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BWT RACING POINT F1 TEAM

Se non erro è il secondo cambio di nome in due anni, da Sportpesa a BWT arrivando prima da Force India. Ed il bello è che di fatto a nessuno (inclusi loro probabilmente) interessa granchè di quest’anno visto che il 2021 non significherà solo regolamenti nuovi ma la rebrandizzazione Aston Martin (works Team) motorizzata AMG e sfoggiante un telefonatissimo British Racing Green. In tutta sincerità un pò smarriti erano sembrati già lo scorso anno nel quale non hanno mostrato gli spunti ai quali ci avevano abituato specie prima che Stroll Sr ed il suo $ettimo Cava££€ria arrivasse a prendersi il Team. Mi pare chiaro che tutto l’interesse attorno a questo Team verte sul suo futuro più imminente quando, come già detto, segnerà l’ingresso ufficiale in F1 di un marchio glorioso come Aston Martin anzichè sul suo presente, leggasi 2020, nel quale sono attesi a fare il loro consueto dovere di buoni mestieranti e nulla più. Il decennio appena chiusosi è stato dominato prima dalla Redbull ex Jaguar ex Stewart e poi dalla AMG ex Brawn ex Honda ex BAR ex Tyrrell. Chissà che questo non vedrà il primo iride in F1 di Aston Martin ex Racing Point ex Force India ex Spyker ex Jordan.

Ai posteri l’ardua sentenza

WILLIAMS FW43

Williams approfitta dei consueti 100km concessi per il filming day per presentare la sua FW43 direttamente a Barcellona ed effettuarne lo shakedown in vista dei tests che cominceranno mercoledì come da programma:


Al netto della livrea, decisamente più accattivante di quella dello scorso anno, e del fatto che stavolta son riusciti ad assemblare tutto in tempo l’unica domanda sensata da porsi è se rappresenterà di nuovo uno spreco di fonitura AMG per la Power Unit oppure no. Chi scrive è ragionevolmente certo di sì, Williams Racing produce utili in modo consistente ergo ha un interesse leggasi motivazione relativa a risalire la china della griglia se farlo significa inficiare l’EBITDA. Ragione per la quale è opinione comune che il Team di Grove resterà dov’è prestazionalmente parlando a meno che non peschi il jolly come fece quasi 45 anni addietro con SAUDIA. Vedremo, la vettura presenta delle modifiche notabili ad occhio che indichiamo qui di seguito:




In estrema sintesi si è lavorato parecchio sulle fiancate della monoposto riducendo sensibilmente le prese d’aria per il sistema di raffreddamento, presumibilmente assieme all’utilizzo di masse radianti di dimensioni inferiori. Diverse anche le appendici aerodinamiche posizionate dinnanzi alle già citate prese d’aria, sicuramente più ricercate rispetto allo scorso anno. Sia come sia la strada per Russell e Latifi sarà tutta in salita

Resta….Vai…No ritorna

C’era una volta una bella monoposto rossa di nome SF71-H che correva veloce sulle piste di un inizio mondiale 2018 vincendo le prime gare e facendo pole in sequenza.

L’auto era forte, non dominante come taluni urlavano, ma era molto forte, tanto forte al punto di far sognare nuovamente gli ultras rossi orfani di tituli dal lontano 2008.

A fine primavera però qualcuno decise che uno dei padri di quel progetto avrebbe dovuto emigrare in Svizzera per rinverdire i fasti di un marchio che da li a qualche mese sarebbe riapparso come nome di una monoposto da gara e non più come semplice sponsor.

Il padre obbedì e dopo UN solo mese di gardening si mise a lavorare su quella che sarebbe stata chiamata Alfa Romeo pur continuando ad essere costruita nelle “officine” Sauber. E su questo, sull’importanza di dare il nome ad un telaio piuttosto che essere semplice sponsor, tanti ci ricamarono magnificando l’importanza dell’operazione che all’atto pratico non fa di una Sauber un Alfa….

Non voglio entrare nel merito di ciò, di quelli che sarebbero potuti essere i contenuti di quell’operazione e dei perché fu portata avanti dai promotori della stessa, anzi direi dall’unico promotore….

La realtà dei fatti è che quella SF71-H nella seconda parte della stagione cominciò a perdere prestazioni, portando la Ferrari dall’essere la prima forza del mondiale di inizio 2018 sino alla terza forza attuale. Gia, perché è innegabile che sia così in quanto Red Bull ha vinto due gare nel 2019 e Ferrari no, considerando che Mercedes è ampiamente fuori concorso.

Questa la premessa per rimarcare le perplessità espresse all’epoca dei fatti che videro il trasferimento di un importante Ingegnere come Simone Resta ad Hinwill allontanandolo dalla GES. Il vizio di mettere mani a qualcosa che funziona non lo si perde mai, vero? I risultati confermano la tesi, con una Sauber (mi perdonerete se la continuo a chiamare col suo nome vero) che è cresciuta di prestazioni man mano e con una Ferrari (mi perdonerete se continuo a chiamarla col suo nome finto) che si è persa per strada.

L’operazione fu voluta da Sergio Marchionne, ma non è concesso dirlo ad alta voce attribuendogli un errore madornale, pena gli strali dei tifosi rossi ultras convinti che il miglioramento di prestazioni dopo il 2016 furono solo merito del re Mida che svolgeva il suo ruolo con il cuore del tifoso invece che con l’attitudine del manager.

Ma qui entreremmo in polemica e mi voglio limitare ad un giudizio dei fatti, ovvero che spogliare la Madonna per vestire Gesù Cristo paga solo quando nell’armadio hai i vestiti di ricambio……

immagine tratta da Motorsport.com

Ed infatti il secondo padre della SF71-H ovvero Mattia Binotto ha ottenuto lo scettro del comando della Ges e, non potendo essere uno e trino, i risultati dell’impoverimento del reparto tecnico della Ferrari si sono visti con il parto e lo sviluppo della SF90 ancora a zero vittorie, altro che tituli…

Ma “se in Bahrein”, “se in Canada”……purtroppo i “se” ed i “ma” non fanno podi e neanche vittorie in Formula Uno.

Simone Resta torna in GES dopo TRE mesi di gardening… ma a che serve il gardening quando esci da una porta e ti infili in un’altra dello stesso albergo? La rossa ha bisogno di lui anche per la vettura 2020, perché non credo che in Sauber si stesse girando i pollici pensando al 2021, ovvero avrà fatto qualcosa per la 2020 che magari può tornare utile per la SF91?

Magari la monoposto 2020 sarà meglio chiamarla SF71-H/B

immagine in evidenza tratta da pitpass.com
Salvatore Valerioti

L’ANGOLO DEL FROLDI: UNA MODESTA PROPOSTA

Il nuovo corso Ferrari, targato Binotto, è piaciuto ai più.

Ovviamente siamo ancora nella cosiddetta “luna di miele”, tipica di un cambiamento percepito come positivo e necessario dopo l’era Arrivabene e quindi si tratta di una fiducia che poi dovrà essere corroborata dai risultati in pista. In caso contrario, come da locuzione latina “Vae Victis!”: guai ai vinti! Perché hanno sempre torto. Perché il secondo è il primo dei perdenti. E perché i tifosi ferraristi vengono da un digiuno lungo ormai oltre due lustri, e temono come poche altre cose il record (speriamo che resti per sempre imbattuto) di oltre 21 anni  (1979-2000, da Scheckter a Schumacher) per rivedere il titolo mondiale piloti dalle parti di Maranello. Io, intanto, mi accontenterei di quello costruttori.

Parlavamo del nuovo corso di Mattia Binotto.

Manca ancora una vera apertura nel paddock, da questo punto di vista poco o nulla è stato fatto. L’impressione che si ha, talvolta, è che in Ferrari se la “tirino”.

Vero il blasone, vero il carisma, vero il peso della Storia. Ma mediamente sia Mercedes che Red Bull sono più aperti nelle loro comunicazioni verso i mass media e verso i tifosi.

Ovviamente in pochi mesi non si possono cambiare tante cose, ammesso che il comandante in capo della Scuderia lo voglia fare.

Quello che conta è vincere. E questo sarà l’unico banco di prova.

Però. Però la Ferrari almeno sui social ha cambiato qualcosa.

Ha destato non poca sorpresa, anzi entusiasmo un tweet (datato 10 marzo) della Scuderia molto breve: “Noi siamo pronti e voi? Fra una settimana, saremo di nuovo in pista”.

Dov’è la novità? Che era appunto scritto in italiano.

L’identità. Cosa è questa roba?

Lasciano perdere discorsi pericolosi e sdrucciolevoli, legati a nazionalismi e populismi. Stiamo parlando dell’identità di un marchio, di una storia. L’identità di una azienda è legata, come tutto il resto, al suo passato: che non deve e non può essere mai dimenticato.  Alle sue origini.  Al chi siamo e da dove veniamo.

Si tratta di una catena che va in avanti, a cui si aggiungono nuove maglie, e che però viene dal passato, con le maglie più vecchie che ti ancorano nel tempo.

La Ferrari è italiana. Non è tedesca, non è inglese. E tra l’altro viene apprezzata anche perché è italiana, oltre al fascino che promana dalla sua storia che, se si pensa alla fondazione della Scuderia, conta ormai nove decadi. Per certi versi un record unico.

E’ ovvio che l’inglese, vuoi perché questo nostro mondo prima è stato britannico-centrico ed ora è americano-centrico, sia la lingua fondamentale per comunicare in tutto il mondo. E lo è anche in virtù della sua semplicità.

Tuttavia, sempre più spesso, il prestito linguistico non vede solo gli italiani che prendono parole inglesi, ma viceversa gli americani che usano, pari pari, parole italiane. Forse un complesso di inferiorità (la storia USA è relativamente recente), forse perché amano come suonano certe parole e comunque la nostra ricchezza lessicale è decisamente superiore alle lingue anglofone, con sfumature espressive che mediamente i sognano.

Sto andando fuori tema. Torniamo a bomba.

Un solo cinguettio in italiano è bastato per esaltare i tifosi italiani.

Ed ecco la modesta proposta: perché non affiancare all’inglese, ormai imprescindibile, l’italiano? Nei social a mio modesto parere sarebbe una marcia in più.

Dunque, forza! E usiamolo questo italiano. Perché dobbiamo essere fieri delle nostre origini. E perché no, della nostra letteratura che ha respiro universale.

 

P.S.: non so se lo sapete, ma Enzo Ferrari aveva una calligrafia bellissima. E scriveva molto, molto bene.

 

 

Mariano Froldi

L’ANGOLO DEL FROLDI: FORMULA FRANKENSTEIN

Della Formula Wrestling, cioè dello spettacolo sopra tutto che arriva alla finzione, attraverso norme artificiose e surreali, abbiamo già parlato. L’inversione fra causa ed effetto genera cortocircuiti imbarazzanti. Uno sport “funziona” quanto maggiormente è comprensibile dai tifosi/appassionati. E quanto è più chiara la sua “cornice” regolamentare, tanto più genera spettacolo. Il calcio ha cambiato poche regole nel corso della sua storia, eppure non vedo molto disamoramento, pur con alti e bassi fisiologici. Se per seguire lo spettacolo invece crei un coacervo di norme, tra l’altro fra di loro in contraddizione, allora stai sbagliando clamorosamente. Inseguire lo spettacolo a tutti i costi è il problema.

Partiamo da lontano. Non so se avete presente il romanzo “Frankenstein, o il novello prometeo”. E’ uno dei prodotti più innovativi e originali della stagione europea del Romanticismo. E’ un romanzo assai breve, un romanzo gotico, dove l’autrice, Mary Shelley, si interroga sugli esseri umani che tentano di creare la vita dalla morte, cercando di diventare creatori, con risvolti attualissimi legati alla bioetica (in sintesi: non tutto ciò che si può fare nella scienza, necessariamente si deve fare).

Nella vulgata comune noi immaginiamo questo essere con viti, bulloni, etc etc. Prendiamo appunto la sua versione popolare. Oggi la Formula Uno sembra quel “mostro”: un “accrocchio” rattoppato qua e la, con intenti certamente nobili, si suppone, ma con esiti alquanto imbarazzanti e potenzialmente esiziali.

Vediamo: monoposto certamente veloci, dopo aver permesso lo sviluppo, almeno in parte delle Power Unit, ma molto pesanti e “grandi”: forse quelle con dimensioni maggiori se si eccettuano i primordi della Formuna Uno.

E’ il portato della scommessa del turbo ibrido, che di per se non è affatto una realtà o scelta sbagliata, e che avrà ricadute sicuramente nella produzione di serie.

Prima o poi (a mio parere più poi, perché un cambiamento tecnologico avviene non perché lo vuole la politica, ma perché i tempi sono maturi, come ci insegna la Storia) arriverà l’elettrico di massa sulle quattro ruote. I problemi da risolvere sono ancora due per la grande produzione: il costo e l’autonomia. Nulla di insormontabile, ma ci vorrà tempo.

Ma questo specifico turbo ibrido, era l’unica strada che si poteva percorrere in Formula Uno? Ha senso aver spinto la Formula Uno, tempio della velocità per eccellenza, in senso contrario, puntando sulla durata delle componenti? Come possono coesistere velocità e  durata? Sono un evidente ossimoro. E difatti, visto che devo usare 3 PU per 21 Gran premi, pena esemplari “punizioni” in griglia ecco che io, Team, decido che ad un certo punto si va in “modalità Taxi”, e il pilota diventa un autista con il braccio fuori dal finestrino. Lo ha spiegato di recente Mario Isola.

Per non parlare delle altre ridicole limitazioni (flussometro in primis) di tutte le altre componenti, e last but not least, la provocazione recente di un cambio standard per tutte le monoposto nel futuro prossimo. Cioè trasformare la Formula Uno in Formula Indy. Altro abominio, ma non perché la Formula Indy sia una cosa brutta; semplicemente si tratta di due cose diverse, che hanno filosofie completamente diverse. “Monomarca” contro “Plurimarca”.

Ci sarebbe potuto essere un altro ibrido, con poche regole chiari, senza assurde limitazioni sullo sviluppo con il continuo ripetere che si trattava di ridurre i costi. Anche qui: il massimo dell’esasperazione tecnologica sulle 4 ruote non può, semplicemente, coesistere con l’idea che ci debba essere un risparmio. E infatti, vieti i test liberi in circuito (cosa che grida vendetta davanti agli dei dello sport), uso i simulatori; mi obblighi ad usare tre motori, ne faccio rompere un migliaio al banco e poi alzo il piede per almeno un terzo della gara. E certamente i costi non diminuiscono, anzi, ci scommetto quello che volete, sono pari se non maggiori.

Torniamo a Frankenstein, ma soprattutto a quello cinematografico, il meraviglioso capolavoro comico di Mel Brooks, “Frankenstein Junior”. Igor l’aiutante, spiaccica per sbaglio, per terra, il cervello conservato di un grande scienziato che avrebbe dovuto animare la creatura, e per evitare rogne prende un altro cervello a caso, che risulterà essere anormale. Questa è la Formula Uno di oggi. Un corpo d’arlecchino con un cervello un pò così.

E’ vero, direte, queste sono cose che in altre salse e condite in altro modo, noi ed altri abbiamo detto.

Ma non è un buon motivo per non ricordarle.

Mariano Froldi