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Quell’assurdo 1994, senza il solito triste ricordo

1994

l’estate del “Baggio non aver paura di tirare un calcio di rigore…non è da questi particolari, che si giudica un giocatore” ….poteva andar bene il tiro, per una realizzazione dell’Italrugby, che proprio in quel periodo, iniziava a fare le sue prime vittorie fra i grandi, con il buon Dominguez. Ma ok, siamo qua per parlare del 1994 della F1 e questa volta, lo faremo senza dedicarlo al ricordo di chi non c’è più, perché di articoli e parole per loro, ne sono state spese a iosa negli anni e chi ha una passione forte come la nostra, li ricorderà sempre.

Nella pausa invernale 93/94, si iniziano a delineare i primi problemi, con la federazione che vieta le sospensioni attive, soluzione che era d’eccellenza sulle astroWilliams, tutte le vari possibili assistenze alla partenza, i controlli di trazione, il dialogo da muretto a vettura per il settaggio/reset dei parametri, le cambiate automatiche e quant’altro l’elettronica permettesse, oltre a una riduzione delle dimensioni degli pneumatici. In pratica, si doveva tornare a una F1 dove il pilota dovesse metterci molto più del suo, peccato che la Fia decise queste regole, quando le auto erano ormai in una avanzata fase di progettazione, finendo così a creare delle monoposto molto prestazionali ed altamente instabili, che mettevano in seria crisi i piloti.

Oltre ai divieti sopracitati, alla Williams venne poi pure proibito l’utilizzo del cambio CVT, un 4 marce a variazione continua in avanzato step di sviluppo. Insomma, come se oggi, si prendesse e si vietassero tutte le soluzioni prestazionali di Mercedes, per far si che abbia fine il suo dominio. Ed infatti, già dai primi test, le Williams non furono più le armate invincibili delle stagioni passate, ed anche nelle mani di Ayrton, c’erano grossi problemi di guida, anche dettati dall’estremizzazione della scocca di Newey (ma è storia nota)

Ma i problemi di guida, erano solo un campanello d’allarme per quello che accadrà poi in una sessione di test, a Silverstone, dove un promettente JJ Letho, che aveva appena ottenuto il sedile come compagno di scuderia di Schumi, si ritrova ad avere un bruttissimo incidente, che gli fratturò qualche vertebra cervicale e qualche costola, costringendolo a saltare i primi 2 gp stagionali (sedile preso da Jos “the boss” Verstappen). Anche Jean Alesi, poche settimane dopo, tira una mina pazzesca all’Arrabbiata 2 del Mugello, ritrovandosi nel letto di un ospedale con seri problemi vertebrali. Problemi che lo costringeranno a saltare i gp del Pacifico e San Marino, venendo sostituito da Larini.

Ma la stagione comincia, ed arriva il gp del Brasile, con il campione di casa che commette un errore di guida e si ritira, mentre un giovane Schumi, gli metteva pressione. Ma nella gara di San Paolo,  non fu questo a far notizia, bensì un’altro evento pazzesco, ossia la collisione a 4 fra, Irvine, Verstappen, Bernard e Brundle.

Già, uno dei botti più assurdi e pazzeschi di cui si possa aver memoria, con un Irvine che allarga a sinistra, incurante di Verstappen che lo stava passando. I due si agganciano e parte la carambola, che prende prima dentro Brundle su McLaren e poi Bernard sulla Liger, un miracolo che non si sia fatto seriamente male nessuno, neppure Jos, che volò sopra la McLaren, avvitandosi in un tonneau.

A Eddie, fu inizialmente comminata una sanzione di 10.000 dollari e una gara di squalifica, soldi che vennero condonati dopo un ricorso. Ma visto che l’Irlandese non dimostrava di aver capitò la gravità della sua azione, venne sanzionato con 3 gare di stop. (sulle pagine di Autosprint, ricordo che dopo la gara di Imola, disse di ringraziare il Cielo per non aver corso in quel gp).

Ad Aida ci fu solo la collisione al via fra Larini e Senna, con la complicità di Hakkinen. Ma a Imola successe il finimondo, parve che tutto quello che non era successo negli anni precedenti, trovasse sfogo nel weekend in riva al Santerno.

il Venerdì Barrichello spicca il volo sul cordolo alla variante bassa, piantandosi fra le gomme e il rail, con l’auto che poi si capotta. Il sabato la morte di Roland, seguita da quella di Ayrton la domenica.

Ma al via della gara, ci fu anche l’incidente fra la Benetton di Letho (rimasto fermo) e la Lotus di Pedro Lamy, con il secondo che fini per centrare in pieno la Benetton,  pezzi vari delle auto, comprese alcune ruote, finirono in tribuna, ferendo varie persone del pubblico. Ma le cose si sa, quando vanno storte, non finiscono mai, ed arriva anche l’incidente ai box, con la gomma posteriore di Alboreto che si stacca dalla vettura, andando a colpire pesantemente meccanici e persone presenti nei box, che restano feriti, anche se non in maniera grave. (anni in cui, la pit line di un gp, vedeva un numero folle di persone e il limitatore di velocità era ancora cosa sconosciuta).

Nel weekend di Monaco, la F1 ha in se la certezza che l’immortalità e la spavalderia dei piloti è svanita, per evitare un ripetersi di quanto accaduto ai box, si introdusse per la prima volta la regola della velocità massima di percorrenza della pit line, che fu decisa essere di 80 km/h, per ridurre i rischi a chi ci lavora, oltre a venir ridotto il numero di persone che possono “pascolare” in quest’area.

Altre modifiche non erano realizzabili, vista la vicinanza fra il weekend Imolese e quello Monegasco, e quando le immagini degli incidenti erano ancora ben impresse negli occhi della gente, ne arriva subito un’altro gravissimo, quello di Karl Wendlingher con la sua Sauber. l’Austriaco perde il controllo della sua vettura in staccata, andando a impattare pesantemente di lato con la sua auto sulla barriere della S dopo il tunnel, rimanendo seriamente ferito. Dopo vari giorni di coma, ne usci fuori, ma la sua carriera di pilota fu irrimediabilmente rovinata (anche se ottenne, dei discreti risultati nel turismo e nell’endurance)

Dalla gara successiva, a Barcellona, la federazione decise di dare un taglio alle prestazioni delle monoposto,  introducendo delle limitazioni aerodinamiche,  che andavano a ridurre le ali anteriori, i deflettori e l’estrattore. Tutto questo però non basta, visto che nelle prove, arriva il botto pazzesco di Montermini (il quale a pagamento aveva sostituto Ratzenberg in Simtek). l’Italiano, durante le prove di qualifica fini largo all’ultima curva, perdendo  il controllo della monoposto, finendo per picchiare dritto contro il muro, procurandosi varie fratture alle gambe, visto che i piedi erano finiti quasi fuori dall’auto nell’impatto. Quello fu un nuovo campanello dall’allarme sulle prestazionale e la sicurezza delle attuali F1, oltre a sancire quanto le piste fossero inadeguate ad essa.

In quello stesso weekend, ci fu pure una delle prime folli soluzioni altamente tecnologiche, poste a miglioramento della sicurezza del tracciato, ossia una fantastica S fatta con gomme impilate che parevano dei muri. Tale chicane era stata posta alla curva Campsa, che al tempo andava più larga, dove ora c’è la ghiaia,  prima di inserirsi sul rettifilo opposto a quello del via. I piloti e tecnici erano terrorizzati dalla soluzione usata, per il timore di cosa sarebbe successo finendoci contro. Evento che fortunatamente non si verificò.

Si arriva in Canada, ed ecco che vengono introdotti delle ulteriori regole per ridurre le prestazioni delle vetture, vietando le benzine speciali, si doveva usare la benzina della “pompa stradale” , oltre ad essere introdotte delle aperture di sfiato negli airbox, andando a limitare di un 20% le potenze dei motori. Al layout del circuito, venne aggiunta una variante sul rettifilo che porta verso i box, per ridurre la velocità della staccata prima della S del muro dei campioni.

Il Canada passò praticamente liscio, così come pure la Francia, ma arrivò Silverstone, circuito che si vide modificare le curve dalla Abbey alla Brooklands, ma la cosa più ecclatante, fu assistere a una delle penalizzazioni più incredibili della storia, con una federazione nel pallone, per quanto fin’ora successo, che commina una penalizzazione di 5 secondi a Schumacher, per aver passato due volte Hill nel giro di formazione (si nel regolamento c’era questa articolo che venne poi eliminato).

Il tedesco ignora la sanzione, poi, quando appare la bandiera nera con affianco il suo numero, decide di entrare ai box, scontare solo i 5 secondi di penalità e tornare in pista, invece che fermare la sua corsa. La federazione a questo punto decide di usare il pugno duro, infliggendo due gare di stop al Kaiser, gare che verranno scontate fra Monza e Portogallo, per permettergli di correre la gara di casa.

In Germania arriva l’introduzione di un pattino di legno da applicare nel fondo piatto, dall’altezza di  1 cm, che non deve consumarsi più di 2mm. Soluzione che obbliga le scuderie a mantenere delle altezza da terra maggiori, andando a ridurre la deporatanza generata dal fondo piatto.

Al via della gara però, non andò liscio nulla, infatti ci fu una sequenza di botti incredibili, che portarono al ritiro di 10 vetture, fra cui uno scellerato Hakkinen, che fece una manovra simile a quella di Irvine in Brasile, finendo per uscire lui stesso, e molti altri, compreso Coulthard (ad Hakkinen verrà data una squalifica di una gara a SPA). L’assurdo però arrivò quando, dopo questa mega collisione, non venne data la bandiera rossa, visto il numeroso groviglio di detriti ed auto sparsi qua e la, mettendo solo un mare di bandiere gialle nella zona del via, creando una situazione di elevato pericolo sia per i piloti che per i commissari.

Ma ci fu di peggio ancora, ossia il fuoco che torna a farsi vivo durante il rifornimento dell’auto di Jos, con una vampata incredibile, dopo che la benzina era finita ovunque. Fortunatamente nessuno ebbe conseguenze serie dall’accaduto, tuttavia uscirono fuori le polemiche sulle rimozioni dei filtri sulle pompe della Intertechnique (soluzione che velocizzava il rifornimento). Polemiche che non portarono mai a una sanzione per la Benetton, visto che la stessa concessione fu permessa, dalla ditta stessa, anche alla Larousse, a patto di mantenere l’anello di tenuta.

Dalla gara successiva in Ungheria, i meccanici della Mclaren furono i primi a portare delle tute e caschi, per proteggere gli addetti al rifornimeto, da un eventuale incendio. Le dotazioni li facevano sembrare degli astronauti pronti a una missione spaziale, non solo per la forma, ma anche per la goffaggine nei movimenti. C’è da ricordare la sostituizione di Hakkinen (squalificato) con Alliot, mentre per il resto tutto corre via liscio.

Arriva la gara di Spa, con l’oscena variante messa al posto della fantastica S del Raidillon, che costringeva i piloti a fare una variante lentissima da prima marcia, privando noi tifosi dal poter assistere ai primi tentativi di flat out nella percorrenza di quel tratto. Però si sa, dopo Imola, prima la sicurezza. Per il resto tutto pare tranquillo in quel delle Ardenne. Fino a quando Schumi, che stava dominando il gp, commette una delle sue tipiche distrazioni di quando era leader con grosso vantaggio. Mentre percorre la S del Campuse,  in uscita finisce in testacoda passando sopra al cordolo, limando il fondo scalinato. Già, proprio quel pattino che la federazione aveva fatto mettere sotto le vetture, ed a fine gara, lo scalino in tungsteno della Benetton nr 5, risulterà essere di qualche decimo più usurato di quel che concede il regolamento. Nonostante la presenza chiara dei segni trasversali d’usura provocati dal cordolo, la federazione non vuole sentire ragioni, camminando al tedesco una nuova squalifica (diciamo che non gliene facevano passare una), forse anche per voler penalizzare in qualche modo la Benetton, per la storia della modifica al bocchettone del rifornimento.

Monza, ed ecco incredibilmente che il leader di classifica non partecipa al weekend, per la squalifica presa a Silverstone che si diceva prima. Tutta l’estate fu un tormentone per le richieste di modifica da farsi al tracciato e alle vie di fuga, che portarono al taglio di alcuni alberi, con i verdi messi di traverso a ciò. Si ottenne la modifica della seconda di Lesmo, portandola alla configurazione attuale, che andava a cancellare un curvone da pelo, per una curva a gomito secco, oltre che a vedere ampliate le vie di fughe.

La gara vide subito una bandiera rossa per una collisione multipla, con nel mezzo la Lotus di Herbert, vettura che per questa gara era dotata di un Mugen pompato nei cv, utilizzato per riuscire a fare il risultato grosso, nella speranza di salvare il team. Herbert infatti la portò in quarta posizione in griglia, ma ogni sogno fu vano, quando alla prima staccata dopo il via, Irvine fini per prendersi dentro con la Lotus, generando poi una carambola multipla, facendo uscire la bandiera rossa. Ovviamente la prima variante fu criticata, ed iniziarono gli studi sul come modificarla, tranne poi ficcarci delle gomme sui cordoli, come nel 1996, arrivando solo qualche anno dopo alla soluzione attuale.

All’Estoril Schumi era ancora in tribuna, ma anche qui la federazione aveva richiesto delle importanti modifiche per la sicurezza, con l’aggiunta della S Gancho, il famoso doppio tornantino strettissimo, che serviva per andare a eliminare la veloce piega a destra della Tanque, che c’era prima. Ma neanche il tempo di iniziare a far sul serio, che tac, il buon Eddie va in testacoda e si prende dentro con Damon mandandolo ruote all’aria, durante le prove libere. Per il resto fortunatamente, non successe nulla di rilievo, se non il fatto che verrà ricordato come l’esser stato l’ultimo gp senza nessun campione del mondo al via.

A Jerez nel frattempo si era provveduto a inserire la S di SENNA, al posto della piega veloce della curva 14 (attualmente chiamata Alex Criville) dove ci fu l’orribile incidente che pose fine alla carriera di Martin Donnelly nel 1990.

Ma è a Suzuka che la federazione ci mette nuovamente del suo, nello stesso punto dove 20 anni dopo, decisero che non era il caso di avere memoria storica, ed evitare un ripetersi di una situazione altamente pericolosa in un gp sotto il diluvio. Già, la gara parte sotto un vero acquazzone, le auto da subito hanno difficoltà a stare in strada, ed in molti finiscono fuori pista causa aquaplaning, uno su tutti Morbidelli, che finisce a muro alla Dunlop curve. Credo che questa curva riecheggi in voi qualcosa. In pista ci sono solo delle bandiere gialle,  che in quegli anni si sa, significavano poco più che era solamente vietato il sorpasso, ma per il resto via andare come sempre, ed ecco, mentre i commissari stan portando via la Footwork,  Martin Brundle finisce per uscire nel medesimo punto, schivando di poco i mezzi di soccorso e l’altra monoposto, ma andando invece a investire un commissario, che fortunatamente non si farà nulla di serio. Già, ricordate bene, 20 anni prima era già successa la stessa cosa che capitò a Jules Bianchi, nel medesimo punto, solo che il giovane Francese ebbe più sfortuna, finendo sotto il trattore e rimettendoci la vita.

Adelaide, dove tutto comincia con un mega botto di Schumi e si chiude con un’altro botto dello stesso Schumi , ma stavolta assieme ad Hill. L’epilogo pazzesco che tutti ben conosciamo, che anche i meno appassionati non possono non ricordare, con Michael che arrivo lungo, finisce a muro, torna in pista con la sospensione posteriore destra andata, ma fa un ultimo tentativo di arrivare all’aggancio con Hill, il quale scioccamente, invece di aspettare, decise di buttarsi dentro. Schumi va a muro, Damon piega il braccetto superiore sinistro, entrambi fuori gara, mondiale finito. La Federazione non riusci a stabilire una netta volontà da parte di Schumi nel cercare la collisione, dando anche a Hill parte della colpa per aver osato troppo, ed ecco diventar WDC un pilota che è stato squalificato per 4 delle 16 gare stagionali, qualcosa di pazzesco e incredibile, degna fine di questa annata, che verrà ricordata come lo spartiacque fra la F1 degli scavezza collo e quella della ricerca della sicurezza, sulle piste e sulle vetture.

Eh si, dopo quella stagione molte cose cambiarono, le piste subirono una infinità di modifiche al loro layout, le vetture vennero rese via via più sicure, le procedure cambiate, i duelli fra i piloti sempre più sotto controllo. Del resto, non vi è memoria di tutte queste squalifiche anche per numeri multipli di gp, o  di un livello così elevato di gravi incidenti in una sola stagione. Già, si è fatto tanto, anche se poi accadono ancora cose assurde, come la macchina che entra sul tracciato durante il gp, come in Korea, o i pazzi che saltano le reti ed entrano in pista, le auto ancora possono agganciarsi fra loro e decollare come con Webber a Valencia, oltre che  purtroppo, possono ancora ripetersi gli errori madornali come a Suzuka.

Dagli sbagli si impara e la F1, diciamo che lo ha fatto e continua a farlo, anche se alle volte c’è ancora qualche cosa che non va. Ma il 1994, si spera resti, l’ultimo mondiale della follia e del pericolo troppo elevato.

Tuttavia, ricordiamocelo sempre, “motorsport is dangerous”.

Ho iniziato l’articolo con il ricordo del rigore sbagliato da Baggio nella finale, lo chiudo con ciò che c’era scritto sullo striscione del squadra Brasiliana, in quella partita contro l’Italia; “SENNA…ACELERAMOS JUNTOS, O TETRA E NOSSO!

Davide_QV

Ne resterà solo uno (per l’ex sedile di Nico)

Bottas, Wehrlein, Sainz.

Ormai la “rosa” dei papabili per il posto lasciato vacante dal Campione del Mondo in carica Nico Rosberg è ristretta a loro tre.

Non è un mistero che Wolff una volta ricevuta la novella da NR6 abbia immediatamente cercato di mettere Ricciardo in squadra. Bisogna dargliene atto, al netto della porta sui denti che ha rimediato da RBR l’idea dello Smiling Assassin accanto a LH44 era da erezione imperitura. Seconda solo forse (ma dico forse) all’idea che il web maggiormente caldeggiava ossia quella del Principe delle Asturie accanto all’Anglocaraibico. Idea che è stata più un viaggio di tutti noi che IMHO un’intenzione reale da parte di MB. Chi scrive pensa che se c’è la volontà c’è tutto (the will to act – Ra’s Al Ghoul) quindi se Alonso non è finito in MB è solo perchè MB in quel sedile non ce lo voleva, punto. Ad onor del vero in MB un pò di confusione nella testa ce l’avevano mentre vagliavano le opzioni, vivaddio se i primi 2 a cui pensi sono Ricciardo ed Hulkenberg ho idea che non hai proprio chiaro in mente che tipo di line up vuoi mettere in pista per il 2017 (con Ricciardo a 2 punte assetate di sangue, con Hulk più in modalità Ferrari con una Superstar ed un galoppino) . Poco male, come RBR anche Renault ha dato la porta sui denti a Wolff relegando Hulkenberg al triste primato di 2 ingaggi da sogno sfiorati, il primo con la Ferrari per il 2014 (contratto strappato una volta che firmò Raikkonen, e fu un enorme errore IMHO) il secondo quello con MB per il 2017. “Ci sei andato vicino, ma non ce l’hai mai fatta. E se dovevi farcela, ce l’avresti già fatta” (M.Wallace – Pulp Fiction)

Il che ci porta alle opzioni rimaste, nessuna delle tre è roba da levare il sonno la notte dall’ansia di vederli all’opera su una MB ma tant’è, questo passa il Convento e ancora un pò tocca pure ringraziarli già che la bonaccia del dopomondiale è brutta roba davvero. Andiamo in analisi sui tre piloti in oggetto in rigoroso ordine di probabilità.

Bottas: 50%. Un pilota emozionante come una canzone degli Inti Illimani in loop mentre sei in fila alla posta. La cosa più bella che gli ho visto fare in tutti questi suoi anni di F1 è stata l’ultima curva di Sochi in drift nel Q3 del 2014 che gli costò spettacolarmente una probabile pole. Nel senso: arrivò impiccato in curva e tra alzare il piede e perdere la pole e farla in drift (e perdere comunque la pole) scelse la seconda. Nei 3 anni con Felipe in Williams di fatto ha chiuso il confronto in parità e l’ex ferrarista era a fine carriera. Gli abboccamenti con Ferrari del 2015 non han portato a nulla semplicemente perchè fortunatamente a Maranello han capito che con quello che costava solo di penale strapparlo a Claire e compagnia ci pagavano lo stipendio di Raikkonen pure per il 2016 ed il 2017 (peraltro mettendo pure definitivamente a cuccia KR7 come l’etichetta Ferrari impone (sic)). L’unica cosa che mi viene in mente al pensiero di lui in MB per il 2017 è Heikki “zero gradi mentali” Kovalainen in Mecca nel 2008. Non penso che Bottas sia un beoto come Kovalainen eh (il quale nel 2008 riuscì ad andare addosso a Raikkonen per 3 volta alla prima curva di un GP) ma penso invece che con lui in squadra Hamilton avrebbe la stessa ansia che Raikkonen mette a Vettel in Ferrari. Pari a quella indotta da una spada di TAVOR in endovena. Che Dio ce ne scampi……..

Wehrlein: 30%. Ammetto di conoscerlo poco, ma in troppi ne parlano bene (seppur nessuno coi toni usati per Verstappen e nemmeno con quelli usati per Vandoorne e questo va detto) per non sospettare almeno che sia buono. Questo 2016 è stato abbastanza controverso per lui: dopo la gran bella gara in Austria dall’arrivo di Ocon in squadra in avanti ha fatto sostanzialmente match pari col debuttante assoluto francese il quale ha pure finito per soffiargli il posto in Force India lasciato vacante da Hulkenberg. E, come al solito, i “se” ed i “forse” contano il giusto ossia ZERO: se la Force India avesse voluto lui avrebbe preso lui e non Ocon, punto. Mettiamoci pure che mediaticamente in MB farebbe giusto la brutta controfigura di LH44 e capirete come tra lui e Bottas per chi scrive è come dover scegliere tra un pugno ed un calcio. Entrambi rigorosamente nei marroni purtroppo. Il che ci porta all’unico spiraglio di luce ossia al terzo ed ultimo candidato……..

Sainz: 20%. Francamente sto pregando che MB scelga lui. Il pensiero di Bottas o Wehrlein è talmente raccapricciante che vien voglia di mandar moccoli a Nico Rosberg per averci condannato ad una cosa del genere. IMHO Sainz è buono, molto. E’ uscito bene dal confronto diretto col predestinato, “the chosen one”, Verstappen ed ha messo assieme due anni molto solidi e consistenti in RBR. Chi lo conosce ne parla come di un ottimo mix di dedizione al lavoro e velocità, il che ne farebbe più o meno paradossalmente il sostituto ideale di Nico Rosberg, anch’egli sempre stato perfettamente equidistante tra dedizione al lavoro e velocità. La sua scelta peraltro implicherebbe l’arrivo di Gasly in STR cosa che con buona probabilità salverebbe il posto a Kvyat alla prima defaillance stagionale nel 2017.

Questo è quanto, cari Ringers. Questo passa il Convento e come dice il saggio “piùtost che nient l’è mei piùtost”

L’Orso Polare

…you must be either blind or an idiot…
J.P.Montoya – Press Conference, Imola 2004

La gara è appena finita e Juan Pablo Montoya sta commentando il suo attacco a Micheal Schumacher alla Tosa. L’attacco è stato quantomeno ottimistico; un tentativo all’esterno di una curva a 180°. L’alfiere rosso ha facilmente aperto la traiettoria andando a mettere di fatto il colombiano sull’erba. Il quale in sala stampa dà senza mezzi termini dell’idiota al tedesco.
Nei mesi a seguire la contrapposizione fra Schumacher e Montoya, anche a seguito del controverso incidente all’uscita del Tunnel di Montecarlo, raggiunge il calor bianco e con essa la polarizzazione fra i tifosi della rossa vincente e apparentemente imbattibile; e resto del mondo che si lecca le ferite e che trova in Montoya un balsamo per lenire le ustioni rosse.
Montoya pur mostrando un istinto killer nella guida (il suo sorpasso al Bus Stop sempre a Schumacher rimane una pietra miliare) non manterrà le promesse e lascerà la Formula 1 senza risultati di rilievo.
Ma il punto nodale non sono tanto i risultati ma l’impatto che il colombiano ha avuto sul pubblico della Formula 1.
Nel corso degli anni nella Formula 1, soprattutto dagli anni ottanta in poi, le figure divisive e polarizzanti sono sempre state presenti. Lo stesso Schumacher, la maestà lesa che in conferenza stampa si beccava dell’idiota, esordiva come il più classico dei “bad-boys”.
Metteva a muro volontariamente Derek Warwick nel WEC, confessava candidamente davanti ai microfoni di Eurosport di aver fatto un test-brake sul collega Hakkinen a Macao per non parlare delle primissime e virulente avvisaglie di lotta senza esclusione di colpi con la Maestà sensibilissima alla sua lesione, per definizione, Ayrton Senna da Silva.
Ma prima che Senna catechizzasse, rigorosamente in diretta e a favore di telecamera, l’irruento tedesco, il paulista è stato per anni l’iconoclasta dello status quo precedente; ripreso e riportato sulla retta via a colpi di ceffoni o di test-brake dai suoi stessi colleghi.
Ancora oggi Martin Brundle ricorda come a Oulton Park Ayrton gli avesse parcheggiato la Ralt sulla testa con una manovra ben oltre il consentito; e non per modo di dire.
Oggi il ruolo della peste che rompe lo status quo è perfettamente interpretato da Max Verstappen; il figliol prodigo di Jos dotato, rispetto al padre, di un talento più cristallino e della stessa supponenza sfacciata e ostentata.
Promosso a metà stagione dai vertici della Red Bull Racing, con una operazione di marketing pressoché ineccepibile, ha immediatamente mostrato una prontezza di lingua persino superiore al manico mostrato in pista. Rifila più volte dell’idiota a Vettel, del vecchio rincoglionito a Lauda, non si lascia scomporre più di tanto quando uno snervato Toto Wolff telefona a suo padre dopo il violento attacco che avrebbe potuto mettere fine alle speranze iridate di Nico Rosberg; e chi più ne ha più ne metta.
In pista mostra non avere timore reverenziale di niente e nessuno e assurge immediatamente a motore immobile della polemica e della vecchia amatissima polarizzazione fra pro e contro.
Per uno sport che suscita interesse ormai solo nei decrepiti affezionati ad un epoca che ormai non solo non c’è più, ma viene dileggiata di continuo, la presenza di Verstappen è salutata come una manna. E come tale trattata dai vertici della FiA che più volte hanno usato pesi diversi nel giudicare gli episodi a seconda che vedessero o meno coinvolta la preziosissima pepita olandese.
Ma anche questo è un film già visto e le stesse identiche cose si dicevano dell’indulgenza FiA nei confronti di uno Schumacher agli esordi quando questi, dopo la prematura scomparsa di Senna, era diventato l’ultimo fulcro di interesse per la massima serie.
Fino a questo momento, quindi, potrebbe tranquillamente ascrivere il “fenomeno Verstapen” come un qualcosa di già visto nel corso degli anni passati; un giovane pilota dai modi irriverenti, quando non maleducati, adorato dalla FiA e dai suoi tifosi, che sconvolge il panorama motoristico a suon di prestazioni e di polemiche.
Un canovaccio utilizzato più e più volte per smuovere il modo compassato della massima serie con costanza quasi cronometrica.
Quello che appare radicalmente nuovo sono le condizioni al contorno di tale fenomeno.
La pubblicazione dei Team Radio segue un canovaccio ben preciso; chiunque abbia accesso a tutti i team radio sa come i lamenti dei piloti siano uniformemente distribuiti eppure solo alcuni vengono mandati in onda. Scelta che appare fatta per polarizzare ancora di più il pubblico in una continua ricerca del sensazionale e della polemica.
E forse non è un caso isolato quello che riguarda l’atteggiamento della Formula 1 nei confronti del suo pubblico più giovane.
Ma il punto nodale appare sempre lo stesso: la direzione che vuole prendere la massima divisione delle competizioni automobilistiche.
Il pubblico giovane, quello che pare sempre latitare nelle statistiche che riguardano il motorsport, segue ormai canali secondari non ascrivibili ai media classici; non appaiono nelle categorie rilevanti per le analisi degli ascolti perché difficilmente utilizzano tali canali. Sono più orientati allo streaming web che non alla forma classica contrattuale delle Pay Tv cui ormai la F1 pare essersi donata nella sua interezza.
Calamitare l’attenzione del pubblico giovane e portarlo verso una forma più istituzionale di rapporto cliente/provider non è un compito banale.
Né tantomeno  lineare.
L’operazione messa in pista da parte di CVC negli anni passati ha di fatto ridotto del 30% il pubblico televisivo della Formula 1 portandola in quasi tutti i paesi sotto l’ombrello della TV a pagamento.
Se da un punto di vista puramente commerciale quasi tutti gli analisti hanno salutato l’operazione come un successo in virtù della maggiore coesione del pubblico e propensione all’acquisto (un pubblico disposto a pagare per la F1 è decisamente più interessante da un punto di vista del marketing e dell’offerta pubblicitaria) dal punto di vista dell’apertura verso le generazioni future che mantengano tale interesse e numeri costante, appare meno evidente.
Forse la presenza di un pilota con cui potersi banalmente identificare, un ragazzo che parla la lingua giovane sui generis sempre in mezzo alle critiche potrebbe essere un buon viatico.
Per questo questa sede ritiene la presenza di Max Verstappen non solo opportuna ma in un certo qual modo salvifica nell’attuale panorama asfittico della serie maestra.
Con buona pace dei colleghi a cui farà saltare il fegato.
La vera domanda è se sarà sufficiente l’ennesimo “bad-boy” di talento per convincere un pubblico abituato allo streaming free a convertirsi ai costosissimi bizantinismi delle Pay Tv.

L’Orso Polare del titolo era originariamente un Orso Cartesiano prima di un cambiamento di coordinate.
Se la spiegazione precedente vi ha fatto sorridere, preoccupatevi…

ROSBERG SI RITIRA DA CAMPIONE DEL MONDO

Formula 1 world champion Nico Rosberg has announced his retirement with immediate effect.

The German beat Mercedes team-mate Lewis Hamilton to the title in 2016, sealing the crown in a tense season finale in Abu Dhabi last weekend.

Speaking ahead of Friday’s FIA Prize Giving Gala in Vienna, Rosberg announced his retirement from Formula 1.

“I want to take the opportunity to announce that I have decided to end my Formula 1 career in this moment here,” said Rosberg.

“It’s hard to explain, it has been ever since I started when I was six years old, I had a very clear dream and that was to become Formula 1 world champion.

“Now I’ve achieved that, I’ve put everything into it for 25 years of racing and with the help of everybody around me, with the help of fans and the help of my team and my family and friends I have managed to achieve that this year.

“So it has been an incredible experience for me that I will remember forever.

“At the same time, it has been very very tough also because the last two years losing to Lewis were extremely difficult moments for me, which fuelled my motivation in a way that I didn’t even know was possible to fight back and to achieve my dream finally.” (Autosport.com)

A voi i commenti, dalla Redazione è tutto