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IL PAGELLONE SEMISERIO DEL FROLDI: SHANGAI

Il millesimo GP della storia della Formula UNO-IA finisce come il novecentesimo.
Anzi, con pure meno spettacolo; almeno quel gran premio era stato combattuto fra Hamilton e Rosberg. Un dominio imbarazzante per mancanza di avversari.
Onore ai vincitori di questo lunghissimo e incredibile dominio. Tristezza per gli avversari, così piccini e rossi di vergogna da farti pure tenerezza. La Ferrari si scopre di nuovo fragile, incapace di progressi seri, almeno per ora, terrorizzata dall’affidabilità ballerina, con l’anteriore in perenne ricerca di carico fra le curve cinesi.

Analisi (non semiseria):
Due batoste su tre gare. La corazzata anglo-tedesca neanche lontanamente impensierita con un ruolino impressionante di tre doppiette di fila.
L’unica gara in cui la Rossa poteva fare doppietta con una certa tranquillità ha palesato preoccupante affidabilità e Vettel ha fatto la girella.
I punti di distacco per il titolo costruttori sono già un buco nero.

Prospettive:
La Mercedes sviluppa e migliora la sua monoposto costantemente, soprattutto nella seconda parte del Mondiale.
La Ferrari no.
Anzi, la SF90 è la stessa dai test di Barcellona.

Risultato: dobbiamo vincere così la “guerra” sportiva? Risposta scontata. Adieu.

Prime tre gare (e si spera non tutto il Mondiale). Voto: “Quivi sospiri, pianti e alti guai risuonava per l’aere sanza stelle […] (Inferno, Canto IIIº)”.
Quando la Ferrari è davanti non sai se vince. Quando la Mercedes è davanti sai che vince. Il resto è noia.

Ordini di squadra. Voto: davvero è questo il problema? Francamente l’ultima cosa che mi importa è la querelle Vettel/Leclerc…stiamo parlando del sesso degli angeli…quelli là davanti ci massacrano, questo è il problema.

Muretto Ferrari. Voto: superalcolico. Il vero problema è che puoi finire terzo e quarto e finisci terzo e quinto se va bene. Questo vuol dire che non hai fatto bene i compiti a casa. Ma che in Ferrari, al muretto, spesso sembrino preda di bevute superalcoliche non mi pare poi una grande novità. Cin cin. E prosit a Mercedes e Red Bull.

Mattia Binotto. Voto: 5. Che piaccia o no, presto, in mancanza di risultati, cominceranno i processi al TP. Fa parte del gioco. Lo vedo, lo vedo Iron Maury che si liscia la barbetta sale e pepe e pensa sorridendo sornione: “Hai voluto la bicicletta…”

Vettel. Voto: 8. La monoposto non la digerisce. Si vede chiaramente. Il bel voto va a come ha saputo tenere a bada Verstappen.

Leclerc. Voto: 8. Ripropongo il mio pensiero espresso di recente. E’ freddissimo. E’ un predestinato. Per me più di Max.

Centraline. Voto: Per non deprimerci troppo…la centralina nuova, la numero 1 ha problemi. La vecchia, la numero 2 (omologata in fretta e furia) è meno efficiente. Alla terza scattano le penalità…

Hamilton. Voto: 10. Ha giocato al gatto con il topo, soprattuto con Bottas. Il voto parla da solo.

Bottas. Voto: un numero 2 non sarà mai un numero 1.

Mercedes. Voto: 10.

Toto Wolff. Voto: 10. Mattia è uno straordinario ingegnere, ma Toto è il principe dei Team Principal. E un adorabile/odiosa canaglia quando si tratta di giocare con gli avversari. Ma questo ormai lo sapete già.

Ricciardo. Voto: chi l’ha visto.

Pirelli. Voto: 5 1/2. Capisco che la casa giallo-tricolore agisca per la sicurezza. E capisco che sia quasi impossibile cambiare l’attuale format, poiché la Formula Uno è vittima della sua burocrazia ipertrofica (regolamento) e degli interessi conrastanti che fanno vivere il Circus (diritti Tv, torta da spartire fra team, giochi politici, sicurezza ovviamente, sponsor, circuiti), ma io continuo a trovare antisportivo il cambiare in corso d’opera la pressione delle gomme. E lo dico qualsiasi scuderia “favorisca” involontariamente. La cosa più lineare a mio parere? Dopo aver ottenuto i dati dei team e aver verificato se sia necessario variare le pressione degli pneumatici, dare una FP3 più lunga per permettere di affinare il più possibile il set up della monoposto. Essendo una cosa di buon senso, e purtroppo Pirelli non ci può fare nulla, non si farà.

Come sempre grazie a @FormulaHumor e la pagina FB “Le cordiali gufate di Gianfranco Mazzoni”

P.S: Stai lì, pensando al pagellone dopo un narcolettico gran premio, buttando giù pensieri con le dita pigre sulla tastiera, poi vedi quelle immagini…#NotreDame

Mariano Froldi, Direttore Responsabile di FUnoAT

L’ANGOLO DEL FROLDI: UNA MODESTA PROPOSTA

Il nuovo corso Ferrari, targato Binotto, è piaciuto ai più.

Ovviamente siamo ancora nella cosiddetta “luna di miele”, tipica di un cambiamento percepito come positivo e necessario dopo l’era Arrivabene e quindi si tratta di una fiducia che poi dovrà essere corroborata dai risultati in pista. In caso contrario, come da locuzione latina “Vae Victis!”: guai ai vinti! Perché hanno sempre torto. Perché il secondo è il primo dei perdenti. E perché i tifosi ferraristi vengono da un digiuno lungo ormai oltre due lustri, e temono come poche altre cose il record (speriamo che resti per sempre imbattuto) di oltre 21 anni  (1979-2000, da Scheckter a Schumacher) per rivedere il titolo mondiale piloti dalle parti di Maranello. Io, intanto, mi accontenterei di quello costruttori.

Parlavamo del nuovo corso di Mattia Binotto.

Manca ancora una vera apertura nel paddock, da questo punto di vista poco o nulla è stato fatto. L’impressione che si ha, talvolta, è che in Ferrari se la “tirino”.

Vero il blasone, vero il carisma, vero il peso della Storia. Ma mediamente sia Mercedes che Red Bull sono più aperti nelle loro comunicazioni verso i mass media e verso i tifosi.

Ovviamente in pochi mesi non si possono cambiare tante cose, ammesso che il comandante in capo della Scuderia lo voglia fare.

Quello che conta è vincere. E questo sarà l’unico banco di prova.

Però. Però la Ferrari almeno sui social ha cambiato qualcosa.

Ha destato non poca sorpresa, anzi entusiasmo un tweet (datato 10 marzo) della Scuderia molto breve: “Noi siamo pronti e voi? Fra una settimana, saremo di nuovo in pista”.

Dov’è la novità? Che era appunto scritto in italiano.

L’identità. Cosa è questa roba?

Lasciano perdere discorsi pericolosi e sdrucciolevoli, legati a nazionalismi e populismi. Stiamo parlando dell’identità di un marchio, di una storia. L’identità di una azienda è legata, come tutto il resto, al suo passato: che non deve e non può essere mai dimenticato.  Alle sue origini.  Al chi siamo e da dove veniamo.

Si tratta di una catena che va in avanti, a cui si aggiungono nuove maglie, e che però viene dal passato, con le maglie più vecchie che ti ancorano nel tempo.

La Ferrari è italiana. Non è tedesca, non è inglese. E tra l’altro viene apprezzata anche perché è italiana, oltre al fascino che promana dalla sua storia che, se si pensa alla fondazione della Scuderia, conta ormai nove decadi. Per certi versi un record unico.

E’ ovvio che l’inglese, vuoi perché questo nostro mondo prima è stato britannico-centrico ed ora è americano-centrico, sia la lingua fondamentale per comunicare in tutto il mondo. E lo è anche in virtù della sua semplicità.

Tuttavia, sempre più spesso, il prestito linguistico non vede solo gli italiani che prendono parole inglesi, ma viceversa gli americani che usano, pari pari, parole italiane. Forse un complesso di inferiorità (la storia USA è relativamente recente), forse perché amano come suonano certe parole e comunque la nostra ricchezza lessicale è decisamente superiore alle lingue anglofone, con sfumature espressive che mediamente i sognano.

Sto andando fuori tema. Torniamo a bomba.

Un solo cinguettio in italiano è bastato per esaltare i tifosi italiani.

Ed ecco la modesta proposta: perché non affiancare all’inglese, ormai imprescindibile, l’italiano? Nei social a mio modesto parere sarebbe una marcia in più.

Dunque, forza! E usiamolo questo italiano. Perché dobbiamo essere fieri delle nostre origini. E perché no, della nostra letteratura che ha respiro universale.

 

P.S.: non so se lo sapete, ma Enzo Ferrari aveva una calligrafia bellissima. E scriveva molto, molto bene.

 

 

Mariano Froldi