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La versione di Seldon: la staffetta dei campioni

Se passi all’ombra dei paddock li vedi tutti lì, i campioni di ieri. Si riposano e osservano, qualcuno si mischia ancora con quelli di oggi. Pacche sulle spalle, consigli (anche rimproveri), ma non giocano più o giocano poco. Qualcuno fa politica (sportiva). Comunque a bordo pista. Ma come ci sono finiti lì? Così giovani a fare i commentatori, gli opinionisti, gli intervistatori in griglia? Così freschi di vittorie chi ce li ha mandati a guardare chi è più bravo di loro, o solo più giovane?

Un messaggio!

Nel 1974 Regazzoni, alfiere della Ferrari, guida con a fianco il giovane Niki Lauda, da lui stesso consigliato a Enzo Ferrari. Clay alla guida della buona 312 B3/74 finisce la stagione dietro Fittipaldi a Watkins Glen dopo essere stato fino all’ultima gara in lotta per il titolo. Nel 75 arriva la 312T, e l’austriaco diventa tutt’uno con questa vettura, surclassando Clay praticamente in tutte l gare. Fu l’inizio della carriera vincente di Lauda e la fine per lo svizzero.

Nel 1977 un giovane canadese esordisce in F1. A Silverstone realizza il miglior tempo nel Warm-up. E’ un messaggio! E’ arrivato un purosangue in scuderia. E la Scuderia Ferrari lo ingaggia, (campione di motoslitte), prima al posto di Niki a fine 77, poi al fianco di Sheckter che nel 79 vincerà l’ultimo mondiale prima di quelli dell’era Shumacher. Uno dei “SE” più grandi della storia della F1, ma una certezza che quel messaggio era forte e chiaro!

Nel 1984 Lauda, rientrato in McLaren dopo uno stop dalle competizioni, riesce a vincere il campionato di mezzo punto sul compagno Prost che in verità aveva vinto due gare più di lui. Il francese era il presente , l’austriaco il passato che chiudeva in bellezza. Ma ricordiamo il 1984 per l’esordio di alcuni promettenti giovani, tra cui Streiff, Berger e Senna. E a Montecarlo su una Toleman e sul bagnato Senna mostrò chi era il futuro.

Nel 1991, stagione in cui Senna e Mansell ci fecero divertire mentre la Ferrari 642 deludeva tutte le aspettative derivate dalla bontà e competitività della 641 (come Sf71>>>>SF90…), faceva il suo esordio un giovane tedesco. Settimo tempo in qualifica con la Jordan  191 senza aver mai visto la pista….non sarà l’anno della consacrazione ma il buongiorno si vide dal mattino…

….arriva il 1994. Il giovane Shumacher non faceva neppure più notizia, era semplicemente fortissimo! Alla fine del campionato una delle sue azioni discutibili gli regala il primo mondiale (che dedica a Senna), portandolo sull’Olimpo proprio nell’anno in cui Senna andava in Paradiso (almeno così si augurano in molti), con un passaggio di testimone carico di significati per un Mondo, quello della F1, che non sarebbe stato più lo stesso.

Nel 2005 un giovane spagnolo, pilota di una dinamica scuderia italiana (la Benetton), guidata da un po’ troppo “dinamico” team principal, affronta in campionato il fresco 7 volte campione del Mondo Michael Shumacher sulla Ferrari. Assecondato da una controversa ma indubbiamente interessante ed efficace Renault, tiene testa al campione sulla cui vettura invece non si potevano raccontare le belle cose dell’anno precedente. Ma chi vince festeggia, chi perde spiega…

In particolare in una gara di cui ho già avuto modo di parlare (Imola 2005) Alonso tiene testa a Shumacher in un modo che recava il solito messaggio: è arrivato un altro campione, un nuovo Re. W il Re! Non è detto che a messaggio corrisponda la scadenza del vecchio Re, ma il count down è iniziato. E Shumacher si avviò al 1° abbandono.

Dopo soli tre anni, nel 2007 Alonso si accasa alla McLaren. Pensa e gli viene assicurato che avrà i mezzi e il sostegno per vincere ancora, invece trova sulla stessa macchina un giovane di colore, pupillo nientedimeno che del capo della scuderia Ron Dennis. Un sospetto lo avrebbe dovuto cogliere! In quella stagione, dopo sole due di gloria, arriva il solito messaggio mandato dal giovane Hamilton. Arrivano anche altri messaggi e comunicazioni da vari tribunali per una certa Spy Story, ma questa è un’altra lunga storia. Il testimone fu subito passato. Alonso non vincerà più un mondiale, Lewis 5 (5 e 3/4)!

Interlagos 2016 e Monza 2019, arrivano a distanza di tre anni due messaggi beneauguranti per la F1, due giovani che hanno nel sangue il DNA vincente. Verstappen, spesso discutibile per il poco rispetto degli avversari e non esente da errori mostra tuttavia un talento vero. Ha di fatto “eliminato” Ricciardo. Charles Leclerc, dopo una fp2 eccezionale e un anno di apprendistato in Sauber F1 è ormai un talento acclamato in Ferrari. Ha (con tempi da definire) di fatto ridimensionato “Vettazzoni”, come Lauda fece a suo tempo con Regazzoni.

La scadenza di Hamilton, e forse anche quella di Vettel, non la conosciamo, e non impedirà all’anglo-caraibico di vincere ancora, soprattutto questo mondiale 2019, o al tedesco di prendersi il mondiale in rosso tanto agognato, ma hanno trovato (abbiamo trovato) chi gli succederà. Non trascuro alcuni altri possibili, Norris e Russel, ma per ora solo potenziali concorrenti al titolo in futuro….

C’é nella F1 un ciclico avvicendarsi di campioni a volte duraturi a volte metore, e c’è quasi sempre un ostico rifiuto dei “vecchi” ad accettare i messaggi che arrivano dai “giovani”. E’ normale. Come poteva Shumacher pensare dopo quel 2004 che la carriera fosse agli sgoccioli? Come poteva Alonso credere, dopo due mondiali e il passaggio ad una scuderia blasonata come la McLaren, che non avrebbe più vinto un titolo con tanti anni davanti? Come può Hamilton, in forma smagliante, con una corazzata velocissima sotto il sedere pensare che sia quasi finita?

Eppure è così, e chi vuole leggere i segnali può farlo e interpretarli come si deve. La scadenza come detto sopra può essere discordante coi segnali, ma una volta ricevuti non è lontana…i campioni del presente perdono motivazione, entusiasmo, sicurezza…prima ancora della forma fisica. Nel 2006 Shumacher non era più, a soli due anni di distanza dall’ultimo titolo, lo schiacciasassi inattaccabile. Io ferrarista accolsi con tripudio la venuta di Raikkonen che consideravo in quel momento il più forte in griglia. Il ritorno del Kaiser fu quasi una mossa di marketing per Mercedes, e al di là della pole di Monaco, vederlo soffrire contro Nico Rosberg e fare errori da principiante, non fece piacere.

Succede che quello che sentono loro non corrisponde a quello che vediamo noi. Come quando cinquantenni ci guardiamo allo specchio e mormoriamo sottovoce: beh in fondo sono ancora in forma, non c’è pancia (insomma poca), ho ancora i denti (talvolta tutti i capelli), le ragazze mi guardano….vabbè…..! Non vediamo, e neanche i piloti vedono  l’abisso che ci separa da quando avevamo 20 anni.  Tra l’altro per loro il declino avviene prima dei quaranta. Ma ci possiamo giocare una fortuna che quando scendono in pista si sentono ancora ventenni, e per loro quell’ultima possibilità è sempre a portata di mano.

I messaggi? Non li leggono!

“Corri e fottitene dell’orgoglio
ne ha rovinati più lui che il petrolio
ci fosse anche solo una probabilità
giocala… giocala… giocala
giocala… giocala… giocala!”                           Vasco.

 

Antonio

 

Immagine in evidenza da: formulapassion.it

Ferrari ancora più veloce in Russia, doppietta Mercedes

Vinca il migliore. In Formula 1 non sempre succede. O, meglio, apparentemente non sempre succede. Perchè, a ben vedere, i risultati non sono mai frutto del caso, ma rispecchiano i valori in campo, in un modo o nell’altro. E, come diceva il grande Vecchio, “la sfortuna non esiste”.

La Ferrari è arrivata a Sochi con la curiosità di vedere se la straordinaria e inaspettata prova di forza di Singapore, seguita alle quasi annunciate vittorie di Spa e Monza, fosse la conferma della ritrovata competitività di un progetto, quello della SF90, nel quale ormai credeva solo la Ferrari stessa.

E, ancora una volta, la pista ha confermato: sempre davanti alla Mercedes nelle prove libere, pole di Leclerc con 4 decimi di vantaggio su Hamilton che ha acchiappato in extremis la prima fila, soffiandola a Vettel per pochi centesimi. Con Bottas e gli altri lontanissimi.

A Sochi il terzo sta meglio di tutti, e, infatti, alla partenza Vettel prende il comando grazie alla strategia concordata a tavolino, con Leclerc che gli dà la scia e impedisce che Hamilton faccia lo stesso. Ma non ce n’era bisogno, perchè Lewis pattina troppo e si fa superare temporaneamente anche da Sainz.

Sebastian si invola, ma Charles inizia immediatamente a reclamare la prima posizione. Ai ripetuti inviti del box di restituire la posizione, il tedesco risponde chiedendo che il compagno si avvicini di più. Ma il compagno non ce la fa, e resta staccato di diversi secondi, con Hamilton più o meno alla stessa distanza dietro di lui. L’inglese ha gomme più dure, ed è chiaro che si fermerà più tardi (in attesa di una Safety Car, dirà Toto Wolff dopo la gara…).

E così per ridare a Carlo ciò che è di Carlo, la squadra lo fa fermare al 23° giro, lasciando Vettel in pista quel tanto che basta per rimandarlo in pista dietro il compagno. A quel punto, con gerarchie ristabilite, Lewis teoricamente dietro di 6 secondi, e Bottas inesistente in quarta posizione, non resterebbe che aspettare che trascorra la restante metà della gara per festeggiare la terza vittoria di Leclerc, la quarta di fila per la Ferrari e la seconda doppietta consecutiva.

Ma al 27° giro ecco la doccia fredda: l’ibrido della macchina di Vettel cede di colpo, per motivi di sicurezza la squadra gli intima di fermare la macchina appena possibile, pur essendo a tre curve dall’entrata box. Sebastian esegue ma la deve lasciare nella via di fuga. Si attiva inesorabile la Virtual Safety Car che consente ad Hamilton di fare il suo pit-stop mantenendo la testa della corsa, in una replica al contrario di quanto successo lo scorso anno a Melbourne.

Ma, subito dopo la VSC, Russel va contro le barriere a causa di un problema ai freni, e viene mandata in pista la Safety Car reale. Charles vuole assolutamente mettersi a parità di gomme con Hamilton, la squadra lo accontenta ma lo fa entrare ai box un giro troppo tardi, facendogli perdere la posizione su Bottas.

Si riparte con 20 giri da fare, e la speranza, per la Ferrari, è la grande superiorità sui rettilinei, che dovrebbe permettere a Leclerc di passare agevolmente Bottas. Così non è, perchè la Mercedes con le gomme soft ha un gran passo, e, soprattutto, Charles non riesce ad uscire dall’ultima curva abbastanza vicino al finlandese.

Finisce così, senza emozioni ulteriori, con una doppietta Mercedes e la Ferrari che si porta a casa un terzo posto come contentino, ma anche tanto su cui riflettere, a partire dall’ennesimo problema di affidabilità, per continuare con l’altrettanto ennesima polemica-non polemica fra i piloti determinata da un Leclerc scalpitante e un Vettel che ai giochi di squadra non è mai stato avvezzo.

Al quarto e quinto posto le due Red Bull, partite con una penalizzazione e un “super-motore” Honda che le ha fatte rimontare ma di sicuro non brillare particolarmente.

La lotta fra le vetture della F1/B è stata interessante, con Sainz vincitore in sesta posizione assoluta, seguito da Perez, Norris, Magnussen e Hulkenberg a chiudere la zona punti.

Week-end pessimo per le Toro Rosso, anch’esse vittima di penalizzazioni per il cambio di motore, e, soprattutto, per le Alfa Romeo, mai veloci e con due piloti particolarmente pasticcioni (Kimi anticipa la partenza come un novellino, e Giovinazzi riesce a far fuori Grosjean e Ricciardo alla prima curva).

Prossima tappa: Suzuka. Riguardando le ultime 4 gare nel loro complesso, al di là degli entusiasmi per l’esplosione di Leclerc, la rinascita di Vettel e la ritrovata competitività della SF90, bisogna ammettere che se quella di oggi è stata una gara persa per un’episodio, le altre tre sono state vinte di strettissima misura. La Mercedes è ancora più consistente in gara, e non è detto che la SF90 sia diventata una macchina da mondiale. In Giappone avremo ulteriori risposte in merito a questo, ma suggerisco ai ferraristi di non farsi troppe illusioni, sperando di essere smentito.

P.S. 1: Meglio gestire due piloti affamati e scalpitanti, o un cannibale e il maggiordomo, facendo girare quest’ultimo 1 sec. al giro più lento per aspettare gli avversari?

P.S 2: Le regole 2021 non sono ancora state approvate. Pare che la maggior parte dei team voglia mantenere lo status quo, contestando alla FIA il fatto che le gare sono già spettacolari ora e non c’è bisogno di rivoluzionare l’aerodinamica. Se passasse questa linea, continueremo a vedere i sorpassi grazie all’undercut e le rimonte fermarsi quando il distacco arriva a 1,000 sec. Contenti loro…

P.S. 3: “bring back those f****** V12s”. E come dargli torto…

 

Immagine in evidenza dal profilo Twitter @MercedesAMGF1

La versione di Seldon: tutti ferraristi col pilota degli altri

Chi è “il ferrarista? Di cosa si nutre? Quale è il suo habitat? A queste domande tenterò di dare una risposta, come fossi un Alberto Angela qualunque, perchè penso che la specie si stia estinguendo. Paradossalmente in corrispondenza di magnifici eventi come quello di domenica la tendenza si amplifica, come se un meteorite letale diventasse una pioggia di tali micidiali rocce.

Cosa è successo?

La Ferrari ha vinto! E questo è il fatto di Singapore. Ha vinto con Vettel e Leclerc nell’ordine. Se avessi detto: hanno vinto Hamilton e Bottas nell’ordine avrei praticamente detto che ad ogni alba succede un tramonto. Invece è successo che per due ore circa il moto dei pianeti e delle stelle si è fermato per lasciare spazio ad una Fisica discordante. Il ferrarista vero in questi casi, sopraffatto dall’emozione, pronuncia frasi assurde come: “grazie Vanzini”,  abbraccia il televisore piangendo e stringe soffocandolo il bambino che era con lui sul divano. Di solito si riprende in tempo per salvare il bambino e sciacquarsi la bocca….dalla bava….sì, certo….!

Dico, è stato un giorno memorabile perchè inaspettato certo, ma soprattutto perchè squadra e piloti, dando il massimo hanno dato l’impressione di vincere facile. Una sincronia di decisioni e comportamenti in pista che avrei voluto vedere l’anno scorso, specie fino a Monza, dove la Ferrari aveva dimostrato una discreta competitività. Ma raccontiamo perchè questa memorabile impresa ha invece assunto i toni di una tragedia tra i tifosi (attenzione che qui “tifoso” si usa in una accezione negativa…)

Ad un certo punto, con Leclerc in testa (e dietro un trenino composto da  Lewis, Vettel, Verstappen e Bottas), si è aperta la finestra per il cambio gomme. La squadra ha chiamato Vettel prima di Leclerc (e ha spiegato il perchè…). Quest’ultimo, per eccesso di confidenza, per un calcolo sbagliato, per problemi che non conosciamo…ha fatto un giro piuttosto lento prima di entrare a sua volta a cambiare, e al rientro in pista si è ritrovato dietro Vettel.

Il giovanotto, vivaddio, è uno a cui il sangue scorre con una pressione notevole e non ha gradito il cambio di posizione, dicendolo chiaramente in radio. Che fosse più veloce si vedeva, e gli si è chiesto di fare come voleva ma senza fare lo stupido. E lui, che non lo è, ha detto: non farò lo stupido! Nel frattempo Vettel si è prodotto in una serie di sorpassi con rischio su piloti NON doppiati ed è arrivato ad avere circa 6 secondi di vantaggio sul monegasco. La questione agli occhi di un “ferrarista” era chiusa. Doppietta possibile, dunque “no cazzate”!

La tragedia.

Una moltitudine di tifosi, ferraristi per caso, hanno invocato il TO. A ciò i più turbati hanno fatto seguire insulti e bestemmie contro la squadra rea di aver rovinato la gara di Charles. Presunti e dichiarati fan della vettura (ma in realtà tifosi folgorati sulla via di Montecarlo, magari ex vetteline e vetteliani…) contro tifosi del tedesco, hanno messo in scena nei vari siti combattimenti virtuali con scambio di epiteti di vario genere, di fatto lasciando totalmente da parte la cosa più  importante, le ragioni della squadra, la quale obiettivamente non ha sbagliato nulla.  E io che credevo che per un “ferrarista”, come suggerisce l’aggettivo, la Ferrari venisse prima di tutto!

Mi sfugge nella protesta, nelle liti sul web, nelle accuse reciproche senza senso tra persone non imparentate coi due piloti, il fine ultimo.  Comunque non entro nel merito delle liti tra tifosi di questo o quell’altro pilota, ma sicuramente critico chi si professa tifoso della macchina e  non gioisce per la vittoria. Invero si trasforma in Hulk il verde se non si rende la vita facile al suo beniamino. Non mi ritrovo nella riproposizione in piccolo di certi comizi, tesa sempre e solo ad elevare a verità le opinioni. E invece i fatti sono lì, a portata di mano, semplici da leggere.

Il fatto.

Le squadre di formula1 mettono in pista due macchine, le quali partecipano al campionato per accumulare quanti più punti possibile per due graduatorie. Quella per scegliere la miglior vettura e quella per scegliere il miglior pilota. Da ciò consegue che bisogna mettere il più frequentemente possibile la propria macchina davanti alle altre. Se ne metti due la cosa diventa esaltante. Chi ci sia dentro ha, agli occhi del fan della vettura, una importanza relativa. Lo dice uno che adora Leclerc, uno a cui dopo decenni è tornato a battere il cuore.

Il cuore però è una cosa, la ragione un’altra. Cosa ha sbagliato la squadra nel mettere due macchine davanti a tutti nel giorno in cui ci aspettavamo tutti di fare nella migliore delle ipotesi quarto e quinto? Cosa ha sbagliato Binotto nel lasciare a Vettel la gioia di concretizzare il sogno di un anno? Cosa nell’insegnare al nostro 21enne fenomeno che ci sono interessi più alti, che ubi major minor cessat, che i piloti vanno e la Ferrari resta…cit?

C’è veramente qualcuno che ancora crede che si possa vincere il campionato piloti? Quale il perno delle discussioni? Gli 8 inutili punti a Charles o il suo altrettanto inutile per la squadra record di tre vittorie di fila all’esordio? Ma non è più bello, più giusto gioire per una domenica da incorniciare? A questo punto direi di tornare indietro, alle domande in testa, e di cercare giocosamente di rispondere ad un: chi siamo?

Fissiamo un criterio generale, con dei parametri oggettivi, come quando si giudica un vino. Eh già, ciascuno deve poter distinguere un buon ferrarista da uno cattivo (in modo da potersi difendere) e nel contempo assegnargli un punteggio da 0 a 100! Come si fa? Si individuano dei punti fermi di valutazione, si da a questi parametri un punteggio frazionale rispetto a 100, e si stabilisce così una scala di qualità. Mediocre, decente, buono, ottimo, eccellente. Cominciamo anche col dire che il ferrarista più è vecchio e più è buono, come appunto il vino. Ma come per il vino questa affermazione è valida se e solo se la materia di partenza è ottima o eccellente!

Punti 10-a chi soffriva di cuore e ha comunque guardato le gare di Gilles….

Punti 20-ai valorosi che hanno attraversato il mare degli sberleffi dal 1980 al 2000 (anche se da ferrarista vero si dovrebbe dire dal 1984 al 1999).

Punti 10-a chi nel ’90, svegliatosi alle 4 meno qualcosa per vedere come la Ferrari rivincesse il titolo dopo 11 anni a Suzuka, non ha fatto in tempo ad alzarsi dal divano che Prost era già fuori! E nonostante questo non è andato a cercare una donna da marciapiede, non si è drogato, e adesso ha famiglia e vive felice cercando di non farsi vedere quando piange….

Punti 10-di cui 6 a chi ha dovuto vedere la F92A per un’intera stagione e 4 perchè ha dovuto vederci sopra Capelli….che stimo!

Punti 10-a chi ha pianto la scomparsa di un nemico come Senna, senza il quale ci siamo dovuti abituare ad un livello più basso per un bel po’…

Punti 10-a chi non ha smontato casa e buttato la nonna dal terrazzo quando Michael ha riportato il titolo a Maranello e contemporaneamente ha reso onore nel periodo ad Hakkinen, a Kimi, a Jacques, a Hill…..

Punti 10-a chi nel 2007 ha detto a Kimi: ” sei un Dio”, ma abbiamo avuto tanto culo…..

Punti 5-a chi ha scelto di vedere la F14T per un’intera stagione

Punti 5-a chi ad Alonso a fine 2014 ha detto grazie comunque!

Punti 5-a chi non sa rinunciare all’amore per la rossa ma sa discutere con tutti

Punti 5-a chi, pur pensando che la condizione di perdente sia passeggera, falsa, provocata da altri, ….., riconosce il valore degli avversari

Antonio

Immagine in evidenza da: sportal.it

Capolavoro della Ferrari a Singapore

Trovare titoli originali e non banali per gli articoli non è facile. Qualche volta ciò che si deve raccontare non può semplicemente essere condensato in una riga sola. E si diventa, appunto, banali. Quello che abbiamo visto a Singapore nel week-end rientra in questa casistica. L’unico modo per definirlo è “capolavoro”.

Sappiamo, e l’avevamo anche scritto, che le rinascite in Formula 1 sono molto difficili, specialmente da quando sono stati aboliti i test. Il gran premio di Ungheria aveva consegnato alla pausa estiva una Ferrari a quasi un minuto dalla Mercedes, almeno sui circuiti dove è richiesto carico aerodinamico più che efficienza. Le parole sempre molto calme di Binotto, a commentare quella batosta, si prestavano a qualche ironia. Continuava imperterrito a proclamare la sua fiducia nel progetto SF90 e nella squadra, anche di fronte a prestazioni ben lontane dalle aspettative di inizio anno.

Passata la pausa estiva, la Ferrari si è presentata da favorita nei due circuiti a lei più congeniali, Spa e Monza, e ha portato a casa due straordinarie vittorie di strettissima misura, grazie ad un Leclerc incredibile, ma ritrovandosi con un Vettel minato nella fiducia dall’essere relegato al ruolo di maggiordomo prima, e a quello di incapace poi.

E arriva Singapore, uno dei circuiti teoricamente più sfavorevoli alla Ferrari, e favorevoli alla Mercedes (e anche alla Red Bull). Ma arriva anche un nuovo pacchetto aerodinamico, con una nuova ala anteriore e un nuovo fondo, per risolvere il cronico problema di bilanciamento fra anteriore e posteriore verosimilmente responsabile del declino di Sebastian.

Il venerdì aveva però detto, molto chiaramente, che Hamilton era  il grande favorito nella notte di Singapore, soprattutto sul passo gara.

Poi arriva il sabato, e nelle FP3 le Ferrari si mostrano in grande recupero. Ma, soprattutto, la Q3 regala un giro fantastico di Vettel, superato da un giro al limite della fantascienza da parte di Leclerc, che coglie una pole totalmente inattesa, davanti ad Hamilton per il quale la sorpresa è di ritrovarsi in seconda posizione. E a Sebastian, demoralizzatissimo per essere stato superato in qualifica dal compagno per l’ottava volta di fila.

Partire in pole a Singapore vuol dire avere mezza gara in tasca, salvo sorprese legate alla inevitabile presenza della safety car. E la gara si avvia in modo regolare, con i primi 6 che restano molto vicini perchè Leclerc addormenta letteralmente la competizione. Al punto che il più veloce in pista è Hulkenberg con gomme dure, che ha dovuto montare dopo un pit-stop seguito ad una toccata alla partenza, che lo ha relegato ad inseguire il gruppo.

La preoccupazione dei primi è doppia: salvaguardare le gomme ma soprattutto risparmiare carburante. A Leclerc l’ingegnere comunica per radio il tempo sul giro da mantenere, e lui è perfetto nel rispettare gli ordini.

Dopo 19 giri la Ferrari decide di rompere gli indugi e fa rientrare Vettel, che si porta Verstappen a rimorchio. I distacchi sono così risicati che rientrano in pista rispettivamente decimo e dodicesimo. Al momento sembra un pit-stop estremamente anticipato, ma si rivelerà una scelta vincente. In Ferrari sono così sicuri della scelta che fanno rientrare subito anche Leclerc, il quale però, vittima di un forte degrado, nel giro in più percorso riesce a perdere tutto il vantaggio sul compagno di squadra, e si ritrova con grande disappunto dietro di lui.

A questo punto Hamilton è prima e senza nessuno davanti. Ci si aspetta che metta a frutto il grande vantaggio che teoricamente la Mercedes ha nel passo gara. Ma qualcosa è cambiato dal venerdì, e i suoi tempi sono pessimi. La squadra, non potendo a quel punto fare altrimenti, lo fa rimanere in pista 7 giri in più rispetto a tutti gli altri, e quando compie il suo pit-stop si ritrova dietro a tutti i diretti rivali, e il compagno Bottas è costretto a rallentare bruscamente per non superarlo.

Vettel e Leclerc sono virtualmente primi, con Hamilton dietro a Verstappen, ma devono superare coloro che non hanno ancora cambiato le gomme. Sebastian riesce a sbarazzarsene velocemente, tirando perfino una ruotata a Gasly, fortunatamente senza riportare alcun danno. La gara di oggi la vuole assolutamente vincere, e riesce a mettere ben 6 secondi fra sè e il compagno.

Leclerc, per nulla contento di essere stato penalizzato dalla strategia, si lamenta per radio, forse sperando in uno scambio di posizioni riparatore, ma il box non gli dà corda e gli impone di stare calmo e non fare stupidaggini, perchè oggi portare a casa la doppietta è troppo importante, per la Ferrari.

Il finale di gara è in tipico Singapore-style. 3 safety car in successione, e i primi vicinissimi fra loro a formare un trenino ma senza alcuna possibilità per veri tentativi di sorpasso. Tutti hanno mantenuto un po’ di ritmo nelle gomme, e riescono a tenere a debita distanza i rivali.

E, così, Vettel torna alla vittoria dopo più di un anno, sul circuito che ama di più, rispondendo a tutti quelli che dopo Monza lo davano per finito. Leclerc accetta con serenità il secondo posto in una gara che doveva essere sua. E Verstappen sale sul podio inaspettatamente, avendo corso in difesa con la PU depotenziata. Le due Mercedes arrivano quarta e quinta con Hamilton che non ha mai trovato il ritmo davanti al maggiordomo Bottas, che, forse, oggi ne aveva più di lui. Al sesto posto un ottimo Albon il quale per ora deve solo portare a casa la sua Red Bull, e ci sta riuscendo.

Seguono il sempre ottimo Lando Norris, e Gasly ritornato su buoni livelli dopo il declassamento. Chiudono la zona punti Hulkenberg e Giovinazzi, riusciti a rimontare bene dopo essere finiti nei bassifondi a causa rispettivamente dell’incidente iniziale e di una strategia discutibile della squadra che aveva fatto passare l’italiano da una improbabile prima posizione alle retrovie.

Solita gara improduttiva per le Haas, costantemente in mezzo ai guai, e poca fortuna anche per le Force India, con Perez ritirato e Stroll vittima di un contatto dopo avere occupato le prime posizioni. Da segnalare ancora una volta la “buona” prestazione della Williams, in grado di duellare costantemente con altre macchine, cosa che all’inizio della stagione sembrava un’utopia.

Fra una sola settimana si corre a Sochi. I due campionati del mondo non sono ovviamente in discussione, da tempo, ma probabilmente in Mercedes qualche domanda stanno iniziando a porsela. Se Spa e Monza erano sembrati più exploit frutto del talento e della fame di Leclerc, quella di Singapore è stata una sconfitta a 360°. La Ferrari e i suoi piloti sono stati migliori sotto tutti gli aspetti, dalla velocità sul giro alla gestione della gara. Bisogna dare atto a chi lavora a Maranello che il lavoro di sviluppo ha portato dei frutti eccezionali. In tutte le stagioni dal 2009 in poi, dopo la pausa estiva la Ferrari era sempre ritornata in pista fortemente indebolita, incapace di vincere. Quest’anno è addirittura imbattuta. E’ un cambiamento destinato a durare?

P.S. a chi sostiene che Leclerc dovesse tornare davanti “for the championship” faccio notare che, come ho scritto, “the championship” è andato da un pezzo, e che il ragazzo ha bisogno anche di queste lezioni. E, a mio parere, almeno stando alle dichiarazioni del post-gara, ha recepito il messaggio. La Ferrari fa benissimo a non avere, nei suoi confronti, lo stesso atteggiamento che un certo Ron Dennis ebbe con due dei suoi protetti, arrivando al punto di fare reclamo contro la sua stessa squadra, o a cacciarne il compagno sostituendolo con delle comparse, per assecondare le loro volontà.

 

Immagine in evidenza dal profilo Twitter @ScuderiaFerrari

A Monza splende la stella di Charles Leclerc

Ci sono gare che rappresentano il punto di svolta di una carriera. In positivo ma anche in negativo. E oggi, 8 settembre 2019, due carriere hanno definitivamente svoltato.

Quella di Charles Leclerc, che ha vinto una gara che resterà nella storia della Ferrari e della Formula 1. Quella di Sebastian Vettel, che dopo avere subito la furbizia del compagno in qualifica, ha commesso l’ennesimo grave errore, rendendo praticamente irreversibile la crisi in cui è piombato dopo Hockenheim lo scorso anno.

E’ stato un week-end di quelli destinati a lasciarsi dietro una lunga striscia di discussioni, come piace ai nuovi padroni della Formula 1, ma anche agli appassionati, e vale la pena ripercorrerne sinteticamente gli eventi salienti.

Si comincia con le qualifiche, e in particolare col Q3. Monza è sempre stato un circuito dove sfruttare le scie è fondamentale, ma quest’anno lo è ancora di più per via della dimensione dell’alettone posteriore. E così ogni squadra con 2 piloti in Q3 aveva stabilito che essi si tirassero a turno nei due tentativi. Tutte tranne la Mercedes ovviamente, visto il ruolo conclamato di maggiordomo di Bottas.

Nel primo tentativo Leclerc si fa tirare da Vettel e segna il miglior tempo. Ma nel secondo, quello teoricamente migliore, approfitta del fatto che nessuno fra i 9 piloti in pista vuole partire per primo, e attende l’ultimo momento per mettersi davanti al compagno, facendogli perdere la possibilità di fare il suo tentativo, e relegandolo quindi alla quarta posizione. Nemmeno le due Mercedes riescono a fare il giro, e così Hamilton si accontenta della seconda posizione, e Bottas della terza.

Ma le prove libere hanno, ancora una volta, dimostrato che la Ferrari è velocissima su un giro ma fatica sul passo gara, e per Leclerc sarà durissima bissare la vittoria di Spa.

Ma Charles è Charles, e già alla partenza fa capire ad Hamilton, partito meglio, che oggi venderà cara la pelle, chiudendolo verso destra arrivando alla prima variante, e facendogli perdere la posizione su Bottas, che però, ovviamente, gliela restituisce subito.

Dietro, Vettel fa capire che non è la sua giornata, e perde la posizione su Hulkenberg, riguadagnandola però poco dopo.

Come previsto, Leclerc non riesce a distanziare le due Mercedes, che si piazzano subito fuori dalla zona DRS e non mollano di un millimetro. In quarta posizione, Vettel si avvicina a Bottas, ma al sesto giro combina un disastro di quelli destinati a non essere dimenticati: alla Ascari perde il posteriore della macchina e compie una delle sue solite giravolte. Per peggiorare la situazione, si rimette in marcia senza guardare chi arriva, e viene urtato da Stroll che gli rompe l’ala, rimediando, oltre al pit-stop per sostituirla, anche uno stop-and-go punitivo, che lo mette definitivamente fuori dai giochi.

A questo punto Leclerc sa che non potrà più contare sul compagno di squadra per tenera a bada il duo anglo-tedesco, e oggi gli avrebbe fatto forse ancora più comodo che a Spa.

Ma Charles è Charles, e continua a tenersi dietro Hamilton che, non riuscendo ad avvicinarlo, prova ad anticipare il pit-stop per tentare l’undercut, fermandosi al giro 20 per montare gomme medie. Questo costringe anche Leclerc a fermarsi: il box Ferrari, oltre a dargli un pit-stop velocissimo, gli monta le gomme più dure, che si riveleranno quelle giuste per coprire i 32 giri che rimangono.

Esce dai box di poco davanti ad Hamilton, ma ha Hulkenberg da superare. Cerca di forzare i tempi e lo passa in parabolica. Questo gli toglie velocità per il rettilineo e si ritrova Hamilton incollato al posteriore. L’inglese lo attacca andando verso la Roggia e lo affianca all’entrata della variante, in quello che sembra il replay del sorpasso a Vettel al primo giro lo scorso anno.

Ma Charles è Charles, e non lascia spazio all’esterno, costringendo Lewis ad andare sull’erba e a fare la chicane nella via di fuga. Rientra in pista protestando, e la direzione corsa mostra al monegasco la bandiera bianco-nera. Alla prossima scatterà la penalità. Forse.

Al giro 28 si ferma anche Bottas per montare le gomme medie, e rientra con una decina di secondi di svantaggio sui primi due.

Hamilton resta costantemente in zona DRS, ma la Ferrari è un missile e riesce a stare davanti pur non avendo a sua volta il supporto dell’ala mobile. Al giro 36 Leclerc commette un errore alla prima variante, la taglia passando sui dissuasori ma per fortuna Hamilton non riesce ad avvicinarsi a sufficienza per tentare l’attacco. E i commissari chiudono un occhio, anzi, due.

Le gomme di Lewis iniziano a dare segni di cedimento, e Bottas gli si avvicina, riuscendo poi a superarlo quando, al 42° giro, l’inglese va lungo alla prima variante, e di fatto esce dalla lotta per la vittoria. Dopo 40 giri a difendersi dal mastino 5 volte campione del mondo, ora l’avversario è il finlandese, che è molto meno mastino ma ha gomme 7 giri più fresche. E, infatti, al 48° giro segna la tornata più veloce, e si avvicina in zona DRS, dando la netta sensazione di potere fare un sol boccone del ferrarista.

Ma Charles è Charles, e riesce a mantenerlo a distanza di sicurezza, nonostante un errore alla Ascari, subito compensato da un errore di Valtteri alla prima variante, che chiude definitivamente la questione.

Leclerc e la Ferrari vincono così a Monza, 9 anni dopo Alonso, nel tripudio delle decine di migliaia di tifosi sotto il podio. Bottas e Hamilton completano il podio, con quest’ultimo autore del giro più veloce dopo avere montato gomme soft nuove.

Al quarto e quinto posto due Renault diventate improvvisamente velocissime, con Ricciardo davanti ad Hulkenberg. Al sesto posto si piazza Albon, autore di una gara che poteva anche essere migliore, senza una manovra al limite di Sainz e una penalità per il taglio di una chicane. Lo seguono in classifica Perez e Verstappen, rimontato dall’ultima posizione nonostante un pit-stop extra per il cambio dell’ala anteriore.

Al nono posto Giovinazzi, che riesce a non combinare guai nella gara di casa. Chiude la zona punti il simpaticissimo Norris.

Poca fortuna per la Toro Rosso, con un opaco Gasly 11°, e Kvyat ritirato per rottura del motore. E solita gara pessima per le Haas, ormai sprofondate in una crisi tecnica di difficile soluzione. Non male il 14° posto di Russell, con una Williams che da diverse gare sembra riuscire a stare assieme agli avversari più diretti, anziché vederli solo in occasione dei doppiaggi.

Monza svolta di una carriera, dicevamo all’inizio. E’ curioso notare come fu proprio a Monza, nel 2008, che Vettel si mostrò al mondo per quello che sarebbe poi diventato. E sempre qui, 11 anni dopo, la sua stella sembra definitivamente tramontata. Per lui non sarà facile, d’ora in poi, convivere con un compagno come Leclerc.

Perchè Charles è Charles.