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ALPHA TAURI-HONDA AT02

AT02. Questa la sigla della seconda vettura che il team di Faenza presenta sotto il nuovo nome introdotto lo scorso anno.

Colorazione in negativo rispetto alla scorsa stagione con un bel blu scuro che predomina sul bianco 2020.

Logica “evoluzione” della monoposto 2020 lascia perplesso chi si aspettava il muso stretto che non è stato sposato come per la maggior parte delle monoposto dello scorso campionato. A Faenza hanno deciso di non trapiantare neanche il retrotreno RedBull 2020 che avrebbero potuto adottare senza spesa in “gettoni” di sviluppo come da regolamento. Hanno scelto di affinare i loro concetti e non rischiare troppo, probabilmente legati a motivi di budget.

 

L’unica novità che balza all’occhio è il taglio del fondo posteriore verso l’ìnterno vettura e non più dritto come in passato, sulla falsariga di quanto visto pochi giorni fa sulla McLaren.

Oltre alle foto di cui sopra tratte dai profili socials del team, di seguito alcune comparative con la sorella (gemella) maggiore.

In occasione dei prossimi tests si vedranno delle novità. Intanto restiamo delusi rispetto all’attesa degli anni passati..

ma il regolamento è bloccato….

 

Grazie ancora a Daniele Festa per il consueto fattivo aiuto.

 

 

MCLAREN-MERCEDES MCL35M

Eccola la prima protagonista del mondiale 2021, la MCL35M.

A Woking hanno dovuto (e potuto) cambiare più degli altri teams in funzione del loro ritorno alla PU Mercedes dopo averla abbandonata a fine 2014 ed essere caduta in un oblio che dura da ben 157 gare.

L’ultima vittoria di tappa risale infatti al GP del Brasile 2012 ad opera di Jenson Button. Da li è partita la discesa verso gli inferi che ha visto nella stagione 2017 il punto più basso della propria storia.

Le ottime scelte tecniche e manageriali degli ultimi anni hanno permesso agli inglesi di diventare la terza forza nel mondiale 2020 ed il ritorno alla migliore PU dell’era turboibrida non può che darle ulteriore slancio.

Le prime immagini non mostrano ancora tutti i dettagli, la maggior parte dei quali nascosti nel fondo, nel retrotreno e sotto il cupolone motore. I particolari aerodinamici più importanti con specifiche 2021 verranno svelati ai primi tests in Bahrein.

Di seguito alcuni particolari e le prime immagini diffuse dai profili socials ufficiale del team e del giornalista spagnolo Albert Fabrega

(immagine di confronto con MCL35 tratta da motorsport.com)

UPDATE

Grazie al fattivo aiuto dell’amico del Bring Daniele Festa possiamo vedere alcuni dettagli ulteriori delle differenze più evidenti rispetto alla progenitrice

Dall’ultima fotografia si evince quanto sia maggiormente rastremata la parte posteriore e la zona del cofano motore, a tutto vantaggio dei flussi verso la nuova ala.

Modifiche importanti nella forma del fondo sia nella visione dall’alto che di conseguenza nella parte nascosta del sotto vettura.

Grazie ancora Daniele.

 

 

LA STORIA DEL DRAKE PARTE 5-PADRE E FIGLIO: ENZO E DINO FERRARI

Prima di tornare a parlare di Enzo Ferrari come un agitatore di uomini, imprenditore e genio italiano, credo che sia opportuno scavare più a fondo su quello che, per lui, è stato uno dei rapporti più importanti che ebbe durante la sua vita.

Essere padre per Enzo fu una missione, alcune volte anche un tormento e una sfida difficile da intraprendere ma credo che sia stato determinante per lui questo percorso per diventare quel personaggio che tutti noi amiamo.

In questa puntata vi narrerò di Enzo e di Dino Ferrari e di ciò che vissero insieme.

Alfredo Ferrari, detto Dino, nacque a Modena il 19 gennaio 1932 e fu il primo ed unico figlio di Enzo Ferrari e Laura Garello.

Dino sin dalla tenera età cominciò a dare segni di una certa sofferenza e i genitori scoprirono, con loro dispiacere, che il figlio era affetto da una malattia, chiamata Distrofia di Duchenne.

La Distrofia di Duchenne è la più frequente e conosciuta fra le distrofie muscolari infantili e di solito ha un decorso molto veloce e colpisce quasi esclusivamente il sesso maschile durante i primi anni di vita, l’incidenza stimata è 1 su 3500 maschi.

Se si è affetti da questa terribile malattia si hanno grossi problemi a camminare, a correre, a salire le scale, inoltre i muscoli tendono ad ingrossarsi, almeno nei primi stadi di questo terribile male, per poi invece ridursi di volume.

 

Ma nonostante ciò Dino è un ragazzo gioioso e pieno di vita, attivo e capace, talmente tanto che frequentò, con grande impegno, l’Istituto Corni di Modena, da cui uscivano veramente ottimi elementi, molti dei quali contribuirono anche alla crescita della Ferrari. L’istituto, giusto per mera curiosità, vi informo che è ancora aperto.

Dino riuscì a diplomarsi divenendo un perito industriale, successivamente ottenne un’ulteriore qualifica come ingegnere in Svizzera con una discussione su un progetto di un 4 cilindri 1500 cc, con due valvole di aspirazione e una di scarico. Da menzionare la sua frequentazione, di durata breve, solo un anno, della facoltà di economia e commercio all’Università di Bologna.

“Mio figlio era nato nelle corse e con le corse” (Enzo Ferrari)

Dino aveva ereditato dal Drake la stessa passione per questo sport, tanto che sembrava essere avvolto da questa brezza fatta di motori e di sfide. Pensate sapeva anche pilotare con grande maestria le macchine offerte lui dal padre: la prima fu una Topolino 500, poi venne la volta di una 1100 TV e infine arrivò una Ferrari 2 litri. Ma non guidava e basta fra le strade della sua città, Dino, non si accontentava delle viuzze che frequentava tutti i giorni, battendosi contro se stesso e volendo provare l’ebbrezza della velocità, andava in pista, nell’Autodromo di Modena.

Il padre lo guardava con ammirazione e anche con molta preoccupazione, non solo per quei semplici rischi che una guida spericolata poteva dare, ma anche per le ripercussioni fisiche che la velocità dava al suo fisico tanto debole e delicato.

Ma Dino era un ragazzo davvero sereno, positivo e solare. Sapeva in cuor suo che non poteva vivere per sempre e voleva assaporare ogni istante di vita. Dino era una persona davvero speciale, non pensava quasi mai alla sua croce ma era sempre disponibile verso il prossimo, tanto che quando il padre passava dei momenti difficili lui interveniva sempre con una parola giusta e la tempesta, sita nell’animo paterno, magicamente spariva:

“Papi, non te la prendere, sono cose che il tempo sistema”

Un giovane così appassionato, così saggio, così volenteroso di vivere e così equilibrato.

Un figlio che parla al padre del valore del tempo, proprio lui che di tempo non ne poteva avere abbastanza.

Dino collaborava con tutte le sue forze in fabbrica, era davvero dedito a tutto ciò e sapeva condividere bene la passione con il padre.

“Il mio parere, per ciò che concerne i nuovi motori, è il seguente: per quanto riguarda la formula vigente penserei che sia meglio rielaborare l’attuale motore, visto i buoni risultati che dà, specie dal lato ripresa e numero dei giri, e di dotarlo di zampe e di attacco frizione per poterlo montare sul nuovo telaio. Per la nuova formula di 1500 cc, trovo che il motore 8c sia la soluzione migliore perchè penso che il 4c, sia pure in misura minore data la cilindrata più ridotta, dia luogo ai ben noti inconvenienti. Reputo che sia importante programmare per il prossimo inverno prove con l’iniezione diretta, anche se molto lunghe, perchè penso che sia l’unica strada unitamente ai giri per superare i 100CV/litro”(lettera scritta da Dino Ferrari al padre nel 1955, Viserbella)

Oltre che essere un grandissimo appassionato Dino vedeva anche in prospettiva verso il futuro, quel futuro che lo vedrà poco protagonista nella vita reale ma fulcro interiore nel cuore del padre.

L’ultima opera a livello lavorativo Dino la elaborò durante il suo ultimo inverno, quando la distrofia lo relegava a letto nella sua camera, e fu proprio questo luogo ad essere teatro e palcoscenico di molte discussioni fra lui, il padre e Jano sull’impostazione di un motore di 1500 cc.

Le soluzioni che avevano davanti erano diverse: 4 cilindri, 6 cilindri in linea, 6 cilindri a V di 65 gradi e 8 cilindri. Scelsero il 6 cilindri a V  che verrà usato per le vetture di Formula 2 e, in un secondo momento, sulle vetture stradali che portano il suo nome.

“Ricordo con quanta insistenza, con quali argomenti e quale competente attenzione Dino esaminava e discuteva tutti i promemoria che gli portavo quotidianamente da Maranello” (Enzo Ferrari)

E’ così che nacque il famoso 156 e che vedrà la luce poco dopo la morte di Dino.

“Io mi ero illuso che le nostre cure potessero ridargli la salute. Mi ero convinto che quel figlio fosse come una mia macchina, uno dei miei motori, e così mi ero fatto una bella tabella delle calorie di tutti gli alimenti che doveva ingerire e che non avrebbero nociuto ai suoi reni, tenevo un aggiornatissimo diagramma quotidiano delle albumine, del peso specifico dell’urina, del tasso di azoto del sangue, della diuresi, che mi dava l’indice di andamento della malattia.” (Enzo Ferrari)

Nonostante tutte le premure, la precisione del padre e tutte le cure mediche Dino si spegneva sempre di più fino ad arrivare alla sera fatidica del 30 giugno 1956, in cui esalò, a soli 24 anni, il suo ultimo respiro.

Enzo quella sera non scrisse più i dati di suo figlio su quell’agenda ma mise nero su bianco questa frase: La partita è perduta”.

“Ho perduto mio figlio, e non ho trovato che lacrime” 

Dino, negli ultimi istanti di vita, non era aiutato e assistito solo dalla famiglia ma anche da un giovane amico, compagno delle elementari, che dopo gli studi, prendendo la strada dei voti religiosi, decise di diventare prete: Don Savino.

Don Savino fu davvero vicino ad Enzo in quel periodo tanto che il Drake ricominciò a pregare.

Padre Savino, una volta, subito dopo la morte di Dino, esortò Ferrari a meditare sulla memoria del figlio: “Suvvia, Ferrari, recitiamo una bella preghiera per il nostro Dino, che ci ha lasciato”

Ferrari, in quel frangente, rispose: “Caro Savino non saprei che preghiera recitare, perchè è dal tempo della prima comunione che purtroppo non ho più trovato modo per ricordare le preghiere che molti pronunciano tutti i giorni. L’unica che posso dire è questa: Dio fatemi diventare buono”

Enzo capì forse che doveva fare qualcosa per onorare la vita di Dino, voleva diventare più buono e aiutare gli altri e decise di interessarsi al lavoro di un gruppo di studiosi dell’Istituto Mario Negri di Milano, centro che si occupava della distrofia muscolare.

Non ha investito e aiutato questo istituto solo per ricerca farmacologica, ma ha voluto anche che si costruisse un fascicolo, a scopo puramente divulgativo, sulla profilassi genetica.

Enzo non si fermò solo a questo ma organizzò anche un convegno mondiale di studiosi a Maranello di cui ha anche elaborato gli atti ufficiali.

Inoltre ebbe contatti con Jerry Lewis, anche lui impegnato nella lotta alla distrofia e conobbe anche moltissimi medici stranieri dediti alla ricerca di questa malattia così devastante, addirittura strinse contatti con Stanley Appel, direttore del Neurosensory di Houston e grazie al confronto con questo luminare decise che doveva esserci un’uniformità degli indirizzi di ricerca e maturò inoltre la decisione di formare un comitato internazionale di scienziati che si coordinasse verso un’unica via scientifica.

Il Drake capì, prima di molte persone, quanto fosse importante la ricerca medica e lavorò molto anche sull’incrementare i fondi per questo settore, istituendo borse di studio per giovani medici, opportunamente selezionati dagli atenei universitari, e concorsi per gli istituti impegnati nella distrofia muscolare.

Nel 1981 poi Ferrari promosse la fondazione, presso l’Università di Milano, del Centro Dino Ferrari, specializzato nella cura e nella ricerca sulle distrofie muscolari.

“L’impegno che da anni sento nella battaglia contro la distrofia muscolare resterà,così, vivo indipendentemente dalla mia esistenza” (Enzo Ferrari)

Ecco cosa può lasciare un figlio ad un padre dopo la sua morte, una bella eredità, uno scopo diverso. Dino era una persona davvero serena, buona che non ha mai fatto pesare la sua condizione a nessuno, sapeva che doveva lasciare questa terra ma all’oblio ha preferito vivere nella luce, ha preferito lasciarci un segno di nobiltà d’animo davvero unici, una nobiltà da prendere come esempio.

“Lasciandomi la sua enorme eredità spirituale, questo giovane mi ha soprattutto mostrato come restiamo fanciulli a tutte le età, fino a quando non giunge un immane dolore, attraverso il quale, come d’improvviso, impariamo cosa siano la bontà, la rinuncia, la carità e il dovere. E il valore della vita per un giovane che la lascia” (Enzo Ferrari)

Nel 1970 a Dino venne dedicato l’Autodromo di Imola che cambierà nome alla morte del padre nel 1988 in Autodromo Enzo e Dino Ferrari.

 

Dino ha lasciato davvero tanto in questo mondo, la sua morte non è stata vana. Vi voglio lasciare con questo aneddoto raccontato da Enzo Ferrari che immortala uno degli ultimi momenti vissuti insieme al figlio e che mostra, nel finale, una riflessione bellissima del Drake:

 

“Ero salito con il mio ragazzo, ancora vitale, sul bastione di San Marino. Da lì si domina la scoscesa valle del Marecchia, Era pomeriggio e il sole incendiava di colori impensabili la tela azzurra del cielo. Avevo affrontato le rampe portando una piccola radio. Volevo ascoltare le notizie di una Le Mans che le mie macchine stavano per vincere. Dino mi aveva seguito e partecipava sorridente alla gioia di quel momento. Ma sentivo che lui, ragazzo, aveva perduto il mio passo nella salita; la fatica tentava di nasconderla nel volto, ma non era il suo tempo. Ecco, io mi trovavo di fonte a quei colori fantastici, a quello scenario orrido nella sua bellezza, la radio portava il momento di una grande gioia e presentivo che mio figlio mi sfuggiva. Che l’avrei perduto! Cambiarono i riflessi del sole sulle nuvole, il cielo si tinse di toni irreali, più accesi, violenti. Il tramonto che mi si presentava neanche un Van Gogh avrebbe potuto dipingerlo come io lo vedevo. Era la mia verità. La verità di una gioia che si fondeva con un immane dolore. E’ anche quella l’eredità che il mio Dino mi ha lasciato, proprio in quel momento. Di aver imparato il significato di alcune parole essenziali, un significato che non si trova in nessun vocabolario. Della verità di quei colori e del coraggio che, in quell’attimo, non ho avuto!Ricordo un colloquio che ebbi con il latinista Sorbelli; si parlava di suicidio. Coraggio o viltà? Io sostenni coraggio, perchè da un mondo conosciuto ci si tuffa nell’ignoto. Davanti al dirupo del Marecchia mi dissi che non avevo coraggio, altrimenti avrei abbraccio mio figlio e mi sarei buttato nel vuoto con lui. Avevo vinto una battaglia d’orgoglio, ma ne stavo perdendo una di estrema felicità, quella di padre. In quel momento capii perchè l’uomo ha escogitato un’altra parola per difendersi da questa realtà. La parola è sfortuna, ma in realtà esprime soltanto quello che non si è potuto fare o prevedere.(Enzo Ferrari)

 

Laura Luthien Piras

 

 

 

HABEMUS HAMILTON!

Finalmente è arrivata la fumata bianca più scontata della storia della Formula Uno.

Finite le illazioni, terminate le indiscrezioni, stop al phatos..

Mercedes si è affettata a precisare sui suoi profili socials che si tratta di un contratto annuale secco, quindi le opzioni per il 2022 sono ancora tutte aperte.

Come più volte ribadito su questo blog, era l’unica soluzione “sensata” per tutte le parti coinvolte: Hamilton potrà primeggiare anche nel numero degli iridi e scegliere se ritirarsi o meno a fine stagione come il più titolato di tutti i tempi. AMG mette in banca un altro iride senza avere sussulti al cuore.

Lewis avrà voglia di combattere con un nuovo regolamento nel 2022? Magari si, ma un contratto annuale potrà regalare altra adrenalina durante il prossimo inverno e permetterà si scrivere fiumi di parole durante la stagione stessa.

In una F1 ricca di colpi di scena si completa in questo modo la line up dei piloti 2021.

 

(Immagine di copertina tratta dal sito calcioefinanza.it)

LA STORIA DEL DRAKE PARTE 4-LINA LARDI, PRIME VITTORIE E FORMULA 1

Facendo un passo indietro nella storia di Enzo Ferrari rispetto al 1947, (dove c’eravamo lasciati alla fine della terza parte), andiamo al 1945, anno della nascita di Piero, suo secondo figlio, nato non da Laura Garello, sua moglie, ma da Lina Lardi, sua amante.

Secondo molti e, anche secondo il Drake, non si sarebbe dovuto sposare con Laura. I due avevano davvero un carattere non propriamente complementare, vivevano scontrandosi il più delle volte e di certo non avevano un rapporto sereno e stabile. Ma nonostante tutto non si separarono mai.

“Mi sono sposato molto giovane, forse troppo. L’ho conosciuta a Torino sotto i Portici di Porta Nuova, era molto bella, bionda, graziosa, simpatica. E’ stata un personaggio chiave nel periodo eroico della Scuderia Ferrari, mi ha criticato con tale assiduità e spesso anche per piccoli motivi provocando irritazioni e contrasti; era un amministratore inflessibile. Qualche volta abbiamo pensato di andare ognuno per conto suo, ma siamo stati uniti nonostante tutte le avversità. Nemmeno la tragedia ci ha fatti separare” (Enzo Ferrari)

Il Drake conobbe Lina Lardi  nell’estate del 1924, quando, correndo a tutto spiano con l’automobile su una via dell’Appennino modenese, rallentò per salutare un conoscente che passeggiava con la figlia.  La ragazza in questione era Lina e in quell’occasione aveva quattordici anni. A Lina in realtà Enzo non piacque subito, lo riteneva un giovanotto scapestrato che lei stessa aveva definito un “superbone”. I due si rincontrarono 5 anni dopo, nel 1929.

 

 

Lina aveva appena iniziato a lavorare come impiegata negli uffici della Carrozzeria Orlandi di Modena, dove Enzo consegnava gli autotelai per farli carrozzare.

Enzo all’epoca già veniva nominato da tutti “Ferrari”, non aveva ancora concretizzato il suo progetto di produrre automobili in completa autonomia, ma grazie al lavoro fatto con la Scuderia e grazie agli eroi al volante delle Alfa Romeo, Enzo si era fatto già un nome, e aveva accumulato una discreta dose di ricchezza e fama.

Aveva 31 anni, da 6 anni era sposato con Laura Garello ma Lina, ragazza affascinante e raffinata, l’aveva talmente conquistato che la volle come segretaria.

La moglie Laura era molto attiva nell’azienda del marito e condivideva lo spazio di lavoro con Lina, la donna parallela di Enzo. Le due si vedevano giornalmente ed Enzo cercava di sdoppiarsi, tentando di costruire un equilibrio davvero molto precario e delicato.

Lina abitava in una casa situata nella campagna vicino a  Maranello, mentre Laura dimorava a Modena. Nel 1945 dall’amore tra Enzo e Lina nacque Piero, figlio amatissimo dal padre.

Piero però non venne iscritto all’anagrafe con il cognome del padre ma bensì con quello della madre “Lardi” in quanto figlio nato da una relazione extraconiugale; le leggi di quel periodo infatti vietavano agli uomini sposati di riconoscere figli illegittimi.

Solo dopo l’entrata in vigore della Riforma del diritto di famiglia, del 1975, Piero poté finalmente sfoggiare il cognome Ferrari ma non scelse solo di usare il cognome paterno ma preferì affiancare i due cognomi.

Lasciando da parte la vita privata del Drake, torniamo ai motori e alle competizioni e prima di farci assorbire dall’adrenalina voglio rammentare a tutti una data che rappresentò davvero un evento simbolico per la Scuderia di Maranello: il 12 marzo 1947, giorno del debutto su strada della prima Ferrari della storia.

Ecco come ce lo racconta Gianni Rogliatti, giornalista e fine narratore delle vicende Ferrari: “Quel giorno, verso le quattro del pomeriggio, alla periferia di Maranello si levava un rumore di motore a scoppio, ma un motore strano che aveva cominciato a funzionare tossicchiando e poi era aumentato di intensità e tono fino a livelli mai sentiti prima da quelle parti. Era la macchina, ancor priva di carrozzeria, sulla quale Ferrari, uscendo a destra dal cancello dello stabilimento, si era lanciato sul rettifilo verso Formigine. Dopo alcuni km si era fermato, aveva invertito la marcia ed era rientrato in fabbrica dove tutti lo aspettavano ansiosi”.

 

 

Ma quale fu la prima vittoria del Cavallino Rampante?

«La prima volta non si scorda mai. Il primo giorno di scuola, il primo bacio, il primo lavoro. È qualcosa che ci si porta sempre dentro. E spesso è un dolce ricordo. Come nel caso della Ferrari e della sua prima vittoria datata 1947, e ottenuta con la 125 S. La prima pietra di una storia sportiva senza eguali: quella della scuderia che vanta il maggior numero di successi nella storia della Formula 1».

Questo brano era presente nel sito della Ferrari quando nel 2017 c’erano i festeggiamenti per il settantesimo anno di vita della Scuderia.

La vittoria avvenne domenica 25 maggio 1947, sul circuito romano di Caracalla, dove Franco Cortese, vinse la nona edizione del Gran Premio Roma.

Fu per la Ferrari la prima vittoria ottenuta in un Gran Premio dopo la scissione con l’Alfa Romeo. Cortese completò i 40 giri del Gp (per un totale di 137,6 km) alla media di 88,5 km/h.

I successivi due anni vedranno una crescita esponenziale del marchio Ferrari che, il 5 settembre 1948, partecipò al suo primo Gran Premio d’Italia dove ottenne anche un buon piazzamento, ovvero un terzo posto col pilota francese Raymond Sommer.

Un mese dopo, il 24 ottobre, arrivò la prima vittoria sul Circuito del Garda con Nino Farina, pilota incredibile che divenne oltretutto il primo campione del mondo di Formula 1.

Ecco cosa pensava di lui Enzo Ferrari.

Sarà storicamente ricordato come il pilota che per primo si è fregiato del titolo mondiale quando, nel 1950, fu istituito il Campionato del mondo di Formula 1.Era l’uomo dal coraggio che rasentava l’inverosimile. Un grandissimo pilota, ma per il quale bisognava stare sempre in apprensione, soprattutto alla partenza e quando mancavano uno o due giri all’arrivo. Alla partenza era un poco come un purosangue ai nastri, che nella foga della prima folata può rompere; in prossimità del traguardo era capace di fare pazzie, ma, bisogna pur dire, rischiando solo del proprio, senza scorrettezze a danno di altri. Così, aveva un abbonamento alle corse dell’ospedale.(Enzo Ferrari)

 

La vittoria di Nino Farina non fu importante solo in seno alla Ferrari ma sicuramente determinò un cambiamento radicale dei rapporti fra la Scuderia del Cavallino e l’Alfa Romeo, tra le quali nacque una profonda rivalità.

L’anno successivo per la Ferrari è un completo trionfo, 30 vittorie su 49 partecipazioni, arrivando a primeggiare addirittura alla Carrera Panamericana, gara oltreoceanica.

Intanto era nata una nuova categoria nel mondo dell’automobilismo sportivo: la Formula 1, il cui primo titolo mondiale venne organizzato nel 1950.

La Ferrari non partecipò subito dall’inizio, infatti il suo debutto coincise con il week-end del Gran Premio del Principato di Monaco, il 21 Maggio 1950, otto giorni dopo il primo Gran Premio di Gran Bretagna, tenutosi sul circuito di Silverstone.

Ma perchè la Ferrari non esordì già in Inghilterra?

La scuderia di Maranello tarderà il suo lancio nella massima serie motoristica perchè stava ancora lavorando allo sviluppo della 275 F1 con motore aspirato che avrebbe fatto il suo debutto in virtù del Gran Premio del Belgio.

A questa spiegazione va però aggiunta anche un’altra motivazione di questo ritardo, ovvero un ingaggio piuttosto scarso proposto dagli organizzatori, come spiegherà poi Enzo Ferrari alla stampa.

All’evento furono iscritte quattro monoposto Ferrari modello 125 F1, due guidate da Alberto Ascari e Luigi Villoresi, pilota che non ha mai nutrito una profonda simpatia verso Enzo Ferrari, mentre le altre due vennero affidate a Raymond Sommer e Peter Whitehead.

La corsa terminò con la vittoria dell’Alfa Romeo ma con una Ferrari, quella di Ascari, sul podio invece Raymond Sommer, che gareggiava in veste semi-ufficiale, agguantò un ottimo quarto.

 

La prima vittoria in F1 della Ferrari giunse con il Gran Premio di Gran Bretagna del 1951 con José Froilán González che sbaragliò la concorrenza dello squadrone Alfa Romeo.

Fu un punto di svolta della storia delle competizioni, in quanto la consacrazione della squadra modenese segnò il tramonto dell’Alfa Romeo nella F1 e, contemporaneamente, la scalata sportiva al successo della Ferrari.  Questi due andamenti opposti causarono nel cuore di Enzo Ferrari una spaccatura interna, da una parte era orgoglioso dei traguardi che stava raggiungendo ma dall’altra era profondamente dispiaciuto delle prestazioni della casa milanese alla quale doveva tutto. Senza l’Alfa Romeo non ci sarebbe stata la Ferrari che conosciamo tutti.

 

Enzo Ferrari commentò così la vittoria della propria squadra: “Quando nel 1951 González su Ferrari, per la prima volta nella storia dei nostri confronti diretti, si lasciò alle spalle la 159 e l’intera squadra dell’Alfa, io piansi di gioia, ma mescolai alle lacrime di entusiasmo anche lacrime di dolore, perché quel giorno pensai: Io ho ucciso mia madre”.

La stagione di Formula 1 del 1951 vide alla fine vittorioso nel campionato mondiale il leggendario Juan Manuel Fangio su Alfa Romeo, ma dopo Silverstone la Ferrari conquistò altre due vittorie, in Germania e in Italia.

 

Queste vittorie erano solo un assaggio di ciò che la Ferrari poteva fare, la squadra del Cavallino aveva fatto vedere solo parte del suo enorme potenziale ed era pronta per sfoderarlo sino all’ultima scoccata.

Fu vera gloria?

Lo vedremo nella prossima puntata!

 

Laura Luthien Piras