LA VERSIONE DI SELDON: IL LIMITE DEL PIEDE CHE TENDE ALL’INFINITO.

C’è un argomento che ha sempre stuzzicato gli appassionati.  Viene tirato fuori ogni qualvolta un pilota sembra andare oltre il limite della vettura. Tizio ha almeno 5 decimi nel piede! Caio ne ha almeno 7! Sempronio ci mette 1 secondo di suo.

Ma sentite come la premessa sia già la croce sulle successive affermazioni? Voglio dire: nessun pilota può andare oltre il limite della vettura, poiché è IL LIMITE. Semplicemente! Ogni persona razionale e attenta al significato delle parole dovrebbe storcere il naso.

E’ solo che si cerca un modo spiccio per descrivere le capacità uniche di quel pilota, e la frase “solo lui da solo ci mette 1 secondo” basta e avanza come descrizione concisa ed efficace. Pure pomposa, di effetto insomma. Come il giocatore che da il 110%. O quello che l’azzecca ogni 3×2, cioè ogni due volte che fa una cosa l’azzecca 3 volte. C’è solo un particolare: 100 è il massimo! Quel 10 dopo non esiste, e non esiste neppure andare oltre il limite. O fare le cose ogni 3×2.

Ma torniamo alla Formula1. Si capisce che sentiamo comunque l’esigenza di distinguere tra quello che va più veloce di 5 decimi o di 1 secondo e quello che rimane indietro. Questa differenza non si può quasi mai spiegare efficacemente confrontando un pilota su una macchina e un altro su un’altra macchina. E’ un esercizio che riesce molto più facilmente confrontando due piloti sulla stessa macchina. Vorrei far vedere che i piloti non portano in giro, o da una squadra all’altra, manciate di decimi come fossero una pennetta di extra-power da infilare in qualsiasi cruscotto.

E consideriamo sempre che anche confrontando due piloti della stessa squadra si finisce per confrontare uno o entrambi con quelli di un’altra squadra per determinare IL MIGLIORE, o, nell’esagerazione che accompagna ogni descrizione di questi tempi, IL GOAT! Per cadere quindi nel tranello aristotelico “Caio è più veloce di Sempronio, Sempronio è più veloce di Tizio, allora Caio è più veloce di Tizio”. E qui la statistica comincia ad impazzire con centinaia di parametri tirati in ballo per far diventare fenomeno unico almeno quattro/cinque piloti. Ma le pippe, quegli altri, chi se l’in….teressa? Questi sfortunati e pericolosi autisti delle ultime file se la meritano una classifica? NO! Torniamo quindi ai primi.

Se analizziamo le carriere dei vari piloti negli anni ci rendiamo conto che se queste sono significative statisticamente (almeno 10 anni) è comunque impossibile che abbiano avuto ogni anno una macchina da titolo. Anche se uno…beh, non ogni anno ma, insomma, che cu…..riosa coincidenza! Anche se io, contentissimo che quest’anno non sia della partita, credo che il suddetto pilota sia un talento vero, e che il fatto di avere avuto per almeno metà della sua carriera un razzo sotto il culo non cambi questa verità.

Andando più a fondo credo ci sia una correlazione diretta tra le prestazioni degli stessi due piloti di una squadra e la forza della loro vettura. O meglio si vede che la differenza tra i due varia in decimi con una correlazione abbastanza diretta. Sintetizzando: supponiamo di avere quello ha 1 secondo nel piede e il suo coinquilino che nei piedi ha poco più che le scarpe. Poiché ho detto in premessa che il secondo nel piede non può coincidere con il superamento di un limite insuperabile, quel secondo lo dobbiamo spiegare con la capacità di portare al limite o vicino al limite la vettura in un modo che l’altro non può/sa fare.

Questa capacità è variabile e dipende dalla difficoltà che rappresenta la guida di quella determinata vettura.

Se si tratta di una macchina con evidenti difetti in velocità massima, potenza motore, precisione e stabilità in curva ecc…. (praticamente in tutte le aree),  il pilota migliore in virtù di un talento particolare sarà in grado di ottenere dei tempi sul giro molto migliori di quelli del suo compagno. Diciamo 7 decimi.

Se la macchina è dotata di alcune parti efficaci e altre no, dunque più facile da guidare rispetto alla prima ma con difetti tali da farla risultare più lenta dei migliori, il pilota migliore avrà ancora un margine, ma assottigliato. Diciamo 4 decimi.

Se infine la macchina è una “dominante” con praticamente nessun punto debole risulterà sicuramente facile da guidare anche per il pilota con meno talento, il quale proprio in virtù della facilità nel portarla al limite ridurrà il gap anche fino a zero nell’ipotesi che la vettura non abbia proprio nessun difetto. Poniamo in assenza della perfezione questo limite a 1 decimo. Questa scala di valori e relativi intervalli di gap si può vedere nel successivo grafico che mostra l’andamento di una successione convergente in cui il livello massimo di prestazione è 0,7 secondi convenientemente assunto in vece del canonico “secondo”:

dove X rappresenta la bontà della vettura.

In ordinate il livello di bravura dei due piloti con quello del leader aspirante GOAT che per semplicità è il massimo (7 decimi di secondo) costante per ogni livello della vettura, e quello del teammate che cresce all’aumentare della bontà della vettura.

E il famoso secondo (qui 7 decimi) nel piede? E’ evidente dal grafico che questo gap nel piede non è un dato costante perché il pilota meno bravo ci si avvicina con una vettura quasi perfetta. Mai del tutto però, o meglio solo all’infinito. Il che determina due cose: che non esisterà mai la vettura perfetta e che il più bravo ha e avrà sempre qualcosa in più. Questo è evidenziato dal fatto che le sue prestazioni non variano al variare della bontà della vettura. Di contro, per pura cattiveria, si potrebbe costruire una teoria dal titolo: “DE PIPPARUM NATURA” sul gap superiore ad un certo limite. Riferito certo all’aspirante GOAT, ma pur sempre valido.

In sostanza l’aspirante GOAT non soffre il sovrasterzo, il sottosterzo, l’anteriore o il posteriore poco preciso, ecc. Almeno però si sfata la leggenda che nel piede di alcuni ci siano 100 CV più della macchina, o un DRS tra suola e tomaia, o un overboost nel tacco. Non ce l’ha nessuno. La migliore adattabilità, duttilità e attitudine al rischio, quelle si che ci sono. Sono nel piede, nel cuore, nella testa. Ma come dicevamo, in assenza di parametri universalmente accettati questo super-pilota ha tutti i diversi avatar della griglia a seconda del tifoso che lo guarda .

Se noi volessimo peraltro vedere un confronto tra diversi piloti e diverse vetture nell’arco di una stagione dovremmo utilizzare un grafico 3D con le medie di tutti i gp per ciascun pilota, nonchè la classifica finale per determinare l’ordine sulle ascisse delle vetture dalla peggiore alla migliore. Non potremmo però assimilare il livello “GOAT” per tutti i leader. Sarebbe davvero complicato… Vedremmo la sovrapposizione in tre dimensioni delle curve di prestazione per ogni coppia di piloti e notare che alcune riferite a coppie su auto mediocri potrebbero essere più alte di quelle di coppie su auto migliori. Accontentatevi! e cercate di immaginarvelo…:-)

La verità rimane sempre una e una sola: “chi vince festeggia, chi perde spiega, anche con grafici!”

Rimane incontrovertibile la realtà del fatto che si vince non coi piedi ma con quello che li circonda, davanti, dietro e (soprattutto quest’anno) sotto. A parità di mezzo, in un’epoca in cui si calcolano i millesimi di prestazione in galleria del vento, nelle simulazioni e nei settaggi. In cui i piloti possono contare sul massimo della prestazione correndo il minimo del rischio, sulla stessa vettura tra i due ipotetici migliori in griglia vincerebbe chi fa meno errori. I tempi in cui quello che aveva più attributi vinceva spesso anche su macchine inferiori per potenza, tenuta di strada e meccanica sono finiti con Fangio. La F1 rappresenta ad oggi la definitiva vittoria del mezzo sull’Uomo. Una lotta tra geniali progettisti intenti solo a trovare il complemento perfetto da mettere nell’abitacolo. Il pezzo di carne perfetto dal cervello precostruito. E questo è il secondo limite temporale, quello in cui finisce l’uso non “inputizzato” del cervello del pilota, che fermerei a Lauda con qualche ripercussione su Prost.

Da questo punto comincia la guerra tra cervelli dei team e cervellini della Federazione. Tra sempre più controllo della vettura e sempre meno controllo SULLA vettura. Tra volanti e joystick.

Tutto ciò mi riporta inevitabilmente al grafico di cui sopra. Non per smentire me stesso, ma serve al massimo per gli ultimi 20 anni. La sua stessa linearità denuncia la semplicità di causa /effetto nella gestione delle macchine attuali. Da ciò la mancanza di reali picchi di adrenalina causati dalla visione dei gp odierni. Per quanto questo inizio di campionato 2022 sia nettamente più interessante dei precedenti 15…!

 

Grazie!

Antonio

 

 

Formula e grafico presi a caso senza cognizione da: http://progettomatematica.dm.unibo.it/

Immagine in primo piano da: F1sport.it