Correva l’anno 1980. 20 alla fine del millennio. La F1 era una categoria in piena ascesa, veniva da un decennio in cui tutto era stato grande, le imprese, le tragedie, l’evoluzione tecnologica, l’aumento dell’attenzione mediatica. Da un lato il progresso sul fronte dei motori, con la coraggiosa introduzione del turbo da parte della Renault, e dall’altro l’esasperazione aerodinamica portata da Colin Chapman, frutto della necessità da parte dei team inglesi (o garagisti, come li chiamava Enzo Ferrari) di sopperire alla mancanza di cavalli del motore Cosworth.
Gli inglesi erano sempre stati convinti che la F1 dovesse essere cosa loro. Capeggiati da Bernie Ecclestone, che per primo aveva capito il grande potenziale commerciale della categoria, i team si erano costituiti in una associazione denominata FOCA (Formula One Constructors Association), il cui obbiettivo era tutelare i diritti degli stessi in maniera organizzata, costituendo un’unica entità con la quale trattare con il potere sportivo, rappresentato dalla FISA (Fédération Internationale du Sport Automobile ), emanazione della FIA. La FISA era guidata da una sorta di despota dai tratti fra il comico e il grottesco che di nome faceva Jean Marie Balestre.
Le questioni da affrontare erano tante, e andavano dalla definizione della spartizione dei ricavi fino ai regolamenti tecnici. Perchè di soldi ne iniziavano a girare parecchi. Da qualche anno la F1 godeva di una copertura televisiva continua in moltissime nazioni. C’erano quindi diritti televisivi da gestire, trattative da fare, con organizzatori, televisioni e sponsor, e colui che più degli altri aveva ben chiaro il da farsi era proprio Bernie Ecclestone.
Ma, ovviamente, c’era chi non voleva lasciare in mano tutto agli inglesi, e il fronte contrapposto era costituito dal sopra citato Jean Marie Balestre e, ovviamente, da Enzo Ferrari, che era al tempo stesso stimato e detestato dai team di oltremanica. Soprattutto nell’ultima parte degli anni 70, quando la Ferrari era tornata prepotentemente a vincere.
Come in tutte le guerre, c’è un fattore scatenante, la scintilla che dà il via alle ostilità, e nel nostro caso questa scintilla ha il nome di un vestito femminile molto di moda negli anni precedenti: la minigonna. O, meglio, le minigonne. Una delle tante furbate che gli inglesi mettevano in pista all’epoca per potere stare davanti alla Ferrari. O, se proprio non vogliamo considerarle furbate, possiamo definirle “interpretazioni al limite del regolamento”. Limite che Ferrari non voleva mai nemmeno sfiorare. Le suddette minigonne erano state introdotte da Colin Chapman sulla prima vera wing-car, la Lotus 79, ed erano palesemente irregolari, essendo appendici mobili con funzione aerodinamica. Da Maranello partirono veementi le proteste, motivate non solo da questioni regolamentari ma anche dal fatto che quel motore 12 cilindri a V di 180° che negli anni precedenti era stato il punto di forza delle rosse, non consentiva, per l’ampiezza dell’angolo fra le bancate, di realizzare una wing-car perfetta, ed era così diventato improvvisamente un punto di debolezza.
E, in più, a Ferrari l’idea che il motore non fosse l’elemento vincente di un’auto non piaceva troppo. Si creò così il cosiddetto fronte dei “legalisti”, costituito dai team che pretendevano il rispetto totale del regolamento tecnico deciso dalla FISA. Niente minigonne e niente furberie similari. E, magari, meno potere agli inglesi. Questo fronte coincideva con il gruppo dei costruttori all’epoca impegnati in F1, Ferrari, Renault e Alfa Romeo, cui si aggiunsero nel tempo altri team minori non inglesi, come la Osella.
Lo scontro fra i due fronti era quindi nominalmente dovuto a questioni regolamentari, ma il vero motivo erano ovviamente i soldi e la gestione della F1 più in generale.
La guerra fra legalisti+FISA da una parte, e FOCA dall’altra, iniziò alla fine del 1979 e si protrasse per poco più di due anni, anche dopo la firma di quel Patto della Concordia che dal 1981 regola la F1, e che continuerà a farlo almeno fino al 2020, attraversando quindi 4 decenni, caratterizzati da mutamenti del contesto economico internazionale, della tecnologia, dei gusti del pubblico, dei mezzi di comunicazione. Avendo, almeno fino ad ora, due punti fermi: Ecclestone e la Ferrari. Con il primo che riuscì abilmente a fare assegnare alla FOCA (e quindi a se stesso) la gestione dei lucrativi diritti televisivi, e con la seconda destinataria di un bonus permanente garantito. Facendo inoltre arricchire in modo spropositato molti (non tutti) fra coloro che parteciparono alla costituzione dell’accordo.
Alcune delle battaglie di questa guerra si svolsero sulle piste. Ci furono GP corsi con solo i team di un fronte o solo quelli dell’altro: il GP di Spagna del 1980 e quello del Sudafrica del 1981, entrambi corsi dai soli team inglesi, e il GP di San Marino del 1982 corso ad Imola, cui parteciparono i soli team legalisti con l’aggiunta della Tyrrell che aveva sponsor italiano. I primi due non ebbero validità mondiale e furono entrambi vinti dalla Williams, con Jones e Reutemann, e il terzo è passato alla storia per il nefasto duello Pironi-Villeneuve.
Se nel caso del GP di Spagna e di quello di San Marino il forfait di parte dei team fu una forma di protesta decisa durante il week-end di gara o poco prima, il GP del Sudafrica del 1981 fu un atto di sfida pianificato nei confronti della FISA, volendo essere, in effetti la prima prova di un campionato alternativo organizzato da Ecclestone e a cui avrebbero dovuto partecipare i team appartenenti alla FOCA. Si corse con un regolamento che non era quello previsto dalla FISA per quell’anno, e non ebbe un particolare successo.
Nel 1981 la prospettiva di avere due campionati fu quindi concreta, e in effetti vennero divulgati i due calendari, quello della FISA e quello della FOCA. Ma, visto anche lo scarso successo del GP del Sudafrica, le parti compresero che nella divisione entrambe ci avrebbero perso (come in effetti successe tanti anni dopo negli Stati Uniti con lo split fra Cart e IRL, avvenuto per motivi in un certo senso analoghi e che ha poi comportato la distruzione di un campionato che negli anni ’80 e ’90 era arrivato a fare concorrenza alla F1 stessa).
Fu quindi trovato l’accordo per correre tutti assieme nel 1981. La Ferrari ottenne l’abolizione delle minigonne e l’imposizione dell’altezza minima da terra di 6 cm, ma i team inglesi aggirarono subito la norma grazie ai martinetti idraulici. E il campionato si concluse con la vittoria della Brabham di Ecclestone. E così per il 1982 fu abolita la regola dell’altezza da terra, di fatto inefficace, e si tornò al regolamento del 1980. Non passò però la richiesta degli inglesi di ridurre la cilindrata dei motori turbo. Nel corso di quell’anno il divario fra turbo e aspirati era diventato di un centinaio di cavalli, troppi per essere compensati con l’aerodinamica. E così si inventarono il trucco dei serbatoi di raffreddamento dei freni, giocando sul fatto che il peso minimo si misurava dopo avere rabboccato i liquidi di qualsiasi tipo, carburante escluso. Di fatto Williams, Brabham e compagnia correvano con decine di kg in meno rispetto alle legalissime Ferrari e Renault, e riuscirono a tenerne il passo nelle prime gare. Ma, dopo le forti proteste dei legalisti stessi, la FISA tolse loro i risultati ottenuti e per protesta gli inglesi disertarono in massa il GP di San Marino ad Imola. Ma quella fu l’ultima battaglia, anche perchè subito dopo iniziarono le tragedie e diventò chiaro a tutti che l’accoppiata turbo+wing car era eccessivamente pericolosa. Saggiamente, le parti in conflitto decisero di fare l’interesse della F1 fermando le ostilità e dando priorità alle questioni più urgenti, tenendo fede al patto della Concordia firmato l’anno precedente. Furono abolite le wing-car, con l’imposizione del fondo piatto, e i principali team FOCA siglarono accordi di fornitura con grandi costruttori (Honda, Porsche, BMW) eliminando il problema del gap prestazionale, e trasformando definitivamente la F1 da categoria per assemblatori a luogo nel quale le grandi case automobilistiche potevano mostrare al mondo le loro capacità.
Nei decenni successivi vi sono stati altri momenti nei quali si è paventata la costituzione di un campionato alternativo, ma a guidare le fronda erano le case automobilistiche, stanche di incamerare solo una piccola parte dei grandi ricavi che la F1 produce. Perchè i cordoni della borsa li ha sempre avuti in mano Ecclestone, e lui ha sempre trovato il modo di riportare la pace, evitando che dalle intenzioni si passasse ai fatti.
Alla fine non sono stati i costruttori a togliere a Mr E il potere ma coloro che hanno comprato l’intero (o quasi) business. Evidentemente è sempre stato chiaro a tutti il fatto che Bernie, pur gestendo l’azienda quasi come un’impresa familiare, in primissima persona, curando tutti gli aspetti e circondandosi di collaboratori fedelissimi anche se dal curriculum a volte discutibile, ha sempre ottenuto e fatto ottenere a tutti ciò che si aspettavano, e cioè una montagna di soldi. Ma adesso, da qualche giorno, il comando è affidato ad altri.
La conclusione che vogliamo trarre da questo sintetico excursus sulla prima guerra di potere avvenuta in F1 è che se all’epoca le manovre di Ecclestone sembravano quelle di un intraprendente uomo d’affari impegnato a fregare FISA e Ferrari per fare gli interessi suoi e quelli dei suoi amici inglesi, la storia ha poi dimostrato che è proprio grazie a lui se la F1 è diventato un business in grado di generare profitti notevoli per la maggior parte di coloro che vi hanno partecipato. E’ vero che in anni recenti la sua gestione è sembrata non adattarsi al mutato contesto del mercato, è anche vero che, specialmente negli ultimi anni, sono piovute critiche sul Patto della Concordia e sulle modalità di spartizione dei soldi, ma in fin dei conti la F1 ha sempre continuato a portare sulla griglia di partenza un numero più che accettabile di partecipanti laddove altre categorie (MotoGP compresa) soffrivano. E’ ciò è dovuto al fatto che Mr E ha sempre avuto ben chiaro quale fosse l’interesse primario del business, e seguendo la sua linea ha, in fondo, sempre fatto l’interesse di tutti, o, almeno, della maggior parte. Prova ne sia il fatto che i precedenti azionisti di maggioranza hanno comunque voluto che fosse lui a mandare avanti operativamente gli affari. E, dalle voci che girano, la defenestrazione è stata oggetto di accese discussioni fra nuovi e vecchi azionisti.
Terminiamo con una domanda: la triade che è subentrata a Mister E, costituita da due perfetti sconosciuti (per il mondo della F1) e da un conosciutissimo storico nemico di Ecclestone, ancorchè persona estremamente esperta e competente, che di nome fa Ross Brawn, sarà capace di mantenere unita la F1 come di fatto è successo negli ultimi 4 decenni? O, fatto fuori il grande capo, si scatenerà una vera e propria guerra civile, come sempre succede quando un dittatore viene deposto? Se quest’ultima è la risposta, a nostro parere la F1 ha molte meno probabilità di riuscire a sopravvivere come entità unica rispetto a quante ne avesse all’epoca della prima guerra di potere, quella fra FISA e FOCA.