NS-X.
Una sigla che qualsiasi appassionato di auto conosce…
Un’auto iconica, indimenticabile; è stata definita molto spesso “la risposta della Honda alla Ferrari 348”, ma in realtà quest’auto è molto di più, ma soprattutto è molto diversa.
Probabilmente sconta il fatto di essere nata nello stesso periodo, ed ecco che il pubblico ha creato il dualismo; un dualismo che, come vedremo, non ha alcuna base reale…
Siamo agli inizi degli anni ’80… Honda è una affermata fabbrica di automobili, ma la sua immagine aziendale è stranamente “duale”; da una parte le vetture per le strade di tutti i giorni, ottimi prodotti per un pubblico vasto e tradizionale. Dall’altra il suo impegno in F1 al fianco di scuderie prestigiose, in grado di portarla fino alla conquista di titoli mondiali, motorizzando realtà del calibro di Lotus, McLaren, Tyrrel e Williams.
Manca, nel listino di Honda Automobili, una vettura sportiva per eccellenza, quella che oggi verrebbe definita una “supercar”. E nessuno confida che Honda possa fare una vettura così…
Per volere di Soichiro Honda in persona, fondatore dell’azienda nonché capo supremo, nel 1984 viene formato un team di progettisti cui affida un compito arduo, ma soprattutto senza possibilità di deroga dal target di base: progettare e costruire la prima Honda ultrasportiva, un’auto che non potesse essere confusa né paragonata ad altre già esistenti.
La vettura deve essere vincente, dirompente. Non in senso agonistico – quello verrà casomai dopo – ma in senso di rottura con gli schemi che danno della Honda l’immagine di una ottima vettura per famiglie, ma niente di più.
Viene deciso un layout del tutto inusuale, mai affrontato prima dall’azienda: un corpo vettura con abitacolo avanzato – quello in seguito verrà adottato da molti altri costruttori di supercar, denominandolo “cab-forward” – motore centrale-posteriore, trazione posteriore.
La sfida è veramente ardua, perché fino ad allora Honda non ha mai costruito vetture con questa impostazione, quindi il know how è veramente minimo, per non dire inesistente.
Gli studi aerodinamici prendono spunto da qualcosa di veramente unico: il profilo della nuova vettura deriverà addirittura da un aereo da caccia, il mitico F16 Fighting Falcon !
Nei primi bozzetti grafici l’abitacolo viene immaginato come una “bolla” di cristallo e acciaio, appoggiata sul corpo vettura e perfettamente integrata ad esso. In seguito, al momento di andare in produzione, il già scarno tettuccio metallico della NS-X verrà verniciato rigorosamente in nero in tutte le versioni, così da accentuare ancora di più la sua idea di cockpit aeronautico…
Fatte le debite proporzioni, in questi due disegni si nota bene come l’abitacolo riprenda il concetto di “bolla di cristallo” tipico del cockpit dell’aereo, ma anche come tutto il corpo vettura si ispiri alla linea del caccia: il muso basso e affusolato, l’abitacolo in rilievo, poi il “corpo” che si abbassa un attimo per poi riprendere quota nell’alettone posteriore, così come avviene nell’impennaggio di coda del caccia americano.
Ma si sa, i designer esprimono le loro idee, poi sta agli ingegneri farle diventare realtà…
Honda voleva che la sua supercar fosse, come detto, diversa dalle altre, e allora…e allora bisognava fare qualcosa di nuovo, di raro, di particolarmente efficiente ed efficace.
Tutti costruivano, a quel tempo, i telai vettura in acciaio… era un modo sperimentato, efficiente di fare un telaio rigido e stabile, e soprattutto industrialmente economico.
Honda decise che no, l’acciaio non andava bene; troppo pesante. Una vettura che doveva esaltare l’handling, il dialogo continuo tra pilota e mezzo meccanico, doveva essere il più leggera possibile.
La nuova vettura avrebbe avuto il telaio interamente in alluminio !
La decisione creò non pochi grattacapi…non c’erano, a quel tempo, le macchine per costruire quello che Honda voleva costruire, e le competenze in merito erano soprattutto quelle in campo aeronautico; e Honda, al contrario per esempio di Mitsubishi o Kawasaki, non aveva mai costruito aerei.
Ma un’azienda come Honda non poteva certo fermarsi di fronte a certi ”dettagli”… l’alluminio richiedeva saldature speciali ? Si sarebbero costruite macchine speciali per costruire un’auto speciale, e addirittura…una nuova fabbrica, speciale anch’essa, sarebbe stata costruita appositamente per costruire e assemblare questa nuova meraviglia !
Le migliori maestranze vennero selezionate e addestrate per la costruzione di quella che doveva essere la prova al mondo che Honda non faceva solo buone berline per famiglia…persino la catena di montaggio fu rivoluzionata: gli addetti non operavano uno dopo l’altro in sequenza, ma in apposite isole nelle quali ogni vettura veniva assemblata su una specie di gigantesco “piatto rotante” con la partecipazione di diversi specialisti contemporaneamente. Ogni telaio era assemblato a mano per quanto era possibile, riservando alle macchine – allora ancora non c’erano i robot – solo le operazioni più pesanti.
Nacque così quello che sarebbe diventato il primo telaio monoscocca in alluminio (prima grande differenza con la Ferrari 348 di cui sopra, che usava uno scatolato in acciaio più dei sottotelai in tubi) per una vettura a larga diffusione.
Dopo alcuni mesi i progettisti erano soddisfatti: il loro telaio monoscocca in alluminio era pronto. Le prove al banco dicevano che la rigidità non era inferiore a quella di un equivalente telaio in acciaio, ma il peso era il 40% in meno !
In effetti, il risultato era eclatante: il telaio nudo pesava 205 kg. soltanto. Vestito da una carrozzeria anch’essa completamente in alluminio, con un CX di 0,32 (risultato record per i tempi), dava origine ad una vettura dalla linea eccezionale.
Nel frattempo il reparto ricerca e sviluppo meccanica aveva esaminato varie opzioni per il motore: V6 aspirato, V6 turbo, V8. Quest’ultimo fu scartato per il peso eccessivo – il goal era di avere una distribuzione di pesi di 42%-58% tra anteriore e posteriore, la stessa della vettura McLaren Honda di F1 – il turbo per il suo allora inevitabile problema di lag…alla fine venne scelto il V6 aspirato di 3 litri, che nella configurazione VTEC – altra invenzione Honda, che consente di avere quasi due motori in uno, variando il tempo e l’alzata delle cammes che comandano le valvole – poteva garantire una potenza notevole per quei tempi, pari a 270cv (90cv/litro), a 8.000 giri.
Altra sostanziale differenza con la 348 che, come sappiamo, monta un V8 3,5 litri da 300 cv.
(Piccolo inciso su Ferrari…già nel lontano 1955 il mai dimenticato Dino Ferrari raccomandava al padre lo studio di un motore plurifrazionato e addirittura dell’iniezione diretta, all’inseguimento del traguardo dei 100cv/litro…traguardo che i motori Honda raggiungeranno nel 1991 con la nascita del 4 cilindri denominato B16A2, installato su una specifica versione della Civic, la CR-X).
Alcuni esemplari di prova vennero assemblati e messi nelle mani dei collaudatori Honda, provati su vari circuiti privati – tra cui ovviamente Suzuka – e ogni volta le risposte erano entusiaste.
Handling meraviglioso, abitacolo comodo e avvolgente, motore eccellente…tutti i confort – aria condizionata, stereo, vetri elettrici – che non sempre si trovavano sulle equivalenti supercar dell’epoca.
Eravamo ormai arrivati al 1989, più o meno a Febbraio. Gli ingegneri della Honda erano convinti di aver raggiunto il loro obbiettivo…
In quei giorni A. Senna, che allora guidava la McLaren motorizza appunto Honda, era sul circuito di Suzuka le prove della nuova F1; quale migliore occasione per i tecnici giapponesi per avere un parere qualificato, una conferma sulla loro nuova creatura ?
Senna si prestò molto volentieri, ma…l’entusiasmo dei tecnici Honda si spense di colpo quando Ayrton, scendendo dalla vettura dopo un paio di giri sul perfido circuito di Sukuka, li gelò dicendo loro, letteralmente: “io non so se sono il più adatto a valutare una vettura per il mercato di massa, ma per me questa vettura non è abbastanza rigida” !
Conoscendo la natura dei giap e certe loro abitudini, non si può escludere che ci siano stati alcuni “seppuku” tra i piloti collaudatori che si erano alternati allo sviluppo della vettura…fatto sta che i tecnici giapponesi si rimisero al lavoro, alcuni esemplari furono spediti in segreto in Europa e ripetutamente testati al Nurburgring – benedetto ‘Ring, se non ci fossi stato tu le supercar dove sarebbero potute nascere ? – e il loro meraviglioso telaio in alluminio nel giro di ulteriori 6 mesi fu completamente rivisitato, riportando un incremento di rigidità di quasi il 50% !
La vettura era finalmente pronta a sfidare le sue pari livello di tutto il mondo occidentale. Prima vettura giapponese a sfidare le varie Ferrari, Porsche, Jaguar, Lotus…e senza alcuna soggezione né complesso di inferiorità !
Ormai, dopo quasi 5 anni dall’inizio del progetto voluto da Soichiro Honda, le prime 300 vetture erano pronte ad essere esportate negli USA, primo mercato in cui si sarebbe misurato il livello di tecnologia davvero raggiungibile da Honda in un’auto “per tutti”; il momento era topico…la vettura sarebbe stata distribuita con il marchio di elite di Honda, Acura, con il nome di Acura NS-X.
Soichiro Honda era universalmente noto per la sua tenacia e per la sua ossessiva ricerca della perfezione; il suo credo era un concetto che diceva più o meno così: “un nostro cliente comprerà una nostra vettura; se la troverà difettosa sarà autorizzato a pensare che tutte lo siano. Quindi dobbiamo far si che ogni vettura sia perfetta”.
E anche stavolta, al momento di deliberare l’invio delle vetture ai concessionari USA, la sua mania della perfezione colpisce: il signor Honda si accorge che lo stemma Acura applicato sul muso della vettura non è perfetto…e questo non è accettabile.
La spedizione viene fermata, rinviata di una settimana; i trecento stemmi vengono sostituiti con altrettanti – stavolta adeguati – e viene dato ordine di distruggere quelli sbagliati !
Le 300 vetture arrivano finalmente negli USA ed i concessionari le accolgono con entusiasmo; insieme alle vetture Honda offriva un corso di guida e di “conoscenza” con la vettura della durata di due giorni, così che i proprietari di questo meraviglioso giocattolo potessero apprezzarne al meglio le capacità, all’occorrenza anche parlando con alcuni progettisti che avevano seguito i primi esemplari negli USA proprio per rispondere alle domande e avere le prime impressioni dagli utenti.
Era nata una nuova supercar.
N(ew) S(portscar) for X (unknown word)
Honda NS-X
P.S. Tanti spot parlano di auto, ma io uno così bello non l’ho ancora ritrovato…
https://www.youtube.com/watch?v=53c6o_cNPEo
Riccardo
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