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Hamilton e la Mercedes stravincono in Giappone, la Ferrari affonda

Suzuka è una gran bella pista. Una di quelle che esaltano macchine e piloti. Dove i migliori scavano un abisso rispetto agli altri. O lo approfondiscono, se l’abisso c’è già. E gli altri, per cercare di stare loro vicini, commettono errori.

E così vediamo una Ferrari che tenta di qualificarsi con gomme da bagnato quando la pista è asciutta. Col risultato di contrapporre, ad una prima fila Mercedes, un misero nono posto di Vettel, compromettendo fin dal sabato le poche possibilità di ridurre il divario da Hamilton in campionato.

Allo spegnimento dei semafori, Vettel parte a razzo e guadagna 3 posizioni portandosi subito dietro al compagno di squadra. Ad evitare alla Ferrari il team order ci pensa il prode Max Verstappen, che arrivando lungo all’ultima chicane rientra in pista mentre arriva Raikkonen buttandolo fuori pista e facendolo rallentare quanto basta per far passare Vettel. Nel frattempo l’alter ego di Verstappen quanto a simpatia, Kevin Magnussen, si fa tamponare da Leclerc sul rettilineo di partenza, col risultato di bucare una gomma e percorrere un intero giro seminando detriti.

Questo provoca l’uscita della Safety Car, e alla successiva ripartenza si ingaggia il duello fra Verstappen (nel frattempo giustamente penalizzato di 5 secondi) e Vettel. E accade quanto ampiamente prevedibile. Alla frenata della Spoon curve, Vettel vede un varco all’interno, e con un ottimismo che definire eccessivo è un eufemismo si butta all’interno dell’olandese. Il quale, non aspettandosi un attacco, segue la traiettoria ideale chiudendo la curva e urtando il tedesco, che finisce in testacoda nella via di fuga ritrovandosi poi in coda al gruppo, fortunatamente con la macchina non troppo danneggiata.

Raikkonen non riesce ad approfittare dell’urto fra i due davanti a lui, perchè troppo lontano. Le sue gomme supersoft iniziano molto presto a perdere prestazione, e lo costringono a fermarsi forse un po’ anticipatamente rispetto alle previsioni. A Kimi vengono montate gomme medie, l’unico set portato dalla Ferrari e mai provato nel corso delle prove.

Qualche giro dopo anche Verstappen si ferma, scontando i 5 secondi di penalità, e riesce ad uscire davanti a Raikkonen. Qualche giro dopo si ferma anche Ricciardo, in grande rimonta dopo essere partito dalla quindicesima posizione a causa di un’avaria subita in qualifica. E anche lui riesce ad uscire davanti a Kimi, che si ritrova così in quinta posizione ma, quel che è peggio, con una macchina senza prestazione.

La lotta per le prime posizioni finisce virtualmente qui. Vettel riuscirà a rimontare fino alla sesta posizione, ultimo della prima classe e staccatissimo dal compagno Raikkonen, il quale a sua volta rimedia un distacco abissale da Ricciardo. Verstappen si avvicinerà a Bottas senza però riuscire realmente ad impensierirlo, nonostante diversi errori da parte di quest’ultimo, evidentemente in crisi con le gomme.

E così Hamilton porta a casa la quarta gara consecutiva, la sesta in sette gare (e nell’unica che non ha vinto è comunque arrivato secondo), la quinta di fila a Suzuka. Dietro i primi sei troviamo Perez, un sempre ottimo Grosjean, Ocon e Sainz, che negli ultimi giri nega a Gasly e alla Honda l’ultimo punto disponibile.

Ancora notte fonda per McLaren e Williams, e poca soddisfazione pure per la Sauber dopo una qualifica che faceva ben sperare.

L’idea che dà la Ferrari in questo momento (e lo stanno dicendo anche fonti giornalistiche tradizionalmente vicine alla squadra di Maranello) è di essere in grande confusione. E il week-end in Giappone lo ha purtroppo completamente confermato, a partire da una scelta di mescole da portare a dir poco scellerata (come già accadde per Sochi), pur se presa diverse settimane fa, per continuare con la decisione di utilizzare gomme da bagnato in Q3 quando era abbastanza evidente che fosse l’opzione sbagliata, non fosse altro che per il fatto che tutti gli altri stavano decidendo diversamente, per finire con la poca lucidità dei due piloti in gara, entrambi letteralmente fermati, come al solito, da Verstappen, che si sta rivelando un ostacolo ancora maggiore delle due Mercedes, se si fa il conto di quanti problemi ha creato la (gestione della) sua presenza in pista nelle ultime due stagioni.

Nel frattempo la Mercedes ha letteralmente iniziato a volare, dimostrando nelle ultime tre gare un enorme vantaggio, di macchina, di piloti e soprattutto di lucidità. A questo punto c’è il rischio che il mondiale 2018 venga ricordato come il quinto consecutivo di grande supremazia Mercedes, e questo sarebbe un po’ ingeneroso nei confronti di Hamilton, che andrà molto probabilmente a chiudere il discorso già nella sua amata Austin. Perchè la suddetta supremazia, quest’anno, è dovuta a fattori più umani che tecnici, a differenza degli anni scorsi.

P.S. l’intervista di Maurizio Arrivabene a fine gara può essere letta in tanti modi. Come quella di un team principal che tenta di difendere la sua squadra dopo un risultato estremamente deludente, ma anche come quella di chi ha visto un’altra gara. Parlare di risultato positivo quando la pista dice che la Ferrari oggi è stata la terza forza, e quando i due mondiali piloti e costruttori hanno preso ancora una volta la via di Stoccarda, sembra francamente fuori luogo. Ma questa è la cifra della Ferrari, in questo momento, e forse non c’è troppo da stupirsi dei risultati che arrivano di conseguenza. Nonostante una SF71H che anche oggi si è dimostrata, in gara, un’ottima vettura.

Bottas lascia vincere Hamilton a Sochi, la Ferrari si rassegna

Il mondiale 2018 ci aveva fino a qui abituati all’alternanza. La Ferrari è partita forte, poi in Spagna la Mercedes sembrava averla superata, poi la rossa è di nuovo tornata davanti come prestazioni ma non ha saputo capitalizzare soprattutto a causa degli errori del proprio pilota di punta. E infine, dopo Monza, è successo qualcosa.

Cosa non è dato a sapere, fatto sta che se fino al GP in Brianza il punto di forza della squadra anglo-tedesca era un Hamilton sempre perfetto, a differenza del collega tedesco della Ferrari, mentre la W09 doveva subire la velocità della SF71H, specialmente in trazione, a Singapore e Sochi qualcosa è cambiato, e le parti sembrano essersi letteralmente invertite.

E infatti la qualifica di Sochi ha visto le due Mercedes surclassare le due Ferrari, con Bottas a prendersi la pole position distaccando Hamilton di pochissimo, e rifilando oltre mezzo secondo a Vettel e Raikkonen.

La partenza sembra la fotocopia di quella di Monza a parti invertite, con Hamilton che riesce a difendersi da Vettel affiancando Bottas, il quale non gli lascia strada. Ma stavolta, a differenza di quanto aveva fatto Seb a Monza, Lewis non prova ad attaccare il compagno, si difende dall’attacco, e mantiene la posizione.

Dietro, uno straordinario Verstappen, partito diciannovesimo come il compagno per cambio di motore, rimonta 10 posizioni in 3 giri, e gliene servono pochi altri per arrivare alla quinta posizione, il massimo cui potrà aspirare oggi.

I primi sono partiti con gomme ultrasoft e dopo pochi giri iniziano i pit-stop. Apre Bottas al 12° giro, seguito due giri dopo da Vettel, che tenta l’undercut su Hamilton. Quest’ultimo si trova Sirotkin davanti nell’ultimo settore prima di rientrare, e questo lo porta a perdere abbastanza tempo per essere sopravanzato da Vettel all’uscita.

Ma Lewis non ci sta, e al giro successivo con l’aiuto del DRS tenta il sorpasso in curva 2. Vettel ripete la stessa manovra fatta qualche giro prima da Magnussen su Ocon, cambiando traiettoria in frenata e tenendo dietro Hamilton, il quale però lo supera di forza due curve dopo, annullando così l’effetto dell’undercut.

Nel frattempo Verstappen diventa leader della corsa, essendo partito con gomme soft e non avendo avuto ancora la necessità di fermarsi. Le due Mercedes lo raggiungono al 23° giro. Con Vettel che si avvicina ad Hamilton al punto da arrivargli in zona DRS, dal box Mercedes arriva perentorio l’ordine che riporta Bottas alla dimensione maggiordomo che tante volte ha dovuto assumere quest’anno. Alla curva stabilita praticamente si ferma e fa passare Hamilton mettendosi fra lui e Vettel, e iniziando a rallentarlo.

Questo è l’episodio che in pratica mette fine alla lotta fra i primi 3. Da qui in avanti si vedrà solo l’inevitabile pit stop di Verstappen, che uscirà come previsto dietro a Raikkonen. E si sentirà, ad un giro dalla fine, Bottas chiedere se c’è l’intenzione di ridargli la prima posizione, ricevendo un’ovvia risposta dal suo box.

E così i primi 3 tagliano il traguardo distaccati di pochi secondi. Seguono Raikkonen, Verstappen, Ricciardo, Leclerc sempre ottimo con la Sauber, Magnussen sempre poco simpatico, e le due Racing Point con Ocon e Perez che quando sono disciplinati portano sempre a casa punti. Poca gloria in Russia per Renault e Toro Rosso, mentre McLaren e Williams in questo momento hanno una quantità di problemi grande quanto la gloria che hanno avuto in passato.

La Ferrari si rassegna, abbiamo scritto nel titolo. Ora non si può più dire che il campionato è ancora lungo. Mancano solo 5 gare, i punti di distacco sono 50, come abbiamo detto all’inizio la Ferrari ha perso, per qualche strano motivo (che probabilmente tanto strano non è), la superiorità che aveva, e la serenità con la quale Vettel ha accettato l’esito deludente del week-end fa proprio pensare che ormai si sia persa la speranza di riportare a Maranello il titolo, 10 anni dopo.

Fra una sola settimana si corre in Giappone, e scopriremo se è già ora, per i ferraristi, di pensare al 2019.

P.S. oggi Bottas ha subito lo stesso trattamento di Barrichello a Zeltweg nel 2002. Nè più nè meno. Niente di male, se non fosse che la Mercedes, nella persona di Toto Wolff, ha sempre detto che queste cose loro non le fanno. A Monza hanno spiegato approfonditamente di non avere rovinato la gara di Valtteri, oggi questo non lo potranno fare, ma, in privato, dovranno dare qualche spiegazione in più al loro secondo pilota, che per radio non ha dimostrato di gradire particolarmente il trattamento ricevuto.

E aggiungiamo che come Schumacher non aveva bisogno, all’epoca, di questi stratagemmi per vincere il mondiale, Hamilton non ne ha bisogno oggi. Il sorpasso su Vettel ha dimostrato una volta di più che lui merita questo mondiale, e lo può vincere tranquillamente senza alcun bisogno dell’aiuto del maggiordomo.

Hamilton domina a Singapore e ipoteca il titolo, la Ferrari gli dà una mano

“Il campione si vede nel momento del bisogno”, avevamo scritto dopo Monza, con riferimento alla coraggiosa e decisiva manovra tentata da Lewis alla Roggia. E a Singapore se ne è avuta la riprova.

Una pista Ferrari, si diceva. Dopo le FP3, la prima fila rossa era più di una certezza. E invece no. Hamilton infila un giro che ha ricordato molto (anche nelle sue successive esternazioni) quello di Senna a Monaco nel 1988, quando dette 1.8 sec. a Prost a parità di macchina, e successivamente disse di avere avuto visioni mistiche. Un Vettel demoralizzato deve invece accontentarsi del terzo posto, superato da Verstappen autore di un giro se possibile ancora migliore di quello di Hamilton, con un motore depotenziato.

I punti si fanno la domenica, ma le premesse, per la Ferrari, non sono le migliori. Seb non si può più permettere errori, e con Verstappen davanti e Bottas di fianco i rischi non mancano. Allo spegnersi dei semafori, però, il tedesco dimostra grande intelligenza. Affianca e supera Verstappen, ma arriva leggermente lungo alla prima curva e invece di stringerlo lo lascia sfilare, per poi attaccarlo e superarlo definitivamente sul lungo rettilineo successivo, giusto un attimo prima che venga data Safety Car per un incidente fra le due ex Force India, con Perez che manda a muro senza tanti complimenti il compagno Ocon.

La SC rientra dopo qualche giro, ed è una ripartenza senza emozioni. Hamilton gira su tempi altissimi (12 sec. più lento della pole), la preoccupazione di tutti è quella di far durare le hypersoft il più a lungo possibile. Problema che per chi insegue è molto maggiore, vista la perdita di deportanza che queste macchine hanno quando sono in scia.

Il ritmo inizia ad alzarsi verso il quindicesimo giro, con Hamilton che riesce a mettere un gap di 2 secondi fra sè e Vettel, il quale fa lo stesso con Verstappen che lo segue. Alla Ferrari decidono però di osare e proprio mentre Lewis continua a migliorare i suoi tempi, chiamano ai box Vettel per montare le ultrasoft. Una strategia che al momento lascia molto perplessi. Il tedesco esce davanti ad Alonso, ma subito dietro Perez. Al giro dopo entra immediatamente anche Hamilton, il cui pit è leggermente più lento, e la gomma montata nel suo caso è la soft, molto più resistente ma anche teoricamente più lenta rispetto alla mescola montata dal tedesco.

Seb impiega un giro solo a superare Perez, ma perde comunque 4 secondi. La Red Bull ne approfitta, e chiama ai box Verstappen, il quale all’uscita si trova esattamente di fianco al tedesco, riuscendo a stargli davanti. Anche l’olandese ha montato la mescola più dura fra quelle portate dalla Pirelli. E così Vettel si trova a perdere una posizione con la prospettiva di dovere fare un altro pit-stop, a differenza dei suoi avversari. E la notizia peggiore è che la ultra soft non sembra dargli quel vantaggio prestazionale sul quale al muretto Ferrari contavano per sopravanzare Hamilton.

La gara procede stancamente, le uniche emozioni vengono dal solito Perez il quale, esasperato da lunghi giri dietro il lento Sirotkin, una volta riuscito a superarlo tenta di intimidirlo urtandolo, con l’unico risultato di bucare una gomma rovinando definitivamente la propria gara.

Poco dopo è Grosjean a trovarsi alle prese col tappo russo, e ciò avviene proprio mentre arrivano i primi a doppiarli. Un prudente Hamilton non tenta doppiaggi azzardati e consente così a Verstappen di avvicinarlo fino a tentare timidamente il sorpasso. Ma evidentemente l’olandese ha messo giudizio, e consente ad Hamilton di terminare i doppiaggi in tranquillità, ristabilendo subito dopo la distanza di sicurezza.

Questa è l’ultima emozione di una gara che termina un’ora dopo con i primi 6 nell’esatto ordine nel quale sono partiti. Gli ultimi giri vedono Hamilton continuare a girare su ottimi tempi, con Verstappen a 4-5 secondi, mentre Vettel in netta crisi con le ultrasoft di secondi ne accumula oltre 30. Per sua fortuna, Bottas passa gli ultimi giri cercando, senza riuscirci, di doppiare Hulkenberg, che lo costringe a girare sui tempi di Seb. Ma Raikkonen e Ricciardo non riescono ad approfittarne.

Il primo degli altri è Alonso, che forse per la prima volta da 4 anni a questa parte può dire per radio “la macchina è buona”. Lo seguono Sainz, Leclerc, ritornato finalmente a punti con la Sauber, e Hulkenberg. Fuori dai punti Toro Rosso, Haas, molto sotto tono forse anche a causa delle modifiche al fondo imposte dalla FIA, Racing Point grazie alle prodezze di Perez, e Williams, in totale crisi quando il circuito non è iperveloce (e quindi non è Monza).

E così quella che doveva essere la riscossa Ferrari, su una pista teoricamente molto favorevole alla macchina e molto gradita dai piloti, si è trasformata in una delle peggiori gare per entrambi. Vettel è apparso spento e molto nervoso (i pugni sul volante al termine della Q3 sono significativi), il muretto poco lucido nell’interpretare una pista estremamente difficile per il continuo cambio di condizioni. Non è andata come nel 2017, ma poco ci manca, e con una macchina di sicuro molto superiore.

Hamilton riparte da Singapore con 40 punti di vantaggio, che Vettel dovrà cercare di recuperare in 6 gare. Al momento sembra un’impresa, teoricamente possibile ma in pratica molto difficile da mettere in atto, quando dall’altra parte c’è un pilota che ha raggiunto uno stato di forma eccellente.

P.S. qualche giorno fa Ross Brawn durante un workshop ha mostrato in anteprima i rendering delle F1 del 2021.  E nel farlo ha spiegato che l’obiettivo è consentire alle macchine di stare in scia senza perdere il 50% della deportanza. Oggi abbiamo visto cosa questo significhi: un trenino con vagoni dal costo di centinaia di milioni di euro. E’ una cosa inaccettabile, considerando che il baraccone costa una cifra enorme per poi offrire uno spettacolo in alcuni casi raccapricciante. Speriamo che il buon Ross, aiutato da Symonds e dagli ingegneri da lui coordinati, riesca nell’intento.

Ferrari stratosferica ma a Monza vince Hamilton

Il campione si vede nel momento del bisogno. E la F1 è lo sport dove questa parafrasi trova la sua completa applicazione.

La vittoria di Spa aveva lanciato un chiaro segnale alla Mercedes: la SF71H è ora più forte della W09, senza se e senza ma. E le qualifiche di Monza hanno dimostrato in modo inequivocabile questo assunto, con le due rosse in prima fila, davanti ad un Hamilton che è sembrato metterci molto del suo per cercare di stare loro vicino. Ma in pole c’era la rossa sbagliata, quella di Raikkonen, cosa che è parsa avere lasciato Vettel con dubbi la cui natura non ha voluto rivelare.

La missione per accontentare anche la domenica i tifosi già in tripudio in sabato, oggi era una sola: doppietta. Con una sola, grande, incognita: la partenza e le (poche) prime curve. Troppe volte, da quando la Ferrari è tornata davanti, abbiamo assistito ad incidenti che hanno coinvolto le due rosse, vanificando l’ottimo lavoro del sabato.

Potevano esserci due versioni per la partenza di Monza:

  1. (quella logica): Vettel passa davanti, e Kimi si accoda difendendolo dagli attacchi di Hamilton;
  2. qualsiasi altra.

E’ andata in scena la versione 2, con Kimi che parte peggio di Seb, quest’ultimo gli si affianca alla prima variante ma il finlandese non molla e Lewis ne approfitta per affiancare una prima volta il tedesco. Ma all’ingresso della variante della Roggia Vettel difende l’interno, davanti ha Raikkonen che ancora una volta sembra più lento di lui, e Hamilton lo supera dall’esterno con una manovra decisa ma pulita. Seb non riesce a fare la curva ed urta l’inglese andando in testacoda e dovendo ripartire dal fondo.

Dopo una Safety Car per ripulire la pista anche dai detriti di un altro incidente nelle retrovie, Vettel riparte così dal fondo velocemente rimontando posizioni, mentre i primi due viaggiano con un distacco costante di 1 secondo, con Hamilton che non sembra in grado di attaccare Raikkonen. Il quale si ferma per primo al giro 21, ma stranamente Lewis non lo segue il giro dopo. Allo stesso modo Verstappen e Bottas, terzo e quarto prima del pit stop di Kimi, restano in attesa.

E poco dopo si capisce in attesa di cosa. Un laconico team radio nei confronti del finlandese della Mercedes recita così: “Keep Kimi behind”.  La funzione di Bottas per oggi è, una volta di più, quella del tappo.  Ma far proseguire Hamilton così tanti giri gli ha fatto perdere diversi secondi, che può recuperare solo con l’aiuto del compagno. Cosa che puntualmente succede, e Bottas viene fatto rientrare ai box solo quando il distacco di Lewis da Kimi scende sotto al secondo.

A quel punto mancano una quindicina di giri, e il problema per il finlandese della Ferrari è il terribile blister che ha sulle due gomme posteriori. E infatti a 8 giri dalla fine nulla può contro il deciso attacco di Hamilton, al quale prova a resistere in modo corretto ma invano.

Da quel momento in poi la gara vive sul duello fra Versteppen e Bottas, con l’olandese che prova a resistere al finlandese nel suo solito sporco modo, rimediando una penalità di 5 secondi, che sarà poi determinante nel farlo scivolare dalla terza alla quinta posizione. Sul terzo gradino del podio sale così Bottas, seguito da Vettel che porta a casa il massimo risultato possibile dopo l’incidente al primo giro.

Dopo il solito abisso, un consistente Grosjean porta a casa la sesta posizione (grazie anche al ritiro di Ricciardo cui il motore Renault sta già facendo pregustare il 2019), poi le due ex-Force India cui il cambio di proprietà ha fatto decisamente bene, poi Sainz di nuovo a punti con una Renault comunque al di sotto delle aspettative, e infine Stroll, incredibilmente a punti con una Williams che evidentemente è stata progettata per andare forte solo sui circuiti molto veloci.

Poca gloria per McLaren, Sauber e Toro Rosso, fuori dalla zona punti e mai realmente esistite nel week-end monzese.

E’ difficile per chi scrive chiudere questo articolo senza ripetersi. Quante volte, quest’anno, la chiusa parlava degli sprechi della Ferrari e della necessità di essere perfetti fino alla fine per potere sperare di vincere il mondiale. Ora non si può più nemmeno dire che il mondiale è ancora lungo. Mancano solo 7 gare e fino ad ora abbiamo visto un Hamilton perfetto che ha sempre portato a casa la vittoria nei week-end per lui più difficili, combinando il suo grande talento con i frequenti errori della Ferrari, e soprattutto di Vettel. Perchè, non bisogna avere paura di dirlo, il tedesco è il principale responsabile della classifica attuale che vede Hamilton e la Mercedes ben davanti in entrambi i campionati.

Ora si va a Singapore, che quanto a sprechi ai ferraristi evoca bruttissimi ricordi. Anche se partono, indubbiamente, da grandi favoriti. E non è detto che sia una cosa positiva.

P.S.
Relativamente alla gestione delle strategie, la Mercedes ha, volenti o nolenti, dimostrato di saperci fare molto più della Ferrari. Se questi ultimi avessero relegato Kimi allo stesso ruolo di Bottas, Vettel sarebbe uscito primo dalla variante e oggi parleremmo di un trionfo Ferrari. Ed è strano che in alcune situazioni Kimi venga sfavorito (è successo, fra le grandi proteste dei suoi aficionados) e quando serve di più addirittura si dichiara che è libero di vincere, con il risultato che abbiamo visto. In Mercedes tutte le volte che hanno potuto a Bottas hanno fatto fare la parte del maggiordomo, e oggi ciò è stato pure palesato nei team radio in quanto minuziosamente pianificato prima della gara. Il tutto in perfetta incoerenza con le dichiarazioni dei giorni precedenti Monza,  ma, e lo abbiamo già evidenziato, per vincere in F1 la coerenza non è un requisito.

Un tedesco domina con la Ferrari a Spa

A Spa vincono solo i migliori. E’ un’affermazione indubbiamente vera, se si guarda l’albo d’oro si trovano quasi solo campioni del mondo. C’era un pilota “più migliore” degli altri. Era tedesco. E con la Ferrari a Spa regalava sempre grandi emozioni. Come nel 1996, quando fece capire al mondo che la Ferrari era ritornata. E oggi un altro tedesco ha fatto capire, non al mondo ma ai rivali anglo-tedeschi, che la Ferrari il mondiale 2018 lo può portare a casa, a dispetto delle recenti battute a vuoto.

Già dalle prove libere si era capito che durante le vacanze la Ferrari ha lavorato molto bene, meglio dello sorso anno. Ma per la terza volta di fila la pioggia sembrava volerle mettere i bastoni fra le ruote. Uno scroscio provvidenziale in Q3 consente ad Hamilton di piazzare la sua Mercedes in pole position, ma Vettel riesce a posizionarsi in prima fila, davanti alle due “debuttanti” Racing Point di Ocon e Perez. Il povero Kimi è vittima della solita distrazione del suo team, che non gli mette abbastanza benzina per fare l’ultimo tentativo, e si deve accontentare della sesta posizione.

Alla partenza si assiste ad un replay del brutto incidente del 2012, questa volta con Alonso nella parte che fu di Grosjean. Hulkenberg sbaglia totalmente la frenata, tampona violentemente lo spagnolo il quale decolla sopra la macchina di Leclerc colpendone violentemente l’Halo con una gomma. Ma il dispositivo assolve perfettamente la sua funzione, e di sicuro da oggi in poi sarà anche visto con occhio diverso da tutti coloro che l’hanno criticato aspramente al momento della sua introduzione.

Raikkonen e Ricciardo sono le altre due vittime illustri della Source, con l’australiano che tampona il finlandese dopo essere a sua volta stato urtato dalla macchina volante di Alonso. Gara rovinata per entrambi, con la Ferrari che si trova da subito a fare a meno di una vettura, nella giornata in cui la Mercedes partiva con la seconda macchina penalizzata a causa del cambio motore.

Poco prima dell’uscita della Safety Car, Vettel, che era partito meglio di Hamilton ma era stato da lui portato all’esterno in entrata della Source, opera su Lewis un sorpasso imperioso sul rettilineo del Kemmel, portandosi in prima posizione.

Dopo qualche giro dietro la SC, alla ripartenza l’inglese prova timidamente e vanamente ad attaccare il tedesco, il quale stabilisce rapidamente le distanze con un distacco attorno ai 3 secondi che impedisce a Lewis di attivare il DRS. Verstappen si sbarazza abbastanza in fretta delle due Racing Point, issandosi al terzo posto, ma perdendo quasi un secondo al giro dai primi due.

L’attesa a questo punto è tutta per il primo pit-stop, con la Mercedes che opera una “finta” nella quale la Ferrari non casca. 3 secondi però sono troppi per tentare l’undercut, ma la Mercedes ci prova comunque e Lewis entra al giro 21 per montare gomme soft. Vettel viene richiamato il giro successivo, perdendo buona parte del vantaggio, ma per sua fortuna Lewis era uscito dietro a Verstappen, e quando Seb esce a sua volta dai box se li ritrova entrambi dietro a distanza di sicurezza, mantenendo la prima posizione. Che conserverà fino al traguardo, non consentendo mai al rivale di avvicinarsi, ma, anzi, aumentando progressivamente il distacco fino a quando l’inglese non desiste dal tentativo di avvicinarlo.

Al terzo posto conclude un solitario Verstappen, diventato da qualche gara capace di capitalizzare tutto il potenziale della vettura. Poi Bottas, rimontato dalle ultime posizioni, le due “debuttanti” Racing Point, risultato sul quale si potrebbe parlare a lungo ma non è questa la sede, poi le due Haas con Grosjean davanti a Magnussen, Gasly, autore di un’ottima gara con un motore Honda per il quale Spa non è più un incubo, e infine, a chiudere la zona punti, un ottimo, è il caso di dirlo, Ericsson.

Fuori dalla zona punti un drappello di inguardabili, a cominciare da Sainz e la sua instabile Renault, per proseguire poi con le due Williams e a terminare con Hartley e Vandoorne, il primo vittima di se stesso e il secondo vittima della macchina.

A Spa si è avuta la conferma, casomai ce ne fosse stato bisogno, che la SF71H e superiore alla W09, e con un’auto come questa in Ferrari possono veramente sperare di riportare il mondiale a Maranello. Ma anche in un week-end dall’esito vincente, si deve recriminare su quell’errore strategico in prova che ha costretto Raikkonen a partire dalla terza fila esponendosi maggiormente al rischio di un incidente che è poi puntualmente avvenuto.

Così come per la pioggia, che ad Hockenheim e a Budapest ha privato Vettel di due vittorie sicure, si potrebbe invocare la sfortuna, ma è lo stesso fondatore a ricordarci che “la sfortuna non esiste”. Da Monza in poi, ma, soprattutto, a Monza, la lista degli sprechi, già così ben nutrita quest’anno, non dovrà più allungarsi, e se questo accadrà potrebbe veramente finire un’attesa che nella storia della Ferrari equivale a quella che portò dal titolo di Surtees a quello di Lauda.

Fra una sola settimana vedremo se, come nel sopracitato 1996, un tedesco vincerà su una Ferrari in Italia, ad 8 anni dall’ultima vittoria rossa ad opera di un altro grande pilota, Fernando Alonso.