TRENT’ANNI

Gli anniversari portano con sè vari significati, soprattutto quando riguardano la dipartita tragica di esseri umani.

C’è il ricordo della persona, e di quello che ha significato, per i propri familiari, per gli amici o, come nel caso di Ayrton Senna, per il mondo intero. Non esiste, nel mondo dello sport, e se ne trovano pochi anche al di fuori di esso, un personaggio il cui ricordo venga celebrato come è avvenuto e sta avvenendo in questi giorni, anche da chi non l’ha mai visto in vita. E pure da chi, avendolo visto in vita, ha potuto toccare con mano anche i lati negativi della carriera sportiva del personaggio, che oggi vengono giustificati ma, all’epoca, venivano aspramente criticati da chi, e non erano (eravamo) in pochi non lo amava particolarmente.

I grandi personaggi sono così, hanno tutto portato al massimo, il talento, la decisione, la professionalità e anche la cattiveria, indispensabile per arrivare ai livelli supremi.

Gli anniversari, dicevamo. Di essi, quando riguardano tragedie, e Imola 1994 più che una tragedia fu una catastrofe, umana e sportiva, è giusto ricordare anche i cambiamenti che hanno portato. E, in questo caso, parliamo di cambiamenti enormi, che per certi aspetti sono andati anche oltre il mondo della Formula 1, affermando un concetto, quello che la competizione non può e non deve mai mettere a rischio l’incolumità di chi vi partecipa. Fino a pochi anni prima, non solo in Formula 1, era normale continuare a correre con i morti di fianco alla pista. Dopo no. E, anche se in tanti (di noi) ricordano con nostalgia i vecchi tempi, è giusto così. Perchè, non mi stancherò mai di ripeterlo, fino a 30 anni fa, quando un pilota saliva su una monoposto, dalla Formula 3 in su, non era per nulla sicuro di scenderne intero o vivo. 

Oggi non è più così, e lo si deve in gran parte proprio ad Imola 1994, non bisogna mai dimenticarlo, anche quando si celebra la grandezza di un personaggio unico, senza dimenticare chi, il giorno prima, ci ha ugualmente rimesso la vita, non sapendo che quell’oggetto che tanto voleva guidare non gli avrebbe perdonato il minimo errore. 

Proprio per non dimenticare questo, oggi vogliamo riproporre un articolo di 5 anni fa, che entra nel merito del perchè, dopo quel 1° maggio di esattamente 3 decadi fa, nulla è stato più come prima.

Buona lettura.

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Nella linea del tempo della storia esiste sempre un “prima” e un “dopo”.

Per la F1 la linea di demarcazione fra il “prima ” e il “dopo” è senza ombra di dubbio il week-end del 1° maggio 1994.

Questo non vuole essere il solito ricordo di coloro che quel giorno caddero, non ne sarei degno, bensì una riflessione su cosa hanno significato quegli sventurati tre giorni trascorsi, ironia della sorte, in una delle zone del mondo dove la passione per i motori raggiunge i suoi massimi.

Il mondo della Formula 1 a quel week-end arrivò ormai disabituato a ciò che fino a non molti anni prima era una eventualità tutt’altro che improbabile: quella di stilare il bollettino di guerra alla domenica pomeriggio. L’abitudine era tale che a rileggere oggi i settimanali specializzati usciti dopo uno dei tanti week-end segnati da tragedie ci si meraviglia di come queste, anziché occupare le prime sei pagine, venissero sovente relegate ad una singola pagina dopo la cronaca della corsa e descritte quasi come un normale episodio di gara.

Ad un certo punto, all’inizio degli anni ’80, una soluzione tecnologica nata per risolvere un problema di prestazione, la cronica torsione dei telai in alluminio sottoposti alle enormi forze generate dalle wing-car, si rivelò, inaspettatamente, molto efficace anche per proteggere il pilota. Quella soluzione era la fibra di carbonio, e dette la dimostrazione della sua forza a Monza nel 1981, quando la McLaren MP4 di Watson si schiantò dopo la seconda di Lesmo dividendosi in due all’altezza del motore, e l’ex-barbuto John ne uscì come se niente fosse.

All’epoca il pilota viaggiava seduto in una vasca che gli copriva sì e no il bacino. La maggior parte degli urti aveva conseguenze poco piacevoli, e un incidente come quello di Watson, con una scocca in alluminio, avrebbe avuto conseguenze ben peggiori. E, invece, niente ferite e niente fuoco, altra costante di quell’epoca.

Da lì a qualche anno tutte le macchine avrebbero utilizzato scocche avvolgenti in fibra di carbonio, e si sarebbe assistito ad urti tremendi dai quali il pilota usciva indenne o quasi. Il numero dei piloti feriti e morti nel periodo fra l’84 e il 93 fu enormemente più basso rispetto a quello del decennio precedente. Da qui la convinzione che, ormai, correre in Formula 1 (ma anche nelle altre categorie “formula”, che avevano adottato le stesse tecnologie) fosse diventato sicuro almeno quanto correre in bicicletta.

Ma era una convinzione frutto di tutto ciò che di tragico si era visto nei decenni precedenti, quando di fatto si correva a 300 e passa all’ora circondati da 4 tubi, 4 lamiere e centinaia di litri di benzina. Almeno ora c’era una scocca avvolgente fatta di un materiale molto robusto, e la benzina era dietro le spalle.

Ma… ma le macchine andavano sempre più veloci, le piste erano sempre quelle, il pilota guidava rannicchiato in uno spazio ridicolmente piccolo e con la testa e le spalle di fuori. Il tutto perché qualcuno aveva capito che stringendo la sezione frontale e alzando il muso si andava più forte. Guardate le macchine del 1994: assomigliano tutte alla Leyton House del 1988. Quel qualcuno era Adrian Newey, il quale aveva pure pensato di mettere i piedi del pilota uno sopra l’altro, per stringere ancora di più il muso. Per fortuna glielo avevano impedito. Ma nessuno aveva pensato di mettere una dimensione minima per gli abitacoli, che, quindi, erano stretti il più possibile e senza alcun tipo di protezione.

In altre parole, la sicurezza del pilota era ancora un “di cui” nell’ambito del pacchetto totale. Non solo per i progettisti, ma anche per la FIA. Nonostante questo, nulla di grave succedeva, quindi tutto ok. Fino a quando alla FIA stessa non venne l’idea di abolire un’altra soluzione che poteva contribuire a rendere quelle macchine un po’ più sicure: le sospensioni attive. E lo fece, ironia della sorte, proprio per ragioni di sicurezza. A qualcuno, in effetti, erano impazzite facendogli rischiare grosso, ma in realtà, proprio grazie ad esse, quelle vetture dall’aerodinamica estremamente sensibile potevano viaggiare ad un’altezza più costante, rimanendo più stabili.

Le macchine che corsero i primi GP del 1994 erano invece estremamente instabili. Compresa la ex astro-Williams, guidata quell’anno da Senna. Che, infatti, si lamentava parecchio di ciò che gli aveva dato il mago Newey. Il quale più tardi ammetterà di avere completamente sbagliato l’auto proprio a causa del cambio regolamentare.

Le piste, dicevamo. E qui arriviamo al tragico week-end di 25 anni fa. Imola era una pista veloce, e aveva (ma ha ancora) delle vie di fuga molto limitate. Qualsiasi problema o errore si paga duramente. E lo pagò, poco, Barrichello il venerdì. Lo pago, duramente, Ratzenberger il sabato. E lo pagò, altrettanto duramente, Senna la domenica.

Per tutti e tre una barriera arrivata troppo in fretta, e niente di niente a tenere ferma e a proteggere la loro testa. A pensarci con le conoscenze di oggi sembra una immensa stupidaggine. Eravamo nel 1994, non nel 1930. Possibile che nessuno si fosse reso conto di quanto vulnerabile fosse un pilota in quelle condizioni? Nessuno che avesse fatto un minimo di analisi dei rischi, prima che gli angeli custodi decidessero di prendersi in massa un week-end di ferie?

Nessuno l’aveva fatta. Punto.

E, infatti, lì finisce il “prima”. E finisce anche un’era, come in tanti hanno titolato il giorno dopo. L’era dei piloti “cavalieri del rischio” e del “motorsport is dangerous”. Quella F1 ha continuato a fare vittime per qualche mese ancora (senza, fortunatamente, risultare fatale) e poi la logica ha preso il sopravvento, probabilmente guidata da esigenze di marketing (le tragedie in diretta non erano più accettabili per gli sponsor) e/o assicurative, col risultato di rendere veramente la F1 uno sport più sicuro del ciclismo. E con lei, a cascata, anche le altre categorie. Tutto questo, ovviamente, se non si corre su ovale e se non si mettono di mezzo errori umani clamorosi e magari evitabilissimi.

Quando critichiamo gli ultimi ritrovati per la sicurezza, come l’Halo, ricordiamoci di cosa successe quel week-end di 25 anni fa. Del quale resta non solo il ricordo di chi non c’è più, campione o ultimo che sia, ma anche ciò che, a seguito di quegli eventi, è stato prodotto in termini di tecnologia e di metodologia per la sicurezza di chi è sulle piste, non solo sulla macchina ma anche fuori.

P.S. per chi fosse interessato ad approfondire il tema della sicurezza in F1, anche a seguito di quei tragici eventi, suggerisco la lettura del libro di Sid Watkins “Life at the Limit: Triumph and Tragedy in Formula One”.

IL PUNTO DELLA REDAZIONE

Il mondiale 2024 di certo non verrà ricordato per le emozioni che la pista ci ha regalato (fino ad ora), diciamocela tutta. Certo, la Ferrari si presenta al terzo GP della stagione (Australia), con una doppietta da sogno e che tanto morale fa… “buttala via” direte voi. Eppure se già sappiamo come andrà a finire (diciamo che è dal 2010 che già conosciamo in anticipo l’esito del mondiale ancora primi che inizi) questa stagione, il mondiale 2024 verrà ricordato soprattutto, se non esclusivamente, per le emozioni che riceviamo fuori dalla pista. Purtroppo questo è sintomatico del male dell’attuale F1, la quale per definizione, dovrebbe essere attraente soprattutto per quello che succede in pista, mentre in realtà, accade esattamente l’opposto e nel frattempo l’organizzatore del circo (chiamasi Liberty Media) ringrazia e non poco, visto l’hype che si sta generando per l’anno prossimo e per quelli che seguiranno.

L’annuncio di Hamilton ha aperto le danze di questa spasmodica attesa per l’anno prossimo (sebbene il defenestramento di Guenther Steiner poco prima di capodanno, sia stato il preludio a tutto quello che sarebbe seguito), annuncio, che ha addirittura influenzato il valore azionario in borsa della stessa Ferrari. Mossa geniale quella di Elkann, almeno da questo punto di vista, che al momento non ha fatto altro che dargli ragione e, chissà cosa ci aspetta l’anno prossimo, soprattutto se il re nero ritorna nelle posizioni che gli competono. Nemmeno il tempo di riprenderci dalla notizia della venuta di sir. Lewis, che ci pensa Red Bull e la soap opera che avviene all’interno delle mura di casa sua, per continuare a tenere alto il livello di interesse verso la F1. Al di la se può fregare o meno se il Team Principal bibitaro ci abbia provato con la ragazza del papà del campione del mondo in carica, è anche vero che questo episodio è stato l’effetto scatenante del domino che ne è seguito, soprattutto in questa settimana appena passata e cioè, l’annuncio della dipartita del genio che è stato artefice dei tanti mondiali vinti da Red Bull e cioè, Adrian Newey e, della conseguente possibile partenza anticipata di Max Verstappen verso Mercedes! Per la serie “non ci si annoia mai”, ben venuti sulle montagne russe delle emozioni fuori pista, che sebbene lasciano il tempo che trovano perché come un fiammifero bruciano subito ed in poco tempo, almeno ci danno la possibilità di poter parlare di qualcosa in questo mondiale avaro di suspense finale.

In meno di una settimana, tanto si è detto soprattutto sulla partenza di Newey da Red Bull, a causa appunto dei casini che stanno succedendo in seno al team e quindi, alla cattiva aria che si sta respirando, anche se le continue vittorie stanno solo portando ossigeno necessario per respirare e quindi tenere il team unito. Intanto la bomba è esplosa e, la dipartita del genio inglese fa capire che quella in Red bull in realtà, è solo una pace armata dovuta al fatto che sanno che da qui a fine novembre avranno vinto in carrozza nuovamente. Ciò che mi ha colpito dell’annuncio di questa partenza, oltre al comprensibile entusiasmo (sebbene sia stato oltremodo smodato), è stata la certezza (quello che ho letto in giro…) che Newey si diriga in Ferrari e che riporti la Beneamata al posto che si merita. Premesso che la mossa (geniale) di far venire Hamilton in Ferrari, è stato un segnale potente per tutta la concorrenza in luogo del quale la rossa ha fatto capire chiaramente che ha voglia di vincere, è anche vero che la presenza del campione inglese è un fortissimo potenziale richiamo per il geniale connazionale bibitaro. Tutto vero e non si nega, eppure (c’è sempre il trucco!) a bocce ferme, bisogna fermarsi a riflettere e cercare di capire cosa diavolo stia succedendo realmente, perché allo stato attuale la Ferrari del prossimo futuro mi sembra Miami e cioè, la città più ambita da parte dei pensionati americani dove potersi godere la loro meritata pensione. Non me ne vogliate cari appassionati che mi leggete, solo che passati gli entusiasmi (ricordate il cerino citato poc’anzi?) del momento, qui bisogna fermarsi a riflettere e la logica dice che il geniale Adrian Newey, ha quasi sessantasei primavere (il 26 dicembre levate il “quasi”) e, ancora non si è capito quando e se lascerà la Red Bull. Facendomi i conti della serva mi rendo conto che, ammesso che la sua prossima destinazione sia Ferrari, se siamo fortunati Red Bull lo libera anticipatamente alla fine di quest’anno, ciò significa che il geniale vecchietto si dovrà sparare circa nove mesi di gardening, che sono parenti ad un anno, quindi Newey arriverà in Ferrari a Gennaio 2026 e cioè, quando la “SF26” sarà già pronta. Ciò significa che il contributo del genio sarà solo marginale e cioè, che potrà durante l’anno, apportare dei correttivi per poter lavorare sulla sua prima  Ferrari solamente per il 2027. Se Red Bull invece decide di tenersi il genio fino a fine contratto e cioè fino a fine 2025, ovviamente tutto è posticipato e comunque non ci si illuda, perché il gardening comunque sarà di almeno sei mesi (e possiamo scommettere che con uno cosi “pericoloso” libero, la sua ex squadra gli imporrà comunque l’anno di sosta), ciò significa che Adrian Newey arriverà in Ferrari a fine 2026, per iniziare a lavorare l’anno dopo in squadra, per progettare la sua prima Ferrari solo nel 2028! Per quella data quanti anni avrà il geniale progettista inglese? Davvero vogliamo credere che un uomo di quasi settant’anni, dopo che ha vinto l’impossibile e che quindi ha la pancia piena, abbia le forze e la voglia di gettarsi a capofitto in una nuova sfida che richiederà lacrime e sangue (perché in tutto questo stiamo dando per scontato che la sua prima Ferrari, ammesso sempre che ci arrivi a Maranello, sia subito vincente) e per di più, in terra straniera? Ammesso che ci riesca quanto tempo, il popolo ferrarista, avrà dovuto aspettare per vincere di nuovo un mondiale? Come si incastrerà Newey con l’attuale staff tecnico (Cardile in primis) e con il prossimo arrivo di Serra da Mercedes?

Allo stato attuale la proposta (concreta e vera, perché Ferrari gli ha offerto ponti d’oro… quando si ha la voglia di vincere il portafogli si apre che è una bellezza!) da parte della Rossa, mi sembra più un’incredibile trovata pubblicitaria che, assieme a quella fatta ad Hamilton, non può che andare a rimpolpare il valore delle azioni in borsa. Se mai Newey verrà in Ferrari il suo vero ruolo sarà, a mio avviso, quello di consulente proprio come il buon vecchio Rory Byrne, papà delle macchine che hanno dato la possibilità alla Rossa di vincere “qualcosina” tra il 1999 ed il 2004. Vi faccio un’altra domanda: in veste di consulente, il buon Rory, quanto ha inciso sulle prestazioni in pista dell’attuale Rossa? La consulenza di Newey, eventualmente arrivi in Ferrari, a mio giudizio dovrà essere quella di erudire, “fare scuola” agli attuali ingegneri e soprattutto a quelli futuri, al fine di colmare quella lacuna che perseguita Maranello da almeno un ventennio, che poi si chiama aerodinamica e tutto quello che ruota attorno ad essa. Il sottoscritto si augura vivamente di sbagliare conti e ragionamenti e, che la Ferrari con l’eventuale arrivo di Newey, sia vincente davvero da subito altrimenti, il botto che ne seguirà da questo potenziale fallimento strategico lo ricorderemo per un pezzo.

Chi invece sta lavorando sul futuro, a differenza della Ferrari, è proprio l’imbronciato Toto, che vediamo con la stessa espressione ad ogni GP ormai: l’idea di Toto è quella di sostituire Hamilton con Verstappen e, a quest’ultimo, gli sarebbero stati offerti cento cinquanta milioni (se è all’anno, nemmeno ci voglio pensare!) di euro, oltre che il ruolo di ambasciatore e sicuramente la garanzia che nessuno ci proverà con la ragazza di turno del padre! Ovviamente il campione olandese, proprio come Hamilton, vuole le sue dovute garanzie tecniche per il futuro prima di fare il grande salto. Tutto è aleatorio, tutto è in divenire… di certo le emozioni fuori pista non mancano.

Buon GP di Miami a tutti e, a proposito di emozioni non vi eccitate troppo, con l’azzurro “Plata” e “Dino”, della Ferrari americana che vedremo in Florida.

Vito Quaranta

SCONTRO TRA TITANI – JEREZ GP

Lo aspettavamo da anni, il duello tra Campioni del Mondo della MotoGP. Uno di quelli veri, acerrimi che piace alla stampa ed ai Tifosi. Uno di quelli che divide, perché ci eravamo rotti le palle di questo finto perbenismo che aleggiava. Questo è il Motorsport, duro e puro. Vince Bagnaia, sconfitto Marc Marquez ma a perdere oggi è soltanto Jorge Martin.

https://twitter.com/FranckyHawk29/status/1784564754679201929?t=yDLlEUAfhsUIeoYRr9SP3A&s=19

L’ha vinta Bagnaia, nel modo più duro possibile. Lascia una bella impronta della sua gomma anteriore sulla tuta di Marquez, per poco non lo tira giù. Voleva la vittoria a tutti i costi, doveva vincere per certificare il suo status quo, quello di Campione del Mondo in carica. Serviva Marc Marquez per farlo, con buona pace di Quartararo o Martin. Marc Marquez, colui che ha fatto ritirare malamente gente come Valentino Rossi e Jorge Lorenzo, è il giusto compenso per ogni Pilota che vuole rivendicare il ruolo di CAMPIONE. È stato cosi per tutti nel corso della storia, i grandissimi hanno sempre battuto i grandissimi.

Si ritorna finalmente in Europa, è qui infatti che comincia davvero il Mondiale come si suol dire.

Nelle prove, condizionate dalla pioggia, svetta incredibilmente Marc Marquez sulla GP23 di Gresini. Buona sensazioni anche per Martin e Bagnaia, nonché il giovanotto Pedro Acosta. Le qualifiche vengono svolte in condizioni davvero difficili con asfalto in parte asciutto ed in parte bagnato. In particolare la curva 5 presenta un evidente problema con l’acqua che scende dalla collinetta e risale direttamente in pista.

MARC MARQUEZ IN POLE!

Ritorna in pole position Marquez, davanti a Bezzecchi e Martin. È la pole numero 93 in carriera, la numero 65 in MotoGP. Ma la cosa più strabiliante è che ha girato completamente da solo. Ricordate cosa dicevano del “Marquez succhia scia” gli scorsi anni!? Oggi stanno zitti, in evidente imbarazzo.

GARA SPRINT

La Sprint Race inizia subito in maniera molto convulsa, con Brad Binder a prendersi la parte del cattivo. Prima entra durissimo su Marc Marquez, facendogli perdere alcune posizioni e poi entra ancora più duro con un sorpasso spettacolare sul Bagnaia e Bezzecchi.

Il sorpasso di Binder su Bagnaia, che si ritrova tra il Sudafricano e Bezzecchi. Cadrà Bagnaia. Foto realizzata da Fabio Marzo.

È un incidente di gara, ma ultimamente ci si ritrova sempre Bagnaia. E puntualmente cade. Sono troppi i punti di distacco da Jorge Martin, adesso i rivali ci sono eccome, non è più soltanto Quartararo con la R1 a carburatori… Ci si aspetta una bella ripresa in gara domenica. È una Sprint condizionata dalle cadute, soprattutto da una direzione gara che non ha il coraggio di fermarla. In curva 5 nello stesso istante cadono ben 3 Piloti, sarebbe da immediata bandiera rossa ma invece si continua. 

C’è da chiedersi come mai non sia stata esposta subito, con immediatezza visto che nessuno aveva contezza di cosa stesse accadendo. In realtà i Marshall erano a conoscenza del problema, già prima della gara e quindi hanno ritenuto non intervenire. Risultato cadono in troppi, cade anche Marc Marquez che dominava la Sprint, davanti a Martin ed Acosta. Al traguardo arriva per primo Jorge Martin davanti ad Acosta e Quartararo, con il francese che verrà poi retrocesso in P5 per la pressione degli pneumatici bassa. Sul podio sale un immenso Daniel Pedrosa. Marc Marquez si classica in P6 e racimola qualche punto su Bagnaia e Bastianini, entrambi caduti nella Sprint.

GARA

Partenza clamorosa di Pecco Bagnaia che regala uno dei sorpassi più belli degli ultimi anni, staccando all’esterno e sorpassando ben due Piloti. Gara tiratissima sin dall’inizio con i valori in campo ben definito, Martin, Bagnaia e Marquez ne hanno decisamente più degli altri.

Il colpo di scena arriva quando Jorge Martin si stende mentre era al comando, lasciando via libera a Bagnaia. Marquez a questo punto supera facilmente Bezzecchi e si porta all’inseguimento di Pecco. Ci regalano 5 giri finali davvero mozzafiato, con Marquez che per ben due volte attacca Pecco e quest’ultimo risponde tirandogli una maratona carenata lasciandogli i segni sulla curva e scappando via al penultimo giro con un 37.4 fenomenale. Vince una gara pazzesca, probabilmente la più bella della sua carriera e guadagna 25 punti su Martin portandosi a meno 17.

Marc Marquez con i 20 punti guadagnati oggi è a soli 32 punti dalla vetta. Ha sicuramente perso la battaglia ma potrebbe aver messo nel mirino l’intera guerra.

Il Resto del Mondo? Poca roba contro quei tre. Alex Marquez chiude ai piedi del podio davanti a Bastianini, Binder e Diggiannantonio, con Oliveira in P8 davanti a Vinales e Acosta a chiudere la Top10. Delusione sia per Maverick che per Pedro Acosta, suo quali le aspettative erano alte viste i recenti risultati. Da segnalare gli strike di Zarco su Aleix Espargaro e di Morbidelli su Miller. Ricordiamocene quando parleranno dei soliti noti, anche per Zarco è lo stesso che quasi decapitava Rossi in Austria…

Classifica Mondiale

Appuntamento tra due settimane a LeMans!

 

Immagine di copertina gentilmente concessa da Fabio Marzo.

Francky

LE NON PAGELLE DI CINA 2024

Dopo ben quattro anni di buio, causa pandemia e problemi annessi, si torna a correre sul circuito di Shanghai. Circuito che, in tutta onestà, ritengo tra i migliori di quelli disegnati da Tilke, insieme a Sepang e Austin (e forse Turchia). Di Sepang condivide il difficile turacciolo dopo la partenza di cui viene estremizzata l’andata-e-ritorno e per il quale i piloti hanno ampia varietà di scelta sull’impostazione delle traiettorie. Di tanta varietà s’è trovata traccia nella immonda gara Sprint in cui la coperta corta (entro largo/esco veloce contro entro stretto/ti sorpasso e poi vediamo) unita all’asfalto reso scivoloso dalla pioggia della mattinata ha reso abbastanza divertente ciò che per sua natura non lo è affatto. Infatti immonda, la sprint, non lo è stata nel suo svolgimento quanto per il fatto d’esser tale. Come mio costume non la commento e vado alla gara vera.

Gara vera, sì, ma che purtroppo non ha dato alcuna emozione degna di nota, fatta eccezione per l’ottimo secondo posto di Norris. Già dalle qualifiche (quelle vere!) si era capito che RBR non avrebbe avuto alcun problema a gestire la gara – il tempo monstre di Verstappen, non lasciava presagire nulla di buono in questo senso. Il degrado gomme, come già in Giappone, si è dimostrato leggermente più intenso di quanto preventivato ma stavolta le scuderie erano abbastanza preparate e hanno gestito senza sorprese lo svolgimento della gara.

Non si sono viste, quindi, situazioni tecniche o tattiche d’interesse e la gara, nel suo piatto svolgimento strategico è stata di quelle che non passeranno certo agli annali.

Rilevo l’ennesima titubanza della direzione gara a imporre la Safety Car in occasione della rottura del motore di Bottas al 21° giro. Il prode finnico, in odore di punti viste le ottime performance mostrate dalla Sauber nelle due qualifiche, è costretto a parcheggiare la sua vettura all’esterno di curva 11, alla fine di un breve rettilineo. La posizione è senza alcun dubbio pericolosa ma la direzione gara non fa nulla. Il povero Valtteri viene inquadrato mentre, in piedi di fianco alla macchina e con la gara nel vivo, tenta di inserire la folle. Un paio di giri così e finalmente la direzione gara decide quantomeno di mettere la VSC. Alcuni piloti ne approfittano per un pit che sarebbe potuto essere vantaggioso per la loro strategia ma tutto viene vanificato dalla successiva indicazione a Maylander di uscire. Insomma, un bel pasticcio perché prima lasciano una situazione di oggettivo pericolo per due giri e poi fanno il fritto misto di mettere VSC e SC a breve distanza. Tutti scontenti. Sarà anche considerazione del senno del poi ma dopo anni e anni di esperienze in tal senso, una volta deciso che situazioni di pericolo di tal guisa non vanno tollerate, diventa inspiegabile non aver imposto SC immediatamente perché qualunque commissario, anche minimamente esperto, deve sapere che una vettura parcheggiata nella via di fuga esterna dopo un rettilineo è sommamente pericolosa: se un altro pilota avesse perso il controllo in uscita dalla 11 si sarebbe trovato la vettura di Bottas (e Bottas stesso!) in rotta di collisione. Il pasticcio, dal momento della fermata di Bottas alla ripartenza, dura ben 7 giri. Inammissibile!

In questo contesto vien difficile giudicare il comportamento dei piloti ma ci proviamo, magari con un po’ più di sintesi e meno fantasia (quantomeno presunta) del solito.

 

VERSTAPPEN

Siamo alle solite, con Max irraggiungibile per chiunque, autore di un percorso netto tra qualifiche e gara che ormai non fa più notizia. L’unica variante rispetto al Giappone è che rimette a distanza siderale Perez che nella terra del Sol Levante era riuscito a stargli alle calcagna sia in prova che in gara. Null’altro da dire.

NORRIS

Il pilota più convincente, dietro all’ormai ingiudicabile Max, del week end è Landino nostro che sfodera una prestazione eccellente. Il secondo posto, favorito (ma non troppo) dal sabba dei pit stop iniziali e unico, insieme a Leclerc, a trarre vantaggio dal pasticcio della SC causata da Bottas, è il giusto premio per la consistenza che ha mostrato in gara: ritmo notevole, nessun tentennamento, nessun errore e strategia eseguita alla perfezione. Va detto che questo GP non era di quelli in cui avrebbe potuto patire un qualche tipo di pressione: Max era abbondantemente fuori portata, le Ferrari troppo indietro e Perez è tornato in versione “scaldo-la-sedia”. Sicché non mi pronuncio oltre sulle sue prospettive future: troppe volte ha deluso in passato. Va comunque rilevato che il 4 a 1 (tra qualifiche e gare) rifilato alla promessa con cui condivide i box comincia a essere interessante.

PEREZ

Delusione, per quanto relativa, ma pur sempre delusione. La RBR 20 (anzi, 20.1 dopo gli upgrade del Giappone) in questa fase del campionato è abbondantemente avanti a tutti e non cogliere doppietta è un risultato di cui Checo non può andare fierissimo. Parte relativamente male e si fa uccellare da Alonso nel turacciolo e, soprattutto, non riesce a sopravanzarlo subito ma solo dopo 5 giri (gran sorpasso, by the way). Ciò gli azzoppa ogni velleità di contendere per la vittoria e poi la SC l’ha un po’ penalizzato. Tuttavia, avrebbe tranquillamente avuto tutto il tempo del mondo per recuperare se fosse riuscito a rendere con lo stesso ritmo che ha mostrato Verstappen, là davanti. Piatto.

LECLERC

Probabilmente rincuorato dal bello quanto sagace sorpasso rifilato nel turacciolo al suo compagno di squadra nella immonda Sprint, il prode monegasco si mette in mostra la domenica con una gara solida e intelligente. Non soddisfa, ancora una volta, nelle qualifiche dove mette dietro il suo compagno di squadra ma di soli pochi millesimi e comunque con ben poca soddisfazione perché si ritrova a ben 6 decimi dalla pole di Max. La partenza non è eccezionale ma recupera già nel giro sull’ottimo Hulk e con un po’ più di fatica su Russell con un bel sorpasso al settimo giro. La gara poi prosegue con discreto ritmo con l’ottima scelta tattica di prolungare lo stint, premiata, come per Norris, dalla SC sfruttata a dovere. Nel resto della gara non ha particolari acuti. Deve cedere al ritorno di Perez e niente altro. I punti arrivano, la gara è solida, ma le ambizioni sono altre. Staremo a vedere a Miami, dove l’anno scorso, non aveva per nulla brillato, se gli aggiornamenti (ce ne saranno alcuni prima del major upgrade di Imola, pare) gli consentiranno di osare un po’ di più.

SAINZ

Non ho visto un Sainz particolarmente in palla questo week end. Dopo due GP eccellenti ritorna, si fa per dire, tra i ranghi accontentandosi di quanto lo svolgimento della gara gli ha consentito. Null’altro da dire.

RUSSELL

Combattivo, Giorgino, lo è stato e non poco: dopo la performance del suo team mate nella garetta non poteva esimersi. E infatti suona la quinta, nel senso che per la quinta volta in gara (quella vera) sta davanti ad Hamilton. L’eccellente scatto allo spegnimento dei semafori gli consente di stare là davanti il tempo che basta per provare a dir la sua. Si vede, però, che questa Mercedes non è per nulla in palla. È rimasto per diversi giri dietro a Piastri senza riuscire ad aver mai la possibilità di attaccarlo. Si è visto plasticamente in occasione del sorpasso subito da Leclerc: invece di usarlo come fionda per poi andare oltre Piastri non riesce a reggere il ritmo, cede ed è poi costretto ai box per un cambio gomme anticipato. Con queste premesse il 6° posto è stato quasi un miracolo.

ALONSO

Così come in Giappone, il fabuloso asturiano decide per una gara aggressiva, con scelte strategiche improntate a gestire una vettura che, evidentemente, sente più guidabile con gomme più morbide. In qualifica è strepitoso terzo (primo degli “altri”) e in gara, sin dalla partenza, il suo animus pugnandi si fa intenso. Lo scatto allo spegnimento dei semafori è talmente formidabile che oltre a consentirgli di sfilare rapidamente Perez lo porta ad affiancare l’altrimenti intoccabile Max. Per qualche decimo di secondo lo vediamo indeciso se forzare l’attacco all’esterno del turacciolo ma poi desiste, consapevole evidentemente che se anche gli fosse riuscito di metter le ruote davanti sarebbe uscito troppo lento e avrebbe rischiato di perdere anche il secondo posto. Decide così di accodarsi a Max e con una chiusura da antologia impedisce il sorpasso di Perez nel rettilineo successivo. Resiste poi per alcuni giri prima di cedere la posizione a Checo e a quel punto la gioca di strategia che, come detto poc’anzi, è su ben tre cambi: pochi giri sulle bianche e poi rosse e poi gialle in un finale in cui, dopo il suo ultimo pit, si diverte a superare come birilli ben quattro vetture girando due secondi più veloce di tutti. Persino più veloce di Max a cui sottrae il punto per il fastest lap. A quasi 43 anni stupisce ancora una volta.

PIASTRI

Deludente un po’ come Perez. Con un compagno di squadra che tira fuori una gara di quel livello ti aspetti che anche lui possa andare alla grande. Invece, oltre alla ennesima delusione in qualifica, già dopo due giri il suo ritmo è di quasi mezzo secondo più lento di quello di Lando. In tal modo si spezza il trenino DRS che c’era dietro ad Alonso e consente il recupero delle Ferrari. Dopo lo splendido 2023 ci aspettavamo un 2024 di conferme da parte di Oscar che però, almeno per il momento, non sta arrivando. Ci sono così tante gare che avrà certamente la possibilità di rifarsi ma dovrà stare attento perché a questi livelli la fiducia e la confianza sono di vitale importanza e non deve lasciar “scappare” Lando per non dare, infine, l’impressione che il 2023 sia stato più un anno negativo di Lando che non un suo anno positivo. Staremo a vedere.

HAMILTON

Maluccio assai, l’eptacampeao. La topica presa in qualifica, fuori malamente in Q1 e diciottesimo posto in griglia, sono la negativissima premessa per una gara che non dà grandi soddisfazioni al nostro. L’approdo nei punti, infatti, è più frutto di circostanze contingenti che di un convincente ritmo. Questo è di almeno (almeno!) un secondo e mezzo più lento rispetto ai primi. Si vede sin dalla partenza che non è in palla: l’arcigno Magnussen ne fa un sol boccone. Viaggia mestamente in penultima posizione ma riesce a sfruttare bene l’undercut al 9° giro. La SC gli complica le cose e alla ripartenza è assai indietro. I pasticci fatti là davanti gli consentono poi di guadagnare qualche posizione e per sua fortuna tra lui e i punti si ritrova il solo ostacolo di Ocon sulla certamente non irresistibile Alpine di questa stagione. Arriva, poi, l’unico lampo da campione della sua gara: il sorpasso su Hulk al 40° giro è da antologia. Tuttavia, proprio perché così sofferto e con un pilota/vettura che dovrebbe essere di seconda fascia non c’è di che essere grandemente entusiasti. Quindi? Male? Già.

HULKENBERG

Ancora una volta strepitoso in qualifica, come ci ha abituati spesso dal suo ritorno in F1, il buon Hulk decide di fare una partenza ancora più strabiliante e in poche curve dopo lo spegnimento dei semafori si mette dietro entrambe le Ferrari grazie all’aver indovinato che quello di Russell era il “binario” buono. Non può nulla sul loro immediato ritorno e decide di andare di strategia. Forse un po’ troppo, a mio modesto parere perché la povertà del ritmo di chi gli stava dietro non era tale da impensierirlo. Con un po’ di coraggio in più (leggi: strategia più aggressiva) avrebbe potuto stare agevolmente davanti all’incerto Hamilton di Shanghai che proprio contro di lui ha deciso di far vedere l’unico lampo della sua gara. Ma buon per lui: visto che l’obiettivo sono i punti, quanti che siano, meglio non rischiare e portare a casa il risultato da pacche sulle spalle. Bravo.

NOTE DI MERITO

In questo week end non si è visto molto nelle posizioni di rincalzo. Solo pasticci. Il solo Ricciardo sembrava poter ambire alla menzione in questa parte della rubrica ma il ridicolo tamponamento di Stroll gli ha impedito di mostrarci cosa avrebbe potuto ottenere. Per un po’ ho tentennato su Ocon: l’essere ad un passo dalla zona punti con il catorcio che si ritrova sotto il sedile dovrebbe essere un gran merito. Tuttavia, anche per lui, la posizione è mero esito di circostanze (pasticci, strategie errate, rotture) che non di una sua particolare affermazione virtuosa. Quindi, a questo giro, nessuna nota di merito.

NOTE DI DEMERITO

Tsunoda, Stroll, Sargeant sono a vario titolo e per vari motivi i peggiori del week end. Ma c’è da dire che anche Albon, insolitamente remissivo, e Zhou, che avrebbe dovuto far molto di più, hanno sottoperformato. Peccato per il cinese: la commovente scena del dopo gara (gli è stata regalata una insolita passerella) sarebbe stata molto più intensa se avesse conquistato dei punti come era nelle sue possibilità. Ho letto di un po’ di mini-polemiche al riguardo ma non ne vedo il motivo. Al di là dell’inevitabile considerazione sull’entusiasmare il pubblico di casa (non è che in Messico, tanto per fare un esempio, siano stati da meno con Checo e in Olanda non ne parliamo) ha mostrato un lato finalmente poco “robotico” di questi piloti. Vedere Zhou preso dalla commozione in quel frangente mi ha fatto tirare un sospiro di sollievo: c’è ancora qualcosa di bello, proprio là, in fondo al muscolo cardiaco dei nostri eroi. Prendiamone atto, per una volta.

Alla prossima!

 

 

BASTIAN CONTRARIO: L’ACQUA CHE BOLLE

Il GP cinese di domenica scorsa, indipendentemente dal risultato scontato, ha dato fin troppi spunti per non poterne parlare, tant’è vero che, osservando gli eventi che si accavallavano, mi sembrava di vedere l’acqua che bolle in pentola e, infatti, mi sono chiesto cosa bollisse in quel bel pentolone che si chiama carrozzone della F1. Di sicuro l’acqua non bolle per Verstappen, il quale lentamente si sta avviando a conquistare il suo quarto scontato mondiale di fila, in perfetto Vettel style e, caso mai questa situazione fosse durata oltre il 2025, di sicuro avrebbe raggiunto Hamilton in carrozza e, comunque, non è affatto detto che non ci riesca anche con il nuovo regolamento… sigh. Per lui è tutta discesa e anche se il suo mentore Helmut Marko, con la faccia tosta che lo contraddistingue, percula il mondo dicendo che questo del 2024 non è un dominio perché è un mondiale tirato, penso che ci perdonerà se non siamo d’accordo con lui. Perché se da un lato dice bene che questo non è un domino, dall’altro il sottoscritto afferma che questo è un assolo dell’olandese, che è anche peggio. Su una pista viscida ed insidiosa, letteralmente parlando, visto che gli organizzatori hanno avuto la brillante idea di versare bitume sull’asfalto per renderlo più consistente e guardabile (o dovrei dire guidabile?), dato che non si correva lì da cinque anni (dalle parti mie si chiama “pezza a colori”), senza contare di omettere di comunicarlo anche a Pirelli (l’espressione di Mario Isola era tutta un programma!), mentre gli altri cercavano di capire su quali assetti era meglio puntare l’olandese, tra un prato e l’altro che prendeva fuoco sotto la pioggia (i classici fenomeni dell’autocombustione dati dalle scintille delle monoposto… non mi dite che non lo avete mai visto?), andava a vincere quella miseria che si chiama Sprint Race prima e GP dopo, senza particolari problemi se non quelli di capire come far divertire il pubblico sopra le tribune. Eppure se questo è il suo momento, come Lewis e Seb prima di lui, qualcosa mi dice che presto l’acqua nella pentola andrà in ebollizione anche per lui. A fine 2025, cioè dopo che con molta probabilità avrà vinto il suo quinto titolo consecutivo, la musica presumibilmente dovrà cambiare ed egli, con il suo entourage, dovrà decidere di “che morte dovrà morire”. Scrivo questo perché le stilettate tra il suo boss Horner e Wolff (altro che acqua in ebollizione!) non si risparmiano, anzi, ormai hanno anche gettato i guantoni.

Il boss Mercedes è sempre più insofferente a riguardo del futuro pilota che dovrà mettere al posto di Hamilton (bella dimostrazione d’affetto per Russell tra l’altro… del resto l’affetto in F1 sta come il sentimento esistente tra un cliente e la sua meretrice che paga) e, ormai, nemmeno si nasconde più a riguardo del fatto di volere in sella proprio il campione olandese, il che stride non poco sia perché evidentemente il “poro” Russell non è considerato il cavallo su cui puntare e sia perché bisogna sempre capire, ammesso e non concesso che Max arrivi in Mercedes, che fine debba fare Kimi Antonelli il quale, in squadra con l’asso olandese, verrebbe letteralmente stritolato. Allora mi chiedo cosa bolle in pentola Toto? Cosa stai preparando? Nel frattempo che Wolff mi risponda, ci pensa Horner a farlo, a Toto si capisce e pure per le rime dicendo che “Max ha un contratto fino al 2028 (Horner lo sa quanto vale un contratto in F1, sì? Secondo me lo sa, solo che non può dire altrimenti) e che nel frattempo Wolff si preoccupi dei problemi che tiene in casa sua, visto che è indietro persino ai suoi team clienti”… alè! Non c’è che dire, proprio un gran bel pentolone che bolle. Sono sicuro che lo stesso Horner è consapevole che il suo campione (di certo non pupillo, viste le vicissitudini che sta avendo col padre il quale a sua volta è “molto assente” durante i weekend di gara) potrebbe salutare baracca e burattini e di certo questo non avverrà prima del 2026. Per quale motivo Max dovrebbe andare via anticipatamente e regalare un mondiale su un piatto d’argento al suo eventuale sostituto? Perché tanto, fino all’anno prossimo, la storia che stiamo vedendo ora non farà altro che ripetersi e se qualcuno si illude che con l’arrivo di Hamilton in Ferrari le cose cambieranno radicalmente si sbaglia di grosso. La potenziale futura destinazione di Verstappen, quella più logica, è quella di andare in Aston Martin solo quando sua maestà Alonso (che partenza domenica scorsa… solo lui può!) avrà deciso di appendere il casco al chiodo e, fino al 2028, di cose ne succederanno, senza contare che questo al momento più che fantamercato è fantascienza.

A proposito di Hamilton, sempre il buon Toto tra le sue tante esternazioni, ha anche detto che vede il suo campione “insolitamente felice” nonostante l’attuale situazione nella quale versa la sua attuale squadra: “sarà perché sa che deve andare in Ferrari” ha chiosato il boss. Cosa bolle in pentola lo sa solo sir Lewis, di sicuro il campione inglese sta contando i giorni per poter lasciare il carrozzone dei crucchi, che tanto gli ha dato e dal quale ha succhiato più che poteva, per poter ritornare finalmente su una monoposto competitiva per poter lottare per le posizioni che gli competono, anziché rimontare dalle ultime posizioni per un misero nono posto. Nel frattempo che Hamilton arranca nelle ultime posizioni, il suo futuro compagno di acqua che bolle non se ne fa mancare. Finalmente il buon Charles ha alzato la testa (per non dire altro) e si è messo di traverso al suo compagno. Con questo voglio precisare (l’equivoco è sempre dietro l’angolo) che non è che ciò che è successo in gara domenica scorsa mi fa piacere, in quanto detesto il compagno, semplicemente voglio sottolineare che poiché è lui il futuro della squadra è giusto che si faccia sentire. Sebbene quello a cui abbiamo assistito è la classica guerra tra poveri, è anche vero che Sainz (il quale come già detto in passato non ha più nulla da perdere), nella Sprint Race c’è andato giù duro e, giustamente, il compagno gli ha restituito il favore senza tanti complimenti nella gara alla domenica. Certo, Russell e Hulkenberg hanno ringraziato per l’inatteso regalo eppure, da che mondo è mondo, il primo avversario con il quale ti devi scannare e che devi sconfiggere è quello che condivide il tuo box, quindi è stato giusto ciò che ho visto in pista. Certo è che è stata meno bella la prestazione della SF24 e della squadra come andamento generale in gara: il GP cinese è stata la prima vera battuta d’arresto di questa solida Ferrari che abbiamo visto sino ad ora e che, comunque, rimane seconda forza del mondiale. Allo stato attuale non vedo particolari segnali d’allarmi, dato che in Giappone la Ferrari doveva andare male e McLaren (è con loro che ci giocheremo il secondo posto nel mondiale marche) bene ed invece è stato tutto il contrario… esattamente com’è successo domenica scorsa anche se a parti invertite. Come già detto dagli amici di Form1a.uno, in Cina, la McLaren ha sovraperformato e Ferrari l’esatto opposto: sottoperformato. Più che una questione di piste congeniali è una questione di situazioni ambientali (freddo, vento… bitume) e, sarà un caso, quello cinese è stato il primo appuntamento con il format della Sprint Race (sigh) dove questo, inevitabilmente, sottrae tempo alle prove libere che servono a provare gli assetti (che Ferrari ha cannato). Solo che questo è uguale per tutti, quindi non resta che vedere cosa bolle in pentola per Miami, visto e considerato che ci ritroveremo nuovamente la Sprint, cercando di estrarre tutto il potenziale dall’attuale SF24, aspettando la versione “2.0” che arriverà ad Imola… Charles e Carlos permettendo, visto che, se vogliono, loro di acqua ne sanno far andare in ebollizione in poco tempo.

Vito Quaranta

Life is racing, all the rest is waiting