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LA STORIA DEL DRAKE PARTE 11 – DAYTONA 1967

Nella decima parte di questo meraviglioso viaggio nella storia di Enzo Ferrari e del Cavallino Rampante, che stiamo facendo insieme, ci eravamo lasciati con la Rossa di Maranello uscita con le ossa rotte dalla 24 ore di Le Mans del 1966.

Ma non possiamo andare avanti nella narrazione senza porre un minimo di attenzione ad una tappa che non può non essere raccontata: la vittoria della Daytona da parte dell’armata rossa italiana nel 1967.

Logo Rolex 24 at Daytona

La 24 Ore di Daytona, denominata ufficialmente Rolex 24 at Daytona, è una competizione di pura resistenza per vetture sport-prototipo e Gran Turismo, che si tiene a Daytona Beach, in Florida, sul circuito Daytona International Speedway. La 24 ore di Daytona ha preso ispirazione dalla 24 Ore di Le Mans per i suoi natali.

3 ore di Daytona 1962

Il punto di partenza di questa competizione non fu il 1966 ma bensì il 1962 quando venne introdotta la 3 Ore di Daytona, corsa valida per il campionato mondiale sport. Due anni dopo, nel 1964, la gara ebbe una piccola modifica e venne tramutata in una 2000 chilometri, con questa nuova distanza la gara più o meno raggiungeva la durata di 12 ore. Solo nel 1966 venne assunto il formato attuale di 24 ore, formato voluto a tutti i costi da Ford che voleva prepararsi per sconfiggere tutti alla 24 Ore di Le Mans!

Daytona 24 ore 1967

 

L’edizione del 1967 della 24 ore di Daytona fu davvero leggendaria e si inserì perfettamente in un’era storica dove correre era per eroi ed avventurosi piloti. C’erano poche certezze, tanti dubbi ma sicuramente era un’epoca in cui pullulavano aneddoti, racconti particolari e curiosità. Chi espone bene l’atmosfera di quel tempo è Mauro Forghieri nel suo libro “La Ferrari secondo Forghieri”.

La Ferrari secondo Forghieri dal 1947 a oggi Mauro Forghieri e Daniele Buzzonetti

 

“Fu una gioia immensa. E dire che il giorno prima avevamo dovuto fare le ore piccole perché nell’ultima parte delle prove, Parkes era uscito e aveva distrutto la parte posteriore della carrozzeria. A quell’epoca non si portavano ricambi così grandi e non avevamo nemmeno un team di oltre cento persone come la Ford; eravamo sempre non più di 24-25. Dunque dopo cena stavo assistendo il carrozziere e un meccanico che operavano sul codone, quando mi venne in mente di avere notato nel team del nostro importatore per gli Stati Uniti, Chinetti, un carrozziere piuttosto abile. Era un tipo magrissimo allampanato: lo cerco e gli offro di lavorare con noi per riparare il codone. Ha accettato subito, anche se il mio budget per gli extra era molto basso e ho offerto solo 150 dollari. Ha lavorato con abilità e tutti assieme abbiamo ridato forma al codone. Ho pagato l’aiutante che mi ha ringraziato con incredibile calore e poi tutti a letto. Il giorno successivo alla gara siamo all’aeroporto e noto sulla pista il nostro ‘carrozziere’, elegante e con un gran cappello texano in testa, dirigersi verso un aereo privato! Chinetti non mi aveva detto niente, ma si trattava di ricchissimo petroliere che per passione andava alle corse e cercava sempre di dare una mano! Rimasi di sasso quando venne a salutarmi, precisandomi che i 150 dollari li avrebbe messi in cornice per ricordo!”

Ma come si svolsero le attività di pista?

6 febbraio 1967, data da ricordare per sempre, data che dovrebbe essere menzionata più spesso sul web, eppure in pochi lo fanno. Stiamo sul catino di Daytona e sarà proprio su questo circuito che la Ferrari batterà la Ford e lo farà in grande stile, addirittura arrivando in parata.

Daytona 1967

 

La Ferrari finalmente avrà la sua rivincita contro il colosso americano di Detroit. Nel 1966 la Ford vince a Le Mans, mentre la Ferrari va avanti barcamenandosi fra un problema e l’altro: crisi in Formula 1, lotte con i sindacati che saranno un intralcio bello grosso per lo sviluppo delle vetture. La Ferrari ha bisogno di uno scossone e finalmente nel 1967 arriva una ventata di freschezza necessaria per il benessere dell’azienda modenese. In Ferrari venne sviluppata una berlinetta, denominata 330P4, nata come naturale prosecuzione della P3.

La P3 non era stata una cattiva vettura, in fin dei conti aveva primeggiato sia nella 1000 Km di Monza che in quella di Spa ma la Ford ebbe la meglio grazie anche alla GT40 MKII. La Ferrari non stette con le mani in mano e si impegnò per riuscire a colmare il gap che si era formato con la Ford. La 330P4 era una creatura nata dalle sapienti mani di Mauro Forghieri, nominato poc’anzi, dotata di un V12 e cilindrata più contenuta rispetto alla P3, 4 litri e tre valvole per cilindro.

Alcuni esemplari di P3 furono modificate con l’aerodinamica della P4 e vennero chiamate P3/4 o 412P. Tali vetture vennero consegnate a squadre private, per esempio Nart, Filippinetti e Maranello Concessionaries.

330 P4 Ferrari Daytona

La 330 P4 aveva meno resistenza, più deportanza e un assetto molto basso con il muso molto vicino a terra. Queste caratteristiche davano alla vettura una bella efficacia che Inoltre era equipaggiata da una nuova trasmissione interamente progettata in casa.

 

«Aerodinamicamente – sottolinea Forghieri – la P4 ha meno resistenza della P3, più deportanza e un assetto più picchiato, studiato nelle gallerie del vento di Pininfarina e di Stoccarda. Ed è un frutto maturato in un megatest invernale a Daytona dove andammo in dodici, una cosa eccezionale per la Ferrari di quei tempi, mentre per la P3 avevamo fatto solo una simulazione di 24 Ore a Balocco, nella quale mentre cronometravo avevo in testa una specie di profilattico di nylon per difendermi dalle zanzare. Vado oltre: la P4 aveva più depressione nella parte posteriore e più aria che passava sotto il veicolo, con i flussi interni migliorati. Non era mai parallela a terra, aveva quasi sempre il muso giù ed esprimeva deportanza costante».

Ed è proprio a Daytona che la P4 debutta insieme al nuovo direttore sportivo Franco Lini che prende il posto di Eugenio Dragoni.

Franco Lini

Perchè scegliere Lini?

Lini è considerato uno dei giornalisti più autorevoli del periodo, inoltre è un grande esperto delle gare e dei regolamenti sportivi, Enzo Ferrari lo vuole fermamente anche per dimostrare alla stampa del tempo che sapeva benissimo come organizzare la sua squadra.

Lini non stette a Maranello per molto tempo, anzi rimase solo un anno, il 1967, anno che poteva essere considerato per il Cavallino Rampante un su e giù continuo di emozioni e sensazioni, anno costellato di alti e bassi continui fra cui la parata di Daytona, di cui fra poco parleremo, la vittoria di Amon-Bandini alla 1000 chilometri di Monza, l’astinenza di vittorie in Formula 1 e la tragedia di Montecarlo, che vedrà Lorenzo Bandini morire prima del tempo.

Chi sono i piloti a partecipare per la Ferrari alla 24 Ore di Daytona?

Mike Parkes, Ludovico Scarfiotti, Lorenzo Bandini ed una nuova entrata, il neozelandese Chris Amon.

Tornando alla P4, la prima vettura vide la nascita già alla fine del 1966, questo diede a Maranello una grande possibilità, quella di provare la vettura proprio a Daytona, facendo un test di durata di 24 ore sul catino del circuito americano. I risultati furono incoraggianti: la vettura si rivelò da subito performante, veloce ma soprattutto affidabile, caratteristica fondamentale per gestire una gara di durata. In Ferrari acquisirono ben presto la consapevolezza di avere fra le mani un gioiellino che poteva dare parecchio fastidio al colosso di Detroit.

«Era impreziosita da particolari curatissimi, da orologeria svizzera. Per esempio, avevo rinunciato al radiatore classico per l’olio, ricorrendo a tubi alettati per evitare perdite di carico. Già nei test invernali a Daytona capimmo di avere in mano un’arma micidiale. Non tanto nei tempi sul giro, quelli potevano farli pure le Ford, quanto nella costanza, nel passo. Potevamo friggerli e così andò. Forse scoprimmo le carte presto, pungolando la loro terrificante reazione in chiave Le Mans, che fu vinta dalla Ford, ma a fine stagione il campionato fu nostro. La P4 ce l’aveva fatta» (Mauro Forghieri)

Da una parte c’è la Ferrari che vive in uno stato di profonda tensione, eccitazione e che è animata da una voglia di rivalsa unica, dall’altra lo squadrone americano invece è avvolto da una tranquillità invidiabile, complice anche la superiorità schiacciante mostrata l’anno prima a Le Mans.

Da una parte c’era la Ferrari che fa scendere in pista solo due P4 ufficiali e una P3 dotata dell’aerodinamica della P4 e chiamata  412 P, che venne consegnata al North American Racing di Luigi Chinetti, dall’altra c’è la Ford che, tranquilla delle proprie capacità,  porta con sè un arsenale quasi da guerra: sei GT40 MKII.

 

Porsche 910

Oltre la Ferrari e la Ford da ricordare la partecipazione della Porsche che dispiega tre 910 ufficiali,la Chaparral e circa 62 vetture private.

A conquistare la pole è la GT40 di A.J. Foyt e Dan Gurney, in seconda posizione sulla griglia partenza, al fianco della Ford c’è la Chaparral di Phil Hill e Mike Spence, staccata non di molto, solo due decimi, la prima delle Ferrari, al terzo posto, è la 412P di Pedro Rodriguez Jean Guichet. Dietro la 412P abbiamo la 330 P4 ufficiale guidata da Bandini e Amon. Dietro di loro vediamo la presenza delll’altra GT40 del duo Andretti – Ginther e la seconda  330P4 di  Parkes – Scarfiotti.

 

GT40 di A.J. Foyt e Dan Gurney

Sul giro secco la Ford è ancora avanti ma saprà concretizzare il vantaggio della qualifica in gara?

Direi proprio di no, sicuramente in qualifica la GT40 era una scheggia ma durante la competizione si rivelò essere poco consistente sul passo gara e davvero poco affidabile rispetto alle Rosse di Maranello. Nulla può la Ford contro la Ferrari che dopo 24 ore di gara, 666 giri percorsi e oltre 4000 chilometri accumulati vince. Infatti chi vide sventolare la bandiera bianca per prima fu la P4 di Bandini ed Amon. Ma la cosa assolutamente incredibile fu che tutto il podio venne colorato dal rosso Ferrari, infatti il secondo posto venne conquistato da Parkes e Scarfiotti e il terzo dalla 412P di Rodrighez Guichet. La prima Ford GT40 a classificarsi fu settima ed era quella ( indossando il numero 1) guidata da Bruce McLaren e da Lucien Bianchi.

 

Ferrari in parata alla Daytona 1967

Ma cosa era successo alle Ford?

La macchina di Foyt e Gurney si ritirò a causa della  rottura di una biella al 464° giro, le altre vennero eliminate per problemi di trasmissione fra il 274° e il 299° passaggio.

Oltre alla debacle americana rimarrà impresso nella storia del motosport l’arrivo in parata delle tre Ferrari al traguardo, parata ideata da Franco Lini per dare un tocco di drammaticità e pathos alla fine della corsa, oramai caratterizzato dalla monotonia creata dal dominio delle vetture italiane. Oltre l’intento di vivacizzare il finale c’era anche un tentativo di vendetta mediatica contro l’arrivo in parata delle Ford alla 24 Ore di Le Mans l’anno prima. Come si suol dire, Enzo Ferrari e il suo entourage diedero pan per focaccia al colosso americano, sia con i risultati in pista che con l’atteggiamento di fine gara. Seguendo la legge del contrappasso per analogia gli americani dovettero sottostare ad una pena simile rispetto a quella che loro avevano inflitto alla Ferrari l’anno prima. Per la Ford oltre il danno si aggiunse anche la beffa.

 

Disegno che riproduce l’arrivo in parata delle Ferrari a Daytona

 

Laura Luthien Piras 

STEFAN BELLOF- THE RINGMEISTER

Non esiste curva dove non si possa sorpassare (Ayrton Senna).
Stefan lo sapeva benissimo quando scelse la curva delle curve a Spa per fare quel sorpasso……
Ogni curva ha una traiettoria ideale, quella più veloce, una sola. Ma la si può percorrere in tanti modi, con LINEE diverse che talvolta si incrociano. Il buon esito degli incroci dipende sempre dallo SPAZIO e dal TEMPO in cui si verificano. E le traiettorie delle curve somigliano in maniera impressionante alle linee della vita degli uomini e dei piloti, quando esse si incrociano più volte nello spazio e nel tempo della loro esistenza.
Le linee perfette, quelle che il biondino tedesco si mise in testa di disegnare il 28 maggio 1983.

immagine tratta dal sito grahama.net

Durante le qualifiche della 1000 Km del Nurburgring sul tracciato della Nordschleife appare il TEMPO: 6’11”13…… Al box non sembrano crederci visto il distacco impensabile dalle altre auto. Quel giorno Stefan era a bordo di una Porsche 956 dello squadrone ufficiale Rothmans schierato nel mondiale Endurance.
Quando scese dall’auto non era soddisfatto perché credeva si potesse far meglio e avrebbe voluto riprovarci ma il suo box lo trattenne. Chi meglio di lui che aveva vissuto il suo giro dall’interno della Porsche poteva dire che il tempo si sarebbe potuto migliorare? Nessuno, solo lui. Ma forse non si rendeva conto che si era già impadronito di un record che sarebbe durato per sempre, che aveva già riscritto la storia sul tracciato più difficile mai disegnato sulla Terra. Forse non si rendeva conto che si era già impadronito dello scettro del Ring che sarebbe rimasto per sempre nelle sue mani…o molto più semplicemente non gli bastava…
Il giorno dopo il suo show continuò sull’asfalto bagnato della partenza della corsa, con altre curve ed altre linee. Stefan stava dominando la gara facendo una differenza abissale nei suoi turni di guida rispetto al suo compagno di auto Bell, ma anche rispetto all’equipaggio della vettura gemella che vedeva a bordo Mass e il belga Jackie Ickx, ovvero quello che fino al giorno prima era considerato il Re del Nurburgring dall’alto delle sue vittorie. La gara era ampiamente sotto controllo quando smise di piovere e l’asfalto si asciugò.. sarebbe bastato controllare, prendersela comoda e arrivare serenamente al traguardo. Ma tutto questo non bastava a Stefan: lui non voleva la vittoria, lui voleva battere il suo record dominando ancora una volta il Ring e la sua intera foresta. E aveva ragione, perché d’improvviso al primo intertempo di un giro qualunque il box si accorse che Stefan stava facendo esattamente l’opposto rispetto al cartello “slow” che gli era stato esposto dal muretto: Stefan era sotto il suo tempo del giorno prima…aveva ragione lui…
Se è vero che capisco qualcosa della testa dei piloti quel giorno lui avrebbe voluto abbattere il muro dei sei minuti, l’ho sempre pensato. Ma il Ring è tutto un insidia, tutto un imprevisto che si ribella nel momento stesso in cui non si sente rispettato… E il biondino tedesco lo stava dominando ancora una volta. Il dosso della Sprunghugel era in agguato per farlo volare e atterrare malamente sbriciolando la sua 956 tra le lame dei suoi guard-rail. Gara buttata e vittoria regalata nelle mani di Ickx e Mass. La leggenda narra che tornò ai box a piedi da solo chiuso nei suoi pensieri attraverso il bosco. Ma ormai il Ring era conquistato e lui era già diventato il RINGMEISTER. Nonostante la gara vinta, Ickx comprese che lo scettro gli era stato strappato dalle mani da un ragazzino irriverente dotato di una classe sopraffina e di un coraggio fuori dal comune, da un ragazzino che nel box ascoltava in silenzio i consigli degli ingegneri salvo poi salire in macchina facendo l’unica cosa che sapeva fare, ovvero dare del gas meglio di chiunque altro..

immagine tratta dal sito motorsport.com

Linee della vita che si incrociano.
3 giugno 1984 Gran Premio Di Monaco di Formula Uno.
Jackie Ickx (pilota Porsche) è il direttore di corsa della famosa gara fermata al trentunesimo giro..Vince Prost su McLaren Tag-Porsche davanti ad un Senna che si sente derubato della vittoria e che segna l’inizio di una delle più celebri rivalità della storia della Formula Uno. E questo lo sanno anche i muri…ma solo gli appassionati sanno che dietro a questi due un tale tedeschino biondo stava rimontando ad un ritmo ancora migliore rispetto a quello di Senna. Il cronologico dei tempi mostrava che Stefan avrebbe potuto raggiungere il brasiliano entro fine gara se la stessa non fosse stata fermata. Ce l’avrebbe fatta a sorpassare Ayrton? Una domanda alla quale non avremo risposta mai perché Ickx decise di fermare la corsa ed anche quella rimonta privandoci dello spettacolo che sull’acqua stava mandando in mondovisione il tedeschino terribile. Poco importa la polemica sull’irregolarità della Tyrrell. Quei pochi chilogrammi in meno erano del tutto inifluenti su una corsa bagnata e soprattutto alla luce della differenza che Stefan aveva messo in mostra rispetto a chiunque altro…. Ickx e Bellof…ancora una volta un incrocio di linee….

immagine tratta dal sito motorsportretro.com

Arriviamo al 1 settembre 1985 sul circuito di Spa-Francorchamps. Altro circuito non banale, dove le linee e le traiettorie diventano poesia, dove i boschi circondano il circuito come al Ring, dove un pilota è in grado di mostrare tutto il suo talento e la sua classe.

immagine tratta dal sito f1sport.com

Stefan non è più nel team ufficiale Porsche nonostante abbia vinto il mondiale 1984. Corre per Brun che mette in pista sempre una Porsche ma dell’anno precedente confronto alla nuova 962 ufficiale su cui siede sempre lui….Jackie Ickx…
Il belga è in testa alla gara ma Stefan da dietro risale fregandosene altamente di essere alla guida di un mezzo inferiore: Il belga è un pilota navigato, con oltre vent’anni di carriera alle spalle e sa benissimo che non potrà mai contenere quella furia della natura che presto o tardi si scatenerà su di lui tentando il sorpasso…gli resta solo da capire dove e quando quel sorpasso avverrà, perché è palesemente inevitabile e lui nulla potrà. Infatti Stefan agguanta la 962 di Ickx al tornantino della Source, gli si butta in scia e prima dell’Eau Rouge ne esce affiancando il belga che non ci sta e non gli lascia ne lo SPAZIO e ne il TEMPO lanciando Stefan contro le protezioni ad oltre 200 all’ora per il suo ultimo respiro……..
Finisce il film della vita del biondino che era già entrato nei cuori della gente per il suo modo di guidare e di essere, lasciandoci orfani di un Campione che avrebbe deliziato gli occhi di tutto il mondo, lasciandoci nel cuore il pensiero di ciò che sarebbe potuto essere e che non è stato. Le linee delle curve e della vita di Stefan e di Ickx si incrociarono per l’ultima volta ed ancora una volta fu Stefan a pagare il conto.
Ickx-Mass … Su quella Porsche viaggiavano entrambi i piloti le cui linee sull’asfalto incrociarono quelle dei miei eroi giovanili Gilles e Stefan nell’ultimo istante delle loro esistenze, quando i due non avevano ancora finito di tracciare quelle della propria vita sportiva e non.

Oggi sono 34 anni da quel giorno caro Stefan, ma il ricordo dei tuoi tifosi è ancora vivo, perché la linea della tua vita ha incrociato le nostre, perché il tuo TEMPO resterà per sempre nella storia di questo sport spesso crudele e perchè il tuo SPAZIO resterà solo tuo nel cuore dei tuoi tifosi.
Ciao Stefan, ovunque tu sia…

Immagine in evidenza tratta dal dal sito theracemode.com

Salvatore Valerioti

24H LE MANS VIRTUAL

I motori reali stanno tornando a rombare, gare e campionati a breve inizieranno questa particolarissima stagione fatta di rinvii, cancellazioni, double header e tour de force mai sperimentati. Finalmente dopo circa 4 mesi di chiusura totale si torna a respirare una “quasi” normalità anche nel Motorsport, in cui comunque il Covid-19 ha sicuramente lasciato un segno indelebile e nel futuro si vedranno gli effetti anche a lungo termine. In questo periodo l’unica possibilità per “simulare” le gare è stata appunto grazie all’utilizzo massiccio dei simulatori, sia da parte degli abituali sim-racer, sia per i veri piloti che si sono voluti mettere in gioco nelle sfide virtuali. Praticamente ogni serie mondiale ah organizzato campionati e gare su diverse piattaforme, tanto da intasare letteralmente ogni week-end con eventi multipli da seguire uno via l’altro. Questa pandemia ha dato l’occasione unica al mondo virtuale di farsi vedere ed apprezzare per la sua estrema versatilità e profondità di scelta, infatti si può correre praticamente sempre e con tutto ciò che si vuole.

La “stagione” virtuale culmina con un gran finale degno di questo nome; la 24 Ore di Le Mans Virtual infatti è stata pensata per essere un evento di grande portata, sicuramente senza precedenti nel mondo virtuale. Pensandoci bene questa gara sarà l’occasione più unica che rara di apprezzare un parco piloti estremamente vario, dai campioni e le star della F1 ai più talentuosi sim-racer passando dai veri piloti del campionato Endurance che l’hanno fatta per davvero la 24 Ore. Avremo l’occasione di vedere gente come Alonso, Verstappen, Button, Leclerc, Barrichello, Montoya, Massa, Norris e tanti altri finalmente nella stessa competizione, seppur in due categorie differenti.

Vediamo come si compone la griglia. Sulla piattaforma scelta (RFactor2) sono ammesse in totale 50 vetture, divise fra LMP2 (Oreca 07) e GTE di cui è possibile scegliere fra Porsche, Ferrari, Aston Martin e Corvette. Ogni equipaggio deve schierare 4 piloti, di cui almeno 2 professionisti e gli altri in molti casi sono esperti sim-racer. Il tempo minimo di guida è di 4 ore a pilota e il massimo è di 7 ore, per cui bisogna bilanciare bene gli stint, specialmente facendo attenzione alla fase notturna che potrebbe essere più problematica per alcuni piloti in questo gioco. I vari team potranno modificare ed affinare il proprio setup da usare in gara, e le GTE anche se sono diverse sono bilanciate nelle prestazioni teoriche, per cui verrà premiato chi saprà fare il setup migliore e chi sarà più abile e costante nell’arco delle 24 ore. Per quanto riguarda le caratteristiche ambientali è ovviamente implementata la transizione giorno-notte in modo realistico, meteo random e vetture danneggiabili con possibili veloci riparazioni ai box.

Il richiamo di questo evento è riuscito a coinvolgere molti team realmente partecipanti al campionato WEC, come Rebellion e altri nomi conosciuti in LMP2. Addirittura la Toyota è presente con ben 3 vetture, nonostante non siano le consuete TS050 Hybrid, ma solo delle Oreca LMP2 con una livrea a replicare fedelmente i colori delle vere LMP1 ibride della casa giapponese. In classe GTE la presenza di costruttori e team ufficiali è ancor più massiccia, infatti sono schierate le quattro Porsche 911 RSR ufficiali, tre Ferrari 488 GTE, 3 Aston Martin Vantage e le due Corvette. Tutti questi team presentano almeno un pilota ufficiale per ogni vettura e hanno anche degli ingegneri dedicati al setup e alla comunicazione con i piloti, avvicinando questa gara più alla realtà che ad un “gioco”.

L’ACO ha deciso di trasmettere più diffusamente possibile questo evento, per cui sarà visibile integralmente sul canale YouTube della 24 Ore di Le Mans. In Italia è anche possibile seguire la diretta su Sky Sport F1, dove Vanzini e Bobbi saranno al commento della gara e promettono molto intrattenimento con gli spettatori e interviste ai piloti durante le ore di riposo dalla guida.

Quindi sembra che ci siano tutti gli ingredienti per un bellissimo week end di divertimento, di sicuro sarà un’occasione unica e non si ripeterà più. Le qualifiche saranno venerdì sera in sessioni sprint da 20 minuti, mentre il via sarà come da tradizione vera alle 15.00 di sabato.

 

SPOTTER GUIDE

 

ENTRY LIST

https://24virtual.lemansesports.com/upload/24H_Le_Mans_virtual_provisional_team_entry_list.pdf

Buona 24 Ore virtuale!!

Aury

“LA BACHECA DEI RICORDI” – IL DISASTRO DI PORSCHE

1991 – Le idee folli in F1

Correva l’anno 1987 e Porsche diede a Mezger la possibilità di creare una nuova unità aspirata a 12 cilindri 3500 cc, convinti di riuscire a portate in pista una soluzione innovativa, sviluppando un progetto che prevedeva la fusione di 2 motori V6.

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Il propulsore denominato 3512, venne adottato nel 1991 dalla Footwork – Arrows che lo montò sulla sua FA12.

L’unità era caratterizzato da una strana presa di forza a metà del blocco cilindri, che doveva risultare un punto di forza per elevate potenze, ma il tutto restò fermo alla teoria.

Risultati immagini per porsche 3512

(Alboreto su FA12)

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(Johansson su FA12)

I problemi arrivarono fin da subito, visto che il motore era molto ingombrante e costrinse Footwork a usare la vettura del ’90 a inizio stagione ’91, perchè sulla FA12 era impossibile montarlo.

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Quando si riuscì a installare il motore, il team, nonostante l’appoggio di Porsche e due piloti del calibro di Michele Alboreto e Stefan Johansson, non riuscirono mai a trovare una via di sviluppo, a causa di un progetto fin troppo vetusto.

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Il peso era il principale problema, basti pensare che il Ferrari era più leggero di circa 50 kg (189 contro 139). Inoltre il rivoluzionario metodo pensato da Metzger, per fornire energia al centro del motore, portò anche a numerosi e continui problemi di pressione dell’olio.

Vista la scarsa affidabilità e peso, il V12 teutonico venne pensionato per passare a un più leggero e affidabile Cosworth DFR V8. Il cambio venne fatto nel gp di Francia.

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Storia e passione #blogdelring

Saluti

Davide_QV

WEC 4 HOURS OF SHANGHAI 2019

Terzo round del campionato sulla pista cinese che è sempre stata presente in calendario. Il WEC introduce per la seconda volta il nuovo format corto da 4 ore, rendendo ancora più sprint la competizione. Dopo la facile doppietta in casa da parte delle Toyota il “success handicap” introdotto dalla federazione ha rallentato le TS050 di 2,7 sec al giro “teorici” agendo su fuel flow e peso minimo. Questa strada scelta dal WEC per livellare le prestazioni sembra troppo macchinosa e non pare essere risolutiva come si è visto al Fuji, dove le LMP1 private non hanno potuto nulla contro le vetture giapponesi. In Cina gli aggiustamenti sono molto più penalizzanti per la Toyota ed effettivamente almeno la Rebellion R13 potrebbe giocarsela più sul giro secco che nell’arco di 4 ore; mentre le Ginetta oggettivamente sono ancora molto acerbe e gestite da un team abbastanza inesperto nelle gare WEC. Probabilmente le TS050 faranno un po’ fatica sul lungo rettilineo ma poi in gara, soprattutto nei doppiaggi, avranno il solito vantaggio di accelerazione grazie al loro ibrido. Sarà più difficile sicuramente la gara, ma è difficile immaginare una vittoria dei privati, a meno di imprevisti.

In classe LMP2 c’è sempre una gran lotta tra tutti i team dotati dell’Oreca, che stanno imparando a conoscere sempre meglio. Sta crescendo anche la Goodyear, che comunque aveva l’esperienza Dunlop, visto che la vettura dell’High Class Racing ha concluso con un secondo posto al Fuji, poi squalificata per irregolarità tecnica. La grande rivelazione della stagione è rappresentata dal Racing Team Netherland che al Fuji è riuscito addirittura a vincere con una gara strepitosa, soprattutto da parte del neo campione F2 De Vries e ad un eccellente lavoro di Van Eerd, primo pilota Bronze a vincere una gara in LMP2. Purtroppo la Cetilar paga il fatto di correre con Dallara che non è ancora a livello dell’Oreca 07, su cui tutti gli altri team si sono orientati. Anche qui a Shanghai ci aspettiamo una gara combattutissima fino alle ultime battute.

L’attenzione gara dopo gara si sposta sempre più sulla classe GTE-Pro, che nonostante l’uscita di scena di Ford e BMW, offre sempre gare tiratissime e difficili da prevedere, e non è solo il BOP…perché ormai è da qualche tempo che non si cambia e tutte e tre le macchine hanno trovato un ritmo simile, anche la nuova Porsche. Le prime due gare sono state molto incerte, con un risultato a sorpresa a Silverstone e più in linea al Fuji, dove però c’è stato il tracollo Ferrari in gara. A Shanghai un anno fa, in una gara funestata dalla pioggia, ci fu la prima vittoria della nuova Aston Martin Vantage AMR; il tracciato cinese sembra portare bene alle vetture britanniche visto che nel 2012 vi firmarono la loro prima vittoria nel WEC. Quest’anno le Aston puntano decisamente al bersaglio grosso, provando a chiudere la tournee asiatica con la doppietta. Ormai la Vantage si è pienamente adattata e sviluppata in sinergia con le Michelin, garantendo una tenuta sulla distanza che l’anno scorso era semplicemente impossibile. Le Ferrari di AF Corse devono iniziare a portare a casa i podi e vittorie, dopo essere stati sfortunati a Silverstone e chiaramente sottotono al Fuji. Chi l’avrebbe detto dopo la qualifica di Silverstone che nelle prime due gare le vetture del Cavallino avrebbero fatto zero podi? Infine c’è la Porsche, che sa di aver ancora un bel margine di sviluppo da trovare, e comunque è a tratti molto consistente e può contare su uno dei team più preparati di sempre nell’endurance. Vediamo chi la spunterà.

In GTE Am la tappa giapponese ha visto la fantastica vittoria del TF Sport, che ha preso subito la leadership grazie allo stint di Yoluc. Quest’anno a causa del success ballast ripetersi costantemente a podio non è più così semplice, per cui ci si aspettano grandi performance dalle Porsche, che sono le meno penalizzate a livello di peso.

 

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LIVE TIMING: https://www.fiawec.com/en/live

ORARI

Qualifiche: Sabato 9 Novembre h. 7.00

Gara: Domenica 10 Novembre h. 5.00

Questa volta su Eurosport 1 ci sarà la diretta integrale ed è veramente un bel plus che non costringe i fan ad iscriversi a Motorsport TV per vedere la gara. Che dire…speriamo in qualche novità là in alto e in una battaglia come sempre in GT.

Aury