budapest: sarà una parte del pacchetto di aggiornamenti che vedremo prossimamente..

Ciao Sergio.

Chris Ammirabile

2018 F1 HUNGARIAN GP: AN INTRODUCTION

La leadership non è anarchia. In una grande azienda chi comanda è solo

Il vero valore di un leader non si misura da quello che ha ottenuto durante la carriera ma da quello che ha dato. Non si misura dai risultati che raggiunge, ma da ciò che è in grado di lasciare dopo di sé

Sergio Marchionne

Non potevo iniziare questo mio primo post sul Bring senza citare l’ormai ex plenipotenziario manager di FCA e Ferrari S.p.a., la cui scomparsa avrà sicuramente ripercussioni non solo sull’intero mondo dell’industria automobilistica ma anche su quello della Formula 1.

Indubbiamente infatti il carismatico leader italo-canadese ha saputo legare la sua carriera professionale al marchio del Cavallino Rampante, dimostrando una sincera passione per il mondo delle corse e per la Scuderia Ferrari; quale che sia il giudizio umano e professionale che ciascuno di noi voglia attribuire al defunto manager di Chieti, è certo che la sua eredità sarà molto difficile da gestire per il successore designato a Maranello, tale Louis Camilleri (di cui per adesso abbiamo potuto ben apprezzare solo la moglie).

Marchionne ha saputo infatti risollevare un reparto corse ormai ridotto ai minimi termini dalla lunga coda della gestione Montezemoliana, riportandolo ai vertici della massima categoria dell’automobilismo e creando al suo interno le condizioni per competere ad armi pari con quella corazzata anglo-teutonica che risponde al nome di Mercedes. Bisogna infatti riconoscere che alcune delle scelte strategiche e manageriali che sul momento avevano suscitato più di una perplessità tra gli stessi tifosi (me compreso) e tra gli addetti ai lavori, si stanno invece rivelando in grado di restituire autostima, convinzione e capacità tecniche alla Scuderia, qualità che erano complessivamente venute a mancare nell’era post Todt e Schumacher.

A Camilleri spetterà dunque l’arduo compito di confermare in primis quanto di buono fatto dal punto di vista manageriale ma anche di continuare con convinzione sul sentiero più impervio intrapreso dal suo predecessore, quello da percorrere per riportare la Ferrari a far valere la propria voce nelle stanze dei bottoni del circus di F1. Non un compito da poco, considerando che siamo alla vigilia di un altro importante cambio regolamentare.

Fatta questa doverosa premessa, il nostro amato carrozzone si appresta a sbarcare in Ungheria sul tracciato dell’Hungaroring. Sappiamo bene come lo stretto toboga magiaro possa essere capace di regalare gare dal sapore epico (soprattutto in caso di pioggia o di episodi particolari, leggasi Safety Car a più non posso) oppure vere e proprie scariche di Roipnol, che male (o bene, a seconda dei punti di vista) si conciliano con i caldi e assolati pomeriggi domenicali di fine luglio.

Dal punto di vista della lotta al titolo si tratta a mio giudizio di una gara chiave per entrambe le scuderie protagoniste del campionato, nonché di un primo importante spartiacque nella stagione 2018: una vittoria della Mercedes e del Gesù nero spingerebbe infatti Sebastian Vettel ancora più lontano nella classifica mondiale, sferrando probabilmente un colpo decisivo alle velleità iridate del tedesco/meridionale di stanza in Emilia Romagna.

Mentre però, a dare retta ai pronostici, la Mercedes si appresta a correre una gara (se non in difesa) con la voglia di raccogliere come oro colato ciò che verrà in più di un terzo posto, la SF si presenta con il ruolo di principale favorita, poiché i ricordi della gara dello scorso anno ci portano ad immaginare un perfetto sposalizio tra le caratteristiche tecniche della SF71H e quelle del circuito ungherese. Non a caso l’Hungaroring, insieme a Montecarlo e Singapore, viene annoverato come sicuro terreno di caccia per le rosse di Maranello.

A mio giudizio chi potrà sicuramente rompere le uova nel paniere alla SF (come d’altronde è stato nel Principato) sarà però la Red Bull, che sfruttando l’ottimo telaio, l’agilità della propria monoposto e la relativa importanza giocata dal propulsore in questa tipologia di circuito potrà ritagliarsi un ruolo da attore protagonista nel week end ungherese (sperando per loro che MV33 si svegli dalla parte giusta del letto).

La Ferrari quindi, che ironia della sorte viveva proprio un anno fa il punto più alto della gestione Marchionne, si presenta in Ungheria con una pressione psicologica degna di uno schiacciasassi: da una parte vi è la necessità assoluta di vincere per rilanciare le proprie ambizioni mondiali, dall’altra la voglia di omaggiare nel migliore dei modi il leader scomparso. Con altrettanta pressione si presenta ai nastri SV5, chiamato al pronto riscatto dopo il disastroso scivolone nel Gran Premio di Germania che potrebbe rivelarsi decisivo in una lotta al mondiale nel quale il principale rivale per il titolo si dimostra molto incline alle parole ma pochissimo agli errori in pista.

Poco da dire riguardo la “serie B” della categoria, nella quale la battaglia per il titolo di “primo tra gli altri” sarà probabilmente questione tra Haas e Renault, con McLaren (almeno con Alonso), Force India, Toro Rosso (almeno con Gasly) e Sauber (almeno con Leclerc) pronte ad approfittare di eventuali occasioni favorevoli. Williams sempre più in sordina dopo essere sprofondata in un abisso tecnico oggettivamente imbarazzante, considerando che nel 2014 era di fatto la seconda scuderia dopo la Mercedes.

Infine occhio al meteo che si preannuncia ballerino per tutto il Week End e che potrebbe aggiungere ancora più incertezza ad una gara che avrà sicuramente un sapore molto particolare.

Che dire, buon GP a tutti e ci si rilegge poco sotto.

 

Matteo a.k.a. Tornadorosso