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MOTOGP 2018 – TEST BURIRAM

Finita anche questa 3 giorni di test per la Motogp, che fornisce nuovi aspetti e forse nuove certezze, con grossi grattacapi per molti, ed un Dani Pedrosa che svetta con il miglior tempo assoluto, scendendo fino al crono di 1.29.7, senza l’utilizzo di alette.

Il test di Sepang ci aveva lasciati con un Jorge Lorenzo che sembrava rinfrancato e convinto di se, mentre da questa 3 giorni, ne esce quanto mai confuso e con un’umore molto basso. Ma come per lui, pure il duo Yamaha non ha di che esultare, mentre in Honda regna la più totale ed assoluta serenità sul proprio potenziale. Bando alle ciance e andiamo analizziare la situazione, costruttore per costruttore:

Honda

Il due Marquez e Pedrosa non ha praticamente avuto alcun problema in tutti i 3 i giorni, con la moto che si è adattata sin da subito al tracciato, sia come telaio, che come motore. Se dobbiamo avere un’incertezza, forse la si può legare solamente all’utilizzo o meno delle alette, che in HRC pare proprio non servano, visti i tempi sia su giro secco, che su passo gara.  Nell’ultima giornata, Marquez ne ha tessuto le lodi, pur ammettendo che necessitino di uno stile di guida differente, per poter funzionare. Durante i test è stato riprovato il forcellone in carbonio, ed anche su questo aspetto, non ci sono critiche dai piloti. Giudizi positivi anche da Crutchlow, che è stato sempre nei primi pure lui, sia come passo gara ma anche nel giro secco.

Ducati

Nel team ufficiale, ci sono sensazioni e giudizi davvero all’opposto uno dall’altro, con un Andrea Dovizioso quanto mai contento della GP18, mentre un Jorge Lorenzo che non è riuscito a trovare feeling e un setting adeguato per tutti i tre giorni. Lo Spagnolo è tornato pure a provare la GP17, senza tuttavia migliorare la situazione, uno stato davvero confusionale per lui. Notizie positive giungono anche da Petrucci e Miller, con entrambi spesso rapidi sul passo gara. La Ducati è stata il team con le maggiori innovazioni portate in pista, con una quantità smisurata di forme d’ala (sempre più grandi) e persino un telaio forato nella zona del canotto di sterzo, per migliorare il feeling in staccata ed inserimento curva. Dovizioso ha approvato la soluzione, che troverà ulteriori modifiche e miglioramenti.

Yamaha

Situazione di probabile grave allarme, con una moto che è molto difficile da settare, che rende complicata la vita ai suoi piloti. Sia Rossi che Vinales han trovato molta problemi nella ricerca di una strada di setting, con soluzioni che portano a dei miglioramenti, per poi di punto in bianco, andare a peggiorare la prestazione. Vinales, nella giornata di oggi, è arrivato persino a richiedere la M1 dei primi suoi test dello scorso anno, ammettendo di non capirci nulla della moto 2018. Rossi più cauto nelle dichiarazioni, ammette che la situazione sia preoccupante, ma tuttavia la moto attuale sia megliore della 2017. Ci sarà da attendere che i Giapponesi capiscano come migliorare la gestione della centralina, per sperare di arrivare ai livelli di Ducati e Honda. La moto risulta molto indietro su questo aspetto, generando difficoltà nell’usura gomma, nella staccata ed in uscita di curva. In Tech3 continua a parlare troppo Zarcò, che ottiene buoni tempi, ma girando con la M1 2016, dopo aver abbandonato la 2017.  Ribadisco, se stava zitto a Novembre/Dicembre, quando elogiava la 2017,  forse era meglio.

Suzuki

Sia Iannone che Rins sono molto contenti della linea di sviluppo della moto, ed hanno approvato anche il pacchetto aerodinamico, che ha dato ottimi risultati anche qui, dopo il test Malese. La moto attualmente è veloce e costante sul passo gara, ma pecca ancora nel giro secco. Nel team c’è molta positività da parte di tutti, attendiamo le conferme nei prossimi test in Qatar.

Aprilia

Prestazioni ancora deludenti, ma i piloti si sono concentrati molto sulle evoluzioni della moto, portando a casa quasi 200 giri a testa, cosa non di poco conto. Son state evidenziate delle problematiche nelle curve da Stop and Go, ma ci si sta lavorando a testa bassa. Sia Espargarò che Redding al momento non dan segnali di sofferenza, attendiamo e speriamo che migliori presto, magari con l’arrivo di una vera moto 2018.

KTM

si provano mille soluzioni, ma il tutto è ancora assolutamente indecifrabile, con tempi ancora distanti dai primi. C’è ancora molto da fare.

Parentesi Michelin

La casa Francese ha portato qui delle gomme che si pensava potessero adattarsi al tracciato Thailandese, mentre sin da subito ci si è accorti che le mescole fossero inadeguate e non si rabbe riusciti a percorrere tutti i giri della gara. Si è optato per una soluzione più dura e lenta, ma per l’evento ufficiale ci sarà da lavorare.

Saluti

Davide_#waitingchampionshipseason_QV

JARNO SAARINEN, IL PILOTA CHE INVENTò….

Ci son piloti che van fortissimo, piloti che lasciano il segno per la loro simpatia, piloti che te li ricordi per la loro follia, piloti che porti nel cuore perchè son diventati leggenda e poi ci sono quelli che hanno cambiato il modo di correre a tutti, come Jarno Saarinen.

Saarinen è stato un pilota di quell’epoca romantica delle corse, dove la passione era di gran lunga superiore agli interessi economici, dove ancora si poteva uscire e farsi notare per la propria bravura e non solo perchè si veniva appoggiati da grandi marchi.

La sua storia non è la classica di qualsiasi pilota nato per correre e che ha basato tutta la sua esistenza su questo, ma anzi, il Finlandese aveva come ambizione quella di essere un progettista di motori da corsa, tanto da laurearsi in ingegneria meccanica all’età di 24 anni. Jarno tuttavia non era dotato solo di grande intelligenza, era uno che aveva come dote il saper andar forte con qualsiasi mezzo, partecipando, nei ritagli di tempo, a delle corse su ghiaccio fra Svezia e Finlandia, ottenendo ottimi risultati, viaggiando con il carro funebre della azienda di famiglia, assieme alla sua bellissima fidanzata Soili, la persona che avrà accanto in ogni avventura, praticamente inseparabili. Queste corse lo aiuteranno ad affinare il suo stile di guida particolare e quando farà il salto nel mondo delle corse su asfalto, lo renderanno quasi imbattibile, sopratutto quando le condizioni diventano di bagnato.

Nei primi anni affronta le corse su asfalto con la Tunturi-Puch 125 monocilindrica e con le Yamaha nella 250 e 350. Le moto vengono elaborate e gestite da lui personalmente, come a cercare quel background per riuscire nel suo sogno di progettista. I risultati son rosei e lo portano ad ottenere la conquista di 6 titoli nazionali.

Nel 1970 decide di partecipare al mondiale, facendolo alla sua maniera, ossia senza un team di supporto, solo lui e la sua favolosa moglie Soili, il carro funebre viene sostituito da un VW T2, che servirà da traporto della Puch 125 e della Yamaha 250, per poi essere anche il covo dei due fidanzatini, novelli sposi a fine stagione. Nonostante il budget ridottissimo, da subito porta a casa buonissimi risultati, facendo sesto al debutto al Nurburgring, quarto in Francia, Jugoslavia e Belgio, andando a podio in Olanda e Cecoslovacchia. Si capisce ben presto il suo valore di pilota e di quanta conoscenza avesse della meccanica, tanto da ottenere per la stagione successiva, due Yamaha ,una 250 e una 350, che gli vengono affidate dal concessionario ufficiale Finlandese.

In 350 l’inizio non fu dei migliori, per i numerosi problemi tecnici riscontrati sul mezzo, ma una volta risolti, iniziarono ad uscire i risultati importanti, come le vittorie a Brno ed al GP delle Nazioni,  andrà a podio in Svezia ed a Imatra, riuscendo a chiudere al secondo posto la stagione. Nella 250 invece riuscii a vincere a Jarama ed a ottenere altri 3 podi, che gli fecero chiudere il mondiale in terza posizione. Risultati davvero considerevoli, visto che lo staff tecnico del suo team restavano sempre lui e la moglie.

Jarno ormai è nel cuore della gente, per quel suo fare bonario, per quella sua passione sconfinata, per quella sua metodica voglia di arrivare all’eccellenza, quel non mollare mai, quel provarci sempre, per quel rimanere se stesso, pur essendo acclamatissimo dalle folle.

Arriva il 1972 e con esso la conferma definitiva del suo valore, riuscendo praticamente a dominare la classe 250, portando a casa il titolo iridato contro l’altro asso Italiano, che rispondeva al nome di Renzo Pasolini, rivale di duelli e battaglie. Ma più scalpore lo fece quando sconfisse Agostini, nelle prime due gare della stagione della 350. Il campione Italiano non veniva battuto, se non per rottura meccanica, da 4 stagioni e Jarno lo face pure con ampio margine.

Ormai la sua classe e il suo stile di guida, avevano fatto aprire gli occhi a chiunque nel mondo delle corse a due ruote. Già il suo stile di guida, una di quelle cose che apprese provando e riprovando nelle gare sul ghiaccio. In quei tempi i piloti correvano tenendosi ben saldi alle moto, con le gambe ancorate al serbatoio e le braccia strette. Appena qualcuno osava cambiare lo stile, i puristi lo attaccavano e lo criticavano aspramente. Ma Saarinen, da buon perfezionista quale era, trovò spunto da John Cooper, un pilota di scarso livello, che aveva iniziato per primo a staccare la gamba interna dal serbatoio. Jarno decise non solo di provare a capire i vantaggi dello spostamento della gamba, ma intui anche la necessità di spostare tutto il corpo, staccando anche il sedere dal sellino e portandolo verso centro curva e con esso anche le braccia, potendo avere maggiore velocità in curva, ed una migliore accelerazione in uscita, visto che la moto può stare più dritta, perchè il corpo fa da contrappeso. Per capirsi, inventò lo stile di guida da corsa del giorno d’oggi, che ancora non ha smesso di evolvere.

Ma ci furono anche momenti che lo resero un pò meno amato dal pubblico e fu il suo rifiuto di andare a correre al TT sull’Isola di Man, dicendo “NON VOGLIO MORIRE!”, anche questo fu Jarno Saarinen, un’uomo che sapeva quando era sensato rischiare e quando no. Qualche anno dopo, tutto il motomondiale capii questa cosa, anche a scapito di qualche pilota morto.  (il TT, ancora oggi, mantiene intatto il suo fascino e la sua follia).

Il 73 doveva essere l’anno della sua consacrazione definitiva, anno in cui aveva già deciso che alla fine della stagione 74, sarebbe arrivato il suo addio alle corse, per dedicarsi alla sua passione ed a quelle cose che aveva già programmato, quali il lavoro da progettista e il crearsi una famiglia con dei figli. Ma prima di questo, voleva diventare il primo pilota a vincere 3 titoli iridati nella stessa stagione, pianificando a tavolino in quali corse avrebbe dovuto correre, per non superare il tetto massimo dei 500 km percorsi nel singolo evento. (Al tempo c’erano ancora gli scarti)

Il 73 fu l’anno in cui Yamaha decise di dare un supporto ufficiale al Finlandese, vogliosa di porre fine all’egemonia di Agostini e della MV. Fu così che Jarno potè pensare di correre la 250, la 350 e la 500.

Prima dell’inizio della stagione, Saarinen scrisse due pagine leggendarie, diventando il primo non Statunitente a vincere la 200 miglia di Daytona, correndo con la 350 (debutto ufficiale con Yamaha), contro le 500, che vennero relegate a una distanza superiore al minuto. Ma la storia ancora più incredibile, la fece in una gara fuori campionato a Silverstone, dove riusci a vincere in tutte e tre classi in cui partecipò, infrangendo pure i record del ciruito!

Inizia la stagione ufficiale trionfando al Nurburgring, divenendo il primo pilota a vincere al debutto in 500 (oltre a lui, solo Biaggi nel 1998 a Suzuka) e riconfermandosi anche nella gara successiva. Nelle prime 3 corse fra 250 e 500 avrebbe potuto vincere 6 corse su 6, senza la rottura della catena di Hockenheim, non lo fermava più nessuno.

Ma arriva Monza, dove avrebbe dovuto iscriversi alla 500 e alla 350, ma per un ritardo nell’iscrizione, non fu ammesso e prese parte alla gara della 250. Nella corsa precedente della 350, ci fu una perdita di olio sul curvone, che non venne segnalata ai corridori. La gara partì, le moto giunsero su quella curva, ed il destino beffardo volle che la moto di Pasolini perdesse aderenza, volando a terra e con lui anche altre moto. Saarinen si ritrovò centrato in pieno dalla moto di Pasolini e poi successivamente investito da altri piloti. Scoppiò pure un’incendio e nulla ci fu da fare, sia per Jarno che per Renzo. Il destino beffardo, portò via in un sol colpo, due grandi promesse e due grandi uomini.

Ci sono piloti vincenti, ci sono piloti famosi e poi ci sono PILOTI che sono anche grandi UOMINI e Jarno era uno di quest’ultimi.

Non voglio chiudere il capitolo tristemente, lo voglio fare ricordandolo per quello che fece durante il GP del Belgio del ’71, con il suo amico Pesonen che cade e perse i sensi. I medici lo soccorsero e lo trasportano d’urgenza al più vicino ospedale. Saarinen, come  un folle, corse dietro all’ambulanza, inseguendola con una moto da corsa sulla strada provinciale.  Voleva conoscere le condizioni dell’amico, ed era pronto a donare il sangue, qual’ora fosse stato necessario. Ma le condizioni dell’amico erano migliorate e venne rassicurato con un gesto della mano di Pesonen. A quel punto Jarno risale sulla sua Yamaha, tornando in pista a concludere la gara, anche se ormai ogni risultato era compromesso. Storie di altri tempi.

Saluti

Davide_#angolodellanostalgia_QV

MOTOGP 2018 – SEPANG 1

E dopo una lunga pausa, rieccoci a discutere di MotoGP, con un inverno che è stato abbastanza avido di scoop.

Si è partiti con i test, che ci hanno dato ancora Ducati e Honda come le due favorite anche per il 2018, mentre dal lato Yamaha, alcune cose stanno cambiano e migliorando, ma ci sono ancora dei dubbi e cose da capire, ma andiamo per punti.

Ali

Punto in comune per tutte le case è ormai lo sviluppo della ali anteriori, con le soluzioni più disparate, alle quali quasi la totalità dei team ancora non riesce a trovare la quadra. La cosa che accomuna tutti i piloti, è scendere dalla moto senza capire quale sia il reale vantaggio e svantaggio, sul tempo sul giro, di questa soluzione:

  • Vantaggi: La moto si impenna meno in uscita di curva e  concede più feeling all’anteriore in curva.
  • Svantaggi: Resistenza aerodinamica e maggior difficoltà nel cambio di direzione

In casa Ducati c’è grossa discordanza di opinione, con Dovi che continua a trovarsi meglio senza le ali e Petrucci gli fa seguito, mentre Jorge Lorenzo ne tesse molte lodi, pur dichiarando di perdere 7 km/h a causa di esse. Miller sposa la linea dello Spagnolo,  ma a creare altra confusione è Butista che proprio non capisce l’utilità, visto che fa gli stessi tempi con e senza ali.

Nel box Honda si è più propensi al non volerle, pur comprendendo il vantaggi nelle uscite di curva. Marquez dichiara che con le ali riesce a fare un solo giro spinto, dopo di che il feeling viene meno, in primis dettato dalla lentezza del cambio di direzione della moto e poi perchè perde sensibilità all’anteriore nelle curve. Fanno eco a queste opinioni anche Pedrosa e Crutchlow. Insomma, c’è parecchio da lavorarci su.

In Yamaha le nuove ali, molto più smussate di quelle viste a Valencia, trovano un buon giudizio da parte di Rossi e Vinales, ma le considerano vantaggiose e da utilizzarsi solamente nelle piste da grandi accelerazioni come Zeltweg, dichiarandole poche adatte a circuiti come Sepang.

Per Aprilia si continua con soluzioni molto simili a quelle viste nel 2017, come pure per Ktm. Entrambi i team sono ancora all’affinamento della moto nella parte telaistica e motoristica, più che concentrarsi sulla parte alata.

Suzuki presenta delle ali molto svergolate verso il basso, ma i problemi di trazione e in frenata, oltre alla definizione del motore 2018, non danno tempo ai piloti di concentrarsi su questo aspetto.

Tempi e setting

Sarebbe troppo facile basare tutta la valutazione sui giri veloci, ma sarebbe molto fuorviante, visto che come sempre c’è stato chi si è soffermato maggiormente a fare test di assetto e comparative di telaio e motore, o chi ha cercato il long run.

Ducati trova un Dovizioso quanto mai contento delle sue prestazioni e della sua moto, ritrovandosi a girare molto veloce e con molta costanza nei tempi, 2.00 alto, tenendosi alla larga da tentativi di giri da qualifica, mentre Lorenzo è stato un pò meno costante, ma che stampa il tempone record alla fine dei tre giorni di test, forse mirando a far calmare i dubbi sul suo conto . Il Maiorchino si dice contento del feeling con la moto, e risulta essere anche parecchio rilassato. Cadalora dichiara che ora Jorge guida la D16 in maniera molto più simile a quello che aveva con la M1, segno che a Borgo Panigale si sia fatto un gran lavoro nell’inverno. Petrucci per ora lavora ancora sulla comparativa fra 2017 e 2018.

Honda nei primi due giorni pareva avere problemi di telaio e motore, ma nel terzo giorno pare aver trovato la quadra nella strada da percorrere, fornendo al campione del mondo una moto che gli ha permesso di girare con tempi molto costanti, sul 2.00 basso, tanto che in una ipotetica gara, avrebbe vinto lui. Pedrosa e  Crutchlow non sono distanti da Marquez, quindi diciamo che c’è ancora del lavoro da fare, ma la strada intrapresa è più che buona.

Yamaha è qualcosa di incerto e poco chiaro, perchè dopo i primi due giorni che han fatto spendere parole di elogio sulla moto, definita da Vinales e Rossi come nettamente migliore della 2017, nel terzo giorno presenta nuovi grattacapi ai due alfieri di Iwata. La moto è si migliorata molto nel feeling in curva, staccata e consumo gomma, però ha nuovamente fatto uscire un limite della 2017, ossia che senza aver modificato nulla, senza uno spiegabile motivo, la moto va più lenta, tanto da non permettere una simulazione di long run, nel terzo giorno, causa tempi troppo lenti per essere indicativi. Ci sarà da lavorare, ma ancora non è il caso di creare allarmismi.

Suzuki ha definito quale sia il motore per la stagione 2018, trovando piena soddisfazione nei due piloti, ma come si diceva sopra, c’è ancora da lavorare su frenata e trazione, ma Rins inizia a dimostrare di capire bene la moto, potrebbe stupirci nella prossima stagione, Iannone è il caso che non sottovaluti il compagno di box.

Ktm è un cantiere ancora molto aperto, quindi difficile da analizzare, ma non pare ci siano grossi problemi, eccezion fatta per il grosso richio occorso ad Espargarò, finito a muro per un problema ai freni. Lo Spagnolo è uscito illeso dalla carambola, ma dovrà riposare qualche giorno per riprendersi dalle botte rimediate

Aprilia vale il discorso di Ktm, moto completamente rivista, che ha fornito buon felling ad Espargarò, mentre Redding ancora non ci si trova, attendiamo i prossimi test per vedere come andrà con il nuovo motore.

Apro un capitolo Tech3 e Zarcò perchè il pilota Francese ha lodato la moto 2017 sin da Valencia e per tutto l’inverno, dicendo che il suo stile la faceva andare veloce e che le lamentele dei due ufficiali erano ingiustificate. Si arriva a Sepang, ed ecco che anche a lui si presentano gli stessi problemi che erano apparsi nel test 2017 a VR46 e MV25, tanto da iniziare a considerare se non sia il caso di correre con la 2016. Complimenti.

Ora a voi la parola…

Saluti

Davide_#Ricominciamo_QV

 

LA MAGIA DELLA NORDSCHLEIFE, VISTA E VISSUTA DA FUORI.

Che il Nurburgring sia quel luogo di magia, sfida, coraggio, pazzia, passione, rischio, energia o semplicemente una droga, lo conosciamo bene tutti e chiunque abbia fatto anche solo un giro la dentro, può capire ognuna di queste parole. Potrei o vorrei starvi a narrare ancora ed ancora di quel che si prova in ogni singolo fottutissimo giro, ma oggi no, oggi cercherò di farvi comprendere cosa ci sia di speciale nel Ring, anche semplicemente vivendolo da fuori, durante degli eventi di motorsport, o mentre girano le vetture stradali, o nella semplice serata trascorsa fra amici, uniti dalla stessa passione.

Guardi un video come questo, senza che ci siano delle auto, senza che ci sia il suono dei motori, senza il fragore delle urla degli spettatori, senza il profumo delle griglie accese, senza il sapore delle birre assieme agli amici, senza il calore di una giornata torrida estiva o la sensazione della gelida pioggia che bagna il viso, senza la voce dello speaker, senza il canto di un uccellino, senza gli aromi della foresta, si insomma, semplicemente senza essere li. Ma anche  solo da un video simile, ammirando il tracciato da una prospettiva da cui non lo si vede mai, mescolando il tutto con il dolce suono del pianoforte, si può restare ammaliati ed incantati, seguendo il nastro d’asfalto, la foresta che lo circonda, provando un pò quella magia, che affascina i veri appassionati del motorsport e della NORDSCHLEIFE.

Ho citato molti senza, che sono tutti un’insieme di quelle emozioni che ti sa dare il Ring, quando sei semplicemente li attorno a quell’anello, ma non forzatamente a bordo pista, ma anche stando solamente nei suoi dintorni, mentre ad esempio attraversi la piccola cittadina di Nurburg, con i suoi noleggi di auto pronto pista ad ogni angolo, i locali tutti addobbati di mille foto storiche, ed altrettante parti di auto da gara che parlano di corse, facendo affiorare nelle memoria storie e leggende. Oppure andando nella appena più grande Adenau, dove nella sua piazza incappi nel palo con le distanze chilometriche dai più famosi circuiti del mondo, finendo per sentirti pervaso dall’universo dei motori, in mille sue sfaccettature.

Una alchimia inesorabile, che finisce per creare una attrazione, portandoti a voler tornare in quelle zone, ogni volta che ti è possibile.

Pochi mesi fa sono stato nuovamente in questi posti, per girarci e sfidarmi, ma anche a seguire la gara della VLN, un endurance di 6 ore vecchio stampo, di quelli che ti fanno camminare per i box, ed assistere a team rivali messi tutti assieme uno accanto all’altro, a settare e preparare l’auto, condividendo lo spazio del garage. Ma non si respira quell’aria di guerra, non si vedono team e piloti giocare al nascondere i segreti, anzi, è tutto li bello in mostra, in ogni suo dettaglio, con i piloti che parlano fra loro, come se stessero facendo una normale passeggiata rilassante. Insomma, quel mondo che molto spesso noi fanatici di motori, sognamo di trovare.

Magari qualcuno mi dirà che sia così solo perchè stiamo parlando di una gara meno conosciuta, ma al ring è così anche quando corre il DTM, o quando c’è l’Historic, con il pubblico messo sempre al centro dell’evento, dandogli la possibilità di incontrare i vari personaggi che partecipano a questi competizioni o vedere da vicino le vetture, cosa che il mondo delle competizioni troppo mediatiche, ha scordato da tempo.

Ma se già questo ti emoziona, quello che poi trovi nella gente che assiste a queste corse, è qualcosa di favoloso ed incredibile, come quando sali sulle tribune e ti appare un personaggio vestito da Babbo Natale in pieno agosto con 34°, dove le birre probabilmente gli fanno da paraflu. Puoi trovarti a parlare con un Tedesco, che si chiede il perchè del tuo tifo per i piloti Italiani, capendo poi da dove provieni, finendo a narrarsi reciprocamente di gesta ed emozioni vissute nelle gare sul suolo Italico, o a parlare della storia di alcuni marchi nostrani o dei loro marchi teutonici, come se ci si conoscesse da una vita.

Ma quando scendi dalle tribune, perchè vuoi goderti la Nordschleife, percorri le strade, incrociando auto che fino a quel momento forse avevi visto solo in qualche foto o video sparso nella rete, finendo magari per ritrovarti delle vetture di Gruppo B che ti passano accanto, o ritrovarti davanti al naso le più costose opere d’arte motoristiche delle grandi case. Ma il meglio spesso lo da incappare nel semplice frutto di tanta passione meccanica, opera di qualche personaggio o pilota della domenica, che modifica in maniera incredibile le auto più disparate, quali possono essere una Prinz, o una Mini prima serie, o un furgone scassato nell’estetica e perfetto nella meccanica,  a cui prontamente dedichi un pollice alto, in segno di stima nei suoi confronti, venendo corrisposto da un saluto, mescolato ad un sorriso gioioso di chi è seduto su quel mezzo.

Abbandoni l’auto nel parcheggio e ti avvii a camminare verso qualche curva del tracciato, addentrandoti magari fra gli alberi e i cespugli che trovi nel sentiero che ti porta a bordo pista, tutti i ricettori del tuo corpo impazziscono, sentendo mescolare la pace e la quiete della foresta, ma poi senti il rombo di un motore che inizia a riecheggiare da lontano, avvinghiandosi assieme a quel profumo di benzina e allo stridio delle gomme, che interrompono  quel momento di immersione nella natura e ti ritrovi sulla rete che ti separa dalla pista, assieme ad altre persone di ogni età, che quasi in religioso silenzio, assistono al passare dei mezzi più disparati. Potrà esserci la giornata più torrida, o quella più fredda, potrà piovere o solo alzarsi una nebbiolina, potrà esserci vento forte o la quiete più assoluta, ma troverai sempre qualcuno li, con gli occhi e le emozioni di un bimbo incantato a guardare le gesta di quegli uomini su due o quattro ruote, che si sfidano in una gara o una normale circolazione turistica, forse a volerne carpire la tecnica, o forse solo voler vedere di cosa son capaci certi mezzi, o forse, come accade a me alle volte, immersi a seguire la danza dei mezzi, fra i cordoli e le curve.

Già, un qualcosa che ho dentro sin da piccino, un qualcosa che non so spiegare, perchè non ho dovuto far nulla perchè si presenti, ed anche ad agosto ero li, assieme ad una amica, a passare fra Brunchen, Flugplatz 2, sul rettifilo oppure sulle S di Tirgarten, passando ore ed ore sotto la pioggia, alternata al sole, a guardare e sentire le auto sfrecciare, quasi come un qualcosa che ti rilassa e ti porta in una  sensazioni di pace interiore, sentendoti quasi fuori dal mondo, apprezzando quel qualcosa, che non vorresti smettesse mai, come un carillon che avevi da giovincello, che girava e rigirava, con quel suono dolce che ti inebriava la mente.

Ma in tutto quel girare, puoi ritrovarti assieme al vecchietto che si è fatto il suo bel supportino per avere a portata di mano birra, panino e sigarette, o finisci a ridere con un gruppo di giovani che si son portati dietro una mega griglia e che han più fusti di di birra di un bar. Trovi quelli che devono sfoggiare il loro corredo da appassionato marchiato dai loghi del motorsport fin anche nelle mutande, che si alterna a quello che gliene frega meno di zero della moda, passando per quello con l’auto che cade a pezzi, assieme a chi ha un’auto da 5 zeri, vedendoli convivere alla grande nello stesso spazio e alle volte persino parlare assieme, senza preconcetti o senza fare altezzosi. Anche questo è il Ring.

Ma il Ring è anche quel posto dove magari ti fermi davanti a una moto in serie limitata, ti avvicini al proprietario per fargli i complimenti per il mezzo e chiedere se abbia davvero intenzione di girarci la dentro.  Ovviamente tu non sai chi sia e da dove venga, inizi a parargli in Inglese, parli delle solite cose da Ring e del suo mezzo. Lui ti vede abbastanza esperto della zona e del circuito, ti chiede varie cose, ma ti accorgi sempre più che c’è qualcosa di strano nella discussione, fino a quando esordisce con un: “figa Franco (un suo amico), come cacchio si dice quella parola in Inglese?” – e li ti sbaccani dalle risate, pensando a quanti minuti abbiamo passato a parlare una lingua non nostra. Ma la stessa cosa ti capita di viverla quando noleggi un auto, o quando prendi una camera in uno degli alberghi o pensioni della zona, o quando chiedi una informazione, finendo così per trovare altre persone con cui parlare e sorseggiare qualcosa assieme, scoprendo altre magie della zona.

Le sue cittadine, quei luoghi che dicevo  essere pregni di sfumature che richiamino corse e competizioni, dove puoi dar sfogo alla tua voglia di sfidarti, entrando in uno dei molti noleggi di auto, potendo provare l’ebrezza di farlo con i mezzi più disparati, dalla piccole auto leggere, arrivando alle supercar esotiche. Posti dove solo il portafoglio ti può far pensare a che limite fermarti, anche se dovrebbe vincere la ragione, andando a ricordarsi cosa sia l’Inferno Verde, quale sia la propria conoscenza e capacità alla guida. Questi poi sono luoghi zeppi di persone, che li ci lavorano non solo per uno stipendio, ma proprio per tutto quel fascino e droga che ha in se il Ring e quando li conosci, inizi ad entrare in un fighissimo mondo di storie e racconti più disparati, ascoltando le storie dei fenomeni che arrivano li pronti a spaccare il mondo, che combinano poi grossi danni. Ascolti le storie di personaggi incredibili, che riescono a combinarne una più di Bertoldo, o anche semplicemente sentir parlare di quali lavori han fatto sui loro veicoli, per spingersi sempre più veloci fra le curve e far scendere il proprio record sul giro. Storie e leggende, che forse alle volte son favole, tuttavia un modo per trascorrere il tempo.

Tempo, quegli istanti dove decidi di passare dei momenti tranquilli con gli amici, seduto in un bar o al tavolo a cena, avendo solo l’imbarazzo di dove andare, conscio che qualsiasi posto non ti deluderà, ne sul bere e men che meno sul cibo, ma ancor meno sulle emozioni. Dovrei seguire la logica delle bevande e del  cibo, ma quando ti siedi, attorniato da pezzi delle più disparate auto da gara, modellini favolosi e foto che ritraggono piloti, o tenici leggendari, o degli istanti di corse impressi nella tua mente, tutto passa in secondo piano, facendoti entrare in un turbine di emozioni e ricordi, legati a istanti vissuti, o solo tramandati, che ti creano un film di pensieri, dove torni a vivere quei momenti o cerchi di immaginarti come siano stati. Alle volte mi chiedo se questa è una cosa che provo solo io, ma poi ti accorgi che li attorno a te hai amici con cui parlare, ed iniziare infiniti discorsi, partendo da una immagine o dettaglio appeso ad un muro, che finiscono per ricordare gesta eroiche, ma anche solo far partire il resoconto dei proprio giri al ring.

Ma il resoconto e consigli sui giri, non li puoi fare se accanto non sorseggi qualcosa di buono o ti sazi di ottimo cibo, ma come dicevo sopra, l’imbarazzo della scelta è tanto, come tanti sono i posti dove puoi trovare della ottima cucina nostrana, passando per il meglio di ciò che sfoggia la tradizione popolare Tedesca, senza mai scadere in posti troppo in, o bettolacce degne dei peggiori bar di Caracas. In questi posti, troverete quell’abbinata di diversità di persone, com’era a bordo pista, che convivono negli stessi spazi, dove magari alle volte finisci per trovare pure piloti e tecnici, anche se quelli più famosi normalmente sono nel nuovo albergo del werk. Ma l’aspetto ancora più piacevole è quella sensazione di casa che ti danno questi posti, sia per la struttura, ma sopratutto per l’accoglienza e disponibilità che hanno i loro gestori, che spesso diventano pure essi nuovi amici. Una delle scene migliori è stato in un pernotto in un posto sperduto, in cima alle colline, in mezzo a quattro case. Arrivi e trovi un terrazzone dove ci sediamo io e mio compare, mille chiacchere, birra, carne squisita e ad un tratto si aggrega a noi anche la figlia dei titolari, si parla di tutto, si scherza e si ride, ma dopo un pò ci fa: “ragazzi, io domattina devo alzarmi alle 6.00 ed è l’1.00, starei qui con voi, ma devo dormire qualche ora. Tenete le chiavi dell’albergo e segnate quello che bevete ancora e ci vediamo domani.” Convivialità incredibile.

Gli amici, quelli che ti accompagnano nel viaggio per salire in queste splendide lande, con cui condividi ore e ore di auto, oppure quelli che ti fai mentre sei li, o quelli che non vedi mai, ma rincontri dopo anni in questi luoghi, tutti uniti da un comune denominatore, che ti portano a parlare ore e ore, o fare assieme le minchiate più colossali. Come addentrarsi nel bosco in piena notte, con un buio pesto che quasi ti disorienta, nascondendo ogni riferimento alla tua vista. Il tutto per scavalcare le recinzioni, ed andare ad apporre la firma sul nastro d’asfalto più affascinante del mondo, con il brivido di sapere di finire nei casini se ti beccano. Ma anche questo è vivere una di quelle magie della Nordschleife.

All’inizio dicevo che potrei stare ore e ora a parlare del Nurburgring, ma mi dilungherei fin troppo, mentre spero di avervi trasmesso un pò di quel che provo in quei luoghi, magari facendovi salire la voglia di andarci e provare di persona queste sensazioni descritte.

Ring, cuore contro paura, ragione contro pazzia, sfida contro rischio, per tutto ciò che poi è “solo” emozione…

Saluti

Davide_QV

GREEN HELL….FIVE LAPS IN ONE LAP

Nordschleife…quel circuito che ti fa dubitare di te stesso…quel luogo, dove ogni volta, prima di andarci a girare, sei li che ti chiedi che senso ha…quel luogo, dove pensi se riuscirai ad andare sempre più veloce, ma senza sbattere….quel luogo, che una volta che ci entri, ti diventa come una droga….quel luogo, dove si alza la sbarra e sei tu contro ogni singola curva, da far più veloce e meglio….stare sempre meno a fare quei 19100 metri….ed ogni giro…volerne fare un’altro…e un’altro ancora….

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