L’era del Turbo

16 luglio 1977, Silverstone: al via del Gran Premio d’Inghilterra l’attenzione del pubblico era focalizzata sull’avvincente lotta per il titolo, per la quale erano coinvolti ben quattro piloti raccolti in una manciata di punti, ovvero Lauda a quota 33, la coppia Andretti – Scheckter distaccata di un solo punto e l’altro ferrarista Reutemann a meno quattro. In un anonima ventunesima posizione in griglia si trovava Jean Pierre Jabouille, pilota dalle grandi doti di collaudatore e fresco vincitore del titolo nel prestigioso campionato europeo di Formula 2, al volante della Renault equipaggiata con un motore sovralimentato spinto da 600 Cv in 1492 cm³ e strutturato in 6 cilindri disposti a V di 90°, che nell’occasione costrinse il pilota al ritiro dopo soli sedici giri scatenando l’ironia dei “garagisti” inglesi, tra i quali Ken Tyrrell, che ribattezzò la vettura francese “Teiera gialla” a causa del fumo rilasciato in seguito al guasto, ponendo in evidenza lo scetticismo di un ambiente convinto che il Turbo sarebbe stato troppo penalizzato dal regolamento in quanto limitato ai 1500 cm³ contro i 3000 cm³ degli aspirati; nonostante il disinteresse dei competitor e numerosi problemi, soprattutto in merito all’affidabilità, la Renault proseguì la propria avventura e, dopo aver saltato due Gran Premi, si ripresentò a Zandvoort, Monza e Watkins Glen senza riuscire ad arrivare al traguardo, mentre in Canada mancò la qualificazione. La scelta non fu certo improvvisata: tutto nacque all’inizio degli anni settanta quando il giovane motorista Dudot montò un propulsore sovralimentato su una Alpine A110 che si impose subito al Rallye Critérium des Cévennes e spinse l’azienda a investire per un approfondimento sul tema svolto negli Usa dallo stesso Dudot; lo stesso successivamente sviluppò un motore Turbo destinato alle barchette Alpine impiegate nelle competizioni Endurance con Larrousse e Jabouille alla guida, avviando un progetto che trovò il proprio coronamento nella vittoria alla 24 di Le Mans del 1978 ottenuta da Pironi e Jassaud al volante della Alpine A442 Renault Turbo. Grazie all’appoggio della Elf e sotto la supervisione di Larrousse, con il solito Dudot a curare la progettazione del motore, venne creata una struttura destinata alla produzione di una monoposto che servì da laboratorio per il modello che debuttò nel campionato del mondo di Formula 1 del 1977 e sul quale l’azienda riponeva grande fiducia.


I continui test e interventi tesi ad ottimizzare le prestazioni non portarono particolari miglioramenti e nel 1978 Jabouille non riuscì mai a lottare per posizioni di rilievo, invertendo la rotta solamente nel finale di stagione con due terzi posti in griglia e un quarto posto al traguardo a Watkins Glen. Nella stagione successiva la Renault si mise invece da subito in evidenza in qualifica e Jabouille, ora affiancato da Arnoux, fresco campione europeo di F2, partì dalla pole in Sudafrica, ma la scarsa affidabilità del mezzo non consentì di raccogliere punti nella prima parte del campionato; la svolta avvenne con l’avvento della RS10 ad effetto suolo con la quale, dopo un paio di battute a vuoto, i due piloti furono protagonisti nel Gran Premio di casa, disputato a Digione: conquistata la pole position, Jabouille dominò e vinse la corsa, mentre Arnoux concluse al terzo posto al termine di uno storico duello con Villeneuve che finì per oscurare un successo dalla portata storica per una tecnologia che avrebbe condizionato tutto l’ambiente della Formula 1 negli anni a venire. Arnoux terminò la stagione con altri importanti piazzamenti quali un secondo posto a Silverstone, un sesto a Zeltweg e un altro secondo a Watkins Glen, poi visse un avvio trionfale nel campionato seguente, proiettato in testa alla classifica dopo i successi di Interlagos e Kyalami, salvo poi subire un calo nel resto della stagione dove colse tre pole position ma solamente altri undici punti, terminando al sesto posto in classifica generale, mentre Jabouille fu tormentato da costanti problemi tecnici e come l’anno precedente concluse a punti un solo Gran Premio, vincendolo, precisamente a Zeltweg. Quella del pilota francese fu una gioia purtroppo breve in quanto poche settimane più tardi, nel corso del 25esimo giro del Gran Premio del Canada, finì a muro causa un guasto alla sospensione: venne estratto dalla vettura solamente un’ora più tardi e con serissime ferite alle gambe che lo costrinsero ad un lungo stop, mettendo di fatto la parola “Fine” sulla sua avventura. Chiuse la carriera l’anno seguente dopo soli cinque Gran Premi disputati con la Ligier, prima di intraprendere una nuova avventura con la Peugeot come pilota Endurance e poi come dirigente; l’era del Turbo stava dunque entrando in una nuova fase senza il suo protagonista più rappresentativo, colui che aveva accettato con grande coraggio una sfida su cui nessuno avrebbe scommesso, lavorando intensamente senza alcuna possibilità di confronto con la concorrenza fino a portare la propria squadra e il suo rivoluzionario propulsore tra i protagonisti della scena.


Mentre la Renault scalava la classifica iridata, nel 1980 la Ferrari affrontò una stagione tra le più deludenti della propria storia, dove la 312 T5, erede della T4 con cui Scheckter e Villeneuve avevano dominato la stagione precedente, si rivelò antiquata sul piano tecnico e disastrosa riguardo l’affidabilità; la deficitaria situazione di classifica spinse lo staff di Maranello verso una rinnovo totale del progetto sulla nuova vettura, a partire dall’accantonamento del motore aspirato a 12 cilindri “piatto” in virtù di un nuovo propulsore sovralimentato da 1496 cm³ strutturato in 6 cilindri disposti a V di 120°, una soluzione che portò tra l’altro ad una riduzione degli ingombri ottimale per le esigenze aerodinamiche di una wing car. La rapidità dei tecnici Ferrari permise alla Scuderia di schierare la 126C già durante le prove del Gran Premio d’Italia 1980, dove Villeneuve dimostrò la bontà del progetto girando più veloce di Scheckter di oltre un secondo, anche se i dubbi sull’affidabilità spostarono il debutto ufficiale alla stagione seguente, durante la quale il canadese, ora affiancato dal francese Pironi, colse due importantissimi successi a Montecarlo e Jarama, piste particolarmente tortuose dove la potenza del Turbo e la scarsa maneggevolezza del mezzo avrebbero dovuto in teoria rappresentare un handicap. Al contempo la Renault continuò il proprio percorso di crescita e ingaggiò il promettente Alain Prost, il quale dopo un avvio difficile mise in mostra tutto il proprio talento e le proprie capacità nella messa a punto, affrontando una seconda parte di stagione da protagonista, forte di tre vittorie e due secondi posti che lo portarono in quinta posizione a soli sette punti dal campione del mondo Piquet.
Le quattro vetture Turbo schierate da Ferrari e Renault conquistarono dunque cinque successi su un totale di quindici Gran Premi a confronto con quasi trenta avversari, i quali dovettero “arrendersi” all’evidenza dei fatti avviando la ricerca di un nuovo partner per la fornitura di un motore sovralimentato, scelta che portò ad una vera e propria rivoluzione in un ambiente da anni abituato alla lotta tra la Ferrari e i costruttori inglesi, legati al tradizionale Ford Cosworth e ad un regolamento che permetteva di affrontare stagioni di successo contando sul proprio ingegno e costi relativamente contenuti. Oltre alla Toleman, scuderia che stava scontando lo scotto dell’inesperienza nel passaggio dalla Formula 2 insieme al proprio partner Brian Hart, artigiano impegnato nello sviluppo di un motore Turbo che potesse permettere al team di affrontare il salto di qualità, nel 1982 tentò la nuova strada anche la Brabham campione in carica, che montò un motore Bmw sulla Bt50 con cui Piquet vinse il Gran Premio del Canada, mentre l’altro pilota Riccardo Patrese vinse a Montecarlo con la Bt49 motorizzata Ford Cosworth ed utilizzata prevalentemente ad inizio stagione. In avvio di campionato Prost tentò la fuga con due vittorie nelle prime due gare, prima di essere ridimensionato da una lunga serie di ritiri che favorirono l’altra scuderia favorita, la Ferrari, purtroppo sconvolta nelle settimane successive dalla tragica scomparsa di Villeneuve e poi dal gravissimo incidente di Pironi, il quale concluse il mondiale al secondo posto a soli cinque punti dal campione del mondo Rosberg anche se fu costretto a saltare gli ultimi cinque Gran Premi, ennesima dimostrazione del grande potenziale della monoposto di Maranello, comunque Regina tra i costruttori grazie ai punti raccolti da Tambay e poi da Andretti, degni sostituti dei piloti titolari, privati della gioia di vivere una stagione trionfale a causa di un destino avverso.


Il campionato del mondo 1982 fu segnato da gravi tragedie e da un equilibrio visto raramente nel mondo della Formula 1, con ben nove vincitori differenti su sedici Gran Premi e Rosberg campione del mondo con soli 44 punti e una vittoria in carniere; fu il canto del cigno per l’aspirato Ford Cosworth, che nel 1983 si impose solamente a inizio stagione in circuiti cittadini, ovvero a Long Beach, dove Watson compì una rimonta da record vincendo dopo essere partito dalla 22esima posizione, poi a Montecarlo con Rosberg e infine con Alboreto a Detroit, 155esima e ultima affermazione per Cosworth in Formula 1. I successivi cinque Gran Premi furono appannaggio della Ferrari di Arnoux, che recuperò terreno dopo un inizio deludente, e della Renault di Prost, avviato verso la conquista di un titolo che sembrava ormai una formalità, dato che dopo l’appuntamento di Zandvoort, dove tra l’altro la Mclaren di Lauda fu spinta per la prima volta dal Tag-Porsche, la classifica vedeva il francese saldamente al comando con 51 punti, contro i 43 di Arnoux e i 37 di Tambay e Piquet, poi quest’ultimo vinse due gare consecutive e approfittò degli errori di Prost e della Renault, nel frattempo divenuta anche fornitrice della Lotus, per cogliere a Kyalami un terzo posto che fu sufficiente per concludere la rimonta e permettere alla Brabham di conquistare il primo titolo nell’era del turbo. In occasione del Gran Premio del Sudafrica tra l’altro la Williams scese in pista con il motore sovralimentato della Honda, che nel corso della stagione aveva debuttato grazie alla piccola scuderia Spirit, aggiungendosi al lotto delle vetture Turbo insieme all’Ats, che aveva stipulato un accordo con la Bmw, e l’Alfa Romeo, protagonista della propria migliore stagione dal rientro grazie ai risultati ottenuti da De Cesaris al volante della 183T equipaggiata dal turbo V8 tipo 890T. Già a campionato in corso erano sorte grandi polemiche in quanto era opinione di alcuni che la Brabham utilizzasse benzine irregolari, ma dopo un ammissione scritta di Ecclestone, che dichiarò di aver errato in buona fede, nessuno sporse reclamo e il titolo venne convalidato, opzione tesa ad accontentare tutti e nessuno, ma soprattutto a scatenare un dibattito eterno in merito alla regolarità del titolo conquistato in pista dal team britannico.
Superate le polemiche, la Formula 1 si apprestò ad affrontare nel 1984 il festival del Turbo: Williams, Lotus e Mclaren consolidarono la propria partnership e si apprestavano a sfidare Brabham, Renault e Ferrari, la Ligier passò al motore Renault, l’Osella ottenne i propulsori dall’Alfa Romeo, la Spirit ricevette il sostegno della Hart e la Arrows si accordò con la Bmw battendo sul tempo la Tyrrell, che tentò senza fortuna di trovare un accordo con la Porsche e dovette accontentarsi ancora dei tradizionali motori aspirati Cosworth, una vera e propria beffa considerando l’ironico soprannome coniato da Ken Tyrrell a Silverstone nel 1977 per la “teiera gialla” Renault e per il suo motore Turbo, ormai fondamentale per poter essere competitivi nel Circus. Il team del “Boscaiolo”, ormai lontano dai fasti dei primi anni settanta, nel corso della stagione subì l’onta della squalifica a causa dei pallini di piombo inseriti nel serbatoio del liquido refrigerante che secondo Tyrrell servivano per mantenere la vettura nei limiti di peso previsti del regolamento, mentre la federazione contestò la situazione in quanto le zavorre dovevano essere necessariamente ispezionabili, accusando la scuderia di frode. La diatriba proseguì trovando il proprio epilogo a Zeltweg, dove Johansson mancò la qualificazione e l’altra Tyrrell di Bellof venne squalificata risultando sottopeso di 3Kg: per la prima volta dal 1967 non vi fu nemmeno un Ford Cosworth al via di un Gran Premio di Formula 1, mentre il team britannico vide definitivamente cancellati i risultati della stagione, con la possibilità di iscriversi alle gare pur senza la facoltà di conquistare punti, perdendo l’appoggio degli sponsor e avviando un lungo declino culminato con la definitiva scomparsa sul finire degli anni novanta. La stagione dei Gran Premi proseguì con lo spettacolare duello tra Lauda e Prost, alfieri di una Mclaren destinata a recitare il ruolo di protagonista negli anni a venire, mentre la Renault si trovò ai margini e dovette accontentarsi di modesti piazzamenti, fino al mesto ritiro avvenuto alla fine del campionato 1985, pur confermando l’impegno come motorista.


Consolidata la presenza dei motori Turbo, che tra il 1985 e 1986 diventarono gli unici presenti in griglia e poi gli unici ammessi, i progettisti si trovarono a confronto con una nuova sfida: quella relativa ai consumi, in quanto nel tentativo di limitare le prestazioni, dal 1984 venne vietato il rifornimento e fissato il limite standard del serbatoio a 220 litri, capacità che l’anno seguente scese a 195; nonostante alcuni incidenti di percorso, gare interrotte anzitempo per mancanza di carburante e finali anomali come quello di Imola nel 1985, la velocità delle vetture continuò ad incrementare e i cavalieri del rischio nell’era del Turbo si trovarono al volante di mostri dalla scarsa maneggevolezza capaci di sprigionare potenze incredibili, superiori ai mille cavalli nelle configurazioni da qualifica, in un contesto dove la sicurezza non aveva ancora trovato spazio sufficiente, come dimostrato dal tragico incidente occorso a Elio De Angelis, decollato a causa del distacco dell’alettone posteriore avvenuto a piena velocità durante un test al Paul Ricard dove le misure adottate si rivelarono fatalmente inadeguate. La scomparsa del pilota italiano, l’idea che le monoposto stessero diventando ingestibili e il continuo incremento dei costi portarono la Federazione a stabilire un piano di progressiva eliminazione dei motori sovralimentati attraverso una serie di limitazioni tecniche che avrebbero guidato i team verso il ritorno agli aspirati a partire dal 1989.

Nel 1987, anno caratterizzato dall’avvincente battaglia in casa Williams, con successo di Piquet su Mansell, venne ulteriormente ridotta la capacità dei serbatoi, oltre alla pressione di sovralimentazione, mentre in griglia tornarono alcune vetture con motori aspirati, ai quali venne dedicata una classifica riservata intitolata a Jim Clark, trofeo conquistato dalla Tyrrell di Jonathan Palmer. Nel 1988 la pressione di sovralimentazione consentita scese a 2,5 bar, mentre la quantità di carburante venne ridotta a 150 litri, ma i cambiamenti regolamentari non impedirono alla Honda, nel frattempo passata dalla corte di Sir Frank Williams alla Mclaren di Ron Dennis, di confermare il proprio dominio, grazie a quindici successi su sedici Gran Premi, dei quali nove conquistati dall’astro nascente Ayrton Senna, ultimo campione del mondo “Turbo” nella storia della Formula 1. Il ritorno agli aspirati creò l’illusione di poter tornare a competere con costi contenuti, idea che fece incrementare il numero degli iscritti a trentanove unità, con venti team e sette motoristi a dare vita al nuovo corso della categoria regina del Motorsport, dove nei successivi lustri, con titoli conquistati come motorista e come scuderia, tra i protagonisti assoluti vi sarà proprio la Renault.

Mister Brown

 

 

KERPEN 03/01/1969

La data in cui nacque IL CAMPIONE!

Non voglio scrivere il solito articolo che narri la leggenda, fatto e strafatto di solite argomentazioni su Michael, o finire a mia volta a dar false speranze sulle condizioni del RE, quello lo lascio ai soliti che se ne ricordano di lui, quando la stampa parla della ricorrenza del suo incidente, o il giorno del suo compleanno, ma lui non si merita questo e sopratutto non lo vorrebbe.

Non l’ho sempre considerato un mito, vi son stati momenti alterni, legati a stupore e incredulità, o forse mero complottismo, ma ancora oggi ricordo quando lo vidi qualificarsi settimo a Spa, sulla F1 più bella che sia mai esistita (Jordan 191). Solo pochi giorni dopo, vederlo passare davanti a me, sulla Benetton B191 a Monza, facendomi notare quale sia la sua classe e livello, iniziando a credere che sia uno di quei fenomeni predestinati.

Lo ricordo vincere a Spa 1992, fra il fortunoso e la bravura, quel giusto mix che rende il campione capace di saper sfruttare a proprio vantaggio, anche i suoi stessi errori. Lo ricordo perchè seppe mettere in difficoltà campioni come Prost o Senna. Lo ricordo per essere riuscito a mettere molte persone contro di lui, iniziando a credere che dietro alle sue prestazioni, ci fossero degli imbrogli, ma riuscendo a vincere un titolo anche dopo mille penalizzazioni e squalifiche. Lo ricordo vincere anche con solo una o due marce a Barcellona, beh, li non ci credetti che fosse possibile, eppure lo fece.

Lo ricordo per le sue collisioni e i pareri contrastanti che esse creavano in me. Di stupore e fastidio, quando si prese dentro con Hill ad Adelaide 94, di sgomento e tristezza, quando firmò malamente la resa, cercando il contatto con Villeneuve a Jerez 97, o rabbia per quella con Coulthard a Spa 98.

Lo ricordo, odiato dai Ferraristi, che in un sol colpo lo amarono, quando vinse con la rossa, sopratutto in una incredibile corsa a Monza. Lo ricordo, quando gli dissero; “Michael, per vincere la corsa devi fare 20 giri di qualifica” e lui disse “Ok” facendoli.

Lo ricordo, quando seppe mettercela tutta per tornare alla guida della rossa, anche dopo aver rischiato la vita, quando seppe fare il gregario e lo ricordo quando mostrò il suo lato umano, scoppiando in un pianto, nella sala interviste di Monza 2000, quando ormai pareva che quel titolo a Maranello non ci fosse speranza di conquistarlo.

Lo ricordo, quando mi fece piangere, gioire e disfare il salotto, a Suzuka 2000, riuscendo a riportare l’iride a Maranello, iniziando l’era del RE.

Lo ricordo battere ogni rivale, più giovane o meno e non riservar gentilezza in pista, manco a fratello. Lo ricordo per essere uno che avrebbe asfaltato chiunque, per ottenere pole e vittoria.

Lo ricordo capace di correre, a Imola 2003, con la tristezza e il pensiero verso la madre che stava per abbandonarlo, capace di volare all’ospedale appena finite le prove e il giorno dopo, con il lutto nel cuore, correre e vincere la corsa.

Lo ricordo rientrare ai box, a Suzuka 2006, dopo l’esplosione del motore e le speranze iridate che volavano via, ed assistere a Michael che abbraccia ad uno a uno i suoi meccanici, forse più affranti di lui, per consolarli.

Lo ricordo, nella sua ultima corsa in rosso, in Brasile 2006, quando ormai era chiaro che i bonus di fortuna fossero esauriti e tutto iniziasse a girare storto, ma lui non si arrese e ci regalò una corsa incredibile, ad un ritmo indiavolato, sorpasso dopo sorpasso. Qualche giro in più e sarebbe stato forse capace pure di vincerla, perchè quel giorno era oltre a qualsiasi pilota.

Lo ricordo fare la “pole” a Monaco con la Mercedes, a 43 anni suonati.

Lo ricordo salutare tutti, per lasciare la F1…

Lo ricordo…

…lo ricordo perchè è stato IL PILOTA e anche L’UOMO, perchè era quello che poteva fare qualcosa di impossibile, perchè sembrava uno che niente lo scalfisse, mentre invece alle volte le cose lo scalfivano, rendendolo umano.

Potrei scrivere per delle ore su di lui…mentre forse vorrei solo potergli scrivere o dire qualcosa…

Grazie e Auguri CAMPIONE

Saluti

Davide_#keepfightingMichael_QV

LETTERA A BABBO NATALE

Caro Babbo Natale, ti scrivo questa letterina sperando che almeno qualcuno di questi desideri
possa avverarsi…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Vorrei che tu chiedessi alla Befana di portare un pò di carbone a Toto Wolff; sia chiaro, carbone rigorosamente tedesco. Vedi…il nostro ha la straordinaria abitudine di essere un vincente (prima a dir la verità piagnucolava ogni giorno che se continuavano a perdere si sarebbero ritirati…); ma accade che il suo prenderci in giro (e lo fa divinamente sia chiaro) diventi alla fine un pò noioso, una volta scoperto che se dice una cosa, è vera quella contraria…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Poi, mi piacerebbe che qualcuno spiegasse a Luigino che no, a Natale non è nato lui, e che per quanto sia uno straordinario pilota, non fa ancora i miracoli. Per questo vorrei che trovasse sotto l’albero una settantina di chilogrammi di modestia.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Vorrei regalare a Valterino una nuova divisa da maggiordomo. Quella che ha è ormai consunta, è stata usata tanto e proficuamente, ed il nostro pinguino finnico ha bisogno di una nuova tuta, splendida splendente.

Vorrei che tu regalassi una dose extra di salute per il grande Niki Lauda. E ovviamente vorrei che assistesse alla vittoria della Ferrari in entrambi i mondiali.

Vorrei che Pirelli, sotto l’albero di Natale (fatto rigorosamente in Turchia e di plastica riciclabile) trovasse la formula perfetta per fare finalmente gomme degne di tale nome. Insomma, che diventassero semplicemente quegli affari tondi e neri dalle cui bizze non dipende tutta una gara. Una variabile indipendente e non una variabile determinante. Come era negli anni in cui, da ragazzino, seguivo le gare di Formula Uno. Tu pensa..c’era gente che vinceva le gare anche con le gomme spiattellate.

Vorrei regalare a Luca Cordero di Montezemolo una macchina della verità con annesso pentotal. Mi piacerebbe sottoporlo ad una seduta per chiedergli come mai, negli anni novanta, fece prima la voce grossa per un sacrosanto campionato alternativo alla Formula Uno, e sembrava fare su serio… salvo poi rimangiarsi tutto. Ma non solo, vorrei chiedergli come mai alla fine del suo regno a Maranello si lamentò della mancanza dei test in pista, dell’abuso dei simulatori e di altre follie ancora oggi presenti, quando fu lui stesso, con il silenzio-assenso, ad avallare quelle robe e pure un regolamento che il compianto Marchionne avrebbe giustamente e splendidamente definito come “scritto da 4 ubriachi al bar”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Mi piacerebbe che tutto il Team di Maranello trovasse sotto l’albero di Natale un grande contenitore di serenità e umiltà. Servono entrambe per vincere.

Vorrei che Seb, vero ferrarista, ricevesse sotto l’albero un pacchetto di un’ottima tisana rilassante, e una copia del libro “L’arte della guerra” di Sun Tzu, affinché capisca quanto è importante comprendere i punti deboli dell’avversario e volgerli a proprio vantaggio.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Vorrei che qualcuno regalasse ad Arrivabene un lunghissimo viaggio in giro per il Mondo, pieno di agi e confort, ma lontano dagli week end di Formula Uno…

Vorrei che gli agli attuali capi della Ferrari (Elkann e Camilleri) ricevessero in dono un pò dello “spirito” di Marchionne nel gestire e tenere unita una squadra come la Ferrari. Servirebbe. Eccome.

Vorrei che a Mattia Binotto fosse consegnata sotto l’albero una dose extra di pazienza. Serve, eccome, la sua competenza e le sue capacità organizzative. Disuniti si perde.

Vorrei che una cassa di buon senso arrivasse ai piani alti della FIA. Regolamenti assurdi, commissari impreparati, interpretazioni tecnico-regolamentari alquanto discutibili, iper-tutela di AMG e Hamilton (che non ne hanno bisogno visto che vincono meritatamente). A Place de la Concorde a quanto pare il buon senso è merce rarissima, se non quasi introvabile. Ma non demordiamo…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Vorrei regalare un bonus extra di maturità per Max. Non che non abbia già mostrati notevoli segni di maturità ma ecco, vorrei che il processo di crescita professionale fosse un pochino… accelerato.

E’ evidente, caro Babbo Natale, quale sia il mio desiderio, un desiderio immagino condiviso da milioni di persone in tutto il globo terracqueo. Che la Ferrari torni a vincere il Mondiale. Vedi, checché se ne dica, tu esisti, ed inoltre hai la tuta rossa! Quindi sei automaticamente dalla parte dei ferraristi.
Una vittoria iridata sarebbe davvero una bella ventata di ossigeno. Però, è anche vero che nella vita reale (e nello sport) non ti arriva nulla da nulla. A meno che, sia chiaro, non ci sia una mammina generosa che prepari regolamenti tagliati su misura per te.
Ma a chi piacerebbe vincere a mani basse uno o due mondiali senza concorrenza? A me certamente no, e credo neanche a tutti coloro che si proclamano sinceri sportivi. Detto questo, ecco mi piacerebbe se, sotto l’albero di Natale tu portassi, almeno, qualche botta di culo a Maranello. Per quando potrebbe servire. E certamente non guasterebbe. Perché al netto degli errori e dei limiti degli uomini in rosso, siamo storicamente in credito con la dea bendata.

E in conclusione, mi piacerebbe, ed ora torno dannatamente serio, rivedere Michael. Il cristianesimo è intriso del senso del miracolo. Anche se razionalmente non ci crediamo (ed è giusto così) talvolta le cose inspiegabili accadono…e non aggiungo altro…io comunque prego sempre per lui.

Mariano Froldi, Direttore Resposabile di FunoAT

Simulazioni e videogiochi: accendi il Pc e scalda i motori

Nel vastissimo panorama degli sport, individuali o di squadra che siano, gli appassionati tentano spesso di praticare la propria passione per puro diletto, per ambizione oppure per immedesimarsi e sentirsi per qualche ora vicini ai propri beniamini. Per tanti, a prescindere dai risultati, è piuttosto semplice poter praticare il proprio sport: pullulano ad esempio gruppi per l’organizzazione di partite a calcio e calcetto, con tanto di tornei, campionati e chi più ne ha più ne metta, oppure squadre amatoriali di pallavolo, basket o altre discipline. Ben diversa la sorte per gli amanti della Formula 1 e del Motorsport in generale, considerando il tempo necessario per organizzare una semplice giornata in pista e i costi, spesso insostenibili, per poter girare; tutto questo escludendo le gare vere e proprie o la variabile dei danni, fattori che rendono il mondo dei motori inavvicinabile per la stragrande maggioranza dei propri fedeli. In soccorso di questi ultimi sono arrivati volanti con ritorno di forza, sedili di impostazione “Racing” e accessori vari da abbinare secondo la propria fantasia e manualità a strutture in grado di riproporre l’abitacolo di una vettura per essere utilizzati in simulazioni sempre più realistiche, con tanto di campionati online, alcuni di essi frequentati anche da piloti professionisti ; in questo capitolo ci dedicheremo ai videogiochi che hanno tentato di riproporre l’avventura di un pilota di Formula 1 attraverso una o più stagioni alla guida di una vettura da Gran Premio.

L’alba della F1 virtuale: Grand Prix Circuit 

La strada per giungere alle moderne e sofisticate simulazioni è stata lunga e ha viaggiato di pari in passo con il progresso, a partire da quel “Pole position” che all’inizio degli anni ottanta fece scuola per una serie di videogiochi arcade con la vettura in primo piano, grafica 2D e scarse pretese di avvicinarsi alla realtà, puntando essenzialmente all’immediatezza del prodotto in un’era dove il videogame aveva le radici nelle sale giochi, tra il fumo di sigarette, atti di nonnismo e la gloria eterna di chi con 50 lire monopolizzava una macchina per un’ora arrivando fino all’ultimo livello. Il primo tentativo di portare i giocatori nell’abitacolo di una vettura da Gran Premio risale alla fine degli anni ottanta con l’uscita di Grand Prix Circuit della Accolade. Il menù principale era essenziale ma permetteva di inserire il proprio nome, settare il numero di giri di gara e il livello di difficoltà, relazionato non solo alla bravura degli avversari ma anche al controllo della vettura, oltre alla scelta delle modalità di gioco tra pratica, gara singola e quella più ambita: il campionato del mondo di Formula 1!
Una volta scelta la vettura tra Ferrari F187/88c, Williams Fw12 e Mclaren Mp4/4, per le quali ogni schermata riportava anche le caratteristiche tecniche, ci si trovava al via di un mondiale con otto prove, ovvero Jacarepagua, Montecarlo, Montreal, Detroit, Silverstone, Hockenheim, Monza e Suzuka. La grafica era sempre 2D, ma la visuale dell’abitacolo dava un tocco di realismo e tra lo scorrere delle curve in sequenza i programmatori avevano curato anche i dettagli, come ad esempio lo sfondo, pertanto si potevano ammirare i monti a Rio de Janeiro e i grattacieli a Detroit, particolari non di poco conto considerando i prodotti dell’epoca. La mancanza della licenza ufficiale portò a nomi di fantasia, pertanto chi ha vissuto l’epopea di Grand Prix Circuit non potrà certo dimenticare gli epici duelli con Bruno Gourdo, Travis Daye e Don Matrelli, con animazione di festeggiamenti sul podio e classifica aggiornata gara per gara fino al termine del mondiale.

Il gioco è ovviamente “abandonware” e si può scaricare gratuitamente qui: 
Per funzionare su un moderno Pc basta farlo partire con DosBox, che si trova a questo link:

 

Rivoluzione videoludica: da F1GP a GP4 

Nei primi anni novanta, dalla mente di Geoff Crammond, nacque Formula One Grand Prix, quella che può essere considerata la prima vera simulazione di guida su Pc, all’epoca un prodotto all’avanguardia sotto ogni punto di vista. F1GP era dedicato al mondiale 1991, con tutte le piste e le livree originali delle vetture di quella stagione, senza licenza Fia ma con la possibilità di personalizzare i nomi e inserire quelli originali oppure a propria scelta, una soluzione che dava un tocco in più alla longevità. Si potevano disputare tutte le sessioni di un vero campionato, compresa la possibilità di settare la durata al 100%, sui circuiti nel calendario del mondiale 1991, ovvero Phoenix, Interlagos, Imola, Montecarlo, Montreal, Città del Messico, Magny Cours, Silverstone, Hockenheim, Hungaroring, Spa, Monza, Estoril, Catalunya, Suzuka e Adelaide; ogni circuito, seppur con le limitazioni dovute alla grafica dell’epoca, era ripreso minuziosamente con angolo esatto delle curve, cambi di pendenza, sabbia, muretti e vari particolari che permettevano al “pilota” di impegnarsi realmente sui tracciati di tutto il mondo.
Ad integrare il gradevole risultato di grafica e sonoro, una buona gestione della velocità, livelli di difficoltà personalizzabili e un grande spazio dedicato al setup della vettura, un fattore importantissimo per rendere l’esperienza particolarmente  realistica, considerando che impostando la difficoltà al massimo ed eliminando gli aiuti non era certo semplice ambire alla vittoria ed evitare errori.

Vi è tornata la voglia di provarlo ma non avete più l’amiga 500 o il vecchio Pc con Dos? Nessun problema, al link seguente è possibile scaricare una versione “abandonware” che installa anche Dos e permette di far partire il gioco automaticamente:
http://www.oldgames.sk/en/game/formula-one-grand-prix/ 

Sulla scia del successo del primo capitolo, a metà degli anni novanta uscì il secondo, ovvero Grand Prix 2, dedicato al mondiale 1994 e impreziosito da un nuovo motore grafico dotato di SVGA con supporto alla risoluzione 800×600 e mappatura texture 3D, caratterizzato inoltre da una crescita evidente dell’intelligenza artificiale, il tutto completato dalla licenza ufficiale Fia con inserimento dei nomi reali di team e piloti, sempre con la possibilità di modificarli a proprio piacimento. Seguendo la linea tracciata da Formula One Grand Prix, vi fu anche questo caso l’intenzione di immergere il giocatore in un’esperienza realistica, motivo per cui oltre ad un’ottima gestione della fisica e dei danni, che imponevano la massima attenzione in pista, venne implementata l’influenza del setup, per cui le regolazioni della vettura e la strategia di gara influivano in modo evidente sulle prestazioni del mezzo. Grand Prix 2 divenne presto un gioco di “culto” al punto da resistere per anni nei Pc degli appassionati, alcuni dei quali hanno generato un’infinità di modifiche, nuovi circuiti, vetture e tanto altro, arrivando ad un archivio che permette di disputare con Gp2 tutte le stagioni del mondiale di Formula 1 e non solo, cliccare su questo link per credere:
http://www.grandprix2.de/ 

Anche in questo caso è possibile scaricare una versione “abandonware” che installa anche Dos e permette di far partire il gioco automaticamente, la trovate qui: 
http://www.oldgames.sk/en/game/grand-prix-2/ 

Nonostante la grande disponibilità di editor, mod, circuiti e altro ancora, oltre alla già citata longevità di Grand Prix 2, i fan più accaniti attendevano ormai con ansia un nuovo capitolo e finalmente, dopo quattro anni, arrivò il terzo: Grand Prix 3, un prodotto destinato a migliorare l’esperienza di Gp2 pur senza stravolgerne le caratteristiche principali, in poche parole “squadra che vince non si cambia”. L’impatto grafico per l’epoca fu notevole, con la visione dall’abitacolo impreziosita dai movimenti di volante e ruote, texture delle altre vetture e dei circuiti dettagliate, particolare attenzione per dettagli, ombre ed effetti climatici, oltre ad una buona sensazione relativa alla velocità. Il lato tecnico, sviluppato con la consulenza eccezionale di tecnici e piloti Arrows, non deluse certo gli appassionati, ancora più impegnati nel tentativo di controllare la vettura sia in condizioni di asciutto che sul bagnato su tutti i diciassette circuiti iridati, a confronto con un’intelligenza artificiale più complessa e personalizzata, ovvero con differenza di comportamento tra i vari piloti.
La versione originale permetteva di rivivere il mondiale 1998, poi venne rilasciato un aggiornamento per la stagione 2000, anche se a far vivere il gioco per lunghi anni furono sicuramente le numerose modifiche sorte nel periodo successivo fino ai giorni nostri, di cui trovate un database a questo link: 
https://www.grandprixgames.org/index.php?16 

Qui invece un forum in costante aggiornamento: 
http://www.grandprixgames.org/list.php?1 

L’ultimo capitolo della saga di Geoff Crammond è Grand Prix 4, uscito nel 2002 con licenza Fia del 2001, un’ulteriore miglioramento di quanto già prodotto precedentemente, mantenendo ancora una volta una certa coerenza nel progetto pur lavorando per perfezionarlo. Seppur con qualche mancanza, come ad esempio i cockpit tutti uguali, i danni non sempre realistici, o le ruote che uscivano dall’erba o dalla sabbia senza alcuna traccia di sporco, la grafica di Grand Prix 4 fece un notevole salto in avanti, sia per quanto riguarda l’immagine di vetture e circuiti, sia per gli effetti quali le scie sul bagnato o il fumo rilasciato dalle auto, fattori impreziositi dalle mod che permettevano di installare la grafica televisiva con elenco posizioni e distacchi in tempo reale come nelle vere dirette. Il numero sempre crescente di seguaci della serie di Crammond ha portato per il quarto capitolo ad un lavoro ancora più intenso per quanto riguarda l’editing: in questo caso attraverso un programma denominato Zaz Tools è possibile caricare numerosissime stagioni e farle partire a scelta, modificando anche l’ordine dei circuiti a proprio piacimento. Riassumiamo il tutto con un link dove troverete centinaia di auto e circuiti, con stagioni complete a partire dagli anni sessanta fino ad oggi:
https://www.grandprixgames.org/read.php?4,1078780,page=1
Di seguito altri due siti completi di numerosi file per modificare la base di Gp4
http://gp4forever.com/
http://www.gp4db.com/

La storia della F1 in un gioco: F1 Challenge 

Il principale “competitor” di Grand Prix 4 era indubbiamente F1 Challenge 99-02, un gioco forse meno completo rispetto a quello di Crammond, ma in grado di offrire per la prima volta l’occasione di simulare una breve carriera di quattro stagioni, oltre ad essere particolarmente versatile relativamente alle modifiche, il ché ha posto le basi per arrivare alla mod più completa mai realizzata: F1 Challenge Vb, di cui trovate tutte le informazioni a questo link:
http://valpaso75.xoom.it/
Attraverso un’unica interfaccia il giocatore ha la possibilità di selezionare una qualsiasi stagione dal 1950 ad oggi, cimentandosi in un campionato dove non solo vengono inserite le vetture e i circuiti originali di ognuno, ma pure le variazioni di livree, caschi e piloti avvenute nel corso della stagione! Una volta avviato, F1ChallengeVB funziona con la classica scelta tra prove libere, gara e campionato, variando gli aiuti e i parametri della gara, inoltre il software registra i dati di ogni stagione permettendo all’utente di percorrere una vera e propria carriera, lunga per quante stagioni si desidera, come un vero pilota. Non mancano aggiornamenti costanti che accrescono continuamente il database, tanto grande da fungere da enciclopedia dei gran premi, grazie alla presenza di tutti i campioni che hanno animato le gare per oltre 60 anni, piloti che potranno essere sfidati da casa, da Senna a Schumacher, da Fangio a Clark, da Villeneuve a Stewart e tanti altri, in piste classiche come Imola o Spa, oppure moderne come Sepang o Austin, oltre a decine di circuiti di tutto il mondo inseriti come extra.
Per maggiori informazioni potete seguire la pagina 
F1 Challenge Vb all season

Uno sguardo al passato: Grand Prix Legends 

I videogiochi sportivi tendono solitamente a proporre un database aggiornato e possibilmente dotato di licenza ufficiale, in quanto i giocatori amano solitamente confrontarsi con i campioni protagonisti delle dirette televisive e vedere sullo schermo le ultime novità relative al proprio sport. Grand Prix Legend rappresentò invece un punto di rottura in quanto riportò i piloti virtuali a sfrecciare ad oltre duecento chilometri orari sulle indomabili vetture degli anni sessanta tra i pericolosi circuiti delimitati da fossati e staccionate. Il primo impatto non poteva che essere positivo vista l’eleganza e la completezza dei menù, inoltre il gioco era dotato di un’accuratezza davvero notevole riguardo grafica e sonoro, ma un altro particolare da subito evidente era certamente la difficoltà nella giocabilità in quanto la vettura, esattamente come quelle dell’epoca cui si riferisce il gioco, era complessa da gestire anche in rettilineo, motivo per cui il titolo tendeva a rivolgersi principalmente ad un pubblico di appassionati disposti a dedicare un buon numero di ore all’apprendimento. In poche parole, Grand Prix Legends non era per tutti, per goderlo appieno ci volevano gli attributi e la passione di Jim Clark, Jack Brabham, Lorenzo Bandini e gli altri protagonisti di quella folle e straordinaria epoca di cavalieri del rischio.

Verso la simulazione: Gtr2

La casa produttrice Simbin presentò il gioco Gtr Fia Gt nel 2004 etichettandolo come “io più fedele simulatore di sempre”, un programma dedicato alle vetture Gt che puntava essenzialmente alla fedeltà nella riproduzione grafica e soprattutto fisica, nel tentativo di riportare sullo schermo le reali sensazioni di guida di un auto da corsa. Gtr2 ha incrementato i pregi del primo capitolo e il database, qui formato da 34 circuiti e 144 vetture con le licenze ufficiali delle stagioni 2003 e 2004, annoverando nel proprio “box” bolidi come la Corvette C5-R, la Porsche 911, la Ferrari 360GTC, la Lamborghini Murcielago R-GT e altre, da provare in prove a tempo, gara singola o nei vari trofei dedicati. Questo prodotto ha traghettato il pubblico appassionato nel nuovo millennio della simulazione, grazie all’accuratezza dedicata a grafica e sonoro delle auto, possibilità di disputare gare in diverse condizioni climatiche o anche in diversi momenti della giornata, con particolare emozione nelle fasi notturne delle corse di durata, ma soprattutto per le innumerevoli regolazioni della vettura e la gestione del mezzo realistica e complessa, al punto da richiedere tassativamente un volante per potersi cimentare parzializzando acceleratore e freno e lavorando sullo sterzo con le dovute correzioni. Anche se il titolo è nato per le vetture a ruote coperte, sono sorte un buon numero di mod abbastanza accurate legate ad alcune stagioni del mondiale di Formula 1, completate dal rilascio di praticamente tutti i circuiti del mondo, passando dai classici Spa, Jarama, Zolder, Imola, Watkins Glen e tanti altri fino agli impianti moderni. L’installazione delle modifiche è intuitiva e rapida, questo sito offre un archivio vastissimo: 
https://esport-racing.de/

Formula 1 e non solo: Rfactor

Nel 2007 è nato Rfactor, programma simulativo inizialmente distribuito solamente attraverso download in rete e poi disponibile anche in formato pacchettizzato nei negozi, nato con l’intento di fornire un’avventura completa nell’ambito del Motorsport con particolare attenzione per il gioco on-line. La versione base conteneva un numero limitato di mezzi e circuiti, ma la comunità di Rfactor ha colmato la rete di tracciati stradali e permanenti, classici o sterrati, oltre a vetture di ogni tipo, tra vetture storiche, Gt, auto stradali, prototipi, ogni tipo di Formula e qualsiasi mezzo fino alle piccole ape car! Con un computer di buone prestazioni, un volante di livello quale ad esempio il G27 e il “coraggio” di eliminare i tanti aiuti che appiattirebbero l’esperienza di guida, Rfactor permette di immergersi un percorso infinito che porta il pilota virtuale a confrontarsi con ogni tipo di realtà legata alla propria passione, passando dalle corse storiche contro l’intelligenza artificiale fino alle entusiasmanti competizioni on-line, fattori che hanno contribuito al largo successo di Rfactor, fino all’uscita del secondo capitolo, che ne implementa le caratteristiche sotto ogni punto di vista.
I circuiti e le stagioni del mondiale di Formula 1 ci sono praticamente tutte, ecco alcuni siti dove cercare:

http://virtualracinggroup.net/downloads-mods/

La Formula 1 2.0 nella serie F1 Codemasters

Seguendo la via tracciata da Gtr2 e Rfactor, i programmatori impegnati nella realizzazione delle simulazioni legate al Motorsport hanno spinto sull’acceleratore verso la competizione in rete dedicata a varie categorie, con lo sviluppo di prodotti quali Project Cars, Assetto Corsa e IRacing, quest’ultimo dotato di un realismo “maniacale” relativamente alla mappatura dei circuiti e al comportamento delle vetture, non a caso utilizzato anche da numerosi professionisti. Si è creato uno spazio libero in quella fetta di mercato che con la serie Grand Prix di Geoff Crammond, oppure con F1 Challenge, dedicava la propria attenzione solo ed esclusivamente al campionato del mondo di Formula 1, un vuoto colmato dalla Codemasters, che annualmente dal 2009 rilascia un videogioco con tutte le licenze ufficiali, molto accattivante dal punto di vista grafico e sviluppato ogni anno nel tentativo di migliorare un’esperienza di gioco che, strizzando l’occhio sia all’arcade che alla simulazione, ha il proprio fiore all’occhiello nella modalità carriera, che lancia il pilota a confronto con gli sviluppi della vettura, il duello  con il compagno di squadra e i contratti delle scuderie, nella speranza di arrivare ad un top team e conquistare il titolo.

In questo caso il rilascio di patch, circuiti e stagioni alternative è meno frequente, ma vi sono alcune mod interessanti che permettono di vivere ogni aspetto di “F1”, compresa la modalità carriera, in stagioni passate, eliminando Drs, Safety Car e tutti gli orpelli inutili della Formula 1 attuale per rivivere le auto e le gare del passato, come ad esempio i mondiali 1980, 1986, 1993 e 1999 per F1 2014.

A questo link ( https://www.racedepartment.com/downloads/ ) trovate il database per i vari episodi della serie “F1”, è sufficiente selezionare il gioco nella colonna a sinistra.

Questo viaggio nel mondo delle simulazioni videoludiche non vi è bastato? Allora vi regaliamo un piccolo contributo video

Visto che abbiamo parlato di mod e videogiochi vi ricordiamo che, salvo i giochi abandonware liberamente disponibili per il download, è sempre necessario acquistare i giochi originali evitando di scaricare versioni pirata.

Allacciatevi le cinture e in bocca al lupo.

Mister Brown

I NUMERI DEL DOMINIO

Motorsport is dangerous.

E’ un fatto inoppugnabile, persino banale ma può esserlo non nel modo più ovvio che ci viene in mente. La passione per i motori può portare allo scontro se subentra la variabile “tifo”, con la conseguenza di arrivare a vedere le cose in maniera distorta, vedere solo quello che si vuole vedere e considerare solo quello che fa più comodo ad assecondare le proprie convinzioni. Arrivando a confondere un asino con un cavallo.

Per diramare la questione di solito ci si affida ai numeri e alle statistiche. Chi ha vinto di più, chi è stato mediamente più veloce, chi meno bravo, chi più efficace. Una bella tabellina, chi ha sommato più punti è il migliore e buonanotte al secchio.

Giusto? Non proprio, perché anche i numeri, nella loro “neutralità” possono non dire tutta la verità, ma indicare tendenze e offrire spiegazioni che possono essere facilmente manipolate ad uso e consumo dell’una o dell’altra corrente di pensiero in gioco. Però una buona mano la danno e soprattutto offrono a chi li maneggia senza preconcetti o pregiudizi la possibilità di ottenere un quadro della situazione, se non vero, quanto meno intellettualmente onesto. Ed è quello che proveremo a fare analizzando i numeri delle tre serie vincenti che hanno caratterizzato gli ultimi 20 anni: Ferrari 2000-2004, quello Red Bull 2010-2013 e quello Mercedes 2014-2018 (per il momento…). E proveremo a rispondere alla domanda principale: qual è stato il binomio pilota/monoposto migliore?

Ferrari 2000 – 2004

Viene spesso definito come il periodo più “tirannico” di sempre, sicuramente enfatizzato dalla fame agonistica di Schumacher e dalla scarsa simpatia che ispiravano Todt e i suoi metodi, su tutti il team radio di Zeltweg 2002. Di sicuro ha regalato alla F1 due delle monoposto più dominanti di sempre, la F2002 e la F2004. La percentuale di vittorie nel quinquennio è stata del 67%, 57 vittorie su 85 Gp disputati (MSC 48,BAR 9) e con entrambi i piloti al vertice della classifica nel 2002 e 2004, una media di 10,2 pole all’anno su 17 gare, con tre prime file occupate in media ogni anno. La media di podi è di 23,4, il 68,8% di quelli possibili.

La lotta per il mondiale fu particolarmente serrata solo nel 2001 e 2003 con tre vetture capaci di vincere e con prestazioni equiparabili. Il 2003 è stato l’unico caso tra quelli che osserveremo in cui i piloti e la scuderia vincente non hanno mai ottenuto una doppietta, anno in cui sono stati introdotti parco chiuso, unico giro lanciato in qualifica ed eliminazione del warm-up della domenica mattina.

Red Bull 2010 – 2014

Il filotto di 4 mondiali consecutivi ha fatto epoca, facendo accostare il nome di Vettel al gotha dei piloti più forti di sempre, probabilmente anche grazie alle performance offerte nel soffertissimo mondiale 2012. Annata in cui c’è stata la più bassa percentuale di vittorie tra quelli esaminati, appena il 35%. La percentuale di vittorie nel quadriennio è stata del 53% (34 VET, 7 WEB), la più bassa tra le tre oggetto di attenzione. Solo questo dato probabilmente può far affermare che è stato il binomio piloti/monoposto meno dominante tra i tre considerati. La media di pole è stata di 13 a stagione su 19.25 gare, indice di una monoposto mediamente molto veloce sul giro secco, data la media di 5,5 prime file occupate in media ogni anno, ma molto meno affidabile in gara, dato il relativo basso numero di vittorie realizzato, con 21,5 podi all’anno, il 55,8% del totale.

A discapito delle Red Bull, negli anni 2010 e 2012 ci furono anche Ferrari e McLaren come validissime opponenti, esaltate dal talento dei loro piloti di punta Alonso e Hamilton. Queste particolari condizioni di equilibrio oggi fanno sorridere, ripensando anche al fatto che gli anni dei 4 mondiali di Vettel vengono spesso ricordati come anni in cui il dominio Red Bull era totale.

Mercedes 2014 – 2018

E’ la serie che punta a superare quella della Ferrari del 2000-2004 e ha tutte le carte in regola per farlo. L’introduzione delle PU ibride ha modificato i rapporti di forza visti fino al 2013 e ha consegnato alla Mercedes un dominio praticamente incontrastato per 5 anni, conditi da altrettanti mondiali e con due piloti che ne hanno vinto almeno uno, cosa mai successa nei casi già visti in precedenza. La percentuale di vittorie è del 74% (51 HAM, 20 ROS, 3 BOT) con una media di pole a stagione di 16,8 su 20 gare che ne fanno la monoposto più veloce e vincente degli ultimi 20 anni. Anche il numero di prime file occupate è ben superiore agli anni di dominio Ferrari-Red Bull, con 10,2 di media all’anno.

Lewis Hamilton (GBR) Mercedes AMG F1 W07 Hybrid.
25.02.2016.

In realtà gli ultimi due anni, come ben sappiamo, sono stati molto più combattuti e solo una maggiore forza di squadra nel 2017 e un pilota superiore agli altri nel 2018, hanno permesso alla Mercedes di rimanere sul trono del vincitore.

Questi i “freddi” numeri che ci portano a fare una serie di considerazioni:

    • La squadra più dominante degli ultimi 20 anni è la Mercedes
    • Il quadriennio Red Bull è stato il meno dominante dei tre considerati
    • Hamilton è il pilota che ha vinto di più (51), con Schumacher a 48 ma con 15 GP in meno disputati nell’arco degli anni di dominio.
    • Hamilton ha avuto anche il compagno più ostico di tutti, Nico Rosberg, che gli ha “soffiato” 20 vittorie. In questo caso è da considerare la quasi totale mancanza di competitor negli anni 2014, 2015 e 2016, fattore che ha agevolato molto i piloti Mercedes.
    • La Mercedes è stata la monoposto più competitiva di tutte in prova, con tutta la prima fila occupata in media su una gara su due.
    • Mercedes e Red Bull hanno vinto il mondiale costruttori sempre prima dell’ultima gara. La Ferrari ha dovuto attendere la gara finale nel 2000 e nel 2003
    • Hamilton è il pilota con più pole, 52 (10,4 all’anno in Mercedes) seguito da Schumacher e Vettel a quota 40 (rispettivamente 8 in Ferrari e 10 in Red Bull, all’anno). Considerando anche le pole ottenute negli anni in cui non ha vinto il mondiale Vettel è a quota 50, mentre Hamilton è a 66. Rosberg è a quota 26 pole nel periodo 2014-2016 (8,6 all’anno)

Tutti e tre i periodi considerati sono stati interessati da rilevanti modifiche del regolamento tecnico che ne hanno sicuramente condizionato i risultati. In particolare l’anno 2003 vide corpose modifiche con il malcelato fine di interrompere il predominio Ferrari, cosa poi avvenuta nel 2005 e 2006, causa una monoposto non all’altezza e una meno efficace interpretazione del mass damper Ferrari rispetto a quello Renault. Successivamente ci sarà l’abolizione dei test privati che pesarono fortemente sulla competitività della Ferrari. Gli anni Red Bull ricordano la polemica sugli scarichi soffianti, aboliti una tantum nel 2011 e poi definitivamente nel 2012, cosa che però non ha scalfito il dominio della casa austriaca. Dominio che fu spezzato brutalmente dall’introduzione delle PU nel 2014, con la Mercedes unica in possesso di una valida e competitiva power unit.

In conclusione, ripensare agli anni in cui la F1 è stata cannibalizzata da un solo team rimette in discussione tutta una serie di assunti che, “a caldo”, si rivelano fallaci. In primis che tutti gli anni in cui si è fatto “filotto” siano stati ugualmente semplici, oppure frutto del talento di un singolo pilota o degli ingegneri a disposizione. In realtà le cose sono più complesse rispetto al generale assunto che una volta iniziato un ciclo vincente, le vittorie in divenire siano solo una conseguenza. In realtà la lotta per il mantenimento dello status quo è feroce e spesso si svolge più fuori dalla pista che dentro, complici gli ingigantiti interessi economici e mediatici che il circus ha saputo attarre. In quest’ultimo campo le cronache sono piuttosto eloquenti, con Ferrari che tra il 1999 e il 2005 ha saputo sfruttare molto bene il suo peso politico, ricordando le querelle su terzo pedale e differenziale McLaren, berillio dei motori Mercedes, diffusore williams nel 2001, gomme michelin e mass damper Renault. Poi è venuto il turno di Red Bull con gli scarichi soffianti e le deroghe alle mappature del motore Renault per esigenze di affidabilità, oltre al caso Pirelli del 2013. E infine Mercedes con i famigerati 1000 km di test in deroga, il regolamento sulle nuove PU che sembrò cucito su misura per venire incontro alla power unit Mercedes e le deroghe all’utilizzo di olio e additivi in camera di combustione.

Vince chi è più bravo in pista, ai box e chi ha più influenza politica per dirottare le decisioni dei commissari tecnici a proprio favore. I tre punti chiave sono:

  • un grande pilota: Schumacher, Hamilton e Vettel. Piloti capaci di unire il talento in pista a quello di catalizzatori delle dinamiche positive nel team. Il tutto condito da una fame di vittorie che non ammette condivisione con il compagno di team se non occasionalmente.
  • un team efficiente, capace e reattivo. Lo è stato il dream team Ferrari con Todt-Brawn-Byrne, quello Red Bull Horner- Newey anche se aveva e ha ancora la pecca di partire in ritardo prestazionale rispetto ad altri team per poi recuperare più di tutti nel corso della stagione e non ultima la Mercedes con Wolff che per metodi e carisma può essere definito un Todt 2.0, accoppiato a Costa, Cowell e Allison (due ex Ferrari con dente piuttosto avvelenato)
  • una grande influenza politica. Tutti e tre i team hanno saputo sfruttare le contingenze del momento per far valere più di altri le proprie ragioni nell’assicurarsi le migliori condizioni ambientali e far chiudere un occhio sui “buchi” del regolamento che potevano essere oggetto dell’attenzione dei commissari FIA. Senza guardare in faccia a nessuno.

Rocco Alessandro

Life is racing, all the rest is waiting