Archivi categoria: Varie

BASTIAN CONTRARIO: PER UN PUGNO D’AVANZI

Questo mio pensiero, prima di essere sciorinato, necessita di una doverosa premessa riguardante quanto abbiamo visto nel GP austriaco, tra venerdì e domenica. La Federazione si ostina a farci ingoiare in gola, a forza e a furia di slogan, il format della sprint race, la quale, neanche a farlo apposta, ha subito un’ulteriore modifica regolamentare a riguardo delle gomme da utilizzare, in quanto l’organizzatore si è reso conto che così come aveva concepito l’ultima sprint (sigh!), non andava bene e quindi ha operato nuovi cambiamenti. Cambiamenti che non hanno portato a nulla di nuovo e non tanto perché, qualunque sia lo scenario, a vincere è sempre Max (il quale a questo punto, arriverebbe sul gradino più alto del podio anche bendato e con mani e piedi legati), quanto perché il format così com’è concepito non aggiunge nulla di nuovo, anzi semmai, toglie, visto e considerato che la sprint, come dico da quando l’hanno messa dalla prima volta, non è altro che uno spoiler di quello che succede il giorno dopo. Solamente la provvidenziale pioggia del sabato ha ravvivato il gioco e rimescolato le carte, lasciando quell’incertezza del finale… tranne per Verstappen si capisce. Non paga, la stessa Federazione si è ostinata a martellare i piloti, e noi da casa, sugli zebedei con la regola dei track limit: la F1 è la massima espressione dello sport che deve osare dentro e soprattutto fuori la pista, è lo sport in cui superare i limiti della stessa pista, del mezzo e delle proprie capacità è un must! Ormai il nostro amato sport, con queste regole da codice stradale, sta diventando qualcosa in cui non mi riconosco più e la classifica, aggiornata fino al giorno dopo il GP, a causa del fatto che i commissari hanno dovuto controllare più di MILLEDUECENTO (!) infrazioni, non è stato altro che la ciliegina su una torta farcita di sterco che ci vogliono far ingollare a forza. Il mio (non credo solo il mio) augurio è che la FIA si ravveda e quanto meno elimini questa bestialità dei limiti di pista… perché chiedere di eliminare anche la sprint race mi rendo conto che appartiene alla categoria dei miracoli.

Il GP d’Austria, per fortuna, ha dato altri spunti su cui concentrarsi (a Dio piacendo!) ed, udite udite, questi argomenti li ha dati proprio la Beneamata. La Ferrari domenica scorsa era dichiaratamente seconda forza in pista, il che, considerando tutti i presupposti di inizio stagione e, quello che hanno mostrato Aston e AMG col suo recupero, è davvero una gran bella notizia. Evidentemente gli aggiornamenti portati funzionano e sicuramente una pista probante come quella di Silverstone darà conferma su quanto visto in Austria, sia stato o meno un fuoco di paglia. Inevitabilmente con una monoposto competitiva (rispetto ai normali e non rispetto all’UFO che pilota Max), i piloti possono dire la loro e a quanto pare il muretto anche. Domenica scorsa la Ferrari ha lottato per un pugno d’avanzi, perché attualmente il convento questo passa. In una situazione del genere, dove non si ha nulla da perdere e forse tutto da guadagnare, ci si aspetta che una squadra reagisca con cattiveria ed osi senza starci troppo a pensare. Non per Ferrari evidentemente, la quale per mano di Vasseur, ha preferito “andare sul sicuro” ed operare una duplice scelta: congelare le posizioni e sacrificare Sainz.

Lo spagnolo ad inizio GP ne aveva di più del compagno, tanto che era a due decimi di distanza e la logica impone, in una situazione in cui appunto non si ha nulla da perdere, che il più veloce passi il più lento. Per la gioia di tutti i tifosi del monegasco (che ripeto senza posa, sono peggio dei tifosi del tedesco che ha vestito di rosso fino al 2020), il muretto ha dato un team order sotto forma di congelamento di posizioni prima e suicidandosi dopo con quell’inutile doppio pit, in cui naturalmente ne ha pagate le conseguenze chi stava dietro e cioè lo spagnolo. Per carità, Charles rimane sempre Charles ed è una spanna sopra Carlos eppure lo spagnolo, domenica scorsa, aveva molta più birra del compagno (almeno all’inizio) e la sua rimonta e lotta senza quartiere con Perez (sorvolo sulla premiazione di Lando come “pilota del giorno”… sigh!), lo stanno a dimostrare. Sono felici i tifosi di Charles, alla fine giustizia è stata fatta e visto che in questi giorni ricorre il primo anniversario del dito di Binotto puntato al viso “innocente” del monegasco, questa vendetta ha un sapore ancora più dolce. Ad essere sinceri c’è ben poco da dire riguardo a quanto accaduto. Il muretto di Vasseur, il quale è stato chiamato (prima che i quattro che sono stati chiamati a loro volta prima di lui e che hanno gentilmente rifiutato) anche per questo, ha preferito puntare su Charles, sacrificando Carlos ed un potenziale doppio podio (se avessero lasciato passare lo spagnolo all’inizio, con molta probabilità non ci saremmo trovati nella condizione di lottare con Perez nel finale), pur di dare la possibilità di far conservare la seconda posizione al monegasco. Per quei pochi che mi leggono sia chiaro,  non ho nulla contro LeClerc, solo (c’è sempre il trucco), che a differenza dei tanti tifosi ad oltranza (prima parlavano tedesco, ora monegasco… con accento bavarese, visto che i tifosi del tedesco sono saliti sul carro di Charles), non ragiona a senso unico e per quanto voglio bene ai nostri piloti, la squadra viene prima di tutto. Davvero la Ferrari si può permettere di sacrificare un potenziale doppio podio in favore di uno solo? Davvero la Rossa può permettersi attriti all’interno della squadra e tra piloti stessi per un misero podio? L’anno scorso si litigava per una vittoria, quest’anno per un pugno d’avanzi, gli stessi avanzi che la stratosferica RB19, per mano (e piedi) del cannibale Verstappen, ci lasciano ogni domenica. Ormai il dado è tratto, la scelta è stata compiuta e sebbene il mondiale lo può vincere un solo pilota ed inevitabilmente ogni squadra deve puntare sul suo cavallo vincente, è anche vero che per Ferrari questo non era il momento di arrivare a tanto. Cosa comporterà questa scelta? Dove porterà? L’anno scorso Binotto ha puntato il “ditino” contro LeClerc, il quale si sentiva derubato di una vittoria, almeno lì c’era stata una scelta che veniva comunque giustificata con una bandiera appesa all’ingresso della Gestione Sportiva. Domenica scorsa che giustificazione hanno usato con Sainz? Per i tifosi (di LeClerc), lo spagnolo corre solo per battere il compagno, si concentra solo su di lui (cose da pazzi quello che devo leggere!), come se fosse un peccato capitale. Chiedo venia, cosa si desidera in un pilota? Che faccia lo zerbino e stia zitto e muto? Contro chi dovrebbe lottare Sainz di grazia? Contro le imprendibili Red Bull che comunque vada non c’è partita? Ovvio che egli si concentra sul compagno, come giusto che sia.

Domenica in Inghilterra vedremo dal comportamento in pista come ha digerito la decisione del muretto, perché da qui non si scappa: o farà il cavalier servente (come la tifoseria auspica) oppure si “metterà di traverso” e cercherà di lottare per stare davanti al compagno. La tragedia, a mio modesto modo di vedere, è che questa si tratti di una preoccupazione più dei supporter del monegasco che di LeClerc stesso, il quale, ha ben altri pensieri per la testa, uno su tutti per quanto tempo rinnovare con Ferrari. Forse la scelta operata domenica scorsa da parte del muretto di Vasseur è proprio rivolta in questa direzione, facendogli capire che egli avrà sempre la priorità per la squadra. Auguri monsieur Frederic, perché fino all’anno scorso, nonostante i mille problemi, i piloti andavano d’accordo, ora che sono stati messi in condizioni di stare l’uno contro l’altro per un pugno d’avanzi, vedremo quanto dura l’armonia in squadra e come verrà gestita.

 

Vito Quaranta

MIT’S CORNER: LE NON-PAGELLE DI AUSTRIA 2023

Sarebbe bello poter commentare il GP dell’Austria con la consueta verve (peraltro presunta ma conto sul vostro buon cuore).

Sarebbe bello poter divagare sullo stato di grazia assoluta raggiunto da Max e paragonarlo a quello dei grandi del passato citando di quel periodo di Senna o  di quell’altro di Schumacher e giù giù nei meandri del tempo andando a ripescare il dominio di Jim Clark nel 1965 o persino quelli di Fangio 1954 e Ascari 1952.

Sarebbe bello intrufolarsi nei dettagli analitici dei crono dei protagonisti e rilevare che Ferrari ha convinto oltre le aspettative (ma già Silverstone, circuito assai diverso da Canada e Austria, sarà banco di prova non indifferente), che McLaren ha finalmente azzeccato un aggiornamento e che la cautela con cui avevo ammonito di giudicare la Mercedes di Barcellona è stata decisamente opportuna.

Sarebbe bello dire che il GP è stato molto divertente proprio perché, dietro al fenomeno, se le sono date di santa ragione un po’ tutti quanti, con il solo Leclerc a far valere il proprio talento al di sopra della bagarre.

Sarebbe bello anche ironizzare a più non posso sui track limits infiniti che hanno caratterizzato il gran premio anche molto tempo dopo la sua conclusione. E magari far notare che forse non è un caso che gli unici a non aver subito warning siano stati Max e Charles (forse anche Fernando ma non ne sono certo).

Oppure scandagliare le sottili polemiche sui team order Ferrari magari facendo notare che, spassionato e personalissimo parere, Sainz nella prima parte di gara teneva agevolmente il ritmo di Leclerc solo grazie al DRS e che non appena, causa fatale (e inevitabile in quel contesto) doppio pit, si è staccato si è preso una dozzina di secondi in totale nei due stint (al netto della penalità di 5 sec) che sono pochi ma che ci sono.

Sarebbe interessante commentare la garetta del sabato e le sportellate tra Max e Checo in partenza.

Oppure lo spettacolare duello tra lo stesso Checo e Sainz nella gara vera.

E Norris? Che si permette una gara mostruosa non appena gli danno una macchina decente? Elargisce il più bel sorpasso (dei tanti!) di giornata con una finta strepitosa su Gasly al 45 giro. Sorpassi in abbondanza in questo GP dove però, complice un DRS leggermente meno efficace rispetto al passato, abbiamo visto i piloti sudarsi ogni metro per metterli a segno.

E Russell che le prende da Hamilton per il quarto GP consecutivo ma gli finisce davanti solo grazie alle penalità postume?

E che dire di Ocon che torna mr. Hyde facendo una gara ridicola passata più oltre i cordoli che dentro?

Nel paragrafetto dedicato a Stroll dovrei citare quei camera car in cui si vedeva chiaramente il ragazzo mollare il volante con la sinistra e fare qualche piccolo esercizio per rilassare il polso. L’episodio FORSE (magari lo fanno tutti – l’ho fatto persino io in una run di 15 minuti in un simulatore da centro commerciale…) conferma che l’infortunio ai polsi subito a inizio anno non è ancora stato del tutto assorbito.

Dovrei dire di Aston Martin che sembra in regresso: dalla possibile vittoria di Alonso a Montecarlo si è arrivati in Austria ad essere dietro a RBR, Ferrari, Mercedes e McLaren. E in Canada avevano pure portato aggiornamenti. Un caso? oppure si devono preoccupare?

Sarebbe bello, infine, commentare Bottas che si sdoppia da Verstappen con un sorpasso duro alla 3: vero è che Bottas era appena uscito dalla corsia box con gomme nuove e Verstappen avrebbe pittato proprio alla conclusione del giro ma l’episodio (forse sfuggito ai più) è stato un po’ straniante, e perciò divertentissimo.

Già.

Sarebbe bello.

Però come potrò farlo?

(E in realtà l’ho fatto, sia pur nei bits poco più che appuntuali che avete appena letto, quindi sì: sono ipocrita)

Perché quel maledetto Tubo mi ha morbosamente attirato tra ieri e stamani. Ho guardato il terribile incidente a Spa di Dilano Van’t Hoff un numero vergognoso di volte. Mi sono giustificato: “no, per carità. Lo guardo solo perché la dinamica deve far riflettere sulla sicurezza delle piste, del motorsport, nei gran premi, una terribile lezione, magari mando una mail alla FIA, bisogna essere costruttivi anche nelle tragedie…” e così via. Poi mi sono reso conto che attrazione e repulsione si accavallavano febbrilmente nel pigiare “riavvia il video”.

Cosa c’è che non va?

Quel povero ragazzo non l’avevo mai sentito nominare e che esistesse il campionato FREC lo sapevo solo grazie a qualche sporadica ricerca sulle formule minori fatta in off-season.

18 anni, santo cielo! Forse è quello! Avrebbe potuto essere mio figlio.

Me lo sono immaginato il percorso. Padre un po’ frustrato: da ragazzo andava forte sui go-kart ma al primo incidente si spaventò così tanto da non salirci più sopra. Che poi nei racconti si giustifica: “eh! si era infilata un vespa sotto la tuta e mi ha punto proprio nel curvone dopo il rettilineo! Non fosse successo allora niente incidente, avrei vinto quella gara e magari avrei fatto carriera!” bah!

Poi arriva Dilano, lo piazzi su un go-kart a 10 anni. È piccolino, per la sua età, quindi sfrutta il vantaggio del poco peso e vince qualche garetta. Poi lo metti su un mezzo un po’ più serio e vedi che continua a vincere. Gli stringi bene i punti di accesso della tuta: mica vuoi che si infili una vespa e gli punga l’avanbraccio in corsa anche a lui! Sta a vedere… Poi l padrone della squadretta in cui corre non va bene, sembra un impiegato, non ha spinta e non spinge il tuo ragazzo. Allora vai da un altro che ti dice: “voglio 35mila euro per farlo correre”. Ok, andiamo in banca e vediamo che si può fare. Litighi con la moglie ma alla fine l’hai vinta, Vai avanti, lo porti dappertutto, vince qualche manche, buoni piazzamenti, non sembra un fenomeno ma neanche una comparsa per far numero. Si passano bei week end si visitano posti nuovi, si mangiano salsicce alla griglia in quantità, si fanno risate e quasi quasi pensi che il tuo ragazzo si sia divertito abbastanza e che è meglio che ora si concentri sullo studio. Poi però un giorno si avvicina un tizio un po’ attempato, vestito con troppa approssimazione, i denti ingialliti dalle 40 Marlboro al giorno, capelli un po’ sporchi, Rolex al polso a far bella mostra di sé e ti chiede di fare due chiacchiere nel parcheggio del kartodromo. Ti porta accanto ad una 911 dell’88,  ci si appoggia sopra col gomito e si accende una paglia. “tuo figlio è forte! Io me ne intendo: sono quarant’anni che faccio il talent scout per i big. E come lui ne ho visti pochi. Non guardo i risultati ma come guidano, come affrontano le gare, come lavorano: tuo figlio ha la stoffa, credimi. Mi chiamo X: chiamami se vuoi cambiare vita” e porge il biglietto da visita. Mentre ti allontani frastornato da quell’incontro non fai caso al fatto che la 911 non l’ha aperta: ci si era solo appoggiato sopra.

Un biglietto da visita?!

Ci pensi troppo. Cioè, due ore non sono tante in una vita normale ma sono troppe lo stesso! Senna, Mansell, Prost, Schumacher! Ma quanti soldi hanno fatto quelli là?! Due ore, giusto il tempo di tornare a casa, mettersi a cena con la famiglia e raccontare della gara di Dilano e poi vi mettete tutti davanti alla tv. Ad un certo punto ti alzi e dici che vai a gettare la spazzatura. Tua moglie ti guarda e lancia la frecciatina: “e cos’è sta novità?! Mi devo preoccupare? Stai bene?!” fai una risata, prendi il sacco nero ed esci. Ma quanto pesa?!, pensi e subito dopo averlo gettato nel cassonetto prendi il cellulare e chiami Tizio. Ti tremano un po’ le mani mentre componi il numero. “salve sono il padre di Dilano, il ragazzo i kart, oggi…” – “sì, sì non si preoccupi, l’ho riconosciuta. Tra un mese sarò al weekend di Vattelapesca. Voi ci sarete?” “sì, certo” non era in programma ma figurati se mancheremo.

Comincia così. Dilano ha un colpo di fortuna. Era secondo a 3 secondi dal primo, irraggiungibile, ma poi quest’ultimo si gira stupidamente a due giri dalla fine e Dilano vince rintuzzando gli attacchi degli inseguitori. Il padre del ragazzo che si è girato mentre era primo  bestemmia tutti gli angeli del cielo, non lo si tiene. Nel retrobox rimprovera il figlio in modo violento, non è un bel vedere, no. Vola anche uno schiaffo. Il ragazzo piange. Uno dei meccanici lo porta via ma gli altri danno man forte al padre e continuano a inveire contro di lui mentre si allontana. Ma io no, io Dilano non l’ho mai rimproverato, mica sono come quello là!. pensi. Tizio, dopo le premiazioni, si avvicina e ti fa un sacco di complimenti. Grandissima gara, bravissimo! Dilano è già grandicello come età ma non la dimostra: è ancora assai minuto e sembra un bambino. Sicché a Tizio scappa il classico scompigliamento di capelli. Dilano è infastidito ma non ci fai caso. Quindi? Quindi Tizio presenta Tizio2. Stavolta nessuna Porsche. Andate dietro nel parcheggio, Tizio2 apre una Yaris Verso del 2003 e tira fuori una cartella di documenti. Papà, vado a giocare a calcetto con gli altri mentre parli, ok? Vai, Dilano, vai, divertiti che qui la cosa si fa interessante. Mentre scartabellano con i documenti Tizio e Tizio2 sbracano sulle loro conoscenze: sponsor, squadre, formule, Germania, Italia, UK  e dicono che hanno un ragazzo brasiliano per le mani che sarà futuro campione del mondo. Ti viene un Ma vah? Un ragazzo brasiliano futuro campione del mondo?! “ehm…” borbotti, be’, lottando con Dilano, s’intende, aggiungono i due, e non ci pensi più. Stando a loro praticamente avevano rinunciato ad un pranzo a Montecarlo con Horner, Wolff e Domenicali solo per venire a vedere Dilano nel week end di Vattelapesca. Ma si, dai, ci sta che millantino un po’. Praticamente gli hanno tracciato tutta la carriera fino in Formula 1. Sono convincenti. Sì. E poi stravedono per Dilano. Questi sembrano sapere il fatto loro. Si vede che ci tengono ai ragazzi. Del resto sono stati loro ad aiutare Jos con suo figlio, no? Cioè, non hai ben capito in che modo l’abbiano fatto ma parlano di Jos come fosse il vicino di casa. Va bene millantare ma non fino a questo punto, no? Fatto sta che dopo un’ora e mezza di discorsi se ne escono con un bel “serve mezzo milione, duecentocinquanta li mettiamo noi e gli altri duecentocinquanta li metti tu.”

Ah!

E dove li trovo? “E dove li trovo duecentocinquantamila euro?!”. Già, dove li trovi? Mica crescono sugli alberi. Mi spiace, dicono, in questo mondo funziona così. Devi fare sforzi, devi trovare sponsor, mica glie ne frega qualcosa ai team se il pilota è forte. Loro guardano solo al denaro. Ma il tuo ragazzo è forte, fidati, una volta fatto il primo investimento tutto il resto è in discesa. “sì ma come li trovo?!”, ripeti. Cercati degli sponsor, dicono, li scaricano dalle tasse. “ma non siete voi quelli che conoscono gli sponsor?” sì infatti noi ci mettiamo gli altri due e cinquanta, no?

Torni a casa con quel residuo dubbio che gli altri duecentocinquantamila forse non è che siano proprio necessari. Ti riprometti di chiedere in giro. Ma non lo fai. O quantomeno non lo fai con la giusta mentalità. Chiami tutti i team del piccolo campionato cui stai partecipando, ti fai dare nomi, numeri di telefono, indirizzi email. Lunedì sei già pronto davanti al pc: spari più di 120 email alle aziende della città. Passi la settimana a pigiare “invia-ricevi” su Outlook. Passa una settimana. Poi un’altra. Poi un’altra ancora. Rilanci le email, provi al telefono ma i centralini ti rimbalzano. Poi un giorno arriva una risposta. E’ positiva. Prendi la email e la rilanci ad un altro: “visto che l’azienda X ha già accordato la sua sponsorship forse è il caso che vi aggiungiate anche voi”.  Funziona. Diecimila qui, quindicimila là, ottomila da quegli altri e dopo un po’ sommi tutto e trovi quasi centomila pronti per essere investiti. Ne mancano ancora parecchi. Vai in banca: impegno la casa forse centocinquantamila me li danno. Te li danno. Chiami Tizio1 e Tizio2 e guarda un po’? loro sono già pronti con i loro duecentocinquantamila, dicono. Il contratto c’è, cioè, insomma, pare che debbano passare anche da un Tizio3 e poi un Tizio4 ma alla fine è fatta.

“Dilanoooooooooooo”. Dopo la telefonata chiama il figlio che era in camera a studiare: domani c’è il compito di matematica a scuola. Feste, giubilo, esultanze. Dilano è in una formula! WOW!

Dilano comincia a camminare a 20 centimetri da terra. È in una formula! Non lo si tiene più. Lo vedi felice come non mai! E anche tu non ti tieni più:  il mio ragazzo è in una formula!.

Poi passano due anni e arriva FREC – Spa 2023.

Buongiorno, padre di Dilano, mi chiamo MIT, è il 3 Luglio 2023 e sto scrivendo della morte di tuo figlio.

 

E poi? Cosa c’è che non va?

Forse c’è che se l’incidente fosse stato su un circuito minore forse non ci avremmo fatto molto caso. Minuto di silenzio e via. Triste, certo, ma la vita va avanti.

Forse c’è che se non fosse stato così simile all’altrettanto terribile incidente di Hubert non ci avremmo fatto molto caso. Minuto di silenzio e via. Triste, certo, ma la vita va avanti.

Il Tubo rilancia il filmato: non si vede nulla per lo spray che sollevano le vetture quindi forse c’è che hanno dato bandiera verde, dannazione! In Formula 1 hanno dato bandiera rossa per molto meno!

Poi sorge il dubbio. Non sarà che è Spa ad essere pericolosa in sé? Più di altri circuiti? Non è che ci mettono una chicane in mezzo al Radillon?! Non è che ci tolgono Spa?!

Oh! Che dubbio meschino! Ecco cosa c’è che non va!

Attrazione e repulsione, di fronte al terribile schianto, sono quasi normali – normale reazione di fronte all’insondabile mistero della morte che fa parte del nostro essere vivi. Figuriamoci se non può esserlo a maggior ragione per chi è appassionato di Formula 1 e della sua storia. No, fin qui è normale. Ma quel dubbio? Quello è normale?

Ecco cosa non va: è normale anche quello. Dal dubbio supremo al dubbio meschino. La storia e le storie si intrecciano continuamente (anche quelle romanzate come quella sopra, sia chiaro) e ci sta tutto. Anzi quasi tutto. Dove quel quasi va inteso come quel piccolo lasso di tempo che forse dovremmo dedicare a guardarci intorno e a chiederci perché la morte ci spaventa, sì, ma a volte anche perché non è, solo, la morte.

Ma non voglio lanciare messaggi troppo accorati. Non ho la verità in tasca e, anzi, forse la Verità, quella con la V maiuscola, forse manco esiste.

Quindi?

Nulla. Dico solo che siamo umani, che tutto scorre.

Panta Rei.

Dilano Van’t Hoff (2004-2023)

 

Metrodoro il Teorematico

BASTIAN CONTRARIO: IL CARATTERE

Ad essere sinceri scrivere di un GP di F1, considerando i tempi che corrono, inizia ad essere un esercizio difficile, visto e considerato che il risultato lo si conosce ancora prima che lo stesso inizi. A tal proposito è bene ricordare che la FIA, nella sua infinita saggezza, ha istituito il budget cap (personalmente la ritengo una regola assurda quanto antisportiva), proprio per livellare il più possibile le prestazioni tra le squadre, al fine di dare la possibilità alle stesse del cosi detto mid field, di poter recuperare sui top team e quindi aumentare la competizione in pista con conseguente ed inevitabile aumento del spettacolo. Sappiamo tutti che barzelletta (una delle tante ormai) sia stata l’istituzione di questa assurda regola e ne abbiamo avuto la prova proprio nel suo primo anno di attuazione, con conseguente risultato che la stessa Federazione ha ottenuto l’esatto contrario: infatti non solo la forbice tra “serie A e B” si è allargata, addirittura ha messo in condizioni una squadra già vincente, come la Red Bull, di dominare con il suo pilota di punta ogni domenica di gara, tanto da concentrare l’attenzione e l’azione su chi arriverà secondo nel mondiale costruttori e piloti. Grazie a questa buffonata (perché non posso definirla che così), i già vincenti bibitari si trovano nella condizione di festeggiare, alla fine del GP canadese, la loro centesima vittoria. Ormai nemmeno mi ci arrabbio più. In una f1 anglo centrica ormai da tempo immemore, tutto è concesso purché a vincere sia appunto una squadra inglese. Allora complimenti alla squadra di Milton Keynes, che ha voglia di vincere ed ha le competenze necessarie sia nel saper aggirare le regole e sia perché ha veramente voglia di vincere: il pacchetto RB19/Verstappen è inarrestabile e tale rimarrà fino alla fine dell’anno e, purtroppo, non solo per questo 2023. Di fatto, proprio grazie a questa regola siamo tornati indietro nel tempo, ovvero nel 2014, inizio dell’era turbo ibrida in cui AMG dominava in lungo e in largo, annichilendo tutto e tutti. La differenza è che prima erano doppiette a nastro per la casa di Stoccarda, regalando gli avanzi che rimanevano (ed era proprio Red Bull ad approfittarne!), mentre ora i bibitari non lasciano nulla anche se al traguardo la doppietta lattinara non è così scontata, visto che Perez è in preda a crisi mistiche. Di sicuro Verstappen è una certezza in qualunque condizione. Così forte che nemmeno la sorte lo scalfisce: la safety car, domenica scorsa, entra nel momento esatto in cui l’olandese imbocca il tratto di pista utile per poter guadagnare l’ingresso ai box… fenomenale! La fortuna i campioni se la creano. Al di là di tutte le magagne che la Red Bull è capace di fare, è anche vero che uno come Verstappen e, chi gli sta dietro, tutto questo se l’è costruito con pazienza senza mai mollare, aspettando il momento giusto ed arrivando anche a minacciare di andarsene quando Honda ancora friggeva i suoi propulsori (senza friggere il pilota… questa è un’altra storia), quando poi, in casa dei lattinari, chi è che minaccia licenziamenti è Marko. Carattere che ce ne vuole tanto, perché per diventare campione il solo talento non basta evidentemente. Il buon Max, ha tanto talento quanto carattere e la combo, il mix di questi due talenti, gli ha permesso di essere lì dov’è.

Carattere dicevo, quello che evidentemente manca a Charles in questo frangente. Ho le spalle larghe e so bene a quale fuoco incrociato sarò esposto, specie dalla frangia oltranzista dei suoi tifosi, i quali hanno imparato bene da quelli del tedesco, senza parlare del fatto che proprio i tanti tifosi di Vettel si sono riciclati (del resto oggi il green va di moda) nella tifoseria del monegasco. Il GP della Ferrari si consuma, anche se dovrei dire si spegne, sotto la pioggia torrenziale del sabato delle qualifiche: sappiamo tutti che Ferrari ha utilizzato una strategia conservativa (come tutti gli altri team, a parte la Williams che non aveva nulla da perdere), proprio per assicurarsi il tempo di qualifica, per poi dare le slick a Charles, il quale, che si voglia o meno, in seguito sbaglia. Di base è un errore veniale, perché, anche se le qualifiche vengono incasinate, è anche vero che per chi insegue il rischio è sempre dietro l’angolo, dato che è costretto ad osare di più. Ciò che è grave è quello che è successo dopo, dietro i microfoni. LeClerc, per la prima volta (giocattolo rotto?) da quando è in Ferrari, sputtana la squadra e ci può stare, visto che anche lui, sebbene per alcuni possa sembrare strano, è un essere umano. Il monegasco, sempre avvezzo a prendersi la colpa e a difendere il suo team, alla fine esplode come il Vesuvio duemila anni fa, gettando vagonate di sterco sul muretto usando tutto lo charme di cui dispone… il che fa ancora più male. Evidentemente dell’eleganza, nel motorhome rosso, non sanno che farsene e dopo quelle parole di fuoco, a telecamere spente, ci sarà stata una lavato di capo memorabile. La differenza, rispetto all’anno scorso, è che questa volta non abbiamo visto ad uso e consumo di telecamere additamenti vari, fatto sta che in seguito Charles, come un cane bastonato (il corpo non mente mai), si avvicina al microfono di Vasseur e si scusa per quello che ha detto, rimangiandosi tutto. L’anno scorso venne giù il mondo dopo che l’indice di Binotto voleva infilzare il viso del monegasco, sabato invece era un mare di giustificazioni e santificazioni. Il carattere, mio caro Charles, è questo che manca attualmente. Domanda: ce lo vedete Verstappen che va davanti alle telecamere a ritrattare quello che ha detto precedentemente? Con presunzione affermo che difficilmente avremmo visto questa scena. I commentatori di Sky, capendo l’antifona, glissano, spostando l’attenzione sul cibo precotto che allo spettatore medio tanto piace e cioè che è un pilota amato in tutt’Italia, tanto che è il figlio che tutte le mamme vorrebbero e sui colori del casco che porta! Signore e signori, siamo seri e cerchiamo di capire che sebbene LeClerc abbia talento da vendere, e che è confrontabile tranquillamente con quello del suo rivale olandese, è anche vero che, attualmente, al monegasco manca quel guizzo in più per caricarsi la squadra sulle spalle e dare il colpo decisivo per smuovere le cose. Sia chiaro, in questa squdra chiamata Ferrari, nemmeno Verstappen potrebbe fare nulla, eppure proprio come l’olandese evidentemente, potrebbe far sentire forte la sua voce: Charles è prossimo al rinnovo con La Rossa semplicemente perché non ha alternative vincenti al momento, ed è anche vero che la stessa Ferrari, se andasse via il suo cavallo di razza, non lo potrebbe sostituire con nessuno, sia perché a parte Max non c’è nessuno confrontabile con lui (lasciamo da parte Russell ed Hamilton perché non si muovono da dove stanno) e sia perché nessun potenziale campione (ammesso che esistano) si vuole bruciare venendo nell’attuale Ferrari. Allora come mai LeClerc non fa la stessa cosa fatta da Verstappen in Red Bull quando Honda bruciava motori? Per quale motivo il monegasco non alza la voce con azioni decise e concrete al fine di smuovere le acque a Maranello? Ferrari ha fatto vedere qualcosa di positivo domenica scorsa, tuttavia non ci si deve illudere sia perché servono conferme urgenti e sia perché, ammesso che la direzione sia quella giusta, bisognerà sempre inseguire… almeno per quest’anno e la concorrenza (a partire proprio da AMG) è spietata. “Quando il gioco si fa duro, i duri iniziano a giocare”, recita il detto ed è proprio in questo momento che serve il carattere necessario per affrontare tali difficoltà. Di un LeClerc così remissivo, che abiura quanto detto poco prima, Ferrari, quella che vuole vincere veramente, non sa cosa farsene

 

Vito Quaranta

BASTIAN CONTRARIO: ATTO DI FORZA

Il cinema, nello scrivere i miei articoli, mi condiziona tantissimo. Sarà che questa F1, a cominciare proprio da Ferrari, è un film già visto, ecco che le vicissitudini che accadono durante il week end di gara non fanno che riportarmi alla mente titoli di film che ho avuto modo di vedere. All’indomani del GP spagnolo, ciò che la Mercedes ha mostrato e fatto vedere al mondo è proprio un atto di forza bello e buono. Premetto immediatamente, caso mai ci fossero dubbi, che ho sempre affermato che i teutonici sarebbero tornati prepotenti, vero è (qui confesso il mio peccato) che non mi sarei aspettato un loro ritorno così presto nella stagione sportiva che stiamo vivendo. Ad essere sinceri, non avrei mai immaginato una Aston Martin così deludente, tanto da far arrancare Alonso nelle retrovie (colpa anche sua per aver rovinato il fondo in qualifica). Mi ero illuso che, attualmente, AMG fosse ancora indietro a Ferrari e che, quindi, almeno Carlos sarebbe riuscito a salire sul gradino più basso del podio almeno davanti al suo pubblico. Ben mi sta!

Atto di forza, dicevo, e non lo si può definire diversamente il colpo di reni della squadra anglo – tedesca. I crucchi, con la loro perseveranza, hanno impartito una lezione di umiltà e di come veramente si lavora in F1 a tutto il mondo del motor sport della massima serie, soprattutto a Ferrari e ad i suoi forcaioli tifosi. Sì perché la Mercedes, domenica scorsa, su una delle piste più rappresentative dal punto di vista tecnico, sulla pista dove si dice “se vai veloce al Montmelò, vai veloce ovunque”, era dichiaratamente seconda forza, mettendosi dietro la sciagurata Ferrari e, appunto, la deludente Aston, la quale è chiamata alla reazione già dal Canada per capire se quella in Spagna è stata una distrazione oppure un sorpasso tecnico a tutti gli effetti. Qual è il segreto del successo dei teutonici? Che magia hanno usato? A molti piace pensare che in F1 esista la bacchetta magica, quando invece in una squadra di F1 vale solo una legge immutabile nel tempo: la stabilità. Vedete, Toto Wolff è un tipo simpatico e affabile, oltre che gran paraculo, solo che non gli dovete mai far venire i cinque minuti, come si suol dire, altrimenti sono volatili per diabetici! Il team principal della casa con la stella a tre punte ha dato fiducia ai suoi ingegneri, continuando a puntare sul concetto “zero side pod”, fino a che il tempo non è scaduto ed allora ha preso in mano le redini della situazione, semplicemente dicendo “ora si fa come dico io!”. Il cambiamento della W14 è stato radicale, considerando le limitazioni regolamentari alle quali tutti si devono attenere, eppure sapete cosa non è cambiato in questa rivoluzione? La squadra!

Nelle mille discussioni nelle quali mi sono imbattuto nel cercare di evidenziare questo piccolo, e nel contempo, fondamentale passaggio, mi sono ritrovato più o meno la stessa risposta e cioè “grazie… quella è la squadra che ha vinto otto titoli”. Domando scusa, stiamo sempre parlando della stessa squadra pluri – vincitrice che ha cannato il progetto per due anni di fila? Allora mi chiedo come mai il ragionamento è vero solo a senso unico? Ciò che non si vuole accettare, a mio giudizio, è che uno come Toto Wolff stia facendo risorgere la sua squadra senza licenziare nessuno e senza nemmeno sognarsi di smembrarla, non tanto perché quelli sono i tecnici che gli hanno portato otto titoli costruttori, quanto al fatto che egli sa che, se vuole vincere, ha bisogno di una squadra stabile e, soprattutto, serena, cosa che non è nemmeno nei sogni più remoti di chi lavora in Ferrari evidentemente. Stiamo parlando della stessa squadra, che quando è ritornata in F1 come costruttore unico, faceva pole a nastro per poi mangiare le gomme in gara solo dopo quattro giri. Quella squadra è cresciuta (a dismisura), mantenendo i suoi uomini e nel contempo aggiungendone di nuovi (Costa ed Allison, gentilmente offerti dalla Scuderia, sono solo i nomi più famosi che posso citare), di modo che la scuderia anglo tedesca cresceva e si rafforzava contemporaneamente. Wolff, dopo le magra figure del 2022 e inizio 2023, non ha licenziato nessuno, non perché, ripeto, quelli sono i tecnici che gli hanno permesso di stravincere, quanto perché sapeva che se avesse smembrato la squadra, se gli andava bene finiva dietro la Rossa! Ad essere sinceri non capisco cosa ci sia di così difficile da comprendere in un concetto così semplice, o forse ciò che risulta esercizio alquanto arduo da affrontare sia quello di ammettere che in Ferrari come minimo hanno commesso una boiata e, forse, era meglio che rimaneva quello che c’era prima, accontentando le sue richieste (di crescita della squadra), facendo venire gli uomini che aveva chiesto.

Vasseur avrà bisogno di almeno un lustro per vincere, questo ho dovuto leggere nella selva di commenti dettati dalla frustrazione dei tanti tifosi che, un giorno si e l’altro pure, chiedono la testa di questo e di quell’altro. Se è vero che il buon Vasseur avrà bisogno di almeno dieci anni per riportare la Rossa alla vittoria, allora tanto valeva mettere da parte tutti i pregiudizi del caso e far rimanere l’altro, il quale avrà anche mille difetti, vero è che non è uno stupido e sapeva dove mettere mano, senza contare che, come il suo collega Wolff, sa benissimo che, nel momento in cui i vertici cambiano, si deve ricominciare tutto d’accapo. Che lezione, o meglio, che legnata che tutti noi abbiamo preso sulle gengive da parte di Mercedes con il suo perentorio atto di forza. Quante volte su questa rubrica mi sono sgolato nel dire che la stabilità è tutto, perché questa è garanzia di serietà e se in un’azienda c’è serietà i tecnici di un certo spessore sono più invogliati nel fare le valigie e trasferirsi nella sempre più isolata Maranello. Perché il problema è tutto qui e, soprattutto, sempre lo stesso e cioè che la Ferrari è tecnicamente isolata ed i migliori ingegneri non ne vogliono sapere di venirci. Si invoca a gran voce Adrian Newey, il quale, nell’intervista su Sky con Ivan Capelli, ha chiaramente fatto capire con quel “se fossi vent’anni più giovane…”, che non si muove da dov’è ed a mio avviso, le sue sono state parole di circostanze, perché dire “chi me lo fa fare di andare in quella gabbia di matti?!”, pareva brutto. Oltretutto i tanti tifosi che vogliono il superman degli ingegneri, mentre ne invocano contemporaneamente il licenziamento di altri cinque, non vogliono capire che chi è a capo della Rossa di vincere veramente non ne ha proprio voglia. Non si può spiegare altrimenti un atteggiamento del genere a partire dalla sua eterna assenza sul campo… penso che tutti ricordano quando a comandare c’era il nonno che era a sua volta alle spalle di Montezemolo, come la presenza di comandava era tangibile e non eterea. La Ferrari di Todt e Schumacher (che tanto viene richiamata alla memoria… Todt voluto da Binotto e negatogli dall’attuale Presidente tra l’altro) su quali basi si fondava se non sulla stabilità che a sua volta attirava ingegneri come mosche sul miele?

La faccia di Charles a fine GP, con le sue tristi dichiarazioni, è stato  l’emblema dell’attuale situazione della Rossa, la quale a mio modesto giudizio, considerando la realtà che stiamo vivendo, non caverà un ragno dal buco nemmeno l’anno prossimo. Faccia che è stata esattamente l’opposto quella di Hamilton, il quale, dall’alto della sua esperienza, se la ride e non poco, perché a fine GP ha avuto la certezza che la sua squadra abbia imboccato la strada giusta. Per carità, nessuno si illude in casa Mercedes, che quest’anno si possa vincere qualcosa contro i bibitari che volano, di sicuro si sono gettate le basi per tentare il colpaccio nei prossimi due anni a venire. Non c’è che dire, un vero e proprio atto di forza

 

Vito Quaranta

LA VERSIONE DI SELDON: IL LIMITE DEL PIEDE CHE TENDE ALL’INFINITO.

C’è un argomento che ha sempre stuzzicato gli appassionati.  Viene tirato fuori ogni qualvolta un pilota sembra andare oltre il limite della vettura. Tizio ha almeno 5 decimi nel piede! Caio ne ha almeno 7! Sempronio ci mette 1 secondo di suo.

Ma sentite come la premessa sia già la croce sulle successive affermazioni? Voglio dire: nessun pilota può andare oltre il limite della vettura, poiché è IL LIMITE. Semplicemente! Ogni persona razionale e attenta al significato delle parole dovrebbe storcere il naso.

E’ solo che si cerca un modo spiccio per descrivere le capacità uniche di quel pilota, e la frase “solo lui da solo ci mette 1 secondo” basta e avanza come descrizione concisa ed efficace. Pure pomposa, di effetto insomma. Come il giocatore che da il 110%. O quello che l’azzecca ogni 3×2, cioè ogni due volte che fa una cosa l’azzecca 3 volte. C’è solo un particolare: 100 è il massimo! Quel 10 dopo non esiste, e non esiste neppure andare oltre il limite. O fare le cose ogni 3×2.

Ma torniamo alla Formula1. Si capisce che sentiamo comunque l’esigenza di distinguere tra quello che va più veloce di 5 decimi o di 1 secondo e quello che rimane indietro. Questa differenza non si può quasi mai spiegare efficacemente confrontando un pilota su una macchina e un altro su un’altra macchina. E’ un esercizio che riesce molto più facilmente confrontando due piloti sulla stessa macchina. Vorrei far vedere che i piloti non portano in giro, o da una squadra all’altra, manciate di decimi come fossero una pennetta di extra-power da infilare in qualsiasi cruscotto.

E consideriamo sempre che anche confrontando due piloti della stessa squadra si finisce per confrontare uno o entrambi con quelli di un’altra squadra per determinare IL MIGLIORE, o, nell’esagerazione che accompagna ogni descrizione di questi tempi, IL GOAT! Per cadere quindi nel tranello aristotelico “Caio è più veloce di Sempronio, Sempronio è più veloce di Tizio, allora Caio è più veloce di Tizio”. E qui la statistica comincia ad impazzire con centinaia di parametri tirati in ballo per far diventare fenomeno unico almeno quattro/cinque piloti. Ma le pippe, quegli altri, chi se l’in….teressa? Questi sfortunati e pericolosi autisti delle ultime file se la meritano una classifica? NO! Torniamo quindi ai primi.

Se analizziamo le carriere dei vari piloti negli anni ci rendiamo conto che se queste sono significative statisticamente (almeno 10 anni) è comunque impossibile che abbiano avuto ogni anno una macchina da titolo. Anche se uno…beh, non ogni anno ma, insomma, che cu…..riosa coincidenza! Anche se io, contentissimo che quest’anno non sia della partita, credo che il suddetto pilota sia un talento vero, e che il fatto di avere avuto per almeno metà della sua carriera un razzo sotto il culo non cambi questa verità.

Andando più a fondo credo ci sia una correlazione diretta tra le prestazioni degli stessi due piloti di una squadra e la forza della loro vettura. O meglio si vede che la differenza tra i due varia in decimi con una correlazione abbastanza diretta. Sintetizzando: supponiamo di avere quello ha 1 secondo nel piede e il suo coinquilino che nei piedi ha poco più che le scarpe. Poiché ho detto in premessa che il secondo nel piede non può coincidere con il superamento di un limite insuperabile, quel secondo lo dobbiamo spiegare con la capacità di portare al limite o vicino al limite la vettura in un modo che l’altro non può/sa fare.

Questa capacità è variabile e dipende dalla difficoltà che rappresenta la guida di quella determinata vettura.

Se si tratta di una macchina con evidenti difetti in velocità massima, potenza motore, precisione e stabilità in curva ecc…. (praticamente in tutte le aree),  il pilota migliore in virtù di un talento particolare sarà in grado di ottenere dei tempi sul giro molto migliori di quelli del suo compagno. Diciamo 7 decimi.

Se la macchina è dotata di alcune parti efficaci e altre no, dunque più facile da guidare rispetto alla prima ma con difetti tali da farla risultare più lenta dei migliori, il pilota migliore avrà ancora un margine, ma assottigliato. Diciamo 4 decimi.

Se infine la macchina è una “dominante” con praticamente nessun punto debole risulterà sicuramente facile da guidare anche per il pilota con meno talento, il quale proprio in virtù della facilità nel portarla al limite ridurrà il gap anche fino a zero nell’ipotesi che la vettura non abbia proprio nessun difetto. Poniamo in assenza della perfezione questo limite a 1 decimo. Questa scala di valori e relativi intervalli di gap si può vedere nel successivo grafico che mostra l’andamento di una successione convergente in cui il livello massimo di prestazione è 0,7 secondi convenientemente assunto in vece del canonico “secondo”:

dove X rappresenta la bontà della vettura.

In ordinate il livello di bravura dei due piloti con quello del leader aspirante GOAT che per semplicità è il massimo (7 decimi di secondo) costante per ogni livello della vettura, e quello del teammate che cresce all’aumentare della bontà della vettura.

E il famoso secondo (qui 7 decimi) nel piede? E’ evidente dal grafico che questo gap nel piede non è un dato costante perché il pilota meno bravo ci si avvicina con una vettura quasi perfetta. Mai del tutto però, o meglio solo all’infinito. Il che determina due cose: che non esisterà mai la vettura perfetta e che il più bravo ha e avrà sempre qualcosa in più. Questo è evidenziato dal fatto che le sue prestazioni non variano al variare della bontà della vettura. Di contro, per pura cattiveria, si potrebbe costruire una teoria dal titolo: “DE PIPPARUM NATURA” sul gap superiore ad un certo limite. Riferito certo all’aspirante GOAT, ma pur sempre valido.

In sostanza l’aspirante GOAT non soffre il sovrasterzo, il sottosterzo, l’anteriore o il posteriore poco preciso, ecc. Almeno però si sfata la leggenda che nel piede di alcuni ci siano 100 CV più della macchina, o un DRS tra suola e tomaia, o un overboost nel tacco. Non ce l’ha nessuno. La migliore adattabilità, duttilità e attitudine al rischio, quelle si che ci sono. Sono nel piede, nel cuore, nella testa. Ma come dicevamo, in assenza di parametri universalmente accettati questo super-pilota ha tutti i diversi avatar della griglia a seconda del tifoso che lo guarda .

Se noi volessimo peraltro vedere un confronto tra diversi piloti e diverse vetture nell’arco di una stagione dovremmo utilizzare un grafico 3D con le medie di tutti i gp per ciascun pilota, nonchè la classifica finale per determinare l’ordine sulle ascisse delle vetture dalla peggiore alla migliore. Non potremmo però assimilare il livello “GOAT” per tutti i leader. Sarebbe davvero complicato… Vedremmo la sovrapposizione in tre dimensioni delle curve di prestazione per ogni coppia di piloti e notare che alcune riferite a coppie su auto mediocri potrebbero essere più alte di quelle di coppie su auto migliori. Accontentatevi! e cercate di immaginarvelo…:-)

La verità rimane sempre una e una sola: “chi vince festeggia, chi perde spiega, anche con grafici!”

Rimane incontrovertibile la realtà del fatto che si vince non coi piedi ma con quello che li circonda, davanti, dietro e (soprattutto quest’anno) sotto. A parità di mezzo, in un’epoca in cui si calcolano i millesimi di prestazione in galleria del vento, nelle simulazioni e nei settaggi. In cui i piloti possono contare sul massimo della prestazione correndo il minimo del rischio, sulla stessa vettura tra i due ipotetici migliori in griglia vincerebbe chi fa meno errori. I tempi in cui quello che aveva più attributi vinceva spesso anche su macchine inferiori per potenza, tenuta di strada e meccanica sono finiti con Fangio. La F1 rappresenta ad oggi la definitiva vittoria del mezzo sull’Uomo. Una lotta tra geniali progettisti intenti solo a trovare il complemento perfetto da mettere nell’abitacolo. Il pezzo di carne perfetto dal cervello precostruito. E questo è il secondo limite temporale, quello in cui finisce l’uso non “inputizzato” del cervello del pilota, che fermerei a Lauda con qualche ripercussione su Prost.

Da questo punto comincia la guerra tra cervelli dei team e cervellini della Federazione. Tra sempre più controllo della vettura e sempre meno controllo SULLA vettura. Tra volanti e joystick.

Tutto ciò mi riporta inevitabilmente al grafico di cui sopra. Non per smentire me stesso, ma serve al massimo per gli ultimi 20 anni. La sua stessa linearità denuncia la semplicità di causa /effetto nella gestione delle macchine attuali. Da ciò la mancanza di reali picchi di adrenalina causati dalla visione dei gp odierni. Per quanto questo inizio di campionato 2022 sia nettamente più interessante dei precedenti 15…!

 

Grazie!

Antonio

 

 

Formula e grafico presi a caso senza cognizione da: http://progettomatematica.dm.unibo.it/

Immagine in primo piano da: F1sport.it