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La versione di Seldon: tutti ferraristi col pilota degli altri

Chi è “il ferrarista? Di cosa si nutre? Quale è il suo habitat? A queste domande tenterò di dare una risposta, come fossi un Alberto Angela qualunque, perchè penso che la specie si stia estinguendo. Paradossalmente in corrispondenza di magnifici eventi come quello di domenica la tendenza si amplifica, come se un meteorite letale diventasse una pioggia di tali micidiali rocce.

Cosa è successo?

La Ferrari ha vinto! E questo è il fatto di Singapore. Ha vinto con Vettel e Leclerc nell’ordine. Se avessi detto: hanno vinto Hamilton e Bottas nell’ordine avrei praticamente detto che ad ogni alba succede un tramonto. Invece è successo che per due ore circa il moto dei pianeti e delle stelle si è fermato per lasciare spazio ad una Fisica discordante. Il ferrarista vero in questi casi, sopraffatto dall’emozione, pronuncia frasi assurde come: “grazie Vanzini”,  abbraccia il televisore piangendo e stringe soffocandolo il bambino che era con lui sul divano. Di solito si riprende in tempo per salvare il bambino e sciacquarsi la bocca….dalla bava….sì, certo….!

Dico, è stato un giorno memorabile perchè inaspettato certo, ma soprattutto perchè squadra e piloti, dando il massimo hanno dato l’impressione di vincere facile. Una sincronia di decisioni e comportamenti in pista che avrei voluto vedere l’anno scorso, specie fino a Monza, dove la Ferrari aveva dimostrato una discreta competitività. Ma raccontiamo perchè questa memorabile impresa ha invece assunto i toni di una tragedia tra i tifosi (attenzione che qui “tifoso” si usa in una accezione negativa…)

Ad un certo punto, con Leclerc in testa (e dietro un trenino composto da  Lewis, Vettel, Verstappen e Bottas), si è aperta la finestra per il cambio gomme. La squadra ha chiamato Vettel prima di Leclerc (e ha spiegato il perchè…). Quest’ultimo, per eccesso di confidenza, per un calcolo sbagliato, per problemi che non conosciamo…ha fatto un giro piuttosto lento prima di entrare a sua volta a cambiare, e al rientro in pista si è ritrovato dietro Vettel.

Il giovanotto, vivaddio, è uno a cui il sangue scorre con una pressione notevole e non ha gradito il cambio di posizione, dicendolo chiaramente in radio. Che fosse più veloce si vedeva, e gli si è chiesto di fare come voleva ma senza fare lo stupido. E lui, che non lo è, ha detto: non farò lo stupido! Nel frattempo Vettel si è prodotto in una serie di sorpassi con rischio su piloti NON doppiati ed è arrivato ad avere circa 6 secondi di vantaggio sul monegasco. La questione agli occhi di un “ferrarista” era chiusa. Doppietta possibile, dunque “no cazzate”!

La tragedia.

Una moltitudine di tifosi, ferraristi per caso, hanno invocato il TO. A ciò i più turbati hanno fatto seguire insulti e bestemmie contro la squadra rea di aver rovinato la gara di Charles. Presunti e dichiarati fan della vettura (ma in realtà tifosi folgorati sulla via di Montecarlo, magari ex vetteline e vetteliani…) contro tifosi del tedesco, hanno messo in scena nei vari siti combattimenti virtuali con scambio di epiteti di vario genere, di fatto lasciando totalmente da parte la cosa più  importante, le ragioni della squadra, la quale obiettivamente non ha sbagliato nulla.  E io che credevo che per un “ferrarista”, come suggerisce l’aggettivo, la Ferrari venisse prima di tutto!

Mi sfugge nella protesta, nelle liti sul web, nelle accuse reciproche senza senso tra persone non imparentate coi due piloti, il fine ultimo.  Comunque non entro nel merito delle liti tra tifosi di questo o quell’altro pilota, ma sicuramente critico chi si professa tifoso della macchina e  non gioisce per la vittoria. Invero si trasforma in Hulk il verde se non si rende la vita facile al suo beniamino. Non mi ritrovo nella riproposizione in piccolo di certi comizi, tesa sempre e solo ad elevare a verità le opinioni. E invece i fatti sono lì, a portata di mano, semplici da leggere.

Il fatto.

Le squadre di formula1 mettono in pista due macchine, le quali partecipano al campionato per accumulare quanti più punti possibile per due graduatorie. Quella per scegliere la miglior vettura e quella per scegliere il miglior pilota. Da ciò consegue che bisogna mettere il più frequentemente possibile la propria macchina davanti alle altre. Se ne metti due la cosa diventa esaltante. Chi ci sia dentro ha, agli occhi del fan della vettura, una importanza relativa. Lo dice uno che adora Leclerc, uno a cui dopo decenni è tornato a battere il cuore.

Il cuore però è una cosa, la ragione un’altra. Cosa ha sbagliato la squadra nel mettere due macchine davanti a tutti nel giorno in cui ci aspettavamo tutti di fare nella migliore delle ipotesi quarto e quinto? Cosa ha sbagliato Binotto nel lasciare a Vettel la gioia di concretizzare il sogno di un anno? Cosa nell’insegnare al nostro 21enne fenomeno che ci sono interessi più alti, che ubi major minor cessat, che i piloti vanno e la Ferrari resta…cit?

C’è veramente qualcuno che ancora crede che si possa vincere il campionato piloti? Quale il perno delle discussioni? Gli 8 inutili punti a Charles o il suo altrettanto inutile per la squadra record di tre vittorie di fila all’esordio? Ma non è più bello, più giusto gioire per una domenica da incorniciare? A questo punto direi di tornare indietro, alle domande in testa, e di cercare giocosamente di rispondere ad un: chi siamo?

Fissiamo un criterio generale, con dei parametri oggettivi, come quando si giudica un vino. Eh già, ciascuno deve poter distinguere un buon ferrarista da uno cattivo (in modo da potersi difendere) e nel contempo assegnargli un punteggio da 0 a 100! Come si fa? Si individuano dei punti fermi di valutazione, si da a questi parametri un punteggio frazionale rispetto a 100, e si stabilisce così una scala di qualità. Mediocre, decente, buono, ottimo, eccellente. Cominciamo anche col dire che il ferrarista più è vecchio e più è buono, come appunto il vino. Ma come per il vino questa affermazione è valida se e solo se la materia di partenza è ottima o eccellente!

Punti 10-a chi soffriva di cuore e ha comunque guardato le gare di Gilles….

Punti 20-ai valorosi che hanno attraversato il mare degli sberleffi dal 1980 al 2000 (anche se da ferrarista vero si dovrebbe dire dal 1984 al 1999).

Punti 10-a chi nel ’90, svegliatosi alle 4 meno qualcosa per vedere come la Ferrari rivincesse il titolo dopo 11 anni a Suzuka, non ha fatto in tempo ad alzarsi dal divano che Prost era già fuori! E nonostante questo non è andato a cercare una donna da marciapiede, non si è drogato, e adesso ha famiglia e vive felice cercando di non farsi vedere quando piange….

Punti 10-di cui 6 a chi ha dovuto vedere la F92A per un’intera stagione e 4 perchè ha dovuto vederci sopra Capelli….che stimo!

Punti 10-a chi ha pianto la scomparsa di un nemico come Senna, senza il quale ci siamo dovuti abituare ad un livello più basso per un bel po’…

Punti 10-a chi non ha smontato casa e buttato la nonna dal terrazzo quando Michael ha riportato il titolo a Maranello e contemporaneamente ha reso onore nel periodo ad Hakkinen, a Kimi, a Jacques, a Hill…..

Punti 10-a chi nel 2007 ha detto a Kimi: ” sei un Dio”, ma abbiamo avuto tanto culo…..

Punti 5-a chi ha scelto di vedere la F14T per un’intera stagione

Punti 5-a chi ad Alonso a fine 2014 ha detto grazie comunque!

Punti 5-a chi non sa rinunciare all’amore per la rossa ma sa discutere con tutti

Punti 5-a chi, pur pensando che la condizione di perdente sia passeggera, falsa, provocata da altri, ….., riconosce il valore degli avversari

Antonio

Immagine in evidenza da: sportal.it

A Monza splende la stella di Charles Leclerc

Ci sono gare che rappresentano il punto di svolta di una carriera. In positivo ma anche in negativo. E oggi, 8 settembre 2019, due carriere hanno definitivamente svoltato.

Quella di Charles Leclerc, che ha vinto una gara che resterà nella storia della Ferrari e della Formula 1. Quella di Sebastian Vettel, che dopo avere subito la furbizia del compagno in qualifica, ha commesso l’ennesimo grave errore, rendendo praticamente irreversibile la crisi in cui è piombato dopo Hockenheim lo scorso anno.

E’ stato un week-end di quelli destinati a lasciarsi dietro una lunga striscia di discussioni, come piace ai nuovi padroni della Formula 1, ma anche agli appassionati, e vale la pena ripercorrerne sinteticamente gli eventi salienti.

Si comincia con le qualifiche, e in particolare col Q3. Monza è sempre stato un circuito dove sfruttare le scie è fondamentale, ma quest’anno lo è ancora di più per via della dimensione dell’alettone posteriore. E così ogni squadra con 2 piloti in Q3 aveva stabilito che essi si tirassero a turno nei due tentativi. Tutte tranne la Mercedes ovviamente, visto il ruolo conclamato di maggiordomo di Bottas.

Nel primo tentativo Leclerc si fa tirare da Vettel e segna il miglior tempo. Ma nel secondo, quello teoricamente migliore, approfitta del fatto che nessuno fra i 9 piloti in pista vuole partire per primo, e attende l’ultimo momento per mettersi davanti al compagno, facendogli perdere la possibilità di fare il suo tentativo, e relegandolo quindi alla quarta posizione. Nemmeno le due Mercedes riescono a fare il giro, e così Hamilton si accontenta della seconda posizione, e Bottas della terza.

Ma le prove libere hanno, ancora una volta, dimostrato che la Ferrari è velocissima su un giro ma fatica sul passo gara, e per Leclerc sarà durissima bissare la vittoria di Spa.

Ma Charles è Charles, e già alla partenza fa capire ad Hamilton, partito meglio, che oggi venderà cara la pelle, chiudendolo verso destra arrivando alla prima variante, e facendogli perdere la posizione su Bottas, che però, ovviamente, gliela restituisce subito.

Dietro, Vettel fa capire che non è la sua giornata, e perde la posizione su Hulkenberg, riguadagnandola però poco dopo.

Come previsto, Leclerc non riesce a distanziare le due Mercedes, che si piazzano subito fuori dalla zona DRS e non mollano di un millimetro. In quarta posizione, Vettel si avvicina a Bottas, ma al sesto giro combina un disastro di quelli destinati a non essere dimenticati: alla Ascari perde il posteriore della macchina e compie una delle sue solite giravolte. Per peggiorare la situazione, si rimette in marcia senza guardare chi arriva, e viene urtato da Stroll che gli rompe l’ala, rimediando, oltre al pit-stop per sostituirla, anche uno stop-and-go punitivo, che lo mette definitivamente fuori dai giochi.

A questo punto Leclerc sa che non potrà più contare sul compagno di squadra per tenera a bada il duo anglo-tedesco, e oggi gli avrebbe fatto forse ancora più comodo che a Spa.

Ma Charles è Charles, e continua a tenersi dietro Hamilton che, non riuscendo ad avvicinarlo, prova ad anticipare il pit-stop per tentare l’undercut, fermandosi al giro 20 per montare gomme medie. Questo costringe anche Leclerc a fermarsi: il box Ferrari, oltre a dargli un pit-stop velocissimo, gli monta le gomme più dure, che si riveleranno quelle giuste per coprire i 32 giri che rimangono.

Esce dai box di poco davanti ad Hamilton, ma ha Hulkenberg da superare. Cerca di forzare i tempi e lo passa in parabolica. Questo gli toglie velocità per il rettilineo e si ritrova Hamilton incollato al posteriore. L’inglese lo attacca andando verso la Roggia e lo affianca all’entrata della variante, in quello che sembra il replay del sorpasso a Vettel al primo giro lo scorso anno.

Ma Charles è Charles, e non lascia spazio all’esterno, costringendo Lewis ad andare sull’erba e a fare la chicane nella via di fuga. Rientra in pista protestando, e la direzione corsa mostra al monegasco la bandiera bianco-nera. Alla prossima scatterà la penalità. Forse.

Al giro 28 si ferma anche Bottas per montare le gomme medie, e rientra con una decina di secondi di svantaggio sui primi due.

Hamilton resta costantemente in zona DRS, ma la Ferrari è un missile e riesce a stare davanti pur non avendo a sua volta il supporto dell’ala mobile. Al giro 36 Leclerc commette un errore alla prima variante, la taglia passando sui dissuasori ma per fortuna Hamilton non riesce ad avvicinarsi a sufficienza per tentare l’attacco. E i commissari chiudono un occhio, anzi, due.

Le gomme di Lewis iniziano a dare segni di cedimento, e Bottas gli si avvicina, riuscendo poi a superarlo quando, al 42° giro, l’inglese va lungo alla prima variante, e di fatto esce dalla lotta per la vittoria. Dopo 40 giri a difendersi dal mastino 5 volte campione del mondo, ora l’avversario è il finlandese, che è molto meno mastino ma ha gomme 7 giri più fresche. E, infatti, al 48° giro segna la tornata più veloce, e si avvicina in zona DRS, dando la netta sensazione di potere fare un sol boccone del ferrarista.

Ma Charles è Charles, e riesce a mantenerlo a distanza di sicurezza, nonostante un errore alla Ascari, subito compensato da un errore di Valtteri alla prima variante, che chiude definitivamente la questione.

Leclerc e la Ferrari vincono così a Monza, 9 anni dopo Alonso, nel tripudio delle decine di migliaia di tifosi sotto il podio. Bottas e Hamilton completano il podio, con quest’ultimo autore del giro più veloce dopo avere montato gomme soft nuove.

Al quarto e quinto posto due Renault diventate improvvisamente velocissime, con Ricciardo davanti ad Hulkenberg. Al sesto posto si piazza Albon, autore di una gara che poteva anche essere migliore, senza una manovra al limite di Sainz e una penalità per il taglio di una chicane. Lo seguono in classifica Perez e Verstappen, rimontato dall’ultima posizione nonostante un pit-stop extra per il cambio dell’ala anteriore.

Al nono posto Giovinazzi, che riesce a non combinare guai nella gara di casa. Chiude la zona punti il simpaticissimo Norris.

Poca fortuna per la Toro Rosso, con un opaco Gasly 11°, e Kvyat ritirato per rottura del motore. E solita gara pessima per le Haas, ormai sprofondate in una crisi tecnica di difficile soluzione. Non male il 14° posto di Russell, con una Williams che da diverse gare sembra riuscire a stare assieme agli avversari più diretti, anziché vederli solo in occasione dei doppiaggi.

Monza svolta di una carriera, dicevamo all’inizio. E’ curioso notare come fu proprio a Monza, nel 2008, che Vettel si mostrò al mondo per quello che sarebbe poi diventato. E sempre qui, 11 anni dopo, la sua stella sembra definitivamente tramontata. Per lui non sarà facile, d’ora in poi, convivere con un compagno come Leclerc.

Perchè Charles è Charles.

Ferrari stratosferica ma a Monza vince Hamilton

Il campione si vede nel momento del bisogno. E la F1 è lo sport dove questa parafrasi trova la sua completa applicazione.

La vittoria di Spa aveva lanciato un chiaro segnale alla Mercedes: la SF71H è ora più forte della W09, senza se e senza ma. E le qualifiche di Monza hanno dimostrato in modo inequivocabile questo assunto, con le due rosse in prima fila, davanti ad un Hamilton che è sembrato metterci molto del suo per cercare di stare loro vicino. Ma in pole c’era la rossa sbagliata, quella di Raikkonen, cosa che è parsa avere lasciato Vettel con dubbi la cui natura non ha voluto rivelare.

La missione per accontentare anche la domenica i tifosi già in tripudio in sabato, oggi era una sola: doppietta. Con una sola, grande, incognita: la partenza e le (poche) prime curve. Troppe volte, da quando la Ferrari è tornata davanti, abbiamo assistito ad incidenti che hanno coinvolto le due rosse, vanificando l’ottimo lavoro del sabato.

Potevano esserci due versioni per la partenza di Monza:

  1. (quella logica): Vettel passa davanti, e Kimi si accoda difendendolo dagli attacchi di Hamilton;
  2. qualsiasi altra.

E’ andata in scena la versione 2, con Kimi che parte peggio di Seb, quest’ultimo gli si affianca alla prima variante ma il finlandese non molla e Lewis ne approfitta per affiancare una prima volta il tedesco. Ma all’ingresso della variante della Roggia Vettel difende l’interno, davanti ha Raikkonen che ancora una volta sembra più lento di lui, e Hamilton lo supera dall’esterno con una manovra decisa ma pulita. Seb non riesce a fare la curva ed urta l’inglese andando in testacoda e dovendo ripartire dal fondo.

Dopo una Safety Car per ripulire la pista anche dai detriti di un altro incidente nelle retrovie, Vettel riparte così dal fondo velocemente rimontando posizioni, mentre i primi due viaggiano con un distacco costante di 1 secondo, con Hamilton che non sembra in grado di attaccare Raikkonen. Il quale si ferma per primo al giro 21, ma stranamente Lewis non lo segue il giro dopo. Allo stesso modo Verstappen e Bottas, terzo e quarto prima del pit stop di Kimi, restano in attesa.

E poco dopo si capisce in attesa di cosa. Un laconico team radio nei confronti del finlandese della Mercedes recita così: “Keep Kimi behind”.  La funzione di Bottas per oggi è, una volta di più, quella del tappo.  Ma far proseguire Hamilton così tanti giri gli ha fatto perdere diversi secondi, che può recuperare solo con l’aiuto del compagno. Cosa che puntualmente succede, e Bottas viene fatto rientrare ai box solo quando il distacco di Lewis da Kimi scende sotto al secondo.

A quel punto mancano una quindicina di giri, e il problema per il finlandese della Ferrari è il terribile blister che ha sulle due gomme posteriori. E infatti a 8 giri dalla fine nulla può contro il deciso attacco di Hamilton, al quale prova a resistere in modo corretto ma invano.

Da quel momento in poi la gara vive sul duello fra Versteppen e Bottas, con l’olandese che prova a resistere al finlandese nel suo solito sporco modo, rimediando una penalità di 5 secondi, che sarà poi determinante nel farlo scivolare dalla terza alla quinta posizione. Sul terzo gradino del podio sale così Bottas, seguito da Vettel che porta a casa il massimo risultato possibile dopo l’incidente al primo giro.

Dopo il solito abisso, un consistente Grosjean porta a casa la sesta posizione (grazie anche al ritiro di Ricciardo cui il motore Renault sta già facendo pregustare il 2019), poi le due ex-Force India cui il cambio di proprietà ha fatto decisamente bene, poi Sainz di nuovo a punti con una Renault comunque al di sotto delle aspettative, e infine Stroll, incredibilmente a punti con una Williams che evidentemente è stata progettata per andare forte solo sui circuiti molto veloci.

Poca gloria per McLaren, Sauber e Toro Rosso, fuori dalla zona punti e mai realmente esistite nel week-end monzese.

E’ difficile per chi scrive chiudere questo articolo senza ripetersi. Quante volte, quest’anno, la chiusa parlava degli sprechi della Ferrari e della necessità di essere perfetti fino alla fine per potere sperare di vincere il mondiale. Ora non si può più nemmeno dire che il mondiale è ancora lungo. Mancano solo 7 gare e fino ad ora abbiamo visto un Hamilton perfetto che ha sempre portato a casa la vittoria nei week-end per lui più difficili, combinando il suo grande talento con i frequenti errori della Ferrari, e soprattutto di Vettel. Perchè, non bisogna avere paura di dirlo, il tedesco è il principale responsabile della classifica attuale che vede Hamilton e la Mercedes ben davanti in entrambi i campionati.

Ora si va a Singapore, che quanto a sprechi ai ferraristi evoca bruttissimi ricordi. Anche se partono, indubbiamente, da grandi favoriti. E non è detto che sia una cosa positiva.

P.S.
Relativamente alla gestione delle strategie, la Mercedes ha, volenti o nolenti, dimostrato di saperci fare molto più della Ferrari. Se questi ultimi avessero relegato Kimi allo stesso ruolo di Bottas, Vettel sarebbe uscito primo dalla variante e oggi parleremmo di un trionfo Ferrari. Ed è strano che in alcune situazioni Kimi venga sfavorito (è successo, fra le grandi proteste dei suoi aficionados) e quando serve di più addirittura si dichiara che è libero di vincere, con il risultato che abbiamo visto. In Mercedes tutte le volte che hanno potuto a Bottas hanno fatto fare la parte del maggiordomo, e oggi ciò è stato pure palesato nei team radio in quanto minuziosamente pianificato prima della gara. Il tutto in perfetta incoerenza con le dichiarazioni dei giorni precedenti Monza,  ma, e lo abbiamo già evidenziato, per vincere in F1 la coerenza non è un requisito.

BLANCPAIN GT ENDURANCE CUP – MONZA 2018

Come da tradizione la tappa di apertura del campionato Blancpain Endurance è ancora una volta ospitata dalla storica e velocissima pista brianzola di Monza. Anno dopo anno questo campionato, organizzato dalla SRO con al comando Stephane Ratel, è cresciuto sempre di più in fatto di popolarità e dimensioni, tanto da diventare la più importante serie GT internazionale, riuscendo a coinvolgere praticamente tutti i marchi con le loro GT3. Ovviamente la punta di diamante del Blancpain è la 24 Ore di Spa, che è una delle due classiche insieme a quella del Nurburgring, in cui le GT sono le protagoniste. E’ senza dubbio il climax della stagione su un palcoscenico mozzafiato; però anche le altre gare da 3 ore durante l’anno si svolgono sempre nei grandi e storici circuiti europei…appunto Monza, ma anche Silverstone, Paul Ricard, Nurburgring, Barcellona. Uno degli aspetti più difficili in questi ultimi anni è stato quello di riuscire a bilanciare adeguatamente le varie categorie: dai professionisti in team supportati in modo ufficiale agli amatori, o gentleman, che per passione si cimentano nella guida di questi bolidi cercando di divertirsi. Ratel è sempre ben attento a queste dinamiche, al fine di prevenire un’escalation di costi tale da far scomparire le piccole squadre. Per quest’anno quindi è stato fissato un limite di iscritti full-season nella PRO a 24 equipaggi, anche se al Ricard e a Spa questo limite non ci sarà. A Monza ci sono in totale 54 vetture, di cui 7 di classe AM (almeno 2 piloti su 3 amatori), 13 in PRO-AM (almeno un pilota Bronze), 10 in classe “Silver” (almeno 2 Silver) e come già anticipato il resto in classe PRO (massimo un pilota Silver, gli altri Gold o Platinum). La stagione Blancpain GT Series è in realtà già iniziata con la gara a Zolder, dove la Main Race è stata vinta dai campioni in carica Bortolotti-Engelhart sulla Huracan GT3.

In classe PRO sono presenti quest’anno ben 12 marchi differenti.

La presenza maggiore è della Mercedes che schiererà ben 5 AMG GT3 supportate ufficialmente per i team AKKA ASP, Black Falcon e Strakka Racing. In entrambe le precedenti edizioni a Monza la Mercedes ha sempre raggiunto il podio, nonostante le caratteristiche della pista non siano per niente favorevoli.

 

Le Audi R8 LMS sono invece 4 affidate allo storico team WRT, al Sainteloc Racing che ha vinto l’ultima 24 Ore di Spa, e al team Attempto.

 

Tre Lambo tutte schierate dal Grasser Racing, tra cui la #63 dei campioni Bortolotti-Engelhart-Caldarelli. A Monza la Huracan è sempre andata fortissimo per via delle sue caratteristiche, qui nel 2015 ottenne la sua prima vittoria al debutto.

 

BMW si affida come sempre al Rowe Racing che porta le sue 2 M6 GT3, che a Monza hanno sempre faticato per via della scarsa velocità massima.

 

Nel 2018 c’è il ritorno dell’Aston Martin nella classe PRO grazie al team R-Motorport che schiera 2 Vantage GT3 ormai arrivate alla loro ultima stagione prima di essere sostituite dalla nuova generazione. In questa pista le Aston dovrebbero andare molto forte visti gli eccellenti risultati ottenuti nella categoria Pro-Am gli anni precedenti.

 

Il team M-Sport è pronto per l’esordio delle sue due nuove Continental GT3…c’è molta curiosità per la nuova generazione della possente GT britannica. La vecchia Continental a Monza si è sempre comportata bene a parte il primo anno in cui aveva faticato.

 

Debutto anche per la Lexus RCF GT3 del team Emil Frey in Blancpain Endurance Cup. Oltre alle 2 vetture giapponesi il team svizzero porterà in classe Silver la Jaguar G3 che si è sempre dimostrata veloce a Monza, anche se poco affidabile.

 

La Nissan ha un pacchetto evolutivo per quest’anno sulla sua GT-R ed è ancora una volta il team RJN che la farà correre in Europa…quest’anno un solo equipaggio in classe PRO.

 

Anche la Ferrari purtroppo godrà di una sola presenza nella classe di vertice quest’anno, dopo la cospicua partecipazione del 2017. E’ quella del team SMP Racing, gestita da AF Corse, con alla guida anche Rigon.

 

La Mclaren si affida senza troppe speranze alla 650S GT3 del team Garage 59, dopo aver perso molti team clienti a causa di un 2017 sotto le aspettative. A Woking però sono in fase di sviluppo del prossimo modello che dovrebbe debuttare nel 2019 supportato ufficialmente. Ci sono anche rumors della versione GTE…wait and see.

 

Infine c’è anche il ritorno della mitica Porsche 911 GT3 R giallo-verde del team Manthey. Monza è una pista in cui un team del genere con una vettura così potrebbe veramente essere in lizza per la vittoria.

 

ENTRY LIST COMPLETA

https://www.blancpain-gt-series.com/entry-list?filter_meeting_id=97

 

TIMETABLE

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Buona gara a tutti!!

 

Aury

JARNO SAARINEN, IL PILOTA CHE INVENTò….

Ci son piloti che van fortissimo, piloti che lasciano il segno per la loro simpatia, piloti che te li ricordi per la loro follia, piloti che porti nel cuore perchè son diventati leggenda e poi ci sono quelli che hanno cambiato il modo di correre a tutti, come Jarno Saarinen.

Saarinen è stato un pilota di quell’epoca romantica delle corse, dove la passione era di gran lunga superiore agli interessi economici, dove ancora si poteva uscire e farsi notare per la propria bravura e non solo perchè si veniva appoggiati da grandi marchi.

La sua storia non è la classica di qualsiasi pilota nato per correre e che ha basato tutta la sua esistenza su questo, ma anzi, il Finlandese aveva come ambizione quella di essere un progettista di motori da corsa, tanto da laurearsi in ingegneria meccanica all’età di 24 anni. Jarno tuttavia non era dotato solo di grande intelligenza, era uno che aveva come dote il saper andar forte con qualsiasi mezzo, partecipando, nei ritagli di tempo, a delle corse su ghiaccio fra Svezia e Finlandia, ottenendo ottimi risultati, viaggiando con il carro funebre della azienda di famiglia, assieme alla sua bellissima fidanzata Soili, la persona che avrà accanto in ogni avventura, praticamente inseparabili. Queste corse lo aiuteranno ad affinare il suo stile di guida particolare e quando farà il salto nel mondo delle corse su asfalto, lo renderanno quasi imbattibile, sopratutto quando le condizioni diventano di bagnato.

Nei primi anni affronta le corse su asfalto con la Tunturi-Puch 125 monocilindrica e con le Yamaha nella 250 e 350. Le moto vengono elaborate e gestite da lui personalmente, come a cercare quel background per riuscire nel suo sogno di progettista. I risultati son rosei e lo portano ad ottenere la conquista di 6 titoli nazionali.

Nel 1970 decide di partecipare al mondiale, facendolo alla sua maniera, ossia senza un team di supporto, solo lui e la sua favolosa moglie Soili, il carro funebre viene sostituito da un VW T2, che servirà da traporto della Puch 125 e della Yamaha 250, per poi essere anche il covo dei due fidanzatini, novelli sposi a fine stagione. Nonostante il budget ridottissimo, da subito porta a casa buonissimi risultati, facendo sesto al debutto al Nurburgring, quarto in Francia, Jugoslavia e Belgio, andando a podio in Olanda e Cecoslovacchia. Si capisce ben presto il suo valore di pilota e di quanta conoscenza avesse della meccanica, tanto da ottenere per la stagione successiva, due Yamaha ,una 250 e una 350, che gli vengono affidate dal concessionario ufficiale Finlandese.

In 350 l’inizio non fu dei migliori, per i numerosi problemi tecnici riscontrati sul mezzo, ma una volta risolti, iniziarono ad uscire i risultati importanti, come le vittorie a Brno ed al GP delle Nazioni,  andrà a podio in Svezia ed a Imatra, riuscendo a chiudere al secondo posto la stagione. Nella 250 invece riuscii a vincere a Jarama ed a ottenere altri 3 podi, che gli fecero chiudere il mondiale in terza posizione. Risultati davvero considerevoli, visto che lo staff tecnico del suo team restavano sempre lui e la moglie.

Jarno ormai è nel cuore della gente, per quel suo fare bonario, per quella sua passione sconfinata, per quella sua metodica voglia di arrivare all’eccellenza, quel non mollare mai, quel provarci sempre, per quel rimanere se stesso, pur essendo acclamatissimo dalle folle.

Arriva il 1972 e con esso la conferma definitiva del suo valore, riuscendo praticamente a dominare la classe 250, portando a casa il titolo iridato contro l’altro asso Italiano, che rispondeva al nome di Renzo Pasolini, rivale di duelli e battaglie. Ma più scalpore lo fece quando sconfisse Agostini, nelle prime due gare della stagione della 350. Il campione Italiano non veniva battuto, se non per rottura meccanica, da 4 stagioni e Jarno lo face pure con ampio margine.

Ormai la sua classe e il suo stile di guida, avevano fatto aprire gli occhi a chiunque nel mondo delle corse a due ruote. Già il suo stile di guida, una di quelle cose che apprese provando e riprovando nelle gare sul ghiaccio. In quei tempi i piloti correvano tenendosi ben saldi alle moto, con le gambe ancorate al serbatoio e le braccia strette. Appena qualcuno osava cambiare lo stile, i puristi lo attaccavano e lo criticavano aspramente. Ma Saarinen, da buon perfezionista quale era, trovò spunto da John Cooper, un pilota di scarso livello, che aveva iniziato per primo a staccare la gamba interna dal serbatoio. Jarno decise non solo di provare a capire i vantaggi dello spostamento della gamba, ma intui anche la necessità di spostare tutto il corpo, staccando anche il sedere dal sellino e portandolo verso centro curva e con esso anche le braccia, potendo avere maggiore velocità in curva, ed una migliore accelerazione in uscita, visto che la moto può stare più dritta, perchè il corpo fa da contrappeso. Per capirsi, inventò lo stile di guida da corsa del giorno d’oggi, che ancora non ha smesso di evolvere.

Ma ci furono anche momenti che lo resero un pò meno amato dal pubblico e fu il suo rifiuto di andare a correre al TT sull’Isola di Man, dicendo “NON VOGLIO MORIRE!”, anche questo fu Jarno Saarinen, un’uomo che sapeva quando era sensato rischiare e quando no. Qualche anno dopo, tutto il motomondiale capii questa cosa, anche a scapito di qualche pilota morto.  (il TT, ancora oggi, mantiene intatto il suo fascino e la sua follia).

Il 73 doveva essere l’anno della sua consacrazione definitiva, anno in cui aveva già deciso che alla fine della stagione 74, sarebbe arrivato il suo addio alle corse, per dedicarsi alla sua passione ed a quelle cose che aveva già programmato, quali il lavoro da progettista e il crearsi una famiglia con dei figli. Ma prima di questo, voleva diventare il primo pilota a vincere 3 titoli iridati nella stessa stagione, pianificando a tavolino in quali corse avrebbe dovuto correre, per non superare il tetto massimo dei 500 km percorsi nel singolo evento. (Al tempo c’erano ancora gli scarti)

Il 73 fu l’anno in cui Yamaha decise di dare un supporto ufficiale al Finlandese, vogliosa di porre fine all’egemonia di Agostini e della MV. Fu così che Jarno potè pensare di correre la 250, la 350 e la 500.

Prima dell’inizio della stagione, Saarinen scrisse due pagine leggendarie, diventando il primo non Statunitente a vincere la 200 miglia di Daytona, correndo con la 350 (debutto ufficiale con Yamaha), contro le 500, che vennero relegate a una distanza superiore al minuto. Ma la storia ancora più incredibile, la fece in una gara fuori campionato a Silverstone, dove riusci a vincere in tutte e tre classi in cui partecipò, infrangendo pure i record del ciruito!

Inizia la stagione ufficiale trionfando al Nurburgring, divenendo il primo pilota a vincere al debutto in 500 (oltre a lui, solo Biaggi nel 1998 a Suzuka) e riconfermandosi anche nella gara successiva. Nelle prime 3 corse fra 250 e 500 avrebbe potuto vincere 6 corse su 6, senza la rottura della catena di Hockenheim, non lo fermava più nessuno.

Ma arriva Monza, dove avrebbe dovuto iscriversi alla 500 e alla 350, ma per un ritardo nell’iscrizione, non fu ammesso e prese parte alla gara della 250. Nella corsa precedente della 350, ci fu una perdita di olio sul curvone, che non venne segnalata ai corridori. La gara partì, le moto giunsero su quella curva, ed il destino beffardo volle che la moto di Pasolini perdesse aderenza, volando a terra e con lui anche altre moto. Saarinen si ritrovò centrato in pieno dalla moto di Pasolini e poi successivamente investito da altri piloti. Scoppiò pure un’incendio e nulla ci fu da fare, sia per Jarno che per Renzo. Il destino beffardo, portò via in un sol colpo, due grandi promesse e due grandi uomini.

Ci sono piloti vincenti, ci sono piloti famosi e poi ci sono PILOTI che sono anche grandi UOMINI e Jarno era uno di quest’ultimi.

Non voglio chiudere il capitolo tristemente, lo voglio fare ricordandolo per quello che fece durante il GP del Belgio del ’71, con il suo amico Pesonen che cade e perse i sensi. I medici lo soccorsero e lo trasportano d’urgenza al più vicino ospedale. Saarinen, come  un folle, corse dietro all’ambulanza, inseguendola con una moto da corsa sulla strada provinciale.  Voleva conoscere le condizioni dell’amico, ed era pronto a donare il sangue, qual’ora fosse stato necessario. Ma le condizioni dell’amico erano migliorate e venne rassicurato con un gesto della mano di Pesonen. A quel punto Jarno risale sulla sua Yamaha, tornando in pista a concludere la gara, anche se ormai ogni risultato era compromesso. Storie di altri tempi.

Saluti

Davide_#angolodellanostalgia_QV