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Vettel trionfa, qualcosa è cambiato?

Era tutto vero. A Barcellona la Mercedes non si stava nascondendo, e quando Hamilton e Lauda insistevano nel dire che la Ferrari era favorita non stavano facendo pretattica.

In una domenica mattina (per noi italiani) di marzo 2017 a Melbourne è risuonato l’inno tedesco seguito da quello italiano. Come 17 anni fa, e all’epoca fu l’inizio del ciclo più vincente della storia della F1, per una squadra e per un pilota. Oggi invece segna l’interruzione di un dominio che dura ormai da 3 anni e che stava diventando insopportabile. Se temporanea o meno, l’interruzione, lo scopriremo, per il momento ci limitiamo a raccogliere e analizzare ciò che la prima prova del mondiale ci ha raccontato.

Le nuove regole hanno di sicuro rimodulato i distacchi fra le 3 squadre di vertice, Mercedes, Ferrari e Red Bull, con la rossa che pare ormai andare quanto la freccia d’argento. Il problema dei tedeschi oggi è sembrato essere l’uso delle gomme, perchè la gara si è indubbiamente decisa quando Hamilton è stato costretto a fermarsi con qualche giro d’anticipo, e si è poi ritrovato bloccato dietro Verstappen, col box che gli chiedeva disperatamente di superarlo e lui consapevole del fatto che ciò non fosse possibile. E Bottas, autore di una gara molto consistente al debutto con la Mercedes, ha probabilmente dovuto trattenersi per non attaccarlo nel finale di gara.

La SF70-H, invece, di problemi di gomme non ne ha avuti, con Vettel sempre molto costante nei tempi sul giro e Raikkonen che ha segnato il giro più veloce nel finale di gara (dopo avere, per la verità, dormito quasi tutto il GP), a conferma del fatto che la macchina è nata bene, e che l’interrogativo per il futuro riguarda più che altro la capacità della squadra di svilupparla, il che rappresenta un problema per la Ferrari da quando hanno abolito i test in pista.

La Red Bull non ha smentito le pessime attese della vigilia, con Ricciardo attardato in partenza e poi ritirato, ma va comunque sottolineato che Verstappen è arrivato a ridosso di Raikkonen. Il che significa che la Red Bull stessa va come una delle due Ferrari. Quanto conti il pilota in tutto ciò è da stabilire, anche se l’impressione è che nel risultato ci sia molto del manico di Max.

Parliamo delle nuove regole: abbiamo visto meno sorpassi, e questo già si temeva, ma abbiamo anche notato un aumento enorme del divario fra le prime tre squadre e tutti gli altri. La Williams è arrivata staccatissima, con Massa, ultimo dei non doppiati. Dietro, l’ordine dei valori non è cambiato rispetto allo scorso anno, con Force India a battersi con la Toro Rosso, e la Renault che è apparsa migliorata, sicuramente grazie all’apporto di Hulkenberg. In realtà davanti a loro avrebbe dovuto esserci Grosjean con una Haas apparsa molto buona, ma un problema alla power unit l’ha fermato anzitempo. E fino a pochi giri dal termine a lottare per l’ultimo punto disponibile c’era anche Alonso alla guida di una McLaren che era riuscita incredibilmente a fare più di una decina di giri senza rompersi. In fondo non ci è comunque arrivato, così come il compagno di squadra, a conferma di una situazione pessima per la quale non si prevedono miglioramenti a breve termine.

Fra gli aspetti positivi portati dal cambio di regolamento possiamo di sicuro mettere il fatto che le macchine (e le gomme) consentono ai piloti di spingere molto di più, e, soprattutto, che queste auto non perdonano, come si è visto bene in prova, e nella trappola sono caduti sia i debuttanti che i piloti esperti. Questo ha portato a maggiori divari fra compagni di squadra. Ci sono state situazioni in cui un pilota le ha sonoramente suonate al team-mate. Magnussen, Palmer e Stroll sono rimasti lontanissimi dai rispettivi compagni, e tutti e tre sono stati protagonisti di errori nelle prove.

E, a questo proposito, parliamo dei debuttanti. Per il suddetto Stroll si è trattato di un pessimo avvio di carriera in F1, e di sicuro non per colpa dell’auto, visto che l’anziano Felipe è arrivato sesto. Eravamo abituati a giovani provenienti dalle formule minori andare a punti al primo GP quando salivano su macchine che glielo consentivano (per esempio Vandoorne lo scorso anno). Per il pay-driver Lance non è stato così. Il giovane non vale di sicuro un Verstappen o un Vandoorne. Ma non vale nemmeno un Giovinazzi, il quale è stato l’altra eccellenza italiana vista oggi. Aveva un un unico compito, quello di stare fuori dai guai e arrivare in fondo, e c’è riuscito portando una Sauber inguardabile al dodicesimo posto. Qualche giorno fa si parlava di occasioni colte e sprecate, lui la sua occasione l’ha di sicuro colta, ora sta a chi lo ha sotto contratto dargli l’opportunità che merita, anche perchè forse ce n’è già bisogno. E ci fermiamo qui.

Ora si va in Cina, circuito completamente diverso, per caratteristiche, a quello di Melbourne. E’ stato detto che Melbourne non è un circuito significativo per misurare il valore di una vettura, vedremo se la Ferrari saprà mantenersi a livello della Mercedes anche a Shanghai. Ma, questo è sicuro, ci arriverà con un pilota in testa al mondiale, come non accadeva da diversi anni. Ed è altrettanto sicuro che i tedeschi faranno di tutto per tornare a dominare.

 

Campioni del mondo e campioni delle occasioni perse

In attesa dell’inizio del mondiale, fra soli 7 giorni, smettiamo per un attimo di parlare del sottosterzo della SF70H  o dei presunti problemi della Mercedes, e occupiamoci dei guai del povero Fernando Alonso, che con quella che sta per iniziare farà 11 stagioni senza vincere il mondiale, una in più della ex squadra dei sogni, la Ferrari.

La storia della F1 è piena di quelli che potremmo definire i campioni delle occasioni perse, coloro cioè che sulla carta potevano meritare più mondiali di quelli che hanno poi effettivamente vinto, ma hanno sprecato occasioni con scelte e comportamenti sbagliati.

Partiamo proprio da Fernando, che nel 2006, anno della vittoria del suo secondo mondiale, pareva lanciato a raggiungere e superare, in breve tempo, il rivale dell’epoca, Michael Schumacher. Non è andata proprio così, anche per la sua incapacità di gestire le situazioni difficili interne alla squadra per la quale correva. Come invece sapeva fare Prost, uno di quelli che poteva diventare campione delle occasioni perse (ben 5 mondiali persi per pochissimo), ma ha avuto la grande abilità di fare tesoro dei propri errori e soprattutto di sapersi adattare anche nelle situazioni scomode, prima fra tutte quella con Senna nel 1989, quando vinse il mondiale di furbizia, sapendo di essere inferiore al brasiliano in pista, e di avere pure il team contro. E recuperando successivamente un’altra situazione potenzialmente in grado di troncargli la carriera, il licenziamento da parte della Ferrari nel 1991, che, col senno di poi, costò carissimo più alla Ferrari stessa che non a lui.

Un altro pilota al quale il proprio carattere ha impedito di raggiungere ben altri risultati rispetto a quelli con i quali è stato consegnato alla storia è Carlos Reutemann. Grande promessa a metà degli anni ’70, ha avuto l’abilità di passare dalla perdente Ferrari alla vincente Lotus proprio nel momento in cui i ruoli si sono invertiti. Dopodichè è riuscito a passare all’auto vincente del momento, la Williams, ma solo accettando un ruolo di seconda guida, che la squadra ha rispettato fino in fondo facendogli perdere il mondiale nel 1981.

E poi c’è Mansell. Che di occasioni nella sua carriera ne ha perse tantissime. Gomme esplose, dadi non fissati, incidenti.  E poi, quando la carriera sembrava finita, è arrivata quella giusta, con la favolosa Williams.

Se confrontiamo i piloti che le occasioni le hanno colte da quelli che le hanno perse, constatiamo facilmente che la differenza fra i primi e i secondi non è la velocità in pista ma la capacità di riconoscere le situazioni scomode, gestendole o anticipandole.

E qui ritorniamo all’attualità: Alonso aveva capito, 3 anni fa, che con la Ferrari non sarebbe andato da nessuna parte, ma ha fatto la scelta più comoda, e anche l’unica possibile, quella della McLaren-Honda, che si è poi rivelata un disastro e lo sarà anche quest’anno, per la terza stagione consecutiva. E avremo il pilota complessivamente più forte relegato alla lotta per il decimo posto. All’estremo opposto c’è Hamilton che è costretto a vincere il suo quarto mondiale, considerando che di fianco ha un pilota che nessuno considera un fenomeno, ed è appena stato battuto da un altro che fenomeno non era (considerato). E per di più guida un’astronave (dando per scontato, come pare evidente dalle varie analisi che sono circolate in questi giorni, che anche quest’anno sarà tale). Ma Lewis sembra proprio essere uno di quelli che le situazioni scomode le soffre, e se, per caso, Bottas dovesse rivelarsi un osso duro, potremmo assistere alla crisi di un campione.

Lasciando da parte i piloti Ferrari, visto che entrambi le loro occasioni le hanno colte e anche perse (soprattutto Kimi), la stagione che sta per iniziare ci dirà se Ricciardo assomiglia più a Reutemann o a Prost. Inutile dire che si trova in una situazione molto scomoda, dato il compagno di squadra che si ritrova. C’è un grosso punto interrogativo sulla competitività della Red Bull, è auspicabile che quel ritardo che i test hanno evidenziato si riveli in realtà molto minore rispetto alle stime che sono circolate, perchè in quel caso ne vedremo delle belle, con i due a battagliare duramente fra di loro e con gli avversari. Sicuramente il buon Daniel si merita di guidare un’auto competitiva e di raggiungere grandi risultati, ma è ormai alla sua settima stagione in F1, e all’attivo ha solo 4 vittorie. Questo per lui sarà inevitabilmente l’anno della verità.

E poi ci sono i giovani. In particolare Stroll e Ocon che hanno un mezzo in grado di farli arrivare costantemente a punti, e potenzialmente anche sul podio. Soprattutto il primo dei due avrà gli occhi addosso, essendo debuttante assoluto e sospettato (per usare un eufemismo) di essere un pay driver. A lui è stata data una grande occasione, vedremo se saprà sfruttarla.

Fra pochi giorni ne sapremo di più, e molti dubbi si trasformeranno, finalmente in certezze. Da molti anni non vi era un’attesa così alta per la prima gara, speriamo che venga ripagata da un adeguato spettacolo in pista, e, soprattutto, che il fattore umano torni a fare la differenza, come ci è stato promesso con l’avvento delle nuove auto. Perchè il dubbio più grande è proprio questo.