MIT’S CORNER: LE NON PAGELLE DEL 2023

Ed eccoci arrivati a fine anno e con il Buon Natale anche al riepilogo di come si sono comportati i piloti in questa stagione che, per quanto i risultati appaiano di una sconfortante noia nella posizione di vertice, è stata in realtà assai movimentata e interessante sotto molteplici punti di vista.

Nella prima metà di stagione, infatti, si assisteva con estrema curiosità alla sfida lanciata dalla sorprendente Aston Martin che sembrava aver indovinato una via di sviluppo forse capace di mettere in difficoltà RBR. Non ci è riuscita ma le altre scuderie, in primis Mercedes e Ferrari seguite a stretto giro dalla ancora più sorprendente McLaren, hanno via via recuperato affidabilità e prestazione consentendo agli appassionati (quelli veri, ça va sans dire) di godersi una seconda metà di stagione assai scoppiettante… quantomeno dal secondo posto in giù.

La verità è che l’inizio del 2023 è stato ancora condizionato dalla famigerata TD39 del 2022 che ha scombinato tutti i progetti di sviluppo sia dell’anno in corso che di quelli della vettura 2023.  Ciò ha significato che il 2023 è stato una sorta di nuovo primo anno con il nuovo regolamento tecnico delle vetture a effetto suolo un po’ per tutti. Tranne che per RBR, s’intende, il cui genietto aveva capito tutto già l’anno scorso. Sin dall’inizio si è plasticamente visto quanto fosse estremamente difficile capire, almeno per quanto ho potuto dedurre, gli assetti da portare di gara in gara. Sono state innumerevoli, infatti, le modifiche che le scuderie hanno apportato alle loro vetture, moltissime le prove in gara. Si sono visti alettoni posteriori a uno o due o tre appoggi, alettoni anteriori delle forme più disparate, il fondo delle vetture si è “visto” poco ma è quello che più ha creato grattacapi agli ingegneri, e così via. Diverse scuderie hanno persino rivoluzionato il concept in corso d’opera tra le quali spiccano Mercedes, che reintroduce i sidepod sulla W14 partire da Monaco, e McLaren che presenta una vera e propria versione B della MCL60 a partire da Silverstone. Non contenta, la Federazione ha imposto altre TD nel corso della stagione che però hanno avuto effetto, almeno sembra, solo nelle retrovie, azzoppando una Williams che, con Albon, stava inserendosi spesso ai piani alti in qualifica e prometteva di andare in zona podio in men che non si dica: che sia stato l’ennesimo aumma aumma in stile Ferrari/2019?

In tutto questo bailamme di prove tecniche i piloti hanno cercato di dare comunque il meglio di loro stessi cercando quanto più possibile di adattarsi alle condizioni tecniche che di volta in volta si trovavano ad affrontare. Mi voglio sbilanciare: ne ha beneficiato lo spettacolo (quello senza virgolette). Tant’è che, come in molti hanno notato in ciò supportati da tabelle Excel opportunamente calcolate, se non ci fosse stato il noiosamente perfetto Max da record visto quest’anno avremmo probabilmente assistito ad un campionato memorabile.

Prima di passare alle considerazioni più specifiche sui piloti mi voglio sbilanciare ulteriormente nel dire che il più grande fallimento della stagione non è questa o quell’altra scuderia o questo o quell’altro pilota bensì la gara sprint sulla quale stenderei un velo pietosissimo se non mi sentissi moralmente costretto a dare qualche dettaglio in più. La gara corta non consente alcun approccio strategico, togliendo così tensione al suo andamento. Non dà nulla in termini del tanto ricercato “spettacolo” (quello CON le virgolette) perché i valori campo quelli sono e non cambiano di una virgola se si corre per 100km anziché per 300 km. Non dà nulla nemmeno ai piloti i quali non trovano alcuna soddisfazione nello spendersi in un contesto completamente insignificante dal punto di vista agonistico, a maggior ragione in una stagione dal dominio così smaccato come quello che Max ha imposto quest’anno: i punti a disposizione non contavano nulla. Nemmeno gli exploit, come quelli di Oscar Piastri in Belgio e in Qatar, riescono ad essere soddisfacenti: ci sentiremmo di definire memorabili per davvero quelle prestazioni di Oscar? Purtroppo no e il diretto interessato non considererà mai quella in Qatar come la sua prima vittoria in Formula 1. Peggio ancora se ne può pensare se si aggiungono che i rischi corsi in queste garette da quattro soldi possono andare a condizionare la gara di domenica: un incidente di gara può compromettere la vettura e la gara del giorno dopo senza che possa attribuirsi alcuna responsabilità a chicchessia. Alla faccia del budget cap! L’unica nota positiva che alcuni hanno trovato è che nella garetta potevano testarsi alcune condizioni di assetto in vista della gara vera. Ma è troppo poco e troppo ridicolo. Le Shootout, per chiudere, sono una banale replica delle qualifiche vere e, in quanto tali, apprezzabili. Ma anche qui il naso si storce: farle prima? Farle dopo? Non farle proprio? Non si vede l’utilità di fare due volte sessioni di qualifica che non danno praticamente nulla in termini di specifiche per la gara e fanno solo perdere tempo ai tecnici. Purtroppo, il 2024 ne prevede nuovamente sei (almeno ad oggi vedendo il calendario 2024) e l’unica cosa che io possa fare è felicitarmi del fatto che non siano aumentate di numero rispetto al 2023.

Ma veniamo ai piloti cominciando, ovviamente, da colui che ha meritato di più.

MAX VERSTAPPEN

Strabiliante. E potrei chiuderla qui. Non si vedeva una stagione del genere, da parte di un pilota, dallo Schumacher degli anni d’oro in Ferrari. Come Michael allora, anche Max ha elargito memorabili lezioni di guida lungo tutto l’arco della stagione. È stato semplicemente perfetto in ogni occasione: veloce, combattivo, persino saggio nel gestire praticamente tutte le situazioni che si è trovato ad affrontare. Si fa prima a dire quando non è stato perfetto e cioè in occasione del GP di Baku in cui, al netto delle sportellate con Russell, si è dimostrato falloso, se mi passate il termine, e ansioso oltremisura. Non fa testo, in questo senso, Singapore in cui Max ha patito un qualche pasticcio combinato dalla sua scuderia nello scegliere gli assetti. Ma per il resto non riesco a trovare un GP in cui sia stato meglio di altri: la stabilità del livello eccelso della sua guida si è manifestata praticamente sempre anche quando, nell’ultima parte di stagione, gli altri si sono avvicinati notevolmente. I record portati a casa sono anch’essi strabilianti e sono frutto molto più della sua abilità che non della qualità, pur eccellente, della sua vettura. Sono convinto che proprio la straordinarietà della sua stagione sia la misura del fatto che il pilota è ancora determinante nel risultato. Non mi profondo in speculazioni sulla percentuale di incidenza tra pilota e monoposto perché non importa: se anche fosse l’1% sarebbe comunque necessario per fare la differenza. E chiunque appassionato di Formula 1 abbia il minimo sindacale di onestà intellettuale deve ammettere che nel 2023 l’incidenza di Max rispetto alla vettura sul risultato finale è decisamente in doppia cifra. E qui mi sbilancio ancora. La RB19 è stata nettamente superiore al resto del lotto solo a inizio di stagione, diciamo fino a Barcellona, il che non è poco visto che già a quell’altezza Max aveva il doppio dei punti degli altri e praticamente il campionato in tasca. Però poi la situazione tecnica è stata di molto mascherata dalle abilità di Max che, come per l’appunto lo Schumacher dei bei tempi, ha saputo guidare al massimo livello in ogni occasione. Ciò è dimostrato per converso dalle enormi difficoltà di Perez di cui diremo dopo. Fatto sta che record dopo record, gara perfetta dopo gara perfetta, Max si è issato definitivamente nell’olimpo della Formula 1 e della sua storia. Chapeau!

SERGIO PEREZ

Si può definire deludente la stagione di un pilota giunto secondo in classifica mondiale? No, si dovrebbe dire. Eppure, per Perez la tentazione di farlo è forse ben fondata. La realtà è che il secondo posto finale è in buona parte determinato dai suoi risultati ottenuti quando la RB19 era di molto superiore alla concorrenza, cioè più o meno fino a Barcellona: in sette gare ha fatto la metà di tutti i punti ottenuti in stagione. E pure in quella condizione estremamente favorevole, in cui porta a casa due vittorie, il nostro ha pure sbagliato Australia (ed è pure graziato dal pasticcio seguito all’incidente delle due Alpine) e Montecarlo: in entrambi i casi è la pioggia a condizionarlo, segno che mal la digerisce. Baku è il suo top in stagione perché è l’unica gara del 2023 in cui ha corso alla pari, se non meglio, di Max. Dopo quella prima fase, in cui si è lasciato anche andare con i media sproloquiando di essere in lotta per il mondiale, la sua stagione è stato uno stillicidio di delusioni caratterizzate soprattutto da un livello prestazionale incomparabilmente inferiore a quello del suo Team Mate culminate con la figuraccia nella sua terra natale. Pensate solo al banale e matematico distacco medio da Max in qualifica che è stato superiore ai 5 decimi: un’eternità nella Formula 1 di oggi. In qualifica ha mancato per 8 volte la Q3 e almeno tre volte persino la Q2! In gara è sempre stato in lotta con gli “altri” e non ha praticamente mai dimostrato, se non in sporadici stint, di saper reggere anche solo lontanamente il ritmo del campione con cui condivide il box. Il suo secondo posto finale è stato frutto più della bagarre dietro di lui che non di qualche suo merito intrinseco. Infatti, prima Alonso è stato azzoppato dal passo del gambero di AM nello sviluppo, poi Hamilton Leclerc e Sainz hanno viaggiato a corrente alternata condizionati anche dal miracoloso recupero di McLaren che, non ci fosse stato, avrebbe consentito ad (almeno) uno di costoro di conquistare molti più punti e conseguentemente di issarsi al posto di Checo in classifica finale. A fronte di ciò, la domanda sorge spontanea: ma quanto, davvero, la RB19 è stata superiore alla concorrenza? Completiamo il ragionamento sul punto iniziato quando ho celebrato Max. Senza addentrarmi in disquisizioni tecniche che non mi competono (ma di cui il web offre alcune pregevoli indicazioni), la RB19 ha ereditato la stabilità aerodinamica della RB18 post TD039 la qual cosa nessuno, a parte parzialmente AM, ha saputo fare il che si è tradotto in una capacità di gestire le gomme che non ha avuto pari. La seconda qualità della RB19 è stata la facilità di approdare ad un assetto ottimale su ogni circuito il che è segno tanto di qualità progettuale quanto (e gli esperti succitati dicono: soprattutto!) di corrispondenza tra i dati delle simulazioni con quelli della pista. Ciò è dimostrato per converso dall’unica volta in cui RBR non ha capito nulla dell’assetto e cioè dal GP di Singapore che è andato come sappiamo. Tutte le altre scuderie, con la parziale eccezione di AM, hanno infatti lottato per quasi tutto l’anno con la difficoltà di settare la monoposto ed è qui che il grande vantaggio di RBR si è davvero concretizzato in pista. Le altre scuderie, infatti, a cominciare proprio da Ferrari e Mercedes che, nelle intenzioni, volevano competere per il titolo, si son trovate a litigare con la classica coperta corta: nella prima metà di stagione se cercavano la prestazione mangiavano le gomme, se cercavano armonia con le gomme non avevano prestazione. Ciò spiega perché dietro a RBR i protagonisti cambiavano di GP in GP (e quindi le mie parole più sopra sul secondo posto finale di Checo). Tuttavia, va considerato che in qualifica le altre scudferie hanno trovato presto la “quadra” per ottenere la prestazione ottimale e contestare seriamente il primato di RBR. Sicché, in termini di performance pura la sensazione è che la RB19 non avesse poi questo grande vantaggio e che fosse necessario un impegno straordinario da parte del pilota per girare nella famigerata “finestra”. Ebbene, e proprio questo impegno straordinario che ha consentito da un lato a Max di ottenere i record strepitosi che ha ottenuto e dall’altro di vedere un Checo spesso così lontano. Il confronto, quindi, non è tanto sulla vettura e le sue caratteristiche ma proprio sui piloti. E su questa base, è stato decisamente impietoso per il Checo. Non per nulla spesso non è stato capace di superare il Q1. Non per nulla, dopo le prime gare, faticava a raggiungere il podio. Non per nulla le voci sul suo rimpiazzo hanno cominciato a rincorrersi già da metà stagione in avanti. E considerato quanto Marko abbia il “grilletto facile” in queste occasioni per Checo è stato un miracolo conservare il sedile. Alla fine ha avuto il merito di non mollare mai del tutto e dopo il pasticcio di Città del Messico non era per nulla facile. Buon per lui ma temo che il 2024, se Max dovesse trovare (come speriamo) un competitor degno di questo nome, sarà una stagione in cui non correrà tutte le gare. MiT dixit!

LEWIS HAMILTON

Redivivo! Dopo il deludente 2022, che mi aveva persino fatto supporre l’annuncio del ritiro nel 2023, abbiamo ritrovato (parte del) campione che è stato. Diciamoci la verità: nel 2022, sh*it-car o meno, da Giorgino le aveva prese! Avevo scritto, alla fine di quell’anno, che nella sua autobiografia scriverà che nel 2022 non si è impegnato però è anche vero che quando ha provato a farlo, nelle ultime gare della stagione, non è andata benissimo e l’unica vittoria Mercedes l’ha portata a casa Giorgino. Sicché, ripeto, ci si aspettava che il trend calante continuasse anche nel 2023 e che, se confermato, avrebbe poi portato al ritiro. E invece no! Il buon Lewis si è ricordato è uno dei più grandi piloti della storia della Formula 1 e ha deciso di metterci il giusto impegno. Certo, non è più quello che è stato fino al 2019 (e men che meno quello che si è visto nel quinquennio 2007-2012) ma se scendi da quelle altezze ce ne vuole prima che le tue capacità in pista non siano tali da poter lottare per le posizioni che contano. Ha litigato con la vettura un po’ per tutta la stagione ma ha avuto lo straordinario merito di non mollare mai e di raccogliere quasi tutto il raccoglibile nelle sue condizioni. Sarà stato lo stimolo a distanza di vedere Fernando, di ben 4 anni più vecchio di lui, fare quel che ha fatto? Non so ma devo dire che è stato un piacere rivederlo a certi livelli. Ha fatto sei podi (di cui due “inspiegabili” come a Melbourne e a Barcellona), a punti in tutte le gare tranne due (ritiro i Qatar e la squalifica di Austin in cui era comunque arrivato secondo), una pole position mostruosa in Ungheria. Tutto questo dando lezioni a Giorgino su come si gestiscono le gare cosa, peraltro, in cui Hamilton è diventato abile solo dopo i versacci che gli faceva Lauda una volta arrivato in Mercedes nel 2013 e in cui non ha mai brillato se non per la luce riflessa di Bono (no, non il cantante degli U2). Alla fine è arrivato il terzo posto nel mondiale (e ad un certo punto sembrava impensierire Checo) ampiamente meritato, il ritiro decisamente scongiurato e ancora una volta nella sua carriera ha cambiato modo di correre. Benvenuto nella sua terza vita! Bravissimo!

FERNANDO ALONSO

Che dire? Fernando è sempre lui, anche a 42 anni suonati! Sorpreso dalla totalmente inattesa competitività di Aston Martin non si fa pregare e comincia la stagione con una sequela di podi totalmente inimmaginabile alla vigilia. Fernando è sempre lui: una lucidità pazzesca in ogni situazione. Fernando è sempre lui: mai una pole position ma sempre in Q3 per tutta la stagione (tranne in Messico). Fernando è sempre lui: distrugge il suo team mate e lo brandisce finemente per i glutei quando nei team radio gli dà consigli su cosa fare in gara. Fernando è sempre lui: quando lo sviluppo della vettura va al passo del gambero lui non molla e racimola e racimola e racimola e alla fine fa quarto nel mondiale (e bastava un nonnulla per finire ottavo). Fernando è sempre lui nel bene ma anche nel male: legge perfettamente la gara, sì, ma in alcuni casi ciò lo porta a plafonare la sua performance ritenendo impossibile poter arrivare a chi ha davanti a lui (nei primi tre GP, a Miami, a Montecarlo, forse pure in Canada poteva provare anche qualcosa in più – non è detto che ci sarebbe riuscito ma la mia opinabilissima sensazione è che non ci abbia provato fino in fondo). Fernando è sempre lui: ha regalato la perla più brillante della stagione (o comunque a parimerito con il finale di Singapore di Sainz)  uscendo vittorioso dal duello lungo venti giri con Checo in Brasile. Che gli si può dire? Disumano!

CHARLES LECLERC

Gioie e dolori, dolori e gioie, CLC è e rimane un nostro beniamino indipendentemente dalla casacca che indossa. Forse deluso dal vedere quanto è distante RBR inizia la stagione male, anzi malissimo. A parte Baku, si vede a occhio che cerca sempre di strafare e ne paga pesantemente le conseguenze in termini di classifica mondiale. Il ben più costante Sainz scava un solco che ad un certo punto della stagione sembrava incolmabile. La sua guida è sempre la più spettacolare tra quelle dei piloti del circus, forse la più “leggibile” se mi passate il termine, perché è quella che più tende al limite della vettura mettendone in impietosa evidenza i difetti. E il difetto maggiore della SF23 è stato un anteriore ballerino per almeno due terzi di stagione. Nelle riprese dall’alto si è visto un numero impressionante di volte il nostro forzare la tenuta in curva e dover correggere l’anteriore che partiva per la tangente. Cosa che accadeva molto di meno con Sainz ma semplicemente perché Carlos non forzava altrettanto. Ma per un vecchio appassionato come il sottoscritto vedere questi momenti è sempre gioia per gli occhi. Fino a Spa è in balia degli assetti ballerini della vettura e anche le estemporanee performance (di Baku si è già detto, aggiungiamo l’Austria) non danno la sensazione che possa fare molto di più nel prosieguo della stagione. Tuttavia, proprio in mezzo alle Ardenne, la sensazione è che sia cambiato qualcosa. Forse gli ingegneri hanno trovato il grimaldello per entrare negli oscuri meandri degli assetti Ferrari, forse i vari esperimenti fatti nel corso della stagione stavano chiarendo le idee un po’ a tutti o, forse, ha capito che doveva darsi una mossa: la pole position ottenuta nel circuito forse più bello del mondiale gli ha dato fiducia. Che ha messo in campo subito a Zandvoort: non ingannino i pasticci fatti in qualifica e in gara perché sapeva benissimo che a sbagliare era stato lui e non la vettura. Da lì in avanti è stato un crescendo veramente notevole in performance, in strategia, in gestione gomme: la Ferrari è decisamente migliorata e CLC è migliorato insieme ad essa. Non si è scomposto quando Carlos ha vinto a Singapore e ha continuato. Peccato solo per il pasticcio in Brasile, ma anche questo frutto della sua voglia di far bene, non certo della performance in quanto tale. Insomma, il Leclerc che ammiriamo e vogliamo vedere è sempre lì e lo step in avanti che aveva mostrato nell’ultima parte del 2022 alla fine è stato più che confermato. Sarebbe bello vederlo lottare davvero ad armi pari con Max: non è detto che contro questo Max ne possa uscire vincitore ma sarebbe una vera goduria per gli occhi. Nonostante tutto, quindi, la stagione è stata positiva per Charles: in qualifica 8 prime file di cui 5 Pole position, 6 podi di cui 3 nelle ultime quattro gare e davanti a Sainz in classifica mondiale, sia pur al fotofinish. Bene!

LANDO NORRIS

Parte malissimo la MCL60 e con lei anche il buon Lando che sforna prestazioni personali, considerato il livello della vettura, da far strabuzzare gli occhi. I punti racimolati in quel periodo hanno del miracoloso. Quando poi in modo del tutto sorprendente il brutto anatroccolo si trasforma in cigno, a Silverstone, a Lando non pare vero e trova due secondi posti a fila che hanno dell’incredibile. Poi qualcosa si rompe. qualche occasione per far meglio buttata, Oscar Piastri che sboccia e si prende la scena, e soprattutto arriva quella sensazione che il pilota sarà anche velocissimo ma quando arriva il momento in cui si fa per davvero non c’è. La stagione di Norris è tutta in questa ultima considerazione e non è proprio bellissima. Il discorso è sempre il solito: finché si è lì dietro e nessuno ha pretese è (quasi) facile prendersi delle pacche sulle spalle per un nono posto con una macchina da diciottesimo ma quando hai la macchina per vincere e non vinci, mostrando di fatto che hai quasi paura di farlo allora le cose cambiano. E davanti a questa considerazione la stagione che i numeri dicono assolutamente strepitosa portata a termine da Lando lascia un po’ di amaro in bocca. Se McLaren manterrà anche nel 2024 il livello di (insperata!) competitività raggiunto nel 2023 allora Lando dovrà far vedere che è davvero uno di quelli lì, che è ciò che tutti hanno sempre pensato di lui finché il mezzo era da metà classifica (quando andava bene!). Entra nel suo sesto anno di Formula 1 e nonostante la sua ancora giovane età la sensazione è che si sia arrivati al redde rationem: sei un potenziale CdM oppure no? Al 2024 l’ardua sentenza!

CARLOS SAINZ

Il buon Carlos ha fatto un campionato in modo completamente speculare a quello del suo compagno di squadra. Non si è fatto prendere dalla frustrazione del vedere la SF23 così poco competitiva e si è messo di buzzo buono, sin dal suo esordio in Bahrein, a cercare di portare a casa quanto più possibile al contempo rischiando il meno possibile. Non forza mai, è solido, in qualifica è spesso dietro a CLC ma mai troppo lontano (il divario medio in stagione è sotto il decimo). Se facessimo un grafico dell’andamento dei due piloti in stagione vedremmo la curva di CLC impazzire tra alti e bassi mentre quella di Carlos tendere al piatto (il che è positivo, s’intende). Tuttavia, il trend si inverte quando la vettura finalmente, dopo tanti esperimenti, migliora decisamente sia come comportamento che come gestione gomme. Da Spa in poi è Carlos ad avere alti e bassi e invece CLC ad essere molto più costante. Ma questi alti e bassi gli costano, alla fine, almeno tre posizioni in campionato, tra le quali quella che deve cedere al suo team mate. La straordinaria perla della vittoria di Singapore, con la genialata tattica eseguita perfettamente di tenere Norris sotto il secondo per dargli DRS e impedire l’attacco delle Mercedes nei giri finali del GP, fa a gara con il capolavoro di Alonso in Brasile sulla performance più bella dell’anno (una classifica che però non tiene conto dell’immensità del lavoro di Verstappen) ma episodi sfortunati (Las Vegas) e colpevoli disastri (Abu Dhabi in ultimo) confermano quel segno che si porta dietro ormai da anni: ottimo pilota, capace anche di grandi exploit, ma senza quel quid, che altri hanno a cominciare dal suo compagno di squadra, che te lo fa immaginare CdM. Sarò felice di essere smentito perché la persona, per quel poco che se ne può dedurre nell’esposizione mediatica, sembra essere una di quelle che mi piace stimare, ma sta entrando nel decimo mondiale della sua carriera e il tunnel comincia a restringersi. Solido!

GEORGE RUSSELL

Eccoci alla prima vera delusione in fatto di piloti (o la seconda se consideriamo delusione la stagione di Checo) di questa stagione 2023. Lo sguardo retrospettivo non porta regali di Natale a Giorgino. Dopo la eccellente stagione 2022 ci si aspettava molto di più. Soprattutto ci si aspettava la conferma della solidità mostrata in quella stagione così sofferta per Mercedes culminata nella splendida vittoria in Brasile. E invece? Invece Giorgino, per la prima volta in carriera chiamato a rispettare i pronostici, finisce per deludere e non poco. Non è tanto la sconfitta contro Lewis (che pure ha la sua importanza) a pesare su questo giudizio quanto il modo in cui è giunta. La velocità c’è, eccome, ma gli exploit Mercedes di questa stagione sono tutti dalla parte di Lewis. George è stato più costante in qualifica ma la Pole l’ha fatta Lewis. In gara gli exploit li ha fatti quasi sempre Hamilton 6 ottimi podi contro i due di Russell e Hamilton ha corso gli ultimi due GP col gomito fuori dal finestrino conscio che in classifica non rischiava più nulla contro il suo giovane team mate. Certo, la velocità non l’ha persa e momenti ottimi li ha comunque fatti vedere ma nello sguardo d’insieme la sensazione è che si sia un po’ perso e che non abbia saputo reggere la pressione. Quel che si diceva poc’anzi di Norris per Russell sembra si stia vedendo molto di più. Non gettiamo però la spugna e anche per lui il 2024 sarà un anno importantissimo: fare un’altra stagione così non farebbe bene alla sua carriera ma è ancora giovane e (forse?) con margine di miglioramento. Vedremo!

OSCAR PIASTRI

Rookie of the year con largo distacco, il buon Oscar si è presentato benissimo al suo primo anno di Formula 1. Quel che più ha stupito non è tanto la velocità che per quanto ottima non è (ancora?) a livello di quella del suo team mate quanto, piuttosto, la solidità del suo approccio alla gara. Dopo un periodo di adattamento, infatti, si è fatto trovare pronto quando la MCL60 ha fatto il salto di qualità. Non Norris, non Hamilton, non Leclerc ma lui è stato l’unico in grado di battere Verstappen (oltre al Checo di inizio stagione) in questo 2023, sia pur nella garetta del Qatar in cui aveva fatto sua anche la Shootout. Come ho scritto nell’introduzione non mi piacciono e disapprovo totalmente queste garette insignificanti e non le ho inserite nelle valutazioni dei piloti per questo riepilogo ma faccio volentieri un’eccezione per il buon Oscar che, da rookie, ha sfruttato perfettamente il momento. Certamente il metro di giudizio non può essere lo stesso applicato a Norris, che alla fine ha fatto comunque il doppio dei punti di Piastri, sicché non può apparire strano che ne tessa le lodi nonostante in numeri sembrino dire il contrario. Ora, però, arriva il difficile. Confermare le aspettative è ben altra cosa rispetto al sorprendere quando non se ne hanno e il 2024, sempre mezzo permettendo, sarà un bel banco di prova per capire il suo futuro. Bravissimo!

LANCE STROLL

Ecco un’altra grossa delusione di questo 2023. Lance Stroll, con la sorpresa della competitività Aston Martin di inizio stagione, doveva assolutamente fare di più, molto di più. Il 42enne Fernando Alonso lo ha letteralmente polverizzato in quanto a risultati. E anche a prescindere da ciò il buon Lance non poteva lasciarsi sfuggire questa occasione per far vedere quanto, tutto sommato, di buono aveva lasciato intendere nelle sue precedenti stagioni in Formula 1. Lance, infatti, tra i tanti piloti “paganti” visti nel circus, è piuttosto anomalo. È veloce, ha già tirato fuori qualche ottimo exploit, sul bagnato si difende bene quindi ti aspetti che l’anno in cui sale su una vettura competitiva possa far bene conquistando podi a ripetizione come Alonso o comunque lottando per farlo. Invece nulla di tutto ciò. Non solo non ha mai ottenuto un podio (quando Fernando ne ha conquistati ben 8) ma non è mai stato in lizza per conquistarne uno. Anche in qualifica è stato lontanissimo dalle prestazioni di Fernando centrando la Q3 soltanto in 7 occasioni su 22 contro le 20 su 22 di Fernando e standogli davanti solo in Brasile. Certamente c’è l’attenuante del misterioso infortunio ai polsi patito subito prima dell’inizio di stagione, talmente grave che sembrava avrebbe dovuto saltare i primi GP. Delle conseguenze di questo infortunio si è poco parlato ma la pessima stagione avuta da Lance sembrerebbe dimostrare che queste si sono protratte molto a lungo. Ho ancora negli occhi certi suoi camera car in cui in rettilineo stacca le mani dal volante per sciogliere un po’ proprio i polsi (quello sinistro in particolare). A fine stagione si è visto un po’ di più, con due ottimi quinti posti in Brasile e a Las Vegas segno che forse le considerazioni sul suo infortunio non sono campate per aria. Diverso è il caso delle strane voci che per un po’ hanno circolato sul paddock e che sembrano persino comiche (ad un certo punto si vociferava di un suo ritiro per dedicarsi… al tennis!) che invece mostrerebbero un pilota annoiato e con ben pochi stimoli. Difficile trarre qualche conclusione ma se l’anno prossimo si presenterà al via dovrà fare molto di più.

PIERRE GASLY

Lo sguardo riepilogativo di questo articolo ci fa alzare i pollici in su per il buon Pierre. L’anno scorso commentavo il suo arrivo in Alpine come foriero di cornate con Ocon e fui facile profeta: lo scontro in Australia è da annali! Ad ogni modo, il buon Pierre ha trascorso un breve periodo di adattamento prima di prendere le misure alla vettura e far vedere che è ancora degno di stare nel circus. Dopo “averle prese” da Ocon per tutta la prima metà di stagione riesce infatti a rovesciare il trend e a ribaltare completamente il suo campionato. Il culmine è lo straordinario podio di Zandvoort ma è tutta la seconda parte di stagione a deporre in suo favore: riesce a centrare una serie di piazzamenti che lo portano a superare in classifica Ocon e a chiudergli davanti (con batticuore! Visti i team radio al veleno di cui si è reso protagonista nelle ultime gare). Forse rammentate che la stagione 2022 non fu eccelsa per Pierre, anzi… e che quindi quella 2023 era un po’ la sua ultima spiaggia. Ebbene: obbiettivo centrato perfettamente! Bravo!

ESTEBAN OCON

Delusione? Non saprei. Il pilota continua a essermi indecifrabile. Confesso per trasparenza che non l’ho mai granché apprezzato e lui non fa nulla per farmi cambiare idea. Avrebbe potuto quest’anno se avesse sonoramente battuto il suo neo-compagno di squadra e invece non l’ha fatto. Ancora una volta nella sua carriera non si lascia sfuggire l’occasione per mettermi dubbi sfoggiando una prestazione superba in due GP: a Monaco dove in un GP difficilissimo sotto la pioggia centra addirittura il podio e a Las Vegas dove in un circuito totalmente indigesto alla sua vettura si piazza nientemeno che quarto! Allo stesso tempo continua a commettere stupidaggini colossali che lo fanno sembrare un rookie alle prime armi quando invece è già al suo settimo anno nel circus. Mah!

ALEXANDER ALBON

Stagione eccellente per Albon. Con la vettura che si ritrova ha condotto una stagione coi fiocchi e non solo perché ha polverizzato il suo spaesato compagno di squadra ma perché ha anche portato a casa risultati insperati. Straordinario in qualifica e estremamente combattivo in gara è uno di quei piloti che più ci ha fatto divertire quando veniva inquadrato. Sta facendo di tutto per tornare nelle grazie dei team che contano e ci sta riuscendo tant’è che ad un certo punto è stato persino accostato a Ferrari. Ad un certo punto della stagione Williams era anche sensibilmente migliorata, e con essa i risultati di Alex che si piazzava in Q3 e nei primi 10 con sorprendente costanza, ma guarda caso è tornato nel suo alveo quando una TD uscita intorno al GP di Singapore, ha avuto effetto solo sulla Williams. Sarà un caso? Ad ogni modo il buon Alex ha di che essere contento. Bene così!

YUKI TSUNODA

Alla fine direi bene. Il piccolo Yuki è stato combattivo sin dal suo primo GP in Formula 1 un paio di anni fa e quello spirito non si è perso. Quel che ha guadagnato è stato in velocità e costanza. Va detto che Alpha Tauri è stata quest’anno la vettura peggiore del lotto almeno fino ad Austin ma Yuki non si è mai perso d’animo e ha sempre combattuto alla grande. Dalla sua c’è l’aver annientato DeVries nonostante tutti gli addetti ai lavori si aspettassero l’esatto contrario, l’aver colto alcune insperate Q3 e l’aver assecondato il crescendo tecnico della vettura di fine stagione con l’apparizione nei punti quando serviva. Tranne una volta, in Messico, quando preso dai fumi del troppo sakè bevuto (passatemi la pessima battuta da stereotipo di bassa lega) si è lasciato andare ad un erroraccio che, a posteriori, è costato il posto in classifica costruttori. Ciononostante, mi sento di promuoverlo. Se è vero che l’anno prossimo la scuderia avrà a disposizione la RBR di quest’anno (o giù di lì) ne vedremo delle belle.

VALTTERI BOTTAS

S.V. si scriveva una volta: senza voto. Solo che in questo caso non è sospensione del giudizio ma la certificazione dell’anonimato più totale. Si è ricordato di essere un pilota veloce solo un paio di volte, una buona gara (Qatar) e null’altro. Bocciato su tutta la linea.

NICO HULKENBERG

Promosso! C’erano tante incognite sul suo rientro in Formula 1. L’ultima sua stagione è stata addirittura il 2019 e nel frattempo c’è stato il cambio di regolamento tecnico: le premesse per un flop dovuto alla ruggine accumulata c’erano tutte. Invece il buon Hulk ha fatto vedere a tutti che tale lontananza non era certo dovuta a qualche sua presunta mancanza di velocità. Pronti-via e piazza la pessima Haas di quest’anno in Q3! Si ripete per ben 8 volte con il culmine del 5° posto in griglia nel GP del Canada. La vettura però è quel che è e in gara, a parte lo strepitoso settimo posto in Australia (frutto però del confuso finale in cui molti avversari si sono auto-eliminati), non coglie più nessun punto. A dir il vero, la promozione con cui ho esordito va un po’ ridimensionata dal fatto che in gara Hulk è andato via via in calando. E in generale non è mai riuscito ad andare vicino alle prestazioni che la qualifica lasciava presagire. Probabilmente ciò è dovuto alla pessima vettura che guidava ma in questo confronto tra poveri il pur meno veloce Magnussen è parso leggermente più in palla. Però lo voglio rivedere il prossimo anno. Bravo comunque!

DANIEL RICCIARDO

Che rientro! O che rientro? Chiamato un po’ a sorpresa da Alpha Tauri a sostituire il deludente DeVries il sorrisone rientra prima del previsto in Formula 1. Di certo la vettura non era di quelle che avrebbero potuto dire qualcosa di buono e poi a Zandvoort si infortuna dando spazio a Lawson per cinque GP. Al rientro però si fa vedere per uno strepitoso GP del Messico in cui non solo si qualifica in quarta posizione (!!!!) ma porta la vettura al miglior risultato Alpha Tauri della stagione. Numeri alla mano è un rientro da urlo mentre prestazioni alla mano cosa si può dire? Già, perché a parte il Messico non mi è parso che abbia avuto performance migliori di quelle di Tsunoda, anzi… Ciononostante le attenuanti sono tante e tali che è inutile esprimersi di più sulla sua porzione di stagione e l’unica cosa che possiamo dire, e financo sperare, è che il prossimo anno possa tornare a far vedere di che pasta è fatto. E poi, con Checo così traballante…

ZHOU GUANYU

Ecco un’altra delusione. L’anno scorso aveva chiuso in un bel crescendo ribaltando il gap prestazionale con Bottas. Quest’anno, quindi, me lo aspettavo continuare il trend e invece? E invece ha fatto il passo del gambero. Solo 5 volte in qualifica davanti allo spento Bottas di questo periodo e solo 6 punti conquistati in 22 gare contro i 10 punti conquistati da Bottas. Spicca l’exploit in qualifica in Ungheria (quinto in griglia) ma per il resto notte fonda. Anche per lui ho notato un peggioramento in gara via via che procedeva la stagione. Per quanto perdente, nella prima parte di stagione, si dava da fare per cercare il risultato mentre nella seconda parte i distacchi dagli altri tendevano ad aumentare. Si sarà perso nel naufragio Alfa Romeo. Vedremo se l’anno prossimo, col grosso cambio in vista, tornerà a far vedere le buone cose che aveva mostrato nel suo anno di esordio.

KEVIN MAGNUSSEN

Bocciato? Spiace ammetterlo perché in fondo è uno dei miei beniamini ma quest’anno il buon Kevin mi ha deluso. Non solo non sono arrivati i risultati, il che può sempre essere imputato alle deficienze della sua vettura ma è anche stato surclassato dal team mate in quanto a velocità il che, considerato che Hulk era da quattro anni che non guidava una formula 1 (be’, in effetti non è vero perché un paio di GP da sostituto li aveva corsi ma poco conta), non depone molto a favore del nostro e tutto ciò nonostante sia stato lui ad ottenere il miglior posto in griglia nella stagione (4° posto a Miami) che però fu frutto di circostanze anomale (bandiera rossa che ha congelato le posizioni) nelle quali, come sappiamo, il buon Kevin si destreggia sempre bene. C’è da dire che in gara è sempre stato combattivo e, forse, anche un poco più costante di Hulk il che non rende del tutto negativa la sua stagione. Si spera sempre in tempi migliori ma la possibilità di esser chiamato a fare il secondo pilota in un team più competitivo (che è il suo obiettivo più realistico) si assottiglia sempre più.

LIAM LAWSON

Non ci fosse stato Piastri, anche con solo 5 GP corsi il premio rookie of the year sarebbe andato a Lawson. Non lo conoscevo se non di nome per i suoi trascorsi nelle serie minori e non sapevo quali fossero le sue caratteristiche. Bene, ci ha pensato subito lui a far vedere che è qualcuno di cui tener conto: chiamato a freddo per l’infortunio di Ricciardo sale su Alpha Tauri e due GP gli bastano per portare subito la macchina in Q3 e a punti. Cosa vuoi di più? Bravissimo. Speriamo in una seconda chiamata per vederlo meglio in azione.

LOGAN SARGEANT

Pessimo, pessimo pessimo. L’attenuante della stagione d’esordio è durata poco soprattutto, ahilui, per colpa della contemporanea ottima stagione di Albon: mentre quest’ultimo faceva dei gran Q3 in qualifica e portava a casa punti su punti sportellando con tutti il povero Logan arrivava sempre ultimo, quando arrivava. Ultimo in qualifica e ultimo in gara troppe volte sfociano in una bocciatura senza appello. Stupisce che Williams abbia deciso di tenerlo per il 2024 e non credo che il miracoloso (perché giunto a seguito delle squalifiche di Hamilton e Leclerc) punto colto ad Austin abbia influito. Forse è più la “spinta” che ha alle spalle che ha indotto il team di Brixworth ad andare avanti con lui. Staremo a vedere.

NICK DEVRIES

Pessimo, pessimo, pessimo anche il povero Nick. La delusione è ancora più grande se si pensa allo strepitoso GP che aveva condotto a Monza nel 2022 al posto del malato Albon: ottavo in griglia e nono al traguardo con una vettura pietosa. Ci si aspettava dunque tantissimo da lui e non solo per via di quel risultato ma per un pedigree niente male nelle formule minori (campione F2 nel 2019 e addirittura campione mondiale Formula E nel 2021 che per poco che possa essere considerata l’ha comunque vinta lui). Tanto maggiore è l’aspettativa tanto maggiore è la delusione se le cose non vanno come si pensava. E così è andata per il buon Nick che deve scontare lo choc di non riuscire minimamente a reggere il passo di Tsunoda. Non sono tanto i risultati, comunque pessimi, a determinare la sua defenestrazione a metà stagione quanto proprio le performance così lontane da Tsunoda da non lasciar adito ad alcun dubbio. L’occasione l’ha avuta e l’ha buttata via. Oppure, forse, quel GP di Monza è stato un caso mentre un caso non era il fatto che nessuno gli avesse mai proposto un contratto in Formula 1.

Sic Transit Gloria Mundi.

 

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