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IL PUNTO DELLA REDAZIONE (ATTO VI)

Gunther Steiner, (ex) Team Principal della Haas, è stato fatto fuori senza tanti complimenti… benvenuti nel mondo della F1, dove entrare è missione impossibile ed uscirne invece è un amen! Il buon Gunther ha ricevuto il ben servito nelle feste di Natale (nello specifico, tra Natale appunto e Capodanno)… quando si dice il tempismo. Del resto gli americani sono fatti cosi: sugli affari, nel business, non guardano in faccia a nessuno e la parola tatto non rientra nel loro vocabolario. Sia chiaro non sto qui a parlarne perché devo prendere le difese del Team Principal appena silurato, sia perché Steiner non ha bisogno di me che gli faccia da avvocato e sia perché, ad essere franchi, c’è poco da difendere considerando i risultati ottenuti. Ciò detto, questo per rimanere sempre fedele al mio Keanu Reeves che in “Costantine” diceva come battuta “c’è sempre il trucco”, nemmeno si può addossare la croce solo sull’ormai ex Team Principal. Nello specifico sono due le cose che mi lasciano perplesso a riguardo di questa faccenda: i commenti dei detrattori ed i commenti del Patron dell’omonima Scuderia.

I primi si sono affrettati subito a sputare sentenze su Gunther, affermando che l’unico segno che ha lasciato, è stato quello di essere famoso grazie a Netflix e quindi, alla serie “Drive to survive”, adducendo anche alla superficialità della serie stessa. Gli stessi che sputano sentenze su Steiner, sono gli stessi che pagano (salato) la sopracitata piattaforma privata per vedere quella stessa serie di dubbio gusto. Ritengo che non sia colpa di Steiner, se deve la sua popolarità più ad un’attività collaterale della F1 che alla F1 stessa. Egli non fa altro che adeguarsi al sistema, anche perché di certo non è l’unico Team Principal che si è prestato a quelle scenette. Se mai ci sarebbe da chiedersi come un Team Principal, con tutto quello che ha da fare, riesca anche a ritagliarsi il tempo per questo e sebbene la risposta scade nell’ovvio, la fama dell’uno o dell’altro, che deriva da serie tv e non dall’operato in pista, è l’esempio plastico di cosa sia divenuto il nostro sport nei giorni nostri. Al di la di questa considerazione apparentemente irrilevante, anche se non lo sono visto e considerato che se certi spettacoli vengono inscenati è perché l’offerta va sempre dov’è la domanda, ciò che veramente mi ha dato da pensare sono state le dichiarazioni del Patron Haas: “Non siamo mai saliti sul podio in centosessanta gare pur avendo il motore Ferrari: è umiliante!” Ad essere sinceri, ciò che è veramente umiliante, è leggere queste dichiarazioni da parte di un proprietario di un team di F1. Mr. Haas parla come un neofita qualunque, come se non conoscesse davvero l’ambiente nel quale paga per stare. A sentir lui, in McLaren non sono buoni a nulla visto e considerato che, montando un motore Mercedes, non sono riusciti ancora a vincere una gara, in Alpha Tauri peggio che andar di notte visto che sono lo junior team della Red Bull, per non parlare dell’Alfa Romeo che anch’essa monta lo stesso propulsore Rosso! Davvero Haas pensa quello che dice? Egli è consapevole che una F1, intesa come monoposto, non è fatta solo di propulsore e, a maggior ragione proprio in questi tempi che stiamo vivendo, il motore ha una valenza impattante decisamente meno importante rispetto a tutto il resto e cioè, aerodinamica, meccanica quindi cinematismi e, di conseguenza comprensione del comportamento degli pneumatici. Alla fine andando ad approfondire e scavando ci si rende conto, manco a dirlo, che il problema è sempre lo stesso: la pecunia. Il silurato Gunther chiedeva più soldi o, se devo dirla in maniera più elegante, più fondi, mentre il Patron dell’omonima scuderia invece chiedeva di massimizzare quello che si ha in relazione al benedetto Budget Cap: tradotto significa che bisogna arrangiarsi con quello che si ha a disposizione! Alla fine della giostra, il bistrattato ed ormai ex Team Principal Steiner, era quello che aveva ragione perché egli sa, anzi sapeva, benissimo che senza investimenti corposi (vedi Aston la quale è risalita, nei costruttori, dal settimo al quarto posto l’anno scorso) non si va da nessuna parte e, considerando la terribile concorrenza che c’è in giro, la Haas navigherà sempre tra il decimo e massimo ottavo posto se continuerà di questo passo. Inutile dire che la situazione attuale, con questo cambio in stile Ferrari, non farà che peggiorare la situazione e di certo la squadra americana, ha praticamente già archiviato quest’anno… alla faccia del propulsore Rosso.

Per un Team Principal che va via, c’è n’è un altro che rimane dov’è: Toto Wolff ha firmato per altri tre anni e non che questa sia una sorpresa, visto e considerato che il Team Principal della casa con la stella a tre punte, è anche azionista della sua stessa squadra quindi, ammesso che avesse deciso di smettere, di certo sempre a Stoccarda sarebbe rimasto. Evidentemente per il buon Toto non è ancora il momento di appendere le cuffie da capo squadra al chiodo e, considerando le sue dichiarazioni (“Con la Mercedes giusta Hamilton davanti a tutti”), Abu Dhabi 2021 se l’è legata al dito, come si suol dire e, ormai è divenuta una questione di principio far arrivare il suo pilota all’ottavo titolo. A tal proposito lo scenario in casa Mercedes è alquanto interessante, perché le dichiarazioni di Wolff sono tutte per il suo pupillo, perché di fatto (e non lo scopriamo oggi), la Mercedes è completamente identificata in sir Hamilton, così identificata che la stessa squadra (e poi tutta la F1… quando si dice chi comanda!), si è persino esposta abbracciando la sua politica, colorando di nero le monoposto prima e arcobalenarle dopo. Il fatto è che il compagno del campione del mondo non è più Valtteri “chiappe al vento” Bottas, bensì è un coriaceo George Russell, il quale fino ad ora risulta l’unico che sia riuscito a portare una vittoria in casa AMG, da quando Verstappen assieme alla sua Red Bull ha deciso di fare “asso piglia tutto”. Russell, nel 2020, quando venne messo proprio al posto di Hamilton sulla sua dominante monoposto, umiliò un ormai cotto Bottas, fece salire la febbre ancora di più ad un ammalato Hamilton (per questo era assente quel GP) e, mise definitivamente spalle a muro lo stesso Wolff. Ebbene lo scenario, non da poco, è come gestirà il giovane inglese caso mai la Mercedes di quest’anno sarà competitiva a tal punto da potersi addirittura giocare il titolo. No perché il Team Principal austriaco non fa altro che parlare di “macchina giusta” per Hamilton, dando l’impressione che in caso di risposte positive da parte della W15, Hamilton sarà quello su chi puntare. Ad essere sinceri non so se Russell sarà d’accordo e, considerando le “scaramucce” viste a fine campionato tra i due a fine stagione, penso che il buon Toto avrà un bel daffare a tal proposito. Sebbene non ho dubbi sulla freddezza del Team Principal, questo ce l’ho proprio sullo stesso Russell: sia chiaro, non discuto sulle sue capacità quanto sul suo atteggiamento mentale e cioè, se avrà le palle di mettersi di traverso all’ingombrante compagno, padrone indiscusso del team e quindi, contro la sua stessa squadra. Perché è un fatto che se vuole emergere ed essere considerato come il futuro del team, il botto (inteso dal punto di vista prestazionale), di certo non lo può realizzare facendo da secondo e, se c’è una cosa che ci insegna quel famoso “NO!” pronunciato da Verstappen contro Sainz quando erano in Toro Rosso, è che se si vuole essere considerati numeri uno bisogna essere (sportivamente parlando) dei figli di buona donna. Non c’è che dire, Toto ha scelto il momento giusto per rimanere

 Vito Quaranta

LA STORIA DELLA FERRARI 312T: 1978 (QUARTA PARTE)

Mercoledì 7 giugno diciotto piloti scendono in pista a Brands Hatch per due giornate di prove libere preliminari. Tra loro c’è Lauda con la nuova Brabham BT46B il cui posteriore viene frettolosamente coperto con un telo ogni volta che rientra ai box. L’austriaco gira poco e senza tempi particolarmente interessanti perché la vettura è molto sottosterzante.

Il più veloce è Peterson con la Lotus 79 mentre Andretti segue lo sviluppo di nuovi particolari.

Torna nel paddock Gunnar Nilsson, irriconoscibile, magrissimo e completamente calvo per le cure a cui si deve sottoporre. Lo svedese sta facendo la terapia a Londra e approfitta dell’occasione per salutare i colleghi.

Partecipano alle prove anche tre piloti che corrono nella Formula Aurora: Tony Trimmer con la McLaren M23 del Melchester Racing, Geoff Lees con la vecchia Ensign N175 del Mario Deliotti Racing e la 24enne sudafricana Desiré Wilson, al suo battesimo assoluto in F1 con una March 75A del 1975 ricostruita su una monoscocca 761 dalla RAM Racing.

Vittorio Brambilla non è presente perché è impegnato a Balocco per provare una nuova veste aerodinamica dell’Alfa Romeo, ora verniciata di rosso.

Cominciano a circolare anche le prime immagini dei dettagli tecnici della monoposto senza la carrozzeria.

Il 10 e 11 giugno si corre la 24 Ore di Le Mans, la gara su cui la Renault ha investito tantissimo negli ultimi tre anni senza mai vedere la bandiera a scacchi. Quest’anno la Régie Nationale des Usines Renault schiera quattro macchine, una A443 per Jean-Pierre Jabouille e Patrick Depailler, una A442B per Didier Pironi e Jean-Pierre Jaussaud (dotata di cupolino in Perspex come la A443) e due A442, la prima per Derek Bell e Jean-Pierre Jarier e l’altra per Guy Fréquelin, Jean Ragnotti e José Dolhem

Una tale mobilitazione è stata fatta per battere la Porsche-Martini, vincitrice delle ultime due edizioni, che a sua volta mette in pista quattro equipaggi: due 936/78 per Jacky Ickx (quattro volte vincitore), Henri Pescarolo e Jochen Mass e per Bob Wollek e Jürgen Barth, una 936/77 per Hurley Haywood, Peter Gregg e Reinhold Joest e una 935/77 per Manfred Schurti e Rolf Stommelen.

La sfida vede finalmente il trionfo della Renault (il primo a Le Mans) con la vettura numero 2 di Didier Pironi (che sviene dopo il traguardo per aver guidato gli ultimi 3 turni consecutivi con un caldo terribile e sale sul podio a torso nudo) e del 41enne Jean-Pierre Jaussaud. Ora la Régie può concentrarsi a tempo pieno sulla F1.

Martedì 13 giugno Bernie Ecclestone si reca a Maranello dove ha un lungo colloquio con Enzo Ferrari del quale non sono resi noti gli argomenti. Al termine dell’incontro l’ing. Roberto Nosetto riaccompagna il proprietario della Brabham e presidente della FOCA all’aeroporto di Bologna.

Le squadre si trasferiscono in Svezia per il giro di boa del Mondiale 1978 sull’inusuale circuito ricavato nel piccolo aeroporto di Anderstorp.

Al termine del GP di Spagna Gordon Murray ha presentato al Bureau della CSI di Madrid una sua relazione nella quale si afferma che la ventola, da lui ideata e fatta girare senza troppo successo a Brands Hatch, funziona al 70% per raffreddare il motore e al 30% per ottenere deportanza, quindi il suo compito principale è quello di una ventola di raffreddamento. Il regolamento tecnico, alla voce Dispositivi Aerodinamici, afferma: “Qualsiasi parte della vettura la cui funzione primaria è di influenzare le prestazioni aerodinamiche è considerata un dispositivo aerodinamico e deve essere saldamente fissato durante la marcia della vettura” ma dal momento che, secondo Murray, la funzione primaria della ventola è di raffreddare il motore, essa è conforme al regolamento tecnico. I delegati accettano la teoria di Murray sulla parola, senza nemmeno vedere la macchina, e così Ecclestone decide di far modificare le due BT46 usate in Spagna da Lauda e Watson nella versione BT46B per farle debuttare proprio in Svezia.

Il progetto originale di Gordon Murray puntava ad avere una linea aerodinamica a scalpello divergente verso il posteriore dove è ospitato l’ingombrante 12 cilindri Alfa Romeo. Purtroppo il tecnico sudafricano aveva sopravvalutato la capacità di smaltire il calore generato dal potente motore milanese dei radiatori a sfioramento di derivazione aeronautica, trovandosi costretto a mettere i radiatori dell’acqua nel musetto, che perdeva così la sua forma originale, e soprattutto modificando notevolmente la distribuzione dei pesi e il comportamento della macchina.

Quando le macchine vengono scaricate nel paddock vengono immediatamente coperte con un telo che impedisce di vedere il posteriore ma poi bisogna pur lavorarci sopra e allora tutto viene alla luce. Murray sa che non può sfruttare l’effetto Venturi come la Lotus proprio perché il motore Alfa Romeo è larghissimo e non permette che il flusso d’aria si espanda creando la depressione e allora tenta il colpaccio. I radiatori dell’acqua vengono tolti dal musetto, che torna quindi ad avere la sua forma originale, e viene installato un unico grande radiatore sopra al motore in poosizione orizzontale, lasciando quelli dell’olio al loro posto.

Il raffreddamento del radiatore viene garantito da un’enorme ventola posteriore, realizzata dall’Autodelta su disegno di Murray, che aspira l’aria e la scarica dietro alla monoposto grazie a un’apposita carenatura, sia posteriore che laterale. Quattro bandelle flessibili realizzate da Charlie Whiting, neo assunto ed ex capo meccanico della Hesketh, assicurano il sigillo al suolo anteriormente, lateralmente e posteriormente in modo che la ventola crei un’area di bassa pressione sotto l’auto, provocando l’applicazione di un carico verso il basso.

La potenza del dispositivo è tale che Ermanno Cuoghi si schiaccia un piede, infilato sotto alla fiancata, mentre riscalda il motore ai box. Vengono quindi montate le molle più dure disponibili sulle sospensioni per evitare che la macchina possa spanciare sull’asfalto mentre sta correndo in pista.

La ventola è infatti azionata dall’albero primario del cambio tramite una cinghia applicata a un riduttore di velocità e assorbe una trentina di cavalli di potenza. Davanti all’abitacolo c’è un tubo di Pitot collegato da un tubo di plastica a uno strumento che misura la depressione, montato all’interno di una nicchia ricavata nell’abitacolo, al quale è collegato una altro tubicino proveniente dalla parte posteriore della vettura.

I box di Anderstorp sono aperti e si forma una ressa di fotografi, curiosi e avversari attorno alle due macchine, così Cuoghi “prende in prestito” un paio di coperchi dei contenitori dell’immondizia, li personalizza con qualche adesivo Parmalat e chiude il diffusore, impedendo di vedere ulteriori dettagli.

Murray, Ecclestone, Lauda e Watson ripetono a ogni pié sospinto che la ventola ha la sola funzione di raffreddare il motore.

Prosegue il periodo difficile della Tyrrell che in Spagna non è andata a punti per la prima volta dall’inizio del Mondiale. I deflettori visti a Jarama sono stati dipinti di bianco ed è stata aggiunta una piccola “pinna dorsale” sulla parte posteriore del cofano motore.

Tutto tranquillo alla Lotus dove sono state fatte delle magliette celebrative per le due doppiette consecutive.

Anche questa volta sono state portate quattro monoposto (due 79 e due 78) sulle quali si lavora con serenità, facendo anche due chiacchiere con il gongolante Denis Jenkinson.

Il pubblico svedese ovviamente spera di vedere vincere Ronnie Peterson che però deve sempre tenere conto dei termini del suo contratto da seconda guida.

Alastair Caldwell ha progettato una nuova scatola dello sterzo che i piloti della McLaren hanno trovato molto pesante nelle ultime gare.

Il proverbiale “British humour” impone ai meccanici della McLaren di scimmiottare sarcasticamente la tecnica di camuffamento adottata dai colleghi della Brabham.

La pochezza della Theodore TR1 è tale da convincere Teddy Yip a rinunciare alla trasferta svedese per modificare la macchina e a lasciare libero Rosberg che viene prontamente ingaggiato da Günter Schmid per sostituire Colombo e fare coppia con Mass.

La ATS ha costruito la terza HS1 che viene portata in Svezia come muletto.

Atmosfera pesante alla Ferrari. La superiorità espressa in Brasile e a Long Beach è solo un ricordo sbiadito. Anche la Michelin corre ai ripari spedendo in Svezia nuove soluzioni di pneumatici.

Reutemann e Villeneuve non sono molto entusiasti. L’argentino è molto polemico nei confronti della squadra e di Forghieri, accusati di essere troppo conservativi. Per lui c’è la nuova 312T3/036.

Le uniche modifiche sulla Copersucar sono aerodinamiche, con l’eliminazione del cofano motore e relativa presa d’aria e l’adozione del supporto alettone a tubo come Williams, Wolf e Brabham. Fittipaldi passa al casco Twin Window come Watson, Ickx e Keegan.

Al contrario, il clima alla Renault è euforico. Una volta cancellata l’ossessione per Le Mans, Larrousse e Castaing possono dedicarsi completamente allo sviluppo della monoposto.

Anche il GP di Spagna è stato avaro di soddisfazioni per la Shadow. Stuck sembra sconsolato mentre Regazzoni è sempre allegro, soprattutto se scambia quattro chiacchiere in dialetto con Brambilla mentre si cambia nella “hospitality esclusiva” a sua disposizione.

L’unica novità è la nuova DN9/5A che viene portata come muletto.

Volti sereni alla Surtees che in Spagna ha finalmente visto entrambi i piloti partecipare al GP e addirittura portarlo a termine senza rotture per la prima volta nell’anno. La foto di gruppo è doverosa per celebrare l’evento.

Sulla TS20 di Brambilla compare un’ala anteriore a tutta larghezza, non ancora verniciata, provata da Keegan a Brands Hatch la settimana precedente.

La WR5 ha conquistato i primi punti a Jarama ma staccata di un minuto ad Andretti e di 23 secondi dalla Ligier di Laffite. C’è ancora parecchio da lavorare per Postlethwaite, Warr e Scheckter.

Il team Wolf si aggiudica a mani basse il premio per la satira.

Continua il momento di apatia alla Ensign, con due monoposto vecchie per un pilota decisamente indifferente.

Rebaque cerca di qualificarsi per rivedere la bandiera a scacchi (l’ultima volta è successo oltre tre mesi fa a Kyalami).

Sensazioni positive alla Ligier dopo il podio ottenuto da Laffite in Spagna.

Alan Jones non è stato molto fortunato nelle ultime gare. Dopo lo splendido quarto posto del Sudafrica non è più andato a punti nonostante le qualità della FW06.

Dopo il settimo posto di Zolder, Lunger ha mancato la qualificazione in Spagna per cui cerca di tornare tra i primi 24.

Ormai la Arrows di Patrese è stabilmente nella zona punti in gara ma è spesso penalizzata dalla mancanza di affidabilità sulla quale si cerca di lavorare a Milton Keynes. Anche Stommelen si sta comportando benissimo nonostante disponga di una vettura meno preparata di quella del padovano.

Arturo Merzario non si arrende e cerca di qualificarsi nonostante le difficoltà tecniche e finanziarie ma senza mai perdere il buon umore.

Il ritiro di Hesketh, la sospensione dell’attività della Theodore e la mancata partecipazione della Martini che si sta preparando per il GP di Francia riduce gli iscritti a sole 27 unità, per cui non ‘è bisogno delle pre-qualifiche. La gara si disputa sabato 17 giugno così le prove ufficiali cominciano giovedì mattina alle 10.

La prima sessione è controversa perché ancora una volta il cronometraggio ufficiale ha qualche problema tecnico e viene contestato dalle squadre. Ad Anderstorp i tempi vengono presi sul traguardo che è molto distante dai box per cui non possono coincidere con quelli registrati dalle squadre. Alla fine il miglior tempo viene assegnato a Reutemann in 1’23”838 davanti a Peterson, il sorprendente Jabouille, Watson, Villeneuve, Scheckter, Andretti e Lauda.

Nel pomeriggio Andretti e la Lotus 79 mettono tutti in riga con un eccezionale 1’22”058, un tempo migliore di un secondo e mezzo rispetto a quello ottenuto dall’ottimo Scheckter. Seguono Peterson, Reutemann, Jabouille, Depailler, Villeneuve e Hunt.

Rupert Keegan non manca di sbattere frontalmente contro il muretto dei box e procurare un po’ di lavoro straordinario per tenere allenati i meccanici della Surtees, dopo averli fatti riposare per l’intero weekend di Jarama.

Le Brabham Alfa Romeo dotate di ventola non impressionano con Lauda nono e Watson decimo, staccati di quasi 3 secondi da Andretti ma, al termine della sessione pomeridiana, Lotus, Surtees, Tyrrell e McLaren presentano quattro reclami scritti alla giuria del GP contestando la regolarità della BT46B. I reclami vengono respinti perché la vettura è stata dichiarata regolare dal Bureau della CSI di Madrid (sulla parola, senza nemmeno vederla) per cui non ci sono i presupposti per escluderla dalla corsa. Inoltre la tempistica dei reclami è discutibile, anche perché la BT46B è stata già vista da tutti ai test di Brands Hatch e prima delle prove, per cui non si capisce perché siano stati presentati solo dopo le prime due sessioni. Nel frattempo Chiti fa merenda mentre Morosini prende appunti vicino alla BT46 “normale” portata come muletto.

Andretti è il più veloce anche nell’ultima ora di qualifica del venerdì ma con un tempo più alto rispetto a quello del giorno prima che quindi gli consente di mettere a segno la terza pole consecutiva con la Lotus 79.

Le Brabham Alfa Romeo risalgono la classifica dei tempi e ottengono il secondo e terzo tempo con Watson e Lauda staccati di 7 decimi dalla pole. La prestazione è sicuramente migliore di quella della prima giornata di prove ma non è eccellente. Questo perché Ecclestone ha fatto scendere in pista i suoi piloti con gomme dure e 80 kg di benzina appositamente per non “spaventare” la concorrenza e scatenare ulteriori polemiche.

Peterson è quarto a oltre un secondo, davanti al bravissimo Patrese con la prima delle auto “normali” (ma con gomme da qualifica) e a Scheckter.

Le Ferrari sono in quarta fila con Villeneuve che precede Reutemann di 7 millesimi. Entrambi hanno un distacco di 1.6” dalla pole ma di soli 3 decimi dalla Arrows di Patrese.

Molto male la McLaren con Hunt quattordicesimo davanti a Tambay. Si qualificano entrambe le Shadow e le ATS, così come Rebaque e Merzario.

Il sabato mattina il circuito è soleggiato e c’è una temperatura frizzante di 18°. Il warm-up vede Andretti e Peterson davanti a tutti ma Lauda è vicinissimo a soli 13 centesimi. Sorprende il quarto tempo di Jones (a 7 decimi da Andretti) che fa meglio di Patrese, Watson, Jabouille e Depailler. Male le Ferrari con Villeneuve solo nono e Reutemann senza tempo per la rottura della pompa della benzina. I meccanici della Ligier scoprono un punto d’attacco della sospensione della JS9 rotto per cui Laffite deve partire col muletto JS7/JS9.

Un’ora prima della partenza Frank Williams presenta un altro reclamo alla direzione di gara nel quale afferma che, secondo la Williams Grand Prix Engineering, la ventola della Brabham è un dispositivo aerodinamico mobile perché la sua funzione primaria è quella di influenzarne la prestazione aerodinamica, così come le bandelle che sigillano la parte posteriore al suolo. Con quello di Williams i reclami diventano cinque ma sono tutti respinti. La situazione è comunque molto intricata, tanto che la CSI ha mandato ad Anderstorp due importanti delegati, il presidente del gruppo di lavoro F1 Jean-Marie Balestre e il presidente della sottocommissione circuiti e sicurezza Alberto Rogano. Marco Piccinini e la Ferrari non si aggregano alla protesta, facendo pensare che la visita di Ecclestone a Maranello abbia avuto uno scopo ben preciso.

La partenza è prevista per le 13:30 alla presenza di re Carl Gustaf di Svezia (grande appassionato di automobilismo come Ranieri di Monaco e Juan Carlos di Spagna) e della consorte Silvia Sommerlath.

Prima del via si svolge un’esibizione con i Saab 105 del Team 60, la pattuglia acrobatica svedese.

Le 24 monoposto si allineano davanti ai box per poi raggiungere lo schieramento di partenza situato dalla parte opposta del tracciato.

Ai box c’è un’importante novità. Bernie Ecclestone ha assunto una nuova figura che sarà presente a ogni Gran Premio in qualità di capo della squadra medica della F1. Si tratta del 49enne neurochirurgo londinese Sid Watkins, amante delle corse e già medico di gara del circuito di Silverstone.

Tutto è pronto per il via.

Andretti parte bene dalla pole position al contrario di Watson che ha un’esitazione. Lauda ne approfitta e si infila tra i due affiancando la Lotus all’esterno mentre Watson blocca Peterson e Scheckter che non trovano lo spazio per passare.

La progressione di Lauda è tale da portarlo davanti ad Andretti il quale però gode della traiettoria interna e riprende il comando alla prima curva mentre Patrese approfitta del blocco di Watson per superare Peterson e Scheckter.

Villeneuve parte male e viene superato da Reutemann e Jones. Rosberg resta fermo in fondo allo schieramento ma riesce poi a partire.

Andretti comanda la corsa davanti a Lauda, Watson, Patrese, Peterson, Scheckter, Reutemann e Jones.

Al secondo giro Patrese approfitta di un’altra esitazione di Watson per sorpassarlo sulla linea del traguardo e portarsi al terzo posto.

Andretti allunga su Lauda che a sua volta si avvantaggia su Patrese mentre Watson perde anche la quarta posizione in favore di Peterson.

Anche Scheckter è in difficoltà e tra il quarto e il settimo giro viene superato da Reutemann, Jones e Villeneuve.

All’ottavo giro Brambilla e Pironi vengono a contatto nel curvone dopo ai box. Il monzese esce di pista e si ritira mentre Pironi cerca di raggiungere i box con la gomma posteriore destra a brandelli ma si ferma prima perché la sospensione è danneggiata.

Dopo 10 giri Andretti ha solo un secondo di vantaggio su Lauda. Alle loro spalle Peterson è riuscito a scavalcare Patrese e ha circa 10 secondi di distacco dal compagno di squadra.

Alle loro spalle c’è sempre Watson inseguito da Reutemann, Jones, Villeneuve e Jabouille.

Due giri più tardi Peterson rientra ai box con una gomma forata. I meccanici la sostituiscono e lo svedese può ripartire ma è solo sedicesimo, alle spalle di Regazzoni.

Andretti e Lauda stanno facendo una gara a parte, guadagnano oltre un secondo al giro su tutti ma l’italo-americano non riesce a staccare la BT46B.

Watson intanto pressa Patrese da vicino ma non riesce a trovare il varco per passare perché il pilota dell’Arrows si difende caparbiamente.

Al 19° giro l’irlandese prende la scia a Patrese sulla pista dell’aeroporto e lo affianca ma arriva lungo alla staccata della curva Norra, esce sull’erba e finisce in testacoda. La ventola aspira la terra sparandola via dal posteriore e sollevando una enorme nuvola di polvere.

Watson riesce a ripartire ma solo per fermarsi poco dopo con le ghigliottine del 12 cilindri bloccate dalla polvere.

Dopo 25 giri Andretti e Lauda hanno 35 secondi su Jones che ha scavalcato Reutemann che è in difficoltà con le Michelin ed è seguito come un’ombra da Villeneuve.

Si ritira Jabouille per la banale rottura della pompa dell’olio quando si trova in una più che onorevole settima posizione. Il francese raggiunge i box ma sparge olio ovunque.

Lo scatenato Peterson gli subentra al settimo posto e sta guadagnando rapidamente terreno sulle Ferrari. Dopo la sosta ai box del 13° giro lo svedese ha superato nell’ordine Fittipaldi, Hunt, Regazzoni, Tambay e Laffite, accendendo l’entusiasmo del pubblico di casa.

La rincorsa di Super-Swede è inarrestabile e al 34° e 35° giro si libera agevolmente prima di Villeneuve e poi di Reutemann senza trovare troppa resistenza e salendo al quinto posto.

Le fasi di doppiaggio consentono a Lauda di studiare quale punto del tracciato potrebbe permettergli di attaccare Andretti.

Al 39° dei 70 giri previsti Piedone non trova la corda alla curva Laktar (anche per colpa dell’olio perso da Jabouille) e Lauda ne approfitta immediatamente. Esce più veloce, affianca la Lotus e la supera alla frenata della prima curva. Il Campione del Mondo non si trovava in prima posizione dal GP d’Olanda della scorsa estate.

A questo punto Lauda spinge a fondo, allunga immediatamente su Andretti e doppia agevolmente le Ferrari mentre Piedone fatica a liberarsene e perde terreno.

Anche questa volta, come in Spagna, Reutemann rientra ai box per cambiare le gomme completamente usurate mentre Jones raggiunge Patrese e cerca di soffiargli la terza posizione. Il padovano si difende da par suo, chiude la porta, le vetture si toccano e l’australiano finisce fuori pista per poi ritirarsi a causa della rottura del cuscinetto di una ruota.

Il distacco di Andretti da Lauda sale a 5 secondi ma all’inizio del 47° giro la Lotus rallenta improvvisamente a causa della rottura di un pistone e Piedone non può fare altro che accostare mentre si verifica un principio d’incendio prontamente spento dai commissari svedesi. Si tratta del primo motore rotto su una Lotus in gara da Mosport ’77.

Anche Villeneuve si ferma a montare gomme nuove ripetendo lo stesso malinconico schema visto a Jarama e riparte al decimo posto, dietro al compagno di squadra.

Ora Lauda ha un minuto di vantaggio su Patrese che mantiene dieci secondi su Peterson.

Al quarto posto, primo dei doppiati, c’è Laffite che comanda un gruppetto in lotta fin dai primi giri composto da Tambay e Regazzoni che hanno staccato Fittipaldi e Hunt.

Al terz’ultimo giro Peterson raggiunge Patrese che ancora una volta tira fuori le unghie e i denti per difendere un meraviglioso secondo posto.

La bella gara di Laffite viene rovinata a soli due giri dal termine dall’improvviso spegnimento del V12 Matra. Il motore si riaccende dopo qualche secondo ma ormai Tambay e Regazzoni sono già passati.

Niki Lauda vince il suo sedicesimo GP di F1 e regala l’undicesima vittoria al motore Alfa Romeo, 26 anni 7 mesi e 20 giorni dopo quella di quella di Fangio a Barcellona.

Trentaquattro secondi più tardi Riccardo Patrese taglia il traguardo in seconda posizione con appena 86 millesimi di secondo su Peterson e conquista il primo podio per lui e per la Arrows.

Tambay, Regazzoni e Fittipaldi tornano a segnare punti dopo le gare sudamericane.

Il ticinese in particolare conquista il primo piazzamento degno di nota per la Shadow DN9.

Malissimo le Ferrari che chiudono al settimo e ottavo posto, staccate di un giro, dopo un’altra gara caratterizzata dalla scarsa qualità e affidabilità di quelle gomme Michelin che fino a Montecarlo sembravano essere uno dei punti di forza della Scuderia.

Andretti resta al comando del Mondiale con 36 punti ma vede ridursi il vantaggio su Peterson che sale a 30 e soprattutto su Lauda con 25 che supera Depailler (23) e Reutemann (22).

Nella Coppa Costruttori la Lotus è sempre saldamente prima con 49 punti grazie alla rimonta di Peterson. La Brabham Alfa Romeo è ora seconda con 31 mentre Tyrrell e Ferrari rimangono rispettivamente a 25 e 22 punti.

Finalmente una gioia per Carlo Chiti, festeggiato prima da Vittorugo “Scintilla” Tramonti (ripudiato dalla Ferrari a fine ’77) e poi da Niki Lauda

Dopo la gara, Williams, Lotus e McLaren inoltrano un ulteriore reclamo contro la Brabham ritenuta irregolare per cui la giuria non ufficializza il risultato del GP che resta sub iudice e rinvia tutto alla decisione del Bureau della Commissione Sportiva Internazionale. Andretti parla esplicitamente di vittoria irregolare ni quanto ottenuta grazie a un sistema, ideato da Jim Hall, che è già stato proibito dalla CSI nella Can-Am Series nel 1970. Le polemiche coinvolgono anche Patrese, accusato da Watson, Jones e Peterson di scorrettezze che il padovano respinge al mittente, anche perché provengono da piloti tutt’altro che arrendevoli. Peterson in particolare lo accusa di guidare come in F3.

La questione della BT46B suscita molto clamore per cui la CSI si muove immediatamente in base al rapporto di Balestre e Rogano. Martedì 20 giugno i delegati tecnici Robert Choulet (aerodinamico francese che ha collaborato ai progetti Porsche 917, Matra 640, Ligier JS9 e Alfa Romeo 33TT12) e Paul Frère (ex pilota e stimatissimo giornalista belga) si recano alla sede la Brabham per vedere da vicino il dispositivo incriminato e fornire ulteriori conclusioni al Bureau della CSI.

Due giorni dopo, giovedì 22 giugno, i membri FOCA si riuniscono a Londra per ricomporre le divisioni che hanno portato ai reclami di Anderstorp. Il comunicato emesso afferma che “certi aspetti del ventilatore della Brabham forse non sono in accordo con lo spirito dei regolamenti esistenti e ulteriori sviluppi di questo principio darebbe come risultato una aumento della velocità in curva di tale ampiezza che le precauzioni di sicurezza sui circuiti sarebbero resi inefficaci. Per questo la FOCA ha deciso di stabilire nuove regole, in collaborazione con la sottocommissione tecnica della CSI, le quali renderebbero questi rilevanti aspetti illegali a partire dal 1 agosto 1978. In accordo, i reclami presentati al GP di Svezia saranno ritirati.” Il compromesso è il frutto di un classico “do ut des” tra i reclamanti e Bernie Ecclestone il quale, sotto la minaccia della mancata conferma alla presidenza della FOCA, rinuncia volontariamente al ventilatore [affermerà poi di averlo fatto per abbassare i costi della F1. Vi ricorda qualcosa? NDR] ma vuole in cambio la messa al bando delle minigonne di Chapman il quale, appena tornato da Anderstorp, aveva già incaricato il reparto ricerca e sviluppo della Lotus di aggiungere due ventole all’uscita delle fiancate della 79 nel caso in cui la BT46B fosse stata dichiarata regolare.

Il documento FOCA ovviamente non ha nessun valore decisionale, infatti non viene preso in considerazione dalla CSI che il giorno dopo si riunisce nella sede FIA di Parigi e decide di proibire i ventilatori con effetto immediato per questioni di sicurezza legati sia all’aumento della velocità in curva sia alla quantità di sassi, sporco e detriti raccolti dalla ventola e espulsi dalla parte posteriore dell’auto. La decisione è presa a maggioranza con il voto favorevole del presidente della FIA, il belga Pierre Ugeux, Alberto Rogano e Jean-Marie Balestre (che ha anche la delega dell’assente Michel Boeri) e con quello contrario di Fritz Huschke von Hanstein e dell’inglese Dean Delamont. La sottocommissione tecnica della CSI è invitata a incontrare i costruttori per studiare i problemi riguardanti i dispositivi aerodinamici nel loro complesso e depositare le conclusioni entro il 1 agosto 1978. In seguito il Bureau CSI deciderà se modificare o meno il regolamento tecnico. Il ritiro dei reclami di Anderstorp rende definitiva la classifica del GP di Svezia con la storica vittoria di Lauda e della Brabham Alfa Romeo “fan-car”.

La Ferrari cerca di reagire alla doppia batosta di Jarama e Anderstorp e porta in pista a Fiorano alcune modifiche aerodinamiche.

Risolta la questione del ventilatore (e rinviata quella delle minigonne) il Circus torna a Le Castellet per il GP di Francia che l’anno scorso si è disputato sul circuito di Dijon-Prenois.

La Brabham Alfa Romeo si vede costretta a riconvertire la BT46/6 e la BT46/4 alla versione usata in Spagna. Rimane solo il rigonfiamento creato sul lato destro dell’abitacolo per alloggiare il manometro.

Gordon Murray continua comunque a studiare un modo per sfruttare l’effetto suolo sulla sua monoposto. Il tecnico sudafricano ha montato sulla BT46/5 muletto delle piastre laterali dotate di minigonne che si estendono fino alla parte posteriore e sono fissate alle paratie dell’alettone. E ha il tubo di Pitot per misurare la depressione come sulla BT46B. Lauda la porta in pista durante le prove.

La Tyrrell mantiene i radiatori orizzontali sulle fiancate e modifica il musetto, adottando spoiler perpendicolari al senso di marcia al posto di quelli inclinati in avanti per tentare di guadagnare qualche km di velocità di punta sul Mistral.

Eliminato il “problema ventilatore”, la Lotus torna a essere la favorita.

Ronnie Peterson cambia casco passando dal Bell al GPA.

Nessuna novità alla McLaren che nonostante la pessima prestazione in prova è riuscita a portare a casa 3 punti dalla Svezia con il redivivo Tambay. La Cosworth mette a disposizione un motore appositamente preparato per il francese mentre Hunt usa quello “preparato in casa” da Nicholson.

Ritorna Giacomelli con la terza McLaren. Il bresciano è sempre saldamente in testa all’Euro F2 davanti al compagno di squadra, lo svizzero Marc Surer, ma è reduce da un brutto incidente avuto la domenica precedente a Donington Park che lo ha visto uscire comunque indenne dalla sua March BMW.

La sua M26/7 è stata personalizzata con il soprannome attribuitogli dai meccanici.

Alla ATS è stata realizzata la terza HS1, sempre sulla base della Penske PC4, assemblata con i pezzi di ricambio acquistati nel pacchetto di materiale ceduto dal costruttore statunitense alla fine del 1976. In questa gara la usa Rosberg che ha appena vinto la gara di F2 a Donington Park con la Chevron della squadra di Fred Opert.

Durante le prove Jochen Mass prende a prestito un casco da Tambay perché il suo è stato rubato dalla sua auto a noleggio.

La Ferrari porta le stesse monoposto usate ad Anderstorp senza risultati.

Si confida in una grande mano da parte della Michelin, attesa al debutto sul suolo nazionale.

Altre modifiche alla Copersucar, con una nuova sospensione posteriore e una carenatura attorno al motore conseguente alla positiva eliminazione del cofano e della presa d’aria.

Debutto attesissimo in Francia per la Renault F1, sull’onda dell’entusiasmo della vittoria a Le Mans. La RS01/02 è stata modificata aerodinamicamente con due grosse e goffe carenature montate sopra alle fiancate per sfruttare la potenza del turbo sui 1800 metri del Mistral.

L’ala a tutta larghezza usata in Svezia da Brambilla ha dato buoni risultati per cui, dopo le opportune modifiche e una mano di vernice, è stata montata anche sulla Surtees di Keegan.

Big John si è tagliato i baffi.

Qualche modifica aerodinamica sulla Wolf in funzione del rettilineo del Paul Ricard ma la notizia è l’inizio della dismissione del materiale. Walter Wolf ha venduto a Teddy Yip la WR3 e la WR4, dal momento che la Theodore TR1 è troppo scadente per la F1.

Scheckter dimostra cosa succede quando si passa sui cordoli se le minigonne non sono fatte a regola d’arte.

Ennesimo cambio di pilota all’Ensign. Dopo la mancata qualificazione di Ickx in Spagna, Nunn recupera Derek Daly che, dopo la delusione con la Hesketh, sta facendo molto bene in F2 con la Chevron.

Hector Rebaque è riuscito a portare a termine la sua seconda gara dell’anno dopo tre mancate pre-qualificazioni e un ritiro. Il morale è alto.

Un improvviso quanto deleterio spegnimento del motore ha privato Laffite e la Ligier di un probabile quarto posto ad Anderstorp. La JS9 è stata rimessa a posto per il GP di casa cercherà di tornare in zona punti.

Anche Alan Jones ha parecchio da recriminare sul GP di Svezia che lo ha visto costretto a ritirarsi dopo una collisione con Patrese nella lotta per il terzo posto.

Alla Williams non manca mai il buonumore.

Brett Lunger viene da due mancate qualificazioni.

La Martini ha saltato due gare al fine di prepararsi al meglio per il GP di Francia. A Magny-Cours hanno realizzato un nuovo musetto con lo sfogo del radiatore verso l’alto. A René Arnoux il compito di trarre il massimo dall’unica MK23 a disposizione.

C’è grande entusiasmo alla Arrows dopo lo splendido secondo posto ottenuto da Patrese due settimane fa. Il Paul Ricard è molto diverso da Anderstorp ma la squadra è pronta a mettere i suoi piloti nelle condizioni ottimali.

La Merzario ha fatto un piccolo passo avanti nell’ultimo GP, dove è rimasto davanti a Stommelen e Rosberg fin quando non si è rotto il cavo dell’acceleratore e ha perso 10 minuti ai box per la riparazione. L’Arturo è ripartito e ha concluso la gara ma non è stato classificato per aver coperto solo 62 dei 70 giri totali.

Gli iscritti sono 29 a fronte di 26 posti in griglia (il Paul Ricard misura 5810 metri) per cui anche questa volta non sono necessarie le pre-qualifiche.

La sessione di venerdì mattina comincia sotto un cielo grigio che si trasforma in una leggera pioggerellina sotto la quale Andretti compie un testacoda ad alta velocità alla S de la Verrerie. Il cordolo alto fa da trampolino alla Lotus che si alza da terra e ricade di muso, costringendo i meccanici a lavorare di braccia per raddrizzare la monoscocca e la sospensione anteriore destra, leggermente piegate. L’idea di prendere il muletto (la vecchia 78) non viene presa in considerazione.

Lauda gira in 1’45”52 prima della pioggia e chiude la sessione al primo posto davanti a Scheckter, Hunt, Peterson, Reutemann, Tambay, Watson e Jabouille. Andretti è solo decimo ma c’è tempo per recuperare.

Al pomeriggio la pista si asciuga e i tempi migliorano. Alla fine è l’altra Brabham Alfa Romeo di Watson a ottenere la pole provvisoria in 1’44”41, tallonato da Andretti a soli 5 centesimi di secondo. Lauda si migliora ed è terzo davanti a Tambay, Peterson, Scheckter, Hunt e le Ferrari di Reutemann e Villeneuve, staccate di un secondo. I piloti di Ecclestone se la ridono insieme a Paul Lauritzen della Goodyear che ha portato in Francia gomme da qualifica estremamente morbide per umiliare la Michelin e cancellare l’onta subìta a Long Beach.

Il meteo del sabato è simile a quello del giorno precedente. L’ultima ora cronometrata viene posticipata di mezz’ora per riparare i guardrail piegati dai sempre combattivi piloti della Coppa R5. Lauda si migliora di tre decimi, così come Hunt ma, quando mancano 15 minuti alla bandiera a scacchi e i migliori si preparano per fare il loro giro veloce, comincia a piovere mettendo fine alla sessione anticipatamente. Seconda pole position per Watson davanti ad Andretti, Lauda, Hunt, Peterson, Tambay, Scheckter, Reutemann e Villeneuve.

Questa volta Patrese è solo dodicesimo, Brambilla diciannovesimo e Giacomelli ventiduesimo. Merzario manca la qualificazione per soli due centesimi (a favore di Rosberg) in compagnia di Daly e Rebaque.

Finalmente la domenica esce un caldo sole che porta al circuito 80mila spettatori.

Nella mattinata si svolge il Trophée Paul Ricard 1978 di F3 che vede alla partenza i piloti del campionato francese e britannico. La gara è vinta dal brasiliano Nelson Piquet davanti ai francesi Jacques Coulon e Alain Prost e al romano Andrea de Cesaris.

Prima del GP i piloti effettuano una parata sporgendosi dal finestrino di 26 Porsche che sfilano nell’ordine dello schieramento di partenza.

Jackie Stewart torna a partecipare a un GP di F1, anche se solo per il giro di ricognizione. Il tre volte Campione del Mondo precede il gruppo al volante della Renault RS01/03 (il muletto di Jabouille) alla quale è stato tolto il musetto e montato un telaio sul quale è stata montata una cinepresa per un filmato promozionale della Elf.

Le 26 monoposto sono pronte per i 54 giri del GP di Francia.

Quando scatta il semaforo verde, Watson ha un’ottima accelerazione che gli permette di mantenere la prima posizione alla S de la Verrerie davanti ad Andretti, Tambay (autore di una grande partenza), Lauda, Hunt e Peterson.

I ferraristi perdono tre posizioni ciascuno e vengono risucchiati a centro gruppo.

Andretti esce dal Virage de la Sainte-Baume molto veloce, prende la scia di Watson, lo supera sul Mistral e rientra comodamente in traiettoria prima del curvone di Signes mentre Peterson fa lo stesso con Hunt. La lotta per la prima posizione finisce qui.

Piedone chiude il primo giro in testa seguito da Watson, Tambay, Lauda, Peterson, Hunt, Jones e Laffite.

Fittipaldi parte male ed entra in collisione con Giacomelli. Il brasiliano si intraversa e finisce al 21° posto, dietro alle ATS di Rosberg e Mass.

Alla fine del secondo giro Regazzoni si ferma ai box per problemi al motore. Jabouille non riesce nemmeno a rientrare perché il motore Renault, montato nuovo per la corsa, si è già rotto.

Lauda e Peterson mettono Tambay nel mirino e lo superano rispettivamente al terzo e al quinto giro. Il francese ha la gomma posteriore sinistra che si sta sgonfiando lentamente a causa di una toccatina subita da Peterson nel corso del primo giro.

Andretti guadagna mezzo secondo al giro su Watson che ora si deve guardare le spalle da Lauda e Peterson che lo hanno raggiunto. All’ottavo giro Lauda supera Watson a Signes, Peterson ne approfitta e ha la meglio sull’irlandese all’ingresso di Beausset.

Due giri più tardi Lauda rallenta improvvisamente e rientra ai box col 12 cilindri Alfa Romeo rotto mentre Reutemann si ferma a sostituire le gomme già completamente usurate e riparte ultimo.

Dopo soli 10 giri ci sono due Lotus 79 davanti a tutti. Peterson ha lo spoiler destro piegato per il contatto alla partenza con la gomma di Tambay.

Watson deve fare acrobazie per difendere il terzo posto dalle McLaren di Tambay e Hunt.

Al giro successivo la posteriore sinistra di Tambay cede, il pilota della McLaren non può fare altro che fermarsi ai box per sostituirla e riparte diciannovesimo. Villeneuve è in lotta con Mass e Arnoux per la tredicesima posizione così anche lui rientra per cambiare le Michelin distrutte. Ora le Ferrari occupano gli ultimi due posti della classifica.

Al 16° giro Hunt prende la scia a Watson sul Mistral e lo supera portandosi in terza posizione.

Svanita la minaccia di Lauda, Andretti può alzare il piede onde evitare spiacevoli sorprese come ad Anderstorp, senza dimenticare che la scocca della sua 79/3 è pur sempre piegata a causa dell’incidente di venerdì.

Alle sue spalle c’è Peterson che riduce il distacco a circa 3 secondi e precede Hunt, Watson, Jones, Scheckter, Laffite e Patrese.

Il tracollo Michelin continua con Reutemann che si ferma per montare il terzo set di gomme dopo soli 19 giri. Villeneuve lo monta 8 giri più tardi e rientra pista alle spalle di Watson e Jones che sono in lotta per il quarto posto, riuscendo a tenere agevolmente il loro passo ma con un giro di distacco.

Il rallentamento precauzionale di Andretti permette al combattivo Hunt di avvicinarsi molto alle Lotus.

La Ferrari ha trasformato la nona gara del Mondiale in una sessione di prove di gomme. Reutemann si ferma ancora al 32°, 39° e 47° giro per un totale di 6 (sei) soste ai box. L’unica soddisfazione (si fa per dire) sarà il giro più veloce della gara ottenuto con gomme morbide al 48° passaggio in 1’48”56.

Intanto Fittipaldi ha rimediato alla pessima partenza con una splendida rimonta che lo porta in ottava posizione davanti a Patrese ma al 44° giro si svita un dado della sospensione posteriore sinistra della F5A e il due volte Campione del Mondo è costretto al ritiro.

Ronnie Peterson svolge al meglio il suo ruolo di scudiero rallentando Hunt e consentendo ad Andretti di continuare serenamente la sua gara di testa.

Jones non riesce ad attaccare Watson perché il suo DFV non è altrettanto potente come quello di Lotus e McLaren per cui l’unico vero duello in pista è quello tra Scheckter e Laffite per il sesto posto.

Decima vittoria per Mario Andretti, salutato come al solito dall’esultante Colin Chapman.

Questa volta ACBC non ha il tempo per raccogliere il cappellino per il secondo lancio perché Peterson arriva a soli 3 secondi dal suo caposquadra e viene accolto col pollice alzato per festeggiare la terza doppietta stagionale della Lotus.

James Hunt, sfinito per lo sforzo profuso nel cercare di tenere il passo delle vetture nero-oro, vomita nel casco e finisce in testacoda a Signes. Fortunatamente l’inglese non esce di pista, riesce a ripartire e conclude al terzo posto a 19 secondi dal vincitore.

Watson conserva il quarto posto davanti a Jones, Scheckter, Laffite e Patrese.

Hunt viene estratto a braccia dall’abitacolo della McLaren ma si riprende in fretta e sale per la ventitreesima ed ultima volta sul podio.

La classifica del Mondiale è sempre più targata Lotus con Andretti in testa con 45 punti e Peterson secondo con 36. Tutti gli altri pretendenti (Lauda 25, Depailler 23 e Reutemann 22) non hanno fatto segnare punti.

Anche la Coppa Costruttori è dello stesso segno: Lotus 58, Brabham Alfa Romeo 34, Tyrrell 25, Ferrari 22 e McLaren 11.

La gara della Ferrari è incommentabile, persino peggiore di quella di Anderstorp. Villeneuve è dodicesimo, doppiato; Reutemann diciottesimo e ultimo, a 5 giri. Una prestazione che riporta alla memoria il periodo buio del 1973.

Dopo la corsa la vettura di Andretti viene spedita in Inghilterra per riparare e riallineare la scocca piegata mentre Piedone va a Zeltweg per le prove Goodyear e fa segnare il miglior tempo con la macchina di Peterson.

A Fiorano si apportano modifiche alle fiancate della 312T3. I radiatori dell’olio laterali che finora erano in posizione inclinata e rialzata, vengono riportati in basso e in posizione longitudinale. Questo permette di eliminare il profilo concavo che portava aria fino ai “camini” dove erano appunto alloggiati i radiatori e di conseguenza aumentare la portata di aria all’interno delle fiancate nel tentativo di creare un effetto Venturi, tentativo vano per la mancanza dei profili alari la cui efficienza è stata capita solo da pochissimi. Sotto alle fiancate ci sono le bandelle flessibili che sono state adottate fin dal GP di Monaco ma che non hanno niente a che fare con quelle di Lotus e Wolf.

La decima prova del Mondiale si svolge il 16 luglio a Brands Hatch dove lo sponsor della manifestazione spera vivamente di ospitare la quarta doppietta stagionale della squadra di Hethel.

Il martedì precedente alla gara alcuni piloti partecipano a una serata di beneficenza per l’associazione Lord’s Taverners alla Royal Albert Hall dove James Hunt si esibisce nel suo passatempo preferito.

Gli organizzatori limitano il numero di iscrizioni a 30 piloti per evitare le pre-qualifiche (gli ammessi alla partenza sono 26) ma sul circuito del Kent se ne presentano 31. Tra questi ci sono anche René Arnoux con la Martini e Keke Rosberg che è tornato da Teddy Yip il quale ha preparato per lui la Wolf WR3 acquistata recentemente. La loro iscrizione è stata però rifiutata dai dirigenti del RAC per far spazio a due piloti britannici (Geoff Lees e Tony Trimmer) e relegano i due pretendenti al ruolo di riserve nel caso che qualcuno dei partecipanti dovesse rinunciare. L’occasione si presenta immediatamente perché la ATS ha un solo pilota, dal momento che Rosberg ha lasciato libero l’abitacolo e Schmid non ha trovato nessun sostituto. Jean-Marie Balestre fa pressione su Ecclestone per far accettare l’iscrizione di Arnoux, a cui viene offerta la seconda ATS, ma gli organizzatori sono inamovibili. Alla fine la squadra di Tico Martini si arrende e torna mestamente a casa, così come la Theodore, mentre Rosberg accetta di fare un’altra gara con la ATS numero 10.

Il ritiro di Lauda a Le Castellet dopo soli 10 giri è stato causato di nuovo dalla rottura di una molla valvola, mettendo di nuovo in discussione l’affidabilità del 12 cilindri di Chiti, il quale annuncia di aver iniziato lo studio per la realizzazione di un nuovo motore a V di 60° per cercare di contrastare le Lotus. Charlie Whiting entra a far parte della squadra in pianta stabile (dietro alla ruota posteriore sinistra).

Watson ha chiuso al quarto posto dopo aver ottenuto la pole position ma finora ha collezionato meno della metà dei punti di Lauda. Stagione difficile per l’irlandese che a fine anno lascerà la Brabham.

La Goodyear ha fatto arrivare direttamente da Akron delle gomme radiali che vengono montate su due monoposto. La prima è la Tyrrell di Pironi che le usa solo durante le prove. Si distinguono da quelle a tele incrociate per il profilo più squadrato.

Depailler non ha conquistato un solo punto dopo la vittoria di Montecarlo che lo aveva proiettato in testa alla classifica, a causa di 4 ritiri consecutivi. Karl Kempf cerca di ricavare informazioni utili dal suo sistema di gestione dei dati.

A Hethel hanno ripristinato la scocca della 79/3 piegata in Francia da Andretti e revisionato la 79/2 di Peterson.

I profili ad ala rovesciata e l’estrema pulizia della parte posteriore delle fiancate sono l’arma in più della vettura di Colin Chapman.

Al box Lotus torna in visita Gunnar Nilsson, sorridente e ottimista come sempre.

James Hunt è attesissimo dal pubblico britannico dopo lo splendido podio conquistato in Francia. Circolano voci di un suo possibile ritiro a fine anno.

Tambay è il secondo pilota designato dalla Goodyear per provare le loro gomme radiali.

Anche a Brands Hatch è presente Jack O’malley con la terza McLaren.

Piccole novità alla ATS dove Jochen Mass può scegliere tra la solita HS1/1 con i radiatori dell’olio verticali e il muletto HS1/3 sulla quale sono montati in orizzontale.

I radiatori della HS1/2 di Rosberg sono all’interno delle fiancate sulle quali sono state aperte due prese d’aria tipo NACA con relativi convogliatori.

Le prove a Fiorano hanno dato buoni risultati così Reutemann dispone delle nuove fiancate montate sulla 312T3/033.

Inoltre la sua monoposto ha due terminali di scarico posti sopra alle sospensioni posteriori mentre i due in basso sono inclinati verso l’alto.

Villeneuve ha sempre la solita 312T3/034.

Le molte modifiche apportate alla F5A hanno portato a un alleggerimento di oltre 20 kg rispetto alla versione originale.

La Renault festeggia a Brands Hatch il primo anno di attività in F1. Il capo delle attività sportive Gérard Larrousse annuncia che “il vero inizio del programma della Formula Uno è avvenuto alle ore sedici del giorno 11 giugno 1978, quando la bandiera a scacchi ha sancito la nostra vittoria a Le Mans. Ora tutte le nostre forze sono destinate a portare al successo la monoposto. Noi lavoriamo su un motore che sviluppa 350 cavalli di potenza specifica per litro e che quindi ha carichi eccezionali. È normale che si presentino molti problemi ma abbiamo fiducia di risolverli. Nel prossimo futuro, forse già tra due settimane, noi avremo delle novità anche nella linea aerodinamica della macchina perché fino ad oggi abbiamo lavorato soltanto a rendere affidabile la meccanica, utilizzando telaio e forme semplici. Ora lavoreremo anche su altre strade. Per il 1979 noi contiamo di avere in pista due macchine, non più una sola.”

L’unica novità in casa Shadow è l’attesa per il processo contro la Arrows che comincerà il mercoledì dopo la corsa.

Stuck e Regazzoni tengono alto l’umore della squadra.

Da qualche giorno John Surtees è diventato concessionario Honda per la Gran Bretagna e non manca di evidenziarlo sulle fiancate delle sue macchine.

Continuano le frizioni con Brambilla che minaccia di non correre se Big John non gli pagherà gli arretrati dovuti. Surtees cerca di prendere tempo ma alla fine cede e il monzese prende parte alle prove.

L’argomento principale nel paddock di Brands Hatch è l’ormai sicuro passaggio di Scheckter alla Ferrari per il 1979 al posto del deludente Reutemann. Sia il pilota che Piero Lardi confermano che la trattativa è avviata ma non ancora conclusa. Nel frattempo il sudafricano è concentrato per ottenere il massimo dalla WR5.

La Ensign iscrive due vetture (l’ultima volta era successo in Brasile) confermando Derek Daly che porta in dote la sponsorizzazione della Mopar, divisione inglese della Chrysler per il motorsport.

La seconda Ensign è la vecchia N175 (ex Boro) acquistata e gestita dalla Mario Deliotti Racing e utilizzata in F.Aurora dal 27enne inglese Geoff Lees, alla sua prima esperienza in un GP di F1.

Anche Rebaque ha adottato l’alettone col sostegno a tubo per migliorare l’aerodinamica della sua Lotus 78.

Laffite e la Ligier hanno disputato una bella gara a Le Castellet ma gli sono mancati i cavalli necessari a superare la Wolf di Scheckter sul rettilineo del Mistral, anche perché il Cosworth speciale è più potente dell’ormai pensionato V12 Matra.

Novità importante sulla JS9 sono i freni in carbonio. Sono gli stessi che vengono utilizzati per gli aerei a reazione francesi Dassault Mystère. Secondo Laffite questi freni non danno un miglioramento particolare delle prestazioni, però vi è un rilevante guadagno di peso (circa il trenta per cento). Questi freni sono costituiti da dischi in fibra di carbonio, di colore molto scuro e di aspetto opaco, montati su un mozzo centrale in metallo. La loro particolarità è di essere molto fragili agli urti, cosa che ha richiesto molta attenzione da parte dei meccanici nel maneggiarli. Le pastiglie dei freni sono anch’esse in fibra di carbonio ma di impasto differente.

Finalmente Jones e la Williams hanno di nuovo conquistato punti mondiali e guardano con più serenità al prosieguo del campionato.

Brett Lunger comincia a gestire meglio la M26. In Francia è stato fermato dalla rottura del motore quando stava facendo una buona gara.

La Arrows è tornata ridimensionata dal Paul Ricard, probabilmente perché la FA1 non è adatta alle piste veloci. I saliscendi del Kent dovrebbero riportare le monoposto di Milton Keynes nella zona alta della classifica.

Ennesimo rifacimento delle sospensioni sulla Merzario che ora ha il passo allungato di 14 cm e la parte posteriore completamente carenata.

L’ultimo iscritto è Tony Trimmer al volante della M23/14 ex Lunger e gestita dalla Melchester Racing con la quale sta dominando il campionato britannico di F.Aurora grazie a 4 vittorie e un secondo posto.

Le Lotus mettono subito in chiaro i rapporti di forza fin dalla prima ora di prove del venerdì. Ronnie Peterson gira in 1’17”16 (un mese durante le prove Goodyear fa aveva fatto segnare il miglior tempo in 1’18”42) seguito da Andretti in 1’17”83. Il migliore degli altri è Scheckter in 1’18”76 davanti a Hunt, Reutemann, Lauda, Watson, Laffite e Villeneuve.

Merzario non riesce a fare nemmeno un giro; prima perché il motore non si accende (come a Montecarlo) e poi perché un meccanico si accorge di un ulteriore problema ai leveraggi del cambio.

Nella pausa tra le due sessioni si svolge una cerimonia per celebrare il decimo anniversario della vittoria di Jo Siffert ottenuta proprio a Brands Hatch il 20 luglio 1968 con la Lotus 49 della scuderia di Rob Walker. Il delegato CSI britannico Dean Delamont consegna allo stesso Walker un piatto d’argento a ricordare quella che ancora oggi è l’ultima vittoria di un team privato in un GP di F1 valido per il Mondiale.

Walker poi “gira” il piatto d’argento al barone Emmanuel “Toulo” de Graffenried, primo pilota svizzero a vincere il GP di Gran Bretagna nel 1949 al volante di una Maserati.

Tocca a un altro svizzero, il Clay, fare un giro d’onore seduto nella 49B R7 di Siffert, trainato da un furgoncino perché il motore montato è proprio quello che aveva vinto il Gran Premio e che aveva terminato la gara senza pressione dell’olio.

Nel pomeriggio Andretti si migliora subito di un paio di centesimi ma poi rompe la quarta marcia e rientra per riparare il cambio. Quando riparte a pochi minuti dalla fine della sessione per cercare di battere il compagno di squadra, passa sopra a un tombino della corsia box chiuso male e rompe una minigonna. Peterson effettua solo qualche giro con il suo muletto (la vecchia 78/2) mentre i meccanici smontano la sua auto da gara per riparare una perdita di benzina.

La sostanziale assenza delle Lotus non cambia di molto la classifica dei tempi per cui Peterson mantiene la pole provvisoria al termine della prima giornata di prove davanti ad Andretti. Lauda si avvicina col terzo tempo (+0”87) davanti a Scheckter (+1”13), Watson, Jabouille (migliore dei gommati Michelin), Jones e Villeneuve. Reutemann non si migliora ed è solo decimo.

Le prove libere del sabato mattina subiscono un’interruzione con bandiera rossa per recuperare la ATS di Mass che è andato a sbattere alla Druids. Il danno è riparabile.

Anche Villeneuve esce di pista danneggiando la parte destra della sua Ferrari che viene rimessa a posto dai meccanici ma non è più bilanciata come prima.

Anche a Brands Hatch non può mancare il giro di pista di Jackie Stewart con la cinepresa, questa volta montata su un supporto preparato appositamente per adattarsi al roll-bar della Tyrrell 008.

La McLaren ha preparato una macchina sperimentale per Hunt. Si tratta della monoposto incidentata in prova in Spagna, ora rinominata M26E (Effort), che è stata riprogettata e costruita a Colnbrook dal 27enne capo meccanico Gary Anderson con il consenso di Teddy Mayer.

La vettura ha fiancate laterali lunghe e larghe dotate di minigonne scorrevoli. I radiatori dell’acqua posteriori sono stati spostati ai lati dell’abitacolo, all’interno delle fiancate, e la sospensione posteriore è tutta nuova con i gruppi molla/ammortizzatore entrobordo e la parte posteriore dell’auto è quasi completamente carenata ma anche qui mancano i profili alari (si dice che sia predisposta per avere il ventilatore posteriore come la Brabham nel caso che la CSI torni sui suoi passi dopo il 1 agosto). La M26E è stata provata a Goodwood il giovedì prima delle prove da Tambay mentre Hunt la porta in pista per l’ultima e decisiva ora di qualifica.

Andretti attacca subito la pole girando in 1’17”06 ma Peterson è in stato di grazia e ribatte con uno spettacolare 1’16”80 che risulta imbattibile. Lo svedese conquista così la sua tredicesima pole position in carriera nonostante montasse gomme dure e serbatoi pieni per metà. I tecnici Goodyear affermano che con in assetto da qualifica Super-Swede sarebbe sceso a 1’16 netto.

Scheckter riconquista il terzo miglior tempo in 1’17”37 superando Lauda di 11 centesimi dando spettacolo in pista.

Alle spalle dei primi quattro, ma più staccati, c’è un terzetto che ha sfruttato al meglio le gomme Goodyear ottenute grazie alle buone prestazioni del venerdì. Riccardo Patrese è quinto in 1’18”28 davanti a Jones e Laffite.

Reutemann scende a 1’18”45 ma non va oltre l’ottavo tempo, davanti a Watson e Depailler.

Villeneuve, con la macchina in disordine dopo l’uscita di pista, non si migliora e finisce addirittura tredicesimo davanti a Hunt che, nonostante l’impegno profuso con la M26E, gira più lento del venerdì e boccia la vettura perché, avendo eliminato per motivi aerodinamici le prese d’aria dei freni posteriori, questi si surriscaldano.

Sorprende il quindicesimo tempo di Daly che può finalmente debuttare in un GP di F1.

Giacomelli è sedicesimo e fa meglio di Tambay, ventesimo con i radiali Goodyear sperimentali. Si qualificano anche Merzario (23°) e Brambilla (25°) mentre restano esclusi Stommelen, Lees, Keegan e Trimmer. Quest’ultimo ha girato con un cofano motore in lamiera molto artigianale.

A seguire si disputa la tredicesima gara del campionato britannico di F3 che vede affiancati in prima fila i tre pretendenti al titolo Nelson Piquet, Chico Serra e Derek Warwick. Alla partenza il britannico parte bene e taglia la strada a Serra che tampona Piquet facendolo intraversare. Warwick e Serra proseguono senza problemi mentre la Ralt gialla, priva di controllo, colpisce una delle altre 27 monoposto sopraggiungenti innescando una carambola che coinvolge 18 vetture. Il giapponese Satoru Nakajima se la vede brutta volando sopra ai colleghi con la sua Nova sponsorizzata dall’Aeroflot (ironia della sorte). Fortunatamente i piloti escono illesi ma 15 di loro (tra cui Bobby Rahal e Stefan Johansson) non potranno ripartire dopo la sospensione della gara con bandiera rossa.

La domenica mattina il cielo è coperto. Ci sono diverse gare di contorno tra le quali una “Celebrity Race” che vede sfidarsi ex piloti, team manager e tecnici al volante di Ford Escort 1.6. Alla fine la spunta Frank Williams su Stirling Moss, Jackie Oliver, Peter Warr, Mo Nunn, Colin Chapman e John Surtees.

Peterson conferma la sua superiorità anche durante il warm-up nel quale precede Andretti di 85 centesimi. Terzo e quarto posto incoraggiante per le Ferrari di Villeneuve e Reutemann le cui Michelin sembrano andare meglio con la temperatura più fresca (sotto ai 20 gradi) e precedono Laffite, Watson e Jabouille che questa volta sceglie di correre con la RS01/03 con la vecchia aerodinamica, dopo la brutta esperienza del Paul Ricard.

Prima della partenza gli 80mila spettatori (110mila nei tre giorni) assistono a un’esibizione dei Folland Gnat della Red Arrows, la squadra acrobatica della Royal Air Force.

Il semaforo diventa verde alle 15. Peterson scatta bene ma ha scelto di partire sul lato esterno così Andretti ha il favore della traiettoria per entrare alla Paddock Hill Bend.

Alan Jones scatta benissimo dalla terza fila, scavalca Lauda e attacca Scheckter mentre Andretti prende il comando della corsa.

Scheckter affianca Peterson nella salita verso la Druids ma lo svedese mantiene l’interno e la seconda posizione.

Al termine del primo giro Andretti conduce davanti a Peterson, Scheckter, Jones, Lauda, Patrese, Reutemann e Depailler.

Il ritmo imposto dalle Lotus è lo stesso visto in prova. Andretti e Peterson guadagnano un secondo al giro sugli inseguitori lasciando presagire una facile doppietta, anche se sembra che Scheckter stia facendo da tappo a Jones e agli altri.

Il pronostico viene però smentito prestissimo, per la precisione al settimo giro quando Peterson rallenta improvvisamente e si ferma all’esterno della Graham Hill Bend a motore spento con la pompa della benzina fuori uso.

Al giro seguente esce di scena anche Hunt che finisce in testacoda all’uscita della stessa curva e si ferma nel rettilineo dietro ai box dopo aver sbattuto contro il guardrail mentre si trovava in nona posizione.

Ricomincia il calvario Michelin con Jabouille e Villeneuve che si fermano a cambiare le gomme rispettivamente all’ottavo e al decimo giro, finendo in fondo alla classifica. Reutemann invece ha montato gomme di diametro maggiore e mescola diversa.

Dopo dieci giri Andretti ha 11 secondi di vantaggio su Scheckter, Jones, Lauda, Patrese, Reutemann e Watson che ha superato Depailler.

La gara di Villeneuve si conclude al 20° giro per la rottura di un semiasse dopo un altro cambio di gomme quando si trova in ventunesima posizione.

Il vantaggio di Andretti non sale più, anzi si riduce come è già successo in Francia ma allora c’era Peterson alle sue spalle. Al 24° giro il mistero si chiarisce quando l’italo-americano rientra ai box per cambiare la gomma posteriore destra che si sta sgonfiando. Il cambio è velocissimo (12 secondi) e Piedone rientra in pista undicesimo.

Dopo un terzo di gara Jody Scheckter si trova al comando tallonato da Jones, Lauda, Patrese, Reutemann, Watson e Depailler, tutti a stretto contatto. Poco più indietro ci sono Fittipaldi e Daly.

Jones spinge molto, sembra più veloce di Scheckter ma al 27° giro l’australiano si ferma nella discesa verso la Hawthorn Bend con un semiasse rotto.

Ancora due giri ed è Andretti a fermarsi nello stesso tratto di pista a causa della rottura del motore quando si trova in nona posizione e si appresta a superare Daly. Questo è il primo doppio ritiro dell’anno per la Lotus.

Scheckter ha problemi al cambio e fatica a tenere dietro il gruppetto di pretendenti alla vittoria a cui si è aggiunto anche Fittipaldi mentre Daly perde una ruota alla Paddock Hill Bend e conclude la sua bella e sfortunata corsa al 31° giro contro le barriere. Era ottavo.

Al passaggio successivo si ritira anche Fittipaldi con la pressione dell’olio a zero.

Scheckter ha perso la quarta marcia e Lauda e Patrese cercano ogni varco per sopravanzarlo.

Al 34° giro Lauda sferra l’attacco decisivo e passa alla Westfield Bend portandosi al comando. Scheckter riesce ancora a contenere Patrese, Reutemann, Watson, Depailler, Pironi e Rosberg con la ATS.

Ancora due giri e il cambio della Wolf cede definitivamente e Scheckter si ferma ai box per ritirarsi.

A metà gara (38° giro) è Depailler a doversi fermare ai box per sostituire una gomma forata. Il francese riparte in settima posizione davanti a Mass, Giacomelli e a Tambay che ha le Goodyear radiali.

Subito dopo anche Patrese è vittima di una foratura alla posteriore sinistra subito dopo aver passato il traguardo. Il padovano deve quindi fare un giro completo per raggiungere i box ma la gomma va in brandelli e rompe la sospensione costringendo il pur bravo pilota al ritiro.

Contemporaneamente si ritira anche Pironi con gli attacchi che sostengono il motore e il cambio della Tyrrell che si rompono quando si trova al quinto posto con le Goodyear a tele incrociate.

Lauda ha 5 secondi di vantaggio su Reutemann e 10 su Watson. Rosberg è incredibilmente quarto, tallonato da Depailler. Più indietro seguono Mass, Stuck e Tambay.

Al 47° giro il motore della Renault di Jabouille esplode in una spettacolare nuvola di fumo bianco. Il francese raggiunge i box dove si sviluppa un principio d’incendio, subito spento dai commissari britannici.

Il Campione del Mondo gestisce il vantaggio concedendo all’ex compagno di squadra ferrarista di avvicinarsi ma senza farsi mettere pressione mentre Depailler scavalca Rosberg.

Jochen Mass si ferma ai box per far controllare la sospensione destra che in realtà è rotta. I meccanici spingono la macchina dentro al garage, Mass sale sul muletto e torna in gara tre giri più tardi in ultima posizione senza che i commissari abbiano nulla da obiettare.

La splendida rincorsa di Rosberg, partito ventiduesimo e risalito fino alla quinta posizione, si conclude a 16 giri dalla bandiera a scacchi per la rottura della sospensione anteriore sinistra.

Pochi istanti più tardi Lauda raggiunge Giacomelli per doppiarlo alla curva Clearways. Il bresciano vede la Brabham negli specchietti e fa segno di passare all’esterno.

Lauda lo affianca ma Giacomelli non rallenta e allarga la traiettoria costringendo l’austriaco ad alzare il piede.

Reutemann ne approfitta e supera Lauda che si scompone mentre accelera per cercare di resistere al ferrarista.

L’argentino sfrutta il momento favorevole spingendo a fondo. Realizza il giro più veloce in 1’18”84 e guadagna terreno districandosi bene nei doppiaggi.

Il vantaggio di Reutemann su Lauda arriva a 4 secondi ma, quando la gara sembra ormai conclusa, il Campione del Mondo ha uno scatto d’orgoglio che gli fa battere il miglior tempo con 1’18”60.

L’austriaco continua a ridurre il distacco fino a un secondo e mezzo ma è ancora troppo per tentare un attacco nel corso dell’ultimo giro, così Carlos Reutemann torna alla vittoria dopo 3 mesi e mezzo di errori, problemi e delusioni. Lauda chiude staccato di poco più di un secondo.

Watson, che ha corso col muletto, completa il podio che vede tre motori italiani a 12 cilindri ai primi tre posti.

Depailler è quarto, ultimo tra i piloti a pieni giri nonostante la sosta ai box, e torna a segnare punti dopo quattro “zero” consecutivi.

Quinto posto e primi punti dell’anno per Stuck, autore di una splendida gara considerando che al primo giro era ultimo in seguito a un testacoda.

L’ultimo punto è per Patrick Tambay che conclude al sesto posto con i radiali Goodyear.

Andretti resta saldamente in testa al Mondiale con 45 punti davanti a Peterson con 36. Lauda e Reutemann sono appaiati al terzo posto con 31 davanti a Depailler con 26.

Il doppio ritiro non cambia più di tanto la classifica della Coppa Costruttori dove la Lotus ha sempre 58 punti, 18 più della Brabham Alfa Romeo. La Ferrari sale a quota 31 superando la Tyrrell.

La vittoria di Brands Hatch è tanto inaspettata quanto balsamica per la Scuderia e per la Michelin, anche se è evidente che la Lotus è distante anni luce. C’è moltissimo da lavorare per ridurre il distacco.

Giovanni Talli

MIT’S CORNER: LE NON PAGELLE DEL 2023

Ed eccoci arrivati a fine anno e con il Buon Natale anche al riepilogo di come si sono comportati i piloti in questa stagione che, per quanto i risultati appaiano di una sconfortante noia nella posizione di vertice, è stata in realtà assai movimentata e interessante sotto molteplici punti di vista.

Nella prima metà di stagione, infatti, si assisteva con estrema curiosità alla sfida lanciata dalla sorprendente Aston Martin che sembrava aver indovinato una via di sviluppo forse capace di mettere in difficoltà RBR. Non ci è riuscita ma le altre scuderie, in primis Mercedes e Ferrari seguite a stretto giro dalla ancora più sorprendente McLaren, hanno via via recuperato affidabilità e prestazione consentendo agli appassionati (quelli veri, ça va sans dire) di godersi una seconda metà di stagione assai scoppiettante… quantomeno dal secondo posto in giù.

La verità è che l’inizio del 2023 è stato ancora condizionato dalla famigerata TD39 del 2022 che ha scombinato tutti i progetti di sviluppo sia dell’anno in corso che di quelli della vettura 2023.  Ciò ha significato che il 2023 è stato una sorta di nuovo primo anno con il nuovo regolamento tecnico delle vetture a effetto suolo un po’ per tutti. Tranne che per RBR, s’intende, il cui genietto aveva capito tutto già l’anno scorso. Sin dall’inizio si è plasticamente visto quanto fosse estremamente difficile capire, almeno per quanto ho potuto dedurre, gli assetti da portare di gara in gara. Sono state innumerevoli, infatti, le modifiche che le scuderie hanno apportato alle loro vetture, moltissime le prove in gara. Si sono visti alettoni posteriori a uno o due o tre appoggi, alettoni anteriori delle forme più disparate, il fondo delle vetture si è “visto” poco ma è quello che più ha creato grattacapi agli ingegneri, e così via. Diverse scuderie hanno persino rivoluzionato il concept in corso d’opera tra le quali spiccano Mercedes, che reintroduce i sidepod sulla W14 partire da Monaco, e McLaren che presenta una vera e propria versione B della MCL60 a partire da Silverstone. Non contenta, la Federazione ha imposto altre TD nel corso della stagione che però hanno avuto effetto, almeno sembra, solo nelle retrovie, azzoppando una Williams che, con Albon, stava inserendosi spesso ai piani alti in qualifica e prometteva di andare in zona podio in men che non si dica: che sia stato l’ennesimo aumma aumma in stile Ferrari/2019?

In tutto questo bailamme di prove tecniche i piloti hanno cercato di dare comunque il meglio di loro stessi cercando quanto più possibile di adattarsi alle condizioni tecniche che di volta in volta si trovavano ad affrontare. Mi voglio sbilanciare: ne ha beneficiato lo spettacolo (quello senza virgolette). Tant’è che, come in molti hanno notato in ciò supportati da tabelle Excel opportunamente calcolate, se non ci fosse stato il noiosamente perfetto Max da record visto quest’anno avremmo probabilmente assistito ad un campionato memorabile.

Prima di passare alle considerazioni più specifiche sui piloti mi voglio sbilanciare ulteriormente nel dire che il più grande fallimento della stagione non è questa o quell’altra scuderia o questo o quell’altro pilota bensì la gara sprint sulla quale stenderei un velo pietosissimo se non mi sentissi moralmente costretto a dare qualche dettaglio in più. La gara corta non consente alcun approccio strategico, togliendo così tensione al suo andamento. Non dà nulla in termini del tanto ricercato “spettacolo” (quello CON le virgolette) perché i valori campo quelli sono e non cambiano di una virgola se si corre per 100km anziché per 300 km. Non dà nulla nemmeno ai piloti i quali non trovano alcuna soddisfazione nello spendersi in un contesto completamente insignificante dal punto di vista agonistico, a maggior ragione in una stagione dal dominio così smaccato come quello che Max ha imposto quest’anno: i punti a disposizione non contavano nulla. Nemmeno gli exploit, come quelli di Oscar Piastri in Belgio e in Qatar, riescono ad essere soddisfacenti: ci sentiremmo di definire memorabili per davvero quelle prestazioni di Oscar? Purtroppo no e il diretto interessato non considererà mai quella in Qatar come la sua prima vittoria in Formula 1. Peggio ancora se ne può pensare se si aggiungono che i rischi corsi in queste garette da quattro soldi possono andare a condizionare la gara di domenica: un incidente di gara può compromettere la vettura e la gara del giorno dopo senza che possa attribuirsi alcuna responsabilità a chicchessia. Alla faccia del budget cap! L’unica nota positiva che alcuni hanno trovato è che nella garetta potevano testarsi alcune condizioni di assetto in vista della gara vera. Ma è troppo poco e troppo ridicolo. Le Shootout, per chiudere, sono una banale replica delle qualifiche vere e, in quanto tali, apprezzabili. Ma anche qui il naso si storce: farle prima? Farle dopo? Non farle proprio? Non si vede l’utilità di fare due volte sessioni di qualifica che non danno praticamente nulla in termini di specifiche per la gara e fanno solo perdere tempo ai tecnici. Purtroppo, il 2024 ne prevede nuovamente sei (almeno ad oggi vedendo il calendario 2024) e l’unica cosa che io possa fare è felicitarmi del fatto che non siano aumentate di numero rispetto al 2023.

Ma veniamo ai piloti cominciando, ovviamente, da colui che ha meritato di più.

MAX VERSTAPPEN

Strabiliante. E potrei chiuderla qui. Non si vedeva una stagione del genere, da parte di un pilota, dallo Schumacher degli anni d’oro in Ferrari. Come Michael allora, anche Max ha elargito memorabili lezioni di guida lungo tutto l’arco della stagione. È stato semplicemente perfetto in ogni occasione: veloce, combattivo, persino saggio nel gestire praticamente tutte le situazioni che si è trovato ad affrontare. Si fa prima a dire quando non è stato perfetto e cioè in occasione del GP di Baku in cui, al netto delle sportellate con Russell, si è dimostrato falloso, se mi passate il termine, e ansioso oltremisura. Non fa testo, in questo senso, Singapore in cui Max ha patito un qualche pasticcio combinato dalla sua scuderia nello scegliere gli assetti. Ma per il resto non riesco a trovare un GP in cui sia stato meglio di altri: la stabilità del livello eccelso della sua guida si è manifestata praticamente sempre anche quando, nell’ultima parte di stagione, gli altri si sono avvicinati notevolmente. I record portati a casa sono anch’essi strabilianti e sono frutto molto più della sua abilità che non della qualità, pur eccellente, della sua vettura. Sono convinto che proprio la straordinarietà della sua stagione sia la misura del fatto che il pilota è ancora determinante nel risultato. Non mi profondo in speculazioni sulla percentuale di incidenza tra pilota e monoposto perché non importa: se anche fosse l’1% sarebbe comunque necessario per fare la differenza. E chiunque appassionato di Formula 1 abbia il minimo sindacale di onestà intellettuale deve ammettere che nel 2023 l’incidenza di Max rispetto alla vettura sul risultato finale è decisamente in doppia cifra. E qui mi sbilancio ancora. La RB19 è stata nettamente superiore al resto del lotto solo a inizio di stagione, diciamo fino a Barcellona, il che non è poco visto che già a quell’altezza Max aveva il doppio dei punti degli altri e praticamente il campionato in tasca. Però poi la situazione tecnica è stata di molto mascherata dalle abilità di Max che, come per l’appunto lo Schumacher dei bei tempi, ha saputo guidare al massimo livello in ogni occasione. Ciò è dimostrato per converso dalle enormi difficoltà di Perez di cui diremo dopo. Fatto sta che record dopo record, gara perfetta dopo gara perfetta, Max si è issato definitivamente nell’olimpo della Formula 1 e della sua storia. Chapeau!

SERGIO PEREZ

Si può definire deludente la stagione di un pilota giunto secondo in classifica mondiale? No, si dovrebbe dire. Eppure, per Perez la tentazione di farlo è forse ben fondata. La realtà è che il secondo posto finale è in buona parte determinato dai suoi risultati ottenuti quando la RB19 era di molto superiore alla concorrenza, cioè più o meno fino a Barcellona: in sette gare ha fatto la metà di tutti i punti ottenuti in stagione. E pure in quella condizione estremamente favorevole, in cui porta a casa due vittorie, il nostro ha pure sbagliato Australia (ed è pure graziato dal pasticcio seguito all’incidente delle due Alpine) e Montecarlo: in entrambi i casi è la pioggia a condizionarlo, segno che mal la digerisce. Baku è il suo top in stagione perché è l’unica gara del 2023 in cui ha corso alla pari, se non meglio, di Max. Dopo quella prima fase, in cui si è lasciato anche andare con i media sproloquiando di essere in lotta per il mondiale, la sua stagione è stato uno stillicidio di delusioni caratterizzate soprattutto da un livello prestazionale incomparabilmente inferiore a quello del suo Team Mate culminate con la figuraccia nella sua terra natale. Pensate solo al banale e matematico distacco medio da Max in qualifica che è stato superiore ai 5 decimi: un’eternità nella Formula 1 di oggi. In qualifica ha mancato per 8 volte la Q3 e almeno tre volte persino la Q2! In gara è sempre stato in lotta con gli “altri” e non ha praticamente mai dimostrato, se non in sporadici stint, di saper reggere anche solo lontanamente il ritmo del campione con cui condivide il box. Il suo secondo posto finale è stato frutto più della bagarre dietro di lui che non di qualche suo merito intrinseco. Infatti, prima Alonso è stato azzoppato dal passo del gambero di AM nello sviluppo, poi Hamilton Leclerc e Sainz hanno viaggiato a corrente alternata condizionati anche dal miracoloso recupero di McLaren che, non ci fosse stato, avrebbe consentito ad (almeno) uno di costoro di conquistare molti più punti e conseguentemente di issarsi al posto di Checo in classifica finale. A fronte di ciò, la domanda sorge spontanea: ma quanto, davvero, la RB19 è stata superiore alla concorrenza? Completiamo il ragionamento sul punto iniziato quando ho celebrato Max. Senza addentrarmi in disquisizioni tecniche che non mi competono (ma di cui il web offre alcune pregevoli indicazioni), la RB19 ha ereditato la stabilità aerodinamica della RB18 post TD039 la qual cosa nessuno, a parte parzialmente AM, ha saputo fare il che si è tradotto in una capacità di gestire le gomme che non ha avuto pari. La seconda qualità della RB19 è stata la facilità di approdare ad un assetto ottimale su ogni circuito il che è segno tanto di qualità progettuale quanto (e gli esperti succitati dicono: soprattutto!) di corrispondenza tra i dati delle simulazioni con quelli della pista. Ciò è dimostrato per converso dall’unica volta in cui RBR non ha capito nulla dell’assetto e cioè dal GP di Singapore che è andato come sappiamo. Tutte le altre scuderie, con la parziale eccezione di AM, hanno infatti lottato per quasi tutto l’anno con la difficoltà di settare la monoposto ed è qui che il grande vantaggio di RBR si è davvero concretizzato in pista. Le altre scuderie, infatti, a cominciare proprio da Ferrari e Mercedes che, nelle intenzioni, volevano competere per il titolo, si son trovate a litigare con la classica coperta corta: nella prima metà di stagione se cercavano la prestazione mangiavano le gomme, se cercavano armonia con le gomme non avevano prestazione. Ciò spiega perché dietro a RBR i protagonisti cambiavano di GP in GP (e quindi le mie parole più sopra sul secondo posto finale di Checo). Tuttavia, va considerato che in qualifica le altre scudferie hanno trovato presto la “quadra” per ottenere la prestazione ottimale e contestare seriamente il primato di RBR. Sicché, in termini di performance pura la sensazione è che la RB19 non avesse poi questo grande vantaggio e che fosse necessario un impegno straordinario da parte del pilota per girare nella famigerata “finestra”. Ebbene, e proprio questo impegno straordinario che ha consentito da un lato a Max di ottenere i record strepitosi che ha ottenuto e dall’altro di vedere un Checo spesso così lontano. Il confronto, quindi, non è tanto sulla vettura e le sue caratteristiche ma proprio sui piloti. E su questa base, è stato decisamente impietoso per il Checo. Non per nulla spesso non è stato capace di superare il Q1. Non per nulla, dopo le prime gare, faticava a raggiungere il podio. Non per nulla le voci sul suo rimpiazzo hanno cominciato a rincorrersi già da metà stagione in avanti. E considerato quanto Marko abbia il “grilletto facile” in queste occasioni per Checo è stato un miracolo conservare il sedile. Alla fine ha avuto il merito di non mollare mai del tutto e dopo il pasticcio di Città del Messico non era per nulla facile. Buon per lui ma temo che il 2024, se Max dovesse trovare (come speriamo) un competitor degno di questo nome, sarà una stagione in cui non correrà tutte le gare. MiT dixit!

LEWIS HAMILTON

Redivivo! Dopo il deludente 2022, che mi aveva persino fatto supporre l’annuncio del ritiro nel 2023, abbiamo ritrovato (parte del) campione che è stato. Diciamoci la verità: nel 2022, sh*it-car o meno, da Giorgino le aveva prese! Avevo scritto, alla fine di quell’anno, che nella sua autobiografia scriverà che nel 2022 non si è impegnato però è anche vero che quando ha provato a farlo, nelle ultime gare della stagione, non è andata benissimo e l’unica vittoria Mercedes l’ha portata a casa Giorgino. Sicché, ripeto, ci si aspettava che il trend calante continuasse anche nel 2023 e che, se confermato, avrebbe poi portato al ritiro. E invece no! Il buon Lewis si è ricordato è uno dei più grandi piloti della storia della Formula 1 e ha deciso di metterci il giusto impegno. Certo, non è più quello che è stato fino al 2019 (e men che meno quello che si è visto nel quinquennio 2007-2012) ma se scendi da quelle altezze ce ne vuole prima che le tue capacità in pista non siano tali da poter lottare per le posizioni che contano. Ha litigato con la vettura un po’ per tutta la stagione ma ha avuto lo straordinario merito di non mollare mai e di raccogliere quasi tutto il raccoglibile nelle sue condizioni. Sarà stato lo stimolo a distanza di vedere Fernando, di ben 4 anni più vecchio di lui, fare quel che ha fatto? Non so ma devo dire che è stato un piacere rivederlo a certi livelli. Ha fatto sei podi (di cui due “inspiegabili” come a Melbourne e a Barcellona), a punti in tutte le gare tranne due (ritiro i Qatar e la squalifica di Austin in cui era comunque arrivato secondo), una pole position mostruosa in Ungheria. Tutto questo dando lezioni a Giorgino su come si gestiscono le gare cosa, peraltro, in cui Hamilton è diventato abile solo dopo i versacci che gli faceva Lauda una volta arrivato in Mercedes nel 2013 e in cui non ha mai brillato se non per la luce riflessa di Bono (no, non il cantante degli U2). Alla fine è arrivato il terzo posto nel mondiale (e ad un certo punto sembrava impensierire Checo) ampiamente meritato, il ritiro decisamente scongiurato e ancora una volta nella sua carriera ha cambiato modo di correre. Benvenuto nella sua terza vita! Bravissimo!

FERNANDO ALONSO

Che dire? Fernando è sempre lui, anche a 42 anni suonati! Sorpreso dalla totalmente inattesa competitività di Aston Martin non si fa pregare e comincia la stagione con una sequela di podi totalmente inimmaginabile alla vigilia. Fernando è sempre lui: una lucidità pazzesca in ogni situazione. Fernando è sempre lui: mai una pole position ma sempre in Q3 per tutta la stagione (tranne in Messico). Fernando è sempre lui: distrugge il suo team mate e lo brandisce finemente per i glutei quando nei team radio gli dà consigli su cosa fare in gara. Fernando è sempre lui: quando lo sviluppo della vettura va al passo del gambero lui non molla e racimola e racimola e racimola e alla fine fa quarto nel mondiale (e bastava un nonnulla per finire ottavo). Fernando è sempre lui nel bene ma anche nel male: legge perfettamente la gara, sì, ma in alcuni casi ciò lo porta a plafonare la sua performance ritenendo impossibile poter arrivare a chi ha davanti a lui (nei primi tre GP, a Miami, a Montecarlo, forse pure in Canada poteva provare anche qualcosa in più – non è detto che ci sarebbe riuscito ma la mia opinabilissima sensazione è che non ci abbia provato fino in fondo). Fernando è sempre lui: ha regalato la perla più brillante della stagione (o comunque a parimerito con il finale di Singapore di Sainz)  uscendo vittorioso dal duello lungo venti giri con Checo in Brasile. Che gli si può dire? Disumano!

CHARLES LECLERC

Gioie e dolori, dolori e gioie, CLC è e rimane un nostro beniamino indipendentemente dalla casacca che indossa. Forse deluso dal vedere quanto è distante RBR inizia la stagione male, anzi malissimo. A parte Baku, si vede a occhio che cerca sempre di strafare e ne paga pesantemente le conseguenze in termini di classifica mondiale. Il ben più costante Sainz scava un solco che ad un certo punto della stagione sembrava incolmabile. La sua guida è sempre la più spettacolare tra quelle dei piloti del circus, forse la più “leggibile” se mi passate il termine, perché è quella che più tende al limite della vettura mettendone in impietosa evidenza i difetti. E il difetto maggiore della SF23 è stato un anteriore ballerino per almeno due terzi di stagione. Nelle riprese dall’alto si è visto un numero impressionante di volte il nostro forzare la tenuta in curva e dover correggere l’anteriore che partiva per la tangente. Cosa che accadeva molto di meno con Sainz ma semplicemente perché Carlos non forzava altrettanto. Ma per un vecchio appassionato come il sottoscritto vedere questi momenti è sempre gioia per gli occhi. Fino a Spa è in balia degli assetti ballerini della vettura e anche le estemporanee performance (di Baku si è già detto, aggiungiamo l’Austria) non danno la sensazione che possa fare molto di più nel prosieguo della stagione. Tuttavia, proprio in mezzo alle Ardenne, la sensazione è che sia cambiato qualcosa. Forse gli ingegneri hanno trovato il grimaldello per entrare negli oscuri meandri degli assetti Ferrari, forse i vari esperimenti fatti nel corso della stagione stavano chiarendo le idee un po’ a tutti o, forse, ha capito che doveva darsi una mossa: la pole position ottenuta nel circuito forse più bello del mondiale gli ha dato fiducia. Che ha messo in campo subito a Zandvoort: non ingannino i pasticci fatti in qualifica e in gara perché sapeva benissimo che a sbagliare era stato lui e non la vettura. Da lì in avanti è stato un crescendo veramente notevole in performance, in strategia, in gestione gomme: la Ferrari è decisamente migliorata e CLC è migliorato insieme ad essa. Non si è scomposto quando Carlos ha vinto a Singapore e ha continuato. Peccato solo per il pasticcio in Brasile, ma anche questo frutto della sua voglia di far bene, non certo della performance in quanto tale. Insomma, il Leclerc che ammiriamo e vogliamo vedere è sempre lì e lo step in avanti che aveva mostrato nell’ultima parte del 2022 alla fine è stato più che confermato. Sarebbe bello vederlo lottare davvero ad armi pari con Max: non è detto che contro questo Max ne possa uscire vincitore ma sarebbe una vera goduria per gli occhi. Nonostante tutto, quindi, la stagione è stata positiva per Charles: in qualifica 8 prime file di cui 5 Pole position, 6 podi di cui 3 nelle ultime quattro gare e davanti a Sainz in classifica mondiale, sia pur al fotofinish. Bene!

LANDO NORRIS

Parte malissimo la MCL60 e con lei anche il buon Lando che sforna prestazioni personali, considerato il livello della vettura, da far strabuzzare gli occhi. I punti racimolati in quel periodo hanno del miracoloso. Quando poi in modo del tutto sorprendente il brutto anatroccolo si trasforma in cigno, a Silverstone, a Lando non pare vero e trova due secondi posti a fila che hanno dell’incredibile. Poi qualcosa si rompe. qualche occasione per far meglio buttata, Oscar Piastri che sboccia e si prende la scena, e soprattutto arriva quella sensazione che il pilota sarà anche velocissimo ma quando arriva il momento in cui si fa per davvero non c’è. La stagione di Norris è tutta in questa ultima considerazione e non è proprio bellissima. Il discorso è sempre il solito: finché si è lì dietro e nessuno ha pretese è (quasi) facile prendersi delle pacche sulle spalle per un nono posto con una macchina da diciottesimo ma quando hai la macchina per vincere e non vinci, mostrando di fatto che hai quasi paura di farlo allora le cose cambiano. E davanti a questa considerazione la stagione che i numeri dicono assolutamente strepitosa portata a termine da Lando lascia un po’ di amaro in bocca. Se McLaren manterrà anche nel 2024 il livello di (insperata!) competitività raggiunto nel 2023 allora Lando dovrà far vedere che è davvero uno di quelli lì, che è ciò che tutti hanno sempre pensato di lui finché il mezzo era da metà classifica (quando andava bene!). Entra nel suo sesto anno di Formula 1 e nonostante la sua ancora giovane età la sensazione è che si sia arrivati al redde rationem: sei un potenziale CdM oppure no? Al 2024 l’ardua sentenza!

CARLOS SAINZ

Il buon Carlos ha fatto un campionato in modo completamente speculare a quello del suo compagno di squadra. Non si è fatto prendere dalla frustrazione del vedere la SF23 così poco competitiva e si è messo di buzzo buono, sin dal suo esordio in Bahrein, a cercare di portare a casa quanto più possibile al contempo rischiando il meno possibile. Non forza mai, è solido, in qualifica è spesso dietro a CLC ma mai troppo lontano (il divario medio in stagione è sotto il decimo). Se facessimo un grafico dell’andamento dei due piloti in stagione vedremmo la curva di CLC impazzire tra alti e bassi mentre quella di Carlos tendere al piatto (il che è positivo, s’intende). Tuttavia, il trend si inverte quando la vettura finalmente, dopo tanti esperimenti, migliora decisamente sia come comportamento che come gestione gomme. Da Spa in poi è Carlos ad avere alti e bassi e invece CLC ad essere molto più costante. Ma questi alti e bassi gli costano, alla fine, almeno tre posizioni in campionato, tra le quali quella che deve cedere al suo team mate. La straordinaria perla della vittoria di Singapore, con la genialata tattica eseguita perfettamente di tenere Norris sotto il secondo per dargli DRS e impedire l’attacco delle Mercedes nei giri finali del GP, fa a gara con il capolavoro di Alonso in Brasile sulla performance più bella dell’anno (una classifica che però non tiene conto dell’immensità del lavoro di Verstappen) ma episodi sfortunati (Las Vegas) e colpevoli disastri (Abu Dhabi in ultimo) confermano quel segno che si porta dietro ormai da anni: ottimo pilota, capace anche di grandi exploit, ma senza quel quid, che altri hanno a cominciare dal suo compagno di squadra, che te lo fa immaginare CdM. Sarò felice di essere smentito perché la persona, per quel poco che se ne può dedurre nell’esposizione mediatica, sembra essere una di quelle che mi piace stimare, ma sta entrando nel decimo mondiale della sua carriera e il tunnel comincia a restringersi. Solido!

GEORGE RUSSELL

Eccoci alla prima vera delusione in fatto di piloti (o la seconda se consideriamo delusione la stagione di Checo) di questa stagione 2023. Lo sguardo retrospettivo non porta regali di Natale a Giorgino. Dopo la eccellente stagione 2022 ci si aspettava molto di più. Soprattutto ci si aspettava la conferma della solidità mostrata in quella stagione così sofferta per Mercedes culminata nella splendida vittoria in Brasile. E invece? Invece Giorgino, per la prima volta in carriera chiamato a rispettare i pronostici, finisce per deludere e non poco. Non è tanto la sconfitta contro Lewis (che pure ha la sua importanza) a pesare su questo giudizio quanto il modo in cui è giunta. La velocità c’è, eccome, ma gli exploit Mercedes di questa stagione sono tutti dalla parte di Lewis. George è stato più costante in qualifica ma la Pole l’ha fatta Lewis. In gara gli exploit li ha fatti quasi sempre Hamilton 6 ottimi podi contro i due di Russell e Hamilton ha corso gli ultimi due GP col gomito fuori dal finestrino conscio che in classifica non rischiava più nulla contro il suo giovane team mate. Certo, la velocità non l’ha persa e momenti ottimi li ha comunque fatti vedere ma nello sguardo d’insieme la sensazione è che si sia un po’ perso e che non abbia saputo reggere la pressione. Quel che si diceva poc’anzi di Norris per Russell sembra si stia vedendo molto di più. Non gettiamo però la spugna e anche per lui il 2024 sarà un anno importantissimo: fare un’altra stagione così non farebbe bene alla sua carriera ma è ancora giovane e (forse?) con margine di miglioramento. Vedremo!

OSCAR PIASTRI

Rookie of the year con largo distacco, il buon Oscar si è presentato benissimo al suo primo anno di Formula 1. Quel che più ha stupito non è tanto la velocità che per quanto ottima non è (ancora?) a livello di quella del suo team mate quanto, piuttosto, la solidità del suo approccio alla gara. Dopo un periodo di adattamento, infatti, si è fatto trovare pronto quando la MCL60 ha fatto il salto di qualità. Non Norris, non Hamilton, non Leclerc ma lui è stato l’unico in grado di battere Verstappen (oltre al Checo di inizio stagione) in questo 2023, sia pur nella garetta del Qatar in cui aveva fatto sua anche la Shootout. Come ho scritto nell’introduzione non mi piacciono e disapprovo totalmente queste garette insignificanti e non le ho inserite nelle valutazioni dei piloti per questo riepilogo ma faccio volentieri un’eccezione per il buon Oscar che, da rookie, ha sfruttato perfettamente il momento. Certamente il metro di giudizio non può essere lo stesso applicato a Norris, che alla fine ha fatto comunque il doppio dei punti di Piastri, sicché non può apparire strano che ne tessa le lodi nonostante in numeri sembrino dire il contrario. Ora, però, arriva il difficile. Confermare le aspettative è ben altra cosa rispetto al sorprendere quando non se ne hanno e il 2024, sempre mezzo permettendo, sarà un bel banco di prova per capire il suo futuro. Bravissimo!

LANCE STROLL

Ecco un’altra grossa delusione di questo 2023. Lance Stroll, con la sorpresa della competitività Aston Martin di inizio stagione, doveva assolutamente fare di più, molto di più. Il 42enne Fernando Alonso lo ha letteralmente polverizzato in quanto a risultati. E anche a prescindere da ciò il buon Lance non poteva lasciarsi sfuggire questa occasione per far vedere quanto, tutto sommato, di buono aveva lasciato intendere nelle sue precedenti stagioni in Formula 1. Lance, infatti, tra i tanti piloti “paganti” visti nel circus, è piuttosto anomalo. È veloce, ha già tirato fuori qualche ottimo exploit, sul bagnato si difende bene quindi ti aspetti che l’anno in cui sale su una vettura competitiva possa far bene conquistando podi a ripetizione come Alonso o comunque lottando per farlo. Invece nulla di tutto ciò. Non solo non ha mai ottenuto un podio (quando Fernando ne ha conquistati ben 8) ma non è mai stato in lizza per conquistarne uno. Anche in qualifica è stato lontanissimo dalle prestazioni di Fernando centrando la Q3 soltanto in 7 occasioni su 22 contro le 20 su 22 di Fernando e standogli davanti solo in Brasile. Certamente c’è l’attenuante del misterioso infortunio ai polsi patito subito prima dell’inizio di stagione, talmente grave che sembrava avrebbe dovuto saltare i primi GP. Delle conseguenze di questo infortunio si è poco parlato ma la pessima stagione avuta da Lance sembrerebbe dimostrare che queste si sono protratte molto a lungo. Ho ancora negli occhi certi suoi camera car in cui in rettilineo stacca le mani dal volante per sciogliere un po’ proprio i polsi (quello sinistro in particolare). A fine stagione si è visto un po’ di più, con due ottimi quinti posti in Brasile e a Las Vegas segno che forse le considerazioni sul suo infortunio non sono campate per aria. Diverso è il caso delle strane voci che per un po’ hanno circolato sul paddock e che sembrano persino comiche (ad un certo punto si vociferava di un suo ritiro per dedicarsi… al tennis!) che invece mostrerebbero un pilota annoiato e con ben pochi stimoli. Difficile trarre qualche conclusione ma se l’anno prossimo si presenterà al via dovrà fare molto di più.

PIERRE GASLY

Lo sguardo riepilogativo di questo articolo ci fa alzare i pollici in su per il buon Pierre. L’anno scorso commentavo il suo arrivo in Alpine come foriero di cornate con Ocon e fui facile profeta: lo scontro in Australia è da annali! Ad ogni modo, il buon Pierre ha trascorso un breve periodo di adattamento prima di prendere le misure alla vettura e far vedere che è ancora degno di stare nel circus. Dopo “averle prese” da Ocon per tutta la prima metà di stagione riesce infatti a rovesciare il trend e a ribaltare completamente il suo campionato. Il culmine è lo straordinario podio di Zandvoort ma è tutta la seconda parte di stagione a deporre in suo favore: riesce a centrare una serie di piazzamenti che lo portano a superare in classifica Ocon e a chiudergli davanti (con batticuore! Visti i team radio al veleno di cui si è reso protagonista nelle ultime gare). Forse rammentate che la stagione 2022 non fu eccelsa per Pierre, anzi… e che quindi quella 2023 era un po’ la sua ultima spiaggia. Ebbene: obbiettivo centrato perfettamente! Bravo!

ESTEBAN OCON

Delusione? Non saprei. Il pilota continua a essermi indecifrabile. Confesso per trasparenza che non l’ho mai granché apprezzato e lui non fa nulla per farmi cambiare idea. Avrebbe potuto quest’anno se avesse sonoramente battuto il suo neo-compagno di squadra e invece non l’ha fatto. Ancora una volta nella sua carriera non si lascia sfuggire l’occasione per mettermi dubbi sfoggiando una prestazione superba in due GP: a Monaco dove in un GP difficilissimo sotto la pioggia centra addirittura il podio e a Las Vegas dove in un circuito totalmente indigesto alla sua vettura si piazza nientemeno che quarto! Allo stesso tempo continua a commettere stupidaggini colossali che lo fanno sembrare un rookie alle prime armi quando invece è già al suo settimo anno nel circus. Mah!

ALEXANDER ALBON

Stagione eccellente per Albon. Con la vettura che si ritrova ha condotto una stagione coi fiocchi e non solo perché ha polverizzato il suo spaesato compagno di squadra ma perché ha anche portato a casa risultati insperati. Straordinario in qualifica e estremamente combattivo in gara è uno di quei piloti che più ci ha fatto divertire quando veniva inquadrato. Sta facendo di tutto per tornare nelle grazie dei team che contano e ci sta riuscendo tant’è che ad un certo punto è stato persino accostato a Ferrari. Ad un certo punto della stagione Williams era anche sensibilmente migliorata, e con essa i risultati di Alex che si piazzava in Q3 e nei primi 10 con sorprendente costanza, ma guarda caso è tornato nel suo alveo quando una TD uscita intorno al GP di Singapore, ha avuto effetto solo sulla Williams. Sarà un caso? Ad ogni modo il buon Alex ha di che essere contento. Bene così!

YUKI TSUNODA

Alla fine direi bene. Il piccolo Yuki è stato combattivo sin dal suo primo GP in Formula 1 un paio di anni fa e quello spirito non si è perso. Quel che ha guadagnato è stato in velocità e costanza. Va detto che Alpha Tauri è stata quest’anno la vettura peggiore del lotto almeno fino ad Austin ma Yuki non si è mai perso d’animo e ha sempre combattuto alla grande. Dalla sua c’è l’aver annientato DeVries nonostante tutti gli addetti ai lavori si aspettassero l’esatto contrario, l’aver colto alcune insperate Q3 e l’aver assecondato il crescendo tecnico della vettura di fine stagione con l’apparizione nei punti quando serviva. Tranne una volta, in Messico, quando preso dai fumi del troppo sakè bevuto (passatemi la pessima battuta da stereotipo di bassa lega) si è lasciato andare ad un erroraccio che, a posteriori, è costato il posto in classifica costruttori. Ciononostante, mi sento di promuoverlo. Se è vero che l’anno prossimo la scuderia avrà a disposizione la RBR di quest’anno (o giù di lì) ne vedremo delle belle.

VALTTERI BOTTAS

S.V. si scriveva una volta: senza voto. Solo che in questo caso non è sospensione del giudizio ma la certificazione dell’anonimato più totale. Si è ricordato di essere un pilota veloce solo un paio di volte, una buona gara (Qatar) e null’altro. Bocciato su tutta la linea.

NICO HULKENBERG

Promosso! C’erano tante incognite sul suo rientro in Formula 1. L’ultima sua stagione è stata addirittura il 2019 e nel frattempo c’è stato il cambio di regolamento tecnico: le premesse per un flop dovuto alla ruggine accumulata c’erano tutte. Invece il buon Hulk ha fatto vedere a tutti che tale lontananza non era certo dovuta a qualche sua presunta mancanza di velocità. Pronti-via e piazza la pessima Haas di quest’anno in Q3! Si ripete per ben 8 volte con il culmine del 5° posto in griglia nel GP del Canada. La vettura però è quel che è e in gara, a parte lo strepitoso settimo posto in Australia (frutto però del confuso finale in cui molti avversari si sono auto-eliminati), non coglie più nessun punto. A dir il vero, la promozione con cui ho esordito va un po’ ridimensionata dal fatto che in gara Hulk è andato via via in calando. E in generale non è mai riuscito ad andare vicino alle prestazioni che la qualifica lasciava presagire. Probabilmente ciò è dovuto alla pessima vettura che guidava ma in questo confronto tra poveri il pur meno veloce Magnussen è parso leggermente più in palla. Però lo voglio rivedere il prossimo anno. Bravo comunque!

DANIEL RICCIARDO

Che rientro! O che rientro? Chiamato un po’ a sorpresa da Alpha Tauri a sostituire il deludente DeVries il sorrisone rientra prima del previsto in Formula 1. Di certo la vettura non era di quelle che avrebbero potuto dire qualcosa di buono e poi a Zandvoort si infortuna dando spazio a Lawson per cinque GP. Al rientro però si fa vedere per uno strepitoso GP del Messico in cui non solo si qualifica in quarta posizione (!!!!) ma porta la vettura al miglior risultato Alpha Tauri della stagione. Numeri alla mano è un rientro da urlo mentre prestazioni alla mano cosa si può dire? Già, perché a parte il Messico non mi è parso che abbia avuto performance migliori di quelle di Tsunoda, anzi… Ciononostante le attenuanti sono tante e tali che è inutile esprimersi di più sulla sua porzione di stagione e l’unica cosa che possiamo dire, e financo sperare, è che il prossimo anno possa tornare a far vedere di che pasta è fatto. E poi, con Checo così traballante…

ZHOU GUANYU

Ecco un’altra delusione. L’anno scorso aveva chiuso in un bel crescendo ribaltando il gap prestazionale con Bottas. Quest’anno, quindi, me lo aspettavo continuare il trend e invece? E invece ha fatto il passo del gambero. Solo 5 volte in qualifica davanti allo spento Bottas di questo periodo e solo 6 punti conquistati in 22 gare contro i 10 punti conquistati da Bottas. Spicca l’exploit in qualifica in Ungheria (quinto in griglia) ma per il resto notte fonda. Anche per lui ho notato un peggioramento in gara via via che procedeva la stagione. Per quanto perdente, nella prima parte di stagione, si dava da fare per cercare il risultato mentre nella seconda parte i distacchi dagli altri tendevano ad aumentare. Si sarà perso nel naufragio Alfa Romeo. Vedremo se l’anno prossimo, col grosso cambio in vista, tornerà a far vedere le buone cose che aveva mostrato nel suo anno di esordio.

KEVIN MAGNUSSEN

Bocciato? Spiace ammetterlo perché in fondo è uno dei miei beniamini ma quest’anno il buon Kevin mi ha deluso. Non solo non sono arrivati i risultati, il che può sempre essere imputato alle deficienze della sua vettura ma è anche stato surclassato dal team mate in quanto a velocità il che, considerato che Hulk era da quattro anni che non guidava una formula 1 (be’, in effetti non è vero perché un paio di GP da sostituto li aveva corsi ma poco conta), non depone molto a favore del nostro e tutto ciò nonostante sia stato lui ad ottenere il miglior posto in griglia nella stagione (4° posto a Miami) che però fu frutto di circostanze anomale (bandiera rossa che ha congelato le posizioni) nelle quali, come sappiamo, il buon Kevin si destreggia sempre bene. C’è da dire che in gara è sempre stato combattivo e, forse, anche un poco più costante di Hulk il che non rende del tutto negativa la sua stagione. Si spera sempre in tempi migliori ma la possibilità di esser chiamato a fare il secondo pilota in un team più competitivo (che è il suo obiettivo più realistico) si assottiglia sempre più.

LIAM LAWSON

Non ci fosse stato Piastri, anche con solo 5 GP corsi il premio rookie of the year sarebbe andato a Lawson. Non lo conoscevo se non di nome per i suoi trascorsi nelle serie minori e non sapevo quali fossero le sue caratteristiche. Bene, ci ha pensato subito lui a far vedere che è qualcuno di cui tener conto: chiamato a freddo per l’infortunio di Ricciardo sale su Alpha Tauri e due GP gli bastano per portare subito la macchina in Q3 e a punti. Cosa vuoi di più? Bravissimo. Speriamo in una seconda chiamata per vederlo meglio in azione.

LOGAN SARGEANT

Pessimo, pessimo pessimo. L’attenuante della stagione d’esordio è durata poco soprattutto, ahilui, per colpa della contemporanea ottima stagione di Albon: mentre quest’ultimo faceva dei gran Q3 in qualifica e portava a casa punti su punti sportellando con tutti il povero Logan arrivava sempre ultimo, quando arrivava. Ultimo in qualifica e ultimo in gara troppe volte sfociano in una bocciatura senza appello. Stupisce che Williams abbia deciso di tenerlo per il 2024 e non credo che il miracoloso (perché giunto a seguito delle squalifiche di Hamilton e Leclerc) punto colto ad Austin abbia influito. Forse è più la “spinta” che ha alle spalle che ha indotto il team di Brixworth ad andare avanti con lui. Staremo a vedere.

NICK DEVRIES

Pessimo, pessimo, pessimo anche il povero Nick. La delusione è ancora più grande se si pensa allo strepitoso GP che aveva condotto a Monza nel 2022 al posto del malato Albon: ottavo in griglia e nono al traguardo con una vettura pietosa. Ci si aspettava dunque tantissimo da lui e non solo per via di quel risultato ma per un pedigree niente male nelle formule minori (campione F2 nel 2019 e addirittura campione mondiale Formula E nel 2021 che per poco che possa essere considerata l’ha comunque vinta lui). Tanto maggiore è l’aspettativa tanto maggiore è la delusione se le cose non vanno come si pensava. E così è andata per il buon Nick che deve scontare lo choc di non riuscire minimamente a reggere il passo di Tsunoda. Non sono tanto i risultati, comunque pessimi, a determinare la sua defenestrazione a metà stagione quanto proprio le performance così lontane da Tsunoda da non lasciar adito ad alcun dubbio. L’occasione l’ha avuta e l’ha buttata via. Oppure, forse, quel GP di Monza è stato un caso mentre un caso non era il fatto che nessuno gli avesse mai proposto un contratto in Formula 1.

Sic Transit Gloria Mundi.

 

Metrodoro il Teorematico

IL PUNTO DELLA REDAZIONE – ATTO IV

Sono le 08:45 ed i meccanici si presentano a lavoro in anticipo (appuntamento ore 09:00) sia per non rischiare di fare tardi e sia perché c’è l’entusiasmo del primo giorno, visto che da quel momento avrebbero collaborato con un nuovo pilota che era già due volte campione del mondo. I meccanici, appena arrivati, rimangono quanto meno sorpresi  nel vedere il nuovo pilota Ferrari, da poco preso dalla premiata ditta Montezemolo – Todt, già seduto sulle scale ad aspettarli da mezz’ora che gli indica col dito indice, in modo stizzito, l’orologio. In quel preciso istante, tutti capirono che a Maranello il vento era cambiato e che tutta la metodologia di lavoro al quale tutti erano abituati sarebbe stata cestinata in un amen, perché da quel momento si faceva sul serio… con lui si sarebbe fatto sul serio!

In questa ultima settimana dell’anno, dove le illazioni a riguardo delle nuove monoposto, soprattutto a riguardo della Ferrari, aumentano in modo direttamente proporzionale alla quantità di alcool che è stato consumato prima durante e dopo il Santo Natale, l’unica cosa di cui vale veramente la pena parlare è il protagonista dell’aneddoto con il quale ho aperto questo articolo: Michael Schumacher. Purtroppo, in questa Santa Settimana ricorre un triste anniversario che è quello dei dieci anni che sono trascorsi da quel maledetto 29 dicembre 2013, quando Michael, a causa di una caduta dagli sci, batte violentamene la testa, spezzando la sua vita così come l’ha sempre conosciuta… per sempre! Il campione tedesco si era da poco ritirato definitivamente dalla F1 ed iniziava a godersi la sua pensione in maniera tranquilla, senza affanni, senza il pensiero onnipresente che a gennaio avrebbe dovuto riprendere allenamenti e tutto quello che comporta l’impegno nell’affrontare una nuova stagione. Sono trascorsi già dieci anni eppure tutti noi lo ricordiamo come se fosse ieri. All’epoca, sebbene internet non era quello dei primi anni duemila, i social iniziavano ad entrare prepotenti nella vita di ognuno di noi, anche se non erano così scontati come ora, così come gli stessi smartphone nascevano solamente in quel periodo: tenendo presente tutto ciò, lascio immaginare a chi legge, soprattutto a chi all’epoca era un infante, non tanto la confusione delle notizie, quanto l’attesa di una notizia vera che ci dicesse in maniera chiara cosa realmente fosse accaduto e, soprattutto, come stesse. Già, perché è questa la vera domanda da un milione di dollari come si suol dire: “Come sta Michael Schumacher?”. Tutti lo vogliono sapere, soprattutto chi dell’informazione di un certo (basso) livello (click bait e spazzatura del genere) ne ha fatto un mestiere, ed ecco che in questi dieci anni abbiamo dovuto conoscere le peggiori debolezze dell’essere umano, visto che sono stati usati droni per fotografare il campione dall’alto, mentre evidentemente veniva portato fuori per prendere una boccata d’aria, oppure venivano trafugate cartelle cliniche per essere vendute al miglior offerente: una vergogna appunto. Se c’è una cosa che ha contraddistinto la vita di Michael è stata quella di preservare la sua privacy, facendo di questo credo una vera e propria religione, tanto che i suoi adepti (in questo caso la sua famiglia con a capo la sua Corinne e la sua sempre fedele addetta stampa Sabine Kehm) non hanno fatto altro che attuare questo credo. Nessuno sa niente, nessuno lo può vedere, tranne pochissimi intimi come l’amico Jean Todt e Luca Badoer (che da Michael ha ricevuto il dono di essere padrino di battesimo dei figli). Ciò che mi chiedo è: davvero è importante sapere come stia Michael? Il campione è vivo, respira autonomamente e poi cosa c’è da sapere di più in un essere umano che ha subito danni permanenti al cervello? Cosa ci cambia a tutti noi vederlo steso in un letto di ospedale, nella sua casa in Svizzera, con lo sguardo perso nel vuoto, con la morfologia del viso cambiata e chissà con cos’altro? Davvero è importante vedere questo Michael? Se c’è una cosa che un incidente, o comunque una malattia che ti condanna a letto per sempre con qualcuno che ti deve accudire ventiquattro ore al giorno, è che quel malanno ti toglie la dignità, perché ti mortifica nel fisico prima e nell’animo dopo e la sofferenza (specie se non si è in grado di intendere e volere) è solo di coloro i quali gli devono stare vicino, sapendo di essere impotenti nel non poter fare più di quanto è stato fatto sino a quel momento.

Allora ben venga la blindatura che la moglie Corinne ha operato attorno al marito, ben venga il silenzio imposto a tutti, a partire dai figli fino ai quei pochi intimi che possono ancora vederlo, perché a noi appassionati di vedere Michael così com’è ora non solo non ci cambia l’esistenza, non ce ne deve nemmeno fregare nulla perché non sono affari che ci riguardano. Ciò che veramente ci deve premere è ricordare le sue gesta, affinché la memoria non venga mai perduta, è parlarne continuamente e prenderlo come metro di paragone, standard per tutti coloro che vogliono divenire campioni del mondo. In questi dieci anni ne sono accadute di cose durante la sua assenza. In questo periodo abbiamo avuto tre campioni del mondo diversi: Hamilton (che di Schumacher ha eguagliato il numero di titoli), il suo compagno di squadra (quando il campione tedesco era in Mercedes), cioè Rosberg, ed infine Verstappen. Chi si avvicina di più a Michael se dovessimo fare un paragone? Paragone impietoso per i due alfieri della Mercedes: Hamilton, di Schumacher, ha solo il numero di titoli e la storia finisce qui, perché sebbene abbiano entrambi sette titoli, il modo come questi sono stati conquistati, rispettivamente dai due campioni, non può essere assolutamente paragonabile; fosse solo che il numero di GP che si corrono oggi rispetto ai primi anni duemila è aumentato in modo sconsiderato. Nico, che di Schumacher è stato compagno di box avrà sicuramente imparato più che possibile e sicuramente contro Hamilton avrà applicato la lezione della determinazione… sono sicuro che se Schumacher non avesse subito quel terribile incidente, impedendogli di poter stare in un paddock di F1, lo avrebbe festeggiato con piacere genuino. Dei tre campioni citati, quello che più è confrontabile a Michael è proprio Verstappen: ho sempre detto che Max è stato educato alla vecchia scuola e nessuno più di lui, attualmente in griglia, può conoscere meglio la determinazione di Michael, visto che suo padre Jos ne è stato il compagno di box ai tempi della Benetton. Schumacher, da campione quale era, sapeva imporsi in pista come fuori: quando venne a sapere che Todt poteva essere allontanato dalla Rossa, lui lasciò in mutande tutti con quel “Se va via lui, vado via anche io” e allo stesso modo, il campione olandese si è imposto nel non mandare via sua “eminenza grigia” Helmut Marko. La determinazione e la cattiveria dell’olandese ricordano molto quella del tedesco, che di certo in pista non era un santo ed Hill e Villeneuve figlio, ne sanno qualcosa. Resta il rammarico, in questi dieci lunghi anni, che lo Schumacher padre non sia potuto stare vicino al figlio, che con tanto coraggio (si dia a Cesare ciò che è di Cesare), ha deciso di affrontare l’avventura F1, portandosi il peso di un cognome che scotta e pesa. Purtroppo Mick non sia avvicina nemmeno dall’essere un buon pilota di F1, eppure chissà se sarebbe stato così con il padre accanto. Dieci anni… chissà cosa avrebbe pensato, nel vedere cosa la sua Ferrari oggi sia divenuta, la stessa Ferrari che vive di luce propria nonostante le cocenti sconfitte, grazie e soprattutto alle sue gesta.

Caro Michael, manchi maledettamente a tutti noi!

PS

Cari amici, termina un anno lungo e sofferente, sportivamente parlando, anno che ho cercato di raccontare sulle pagine del “Bastian contrario” e di questa nuova rubrica, grazie al prezioso supporto del BLOG DEL RING, nelle persone del direttore Andras e di Salvatore, due amici innanzitutto oltre che un riferimento. Grazie a tutti voi che avete la pazienza di leggere il mio pensiero e di metterlo in discussione continuamente e pacatamente, perché solo così si cresce… con il confronto.

Auguri di buon anno a tutti.

Vito Quaranta

IL PUNTO DELLA REDAZIONE – ATTO III

Questa settimana appena terminata, purtroppo, è stata funestata dalla scomparsa di Alberto Antonini, giornalista conosciuto e amato (e, anche se non amato, sicuramente rispettato a prescindere) nell’ambiente della F1, fosse solo che il paddock lo ha calcato anche (e con grande orgoglio) come capo ufficio stampa della Ferrari, nel periodo appartenuto a Maurizio Arrivabene, come Team Principal della Rossa. Periodo non facile nel gestire la comunicazione della Beneamata, visto che in quel periodo chi comandava, in pista e fuori, era la Mercedes del duo Wolff/Hamilton, mentre la Beneamata arrancava con Vettel e Raikkonen, salvo nella parentesi del 2018. Le condoglianze mie e del Blog del Ring alla famiglia del compianto giornalista sono doverose. Come ho già avuto modo di dire pubblicamente a mezzo social, nell’ultimo periodo (post Ferrari), mal digerivo il buon Antonini per come criticava Binotto e la sua Ferrari, e questo ci sta quando si parla di sport, eppure il rispetto è doveroso ed è a prescindere! Purtroppo la nostra Ferrari, a tal proposito, ha fatto parlare negativamente e, sinceramente, non capisco per quale motivo abbia prestato il fianco alla ridda di (giuste) critiche che gli sono piovute addosso. Non capisco francamente l’atteggiamento di totale assenza nell’unirsi al cordoglio che ha coinvolto, innanzitutto, la famiglia del giornalista e poi tutti gli appassionati che seguono questo sport e che, inevitabilmente, lo conoscevano, seppur indirettamente. Sono del parere che nel momento in cui una Scuderia di F1 sbarca sui social sia per comunicare nel modo più facile e veloce con le masse e quindi con i tifosi e, dato che si trova in questo ameno luogo, è anche per raccogliere consensi… inutile girarci attorno. Il fatto è che nel momento che ti trovi su una piattaforma di dominio pubblico non puoi solo prenderti il dolce (like e cuoricini vari), bensì devi anche sciropparti l’amaro (critiche) e, di conseguenza, in un modo o nell’altro devi dare conto a coloro i quali si affannano a mettere cuoricini a iosa. Ed è per questo che non capisco affatto il mutismo della Beneamata a riguardo: sono sicuro che la Scuderia Ferrari in privato abbia fatto tutto il necessario per farsi sentire (ed il minuto di silenzio fatto al consueto pranzo di fine anno con i giornalisti “altamente selezionati” ne è la prova) nei dovuti modi, eppure un messaggio, un semplice cinguettio, non solo non sarebbe costato nulla  anzi non sarebbe stato affatto di cattivo gusto e, soprattutto, avrebbe accontentato tutti quelli che, poi, inevitabilmente, hanno reagito criticandola aspramente. Ferrari non manca mai di far parlare di sé ed anche questa volta (in negativo) non ha disatteso le aspettative.

Purtroppo questo atteggiamento va ad inasprire ancora di più l’amara stagione appena conclusa e con questo non sto dicendo che con un messaggio di cordoglio l’avrebbe addolcita, semplicemente ci si aspetta un comportamento quanto meno più “espansivo” da parte della Scuderia più iconica di sempre. Un vero peccato, un’occasione persa da parte della Rossa la quale, per bocca del suo Team Principal Vasseur, ha preferito concentrarsi (proprio al menzionato pranzo) sull’immediato futuro. Le speculazioni sulla nuova monoposto, che vedrà la luce il 13 Febbraio, sono tante ed inevitabili, così come le aspettative (un ciclo vizioso che si ripete da tempo immemore ormai). A tal proposito mi ha particolarmente colpito l’atteggiamento di Vasseur che è stato quello del profilo basso, cercando proprio di spegnere sul nascere ogni possibile speranza, o per meglio dire, di potenziale illusione facendo capire che il lavoro da fare è tanto e, nel contempo, lascia la fiammella della speranza accesa… come si suol dire. Ed è proprio questo che mi ha incuriosito: con una mano ti lancia l’osso e con l’altra se lo riprende: “Non voglio fare promesse di Natale”, dice ai giornalisti seduti al tavolo ed immediatamente dopo afferma “preferirei in un regalo di Pasqua”. Vorrei dire a Mounsieur Frederic che Pasqua quest’anno è proprio a Marzo (domenica 31 per la precisione), cioè quando inizierà il mondiale, allora se ci parla di regalo di Pasqua un appassionato qualunque il pensiero ce lo mette. Mi chiedo se ci fa o ci è! Così come preferisce evitare di parlare di rivoluzione, a riguardo della nuova monoposto, salvo poi dire che sarà rifatta al 95%… a mio avviso nella comunicazione della Ferrari del nuovo corso c’è quanto meno un po’ di confusione. Sono consapevole che si sia imparato dagli errori comunicativi dell’anno scorso (“Raggiungeremo velocità mai viste prima” disse un sicuro Benedetto Vigna in conferenza stampa) e da qui il basso profilo, solo che non si può pretendere di volare basso, se poi ci si contraddice immediatamente dopo, facendo capire l’esatto contrario. Mi rendo conto che solo un folle, specie dopo quest’anno, direbbe apertamente di lottare per il mondiale nel 2024, vero è che l’obiettivo per la Beneamata non può che essere quello e quando si parla di “regalo di Pasqua” e di “evitare di parlare di rivoluzione”  (anche se di fatto, la nuova monoposto è stata rivoluzionata…95% significa vettura rifatta daccapo!), mi viene quanto meno mal di testa. Con la stabilità regolamentare che troveremo l’anno che verrà (ed anche nel 2025), per Red Bull sarà difficile (a Dio piacendo!) replicare la strage che ha fatto in questo anno che si sta concludendo, di fatto quindi per chi insegue dovrebbe essere più facile colmare il gap prestazionale. Dalle parole di Vasseur cosa dovremmo capire? A mio giudizio l’unica certezza è che Red Bull partirà da favorita e che nessuno sa dove siano gli altri e, purtroppo, da come il buon Vasseur parla, nemmeno la Rossa sa a che punto si trovi realmente e, che sperano che con questa sorta di “all in” nel modificare radicalmente il vecchio progetto, siano anche loro della partita… e naturalmente lo speriamo anche noi.

A proposito di comunicazioni equivoche, il Team Principal non si risparmia nemmeno sul rinnovo di LeClerc e Sainz, i quali per bocca del Presidente è sicuro che rimarranno in Rosso. Fatto sta che dopo i proclami di rinnovo, immediatamente dopo la fine del mondiale, gli stessi ancora non ci sono (a differenza di Mercedes per esempio, che con Lewis ha chiuso i giochi in estate). Sia chiaro che il sottoscritto non ha dubbi che a breve annunceranno la lieta novella, solo che questo stride con quanto detto dallo stesso Boss Ferrari a riguardo di Verstappen e cioè che “Se chiedi a dieci Team Principal diversi, tutti lo vorrebbero”… e ci mancherebbe aggiungo io, solo che davvero era il caso di aggiungere anche quel laconico “Mai dire mai”, a riguardo della potenziale venuta del campione olandese, fosse solo che non solo i contratti del rinnovo non sono ancora in essere e che Charles e Carlos stanno dando l’anima per riportare sul gradino più alto la Rossa. Avrebbe potuto rispondere in mille modi diversi, glissando elegantemente sull’argomento, invece (con una mano te lo dà e con l’altra se lo riprende, appunto) lascia la porta aperta a Max e, a mio modo di vedere, manca di rispetto proprio al monegasco, il quale ne è il diretto avversario e che appunto sta per firmare, a quanto capito, un lungo e corposo contratto con la Rossa.

Questo è il primo vero anno della Ferrari di Vasseur e, almeno dal punto di vista comunicativo, partiamo quanto meno claudicanti. Speriamo che per Pasqua abbia imparato a camminare bene, perché  come regalo (visto che ci tiene tanto a farcelo) sarà già tanto

 

Vito Quaranta