MIT’S CORNER: LE NON PAGELLE DI ZANDVOORT

Nella ridente cittadina di Zandv…

Nella “Rimini d’Olanda” si è svolt…

Al culmine dell’estate oland…

Non riesco a cominciare geograficamente questo articolo senza mettermi a ridere all’idea che questo angolo di mondo sia considerato un luogo di vacanza. L’unica cosa che Zandvoort può testimoniare è l’infinita capacità di adattamento che l’homo sapiens è in grado di porre in essere nei meandri evolutivi della sua storia. O forse no? Non è forse più logico pensare che Zandvoort, preteso luogo di vacanza, rappresenti piuttosto la spiegazione del perché ogni anno migliaia e migliaia di olandesi si mettano in auto per percorrere i 1500 km che li separano dalle spiagge italiche dell’adriatico settentrionale?

Va poi considerato che la cittadina che contende a Zandvoort il titolo di “rimini olandese” (non c’è bisogno che chiediate il permesso di ridere) è Wijk-an-Zee, un 30 km più a nord lungo la costa, effettivamente la supera di gran lunga… in bruttezza! grazie alla sua spiaggia (spiaggia?!) circondata dai monocromatici panorami di acciaierie ed altoforni della Tata Steel e che cionondimeno risulta essere ogni anno la sede di uno dei tornei di scacchi più ricchi di storia del mondo degli spingilegna. Torneo che si tiene rigorosamente al chiuso per evitare che i suddetti spingilegna si deprimano guardando il panorama e diano il meglio di sé sulla scacchiera. Che poi “panorama” non mi pare neanche parola granché adatta…

Panorama che viene risparmiato anche ai piloti di Formula 1 grazie alle piccole ma ben piazzate dune che separano il circuito dall’ambiente circostante e consente ai piloti di concentrarsi al meglio tra le sue curve tortuose senza intristirsi. La stessa cosa, cioè evitare di intristirsi, è stata pensata per gli spettatori, sapientemente piazzati in tribune rigorosamente spalle al mare, annaffiati da fiumi di birra e intrattenuti per tutto il tempo dagli instancabili unz-unz-unz di qualche DJ ambulante e passato lì per caso giacché i migliori (può applicarsi il comparativo migliore al sostantivo DJ?)  sono probabilmente impegnati a storpiare le orecchie degli olandesi più furbi, piazzatisi su coste ispaniche o italiche per le loro holidays.

Uno strano circo, insomma, messo in piedi per dissacrare il rito motoristico manco si fosse a Miami o a Las Vegas. C’è da chiedersi cosa sia peggio: pagliacciate come queste o le desertiche rappresentazioni motoristiche della penisola arabica?

Fortunatamente il circuito in quanto tale, pur diverso da quello che ha gloriosamente attraversato diverse ere della Formula 1, mantiene notevoli livelli di interesse dal punto di vista tecnico e se si riesce a evitare di guardare gli spettatori ballare come zombie ci si può concentrare nel vedere i piloti e l’impegno che devono mettere nelle complicate curve del toboga (bella definizione che prendo in prestito da Marc Genè) olandese, quest’anno reso ancora più difficile dal ballerino meteo che il Mare del Nord ha riservato ai nostri eroi.

Ma bando alle ciance e veniamo alle non-pagelle!

VERSTAPPEN

Poteva il nostro eroe esimersi dal dominare, anzi stra-dominare, il Gran Premio di casa? Considerata la festa sugli spalti messa in piedi apposta per lui allora la risposta è: certamente no! Max comincia lo show già il sabato in cui, tra uno scroscio di pioggia e l’altro, decide di dare ai suoi colleghi delle lezioni di guida gratuite su come si conduce una vettura di Formula 1. Ma che dico “lezioni di guida”? un vero e proprio Master! Anzi no, mi spingo fino alla topica formulazione di Doctoral Lecture che Harvard, Oxford e Cambridge scansate! I 6 decimi dati al secondo (un a dir il vero “falloso” Norris) e soprattutto gli 1.3 secondi dati a Perez sono lì a dimostrarlo. E’ stato un vero e proprio piacere vedere la mirabile precisione con cui Max ha affrontato tutte le difficili curve della sua Zandvoort. L’attenzione al dettaglio, che ho spasmodicamente cercato tra le inquadrature di Sky, spiccava ad ogni curva, ad ogni giro e cambiava con implacabile giustapposizione ad ogni configurazione climatica. Semplicemente straordinaria la sua capacità di scovare le microvariazioni di traiettoria necessarie per gestire il mezzo sul bagnato. In questo ambito il confronto con i grandi del passato che sul bagnato (parlo di quelli che ho potuto analizzare io, quindi da Senna in avanti) hanno fatto sfracelli è d’obbligo. Senna era… magico perché del bagnato sembrava infischiarsene. Affrontava il circuito secondo le traiettorie migliori come se fosse sull’asciutto ma con una sensibilità e un controllo talmente alti da spiazzare ogni tentativo di capire come ci riuscisse. Guidava “sulle uova”, sì, ma come nessun altro. Schumacher forse era più “fortunato” di Senna nel senso che sul bagnato il suo peculiare stile di “raddrizzamento” delle curve ne beneficiava parecchio. Non aveva altro da fare che assecondarlo: facile a dirsi… Ad ogni modo, grazie al suo stile, aveva meno da preoccuparsi rispetto alla possibilità di girarsi in ogni dove e poteva concentrarsi sull’efficienza generale del suo giro. Raikkonen è stato il più intuitivo e probabilmente quello che più ha anticipato lo stile di Verstappen giacché “quando aveva voglia” (gli esperti sanno che questa locuzione va anteposta ad ogni valutazione tecnica sul Kimi pilota) intuiva le modifiche da apportare alle traiettorie ideali in favore di quelle che più consentono alla vettura di sviluppare velocità nonostante il poco grip. Vettel aveva in Schumacher non solo il modello sportivo ma anche quello tecnico e sul bagnato cercava di raddrizzare le curve più strette esattamente come il suo idolo (a cominciare dalla straordinaria Monza 2008). Alonso è stato forse il più camaleontico di questa cinquina e, pur non avendo mai amato il bagnato, sapeva certamente come destreggiarsi alternando all’inizio della carriera uno stile a là Schumacher e poi, forse influenzato dalla convivenza con Hamilton, uno più fluido. Hamilton, quantomeno prima di approdare in Mercedes, è quello che più si è avvicinato a Senna come stile cioè cercando sempre le traiettorie migliori (quelle da asciutto per intenderci) contando sulla sua straordinaria sensibilità per stare in pista. E venendo infine a Max troviamo lo stile più “scientifico”, ossia quello di cercare le traiettorie più utili, se così si può dire, per tenere alta la velocità in curva: disegnare traiettorie più larghe nelle curve con leggera pendenza sull’interno o al contrario, studiando il drenaggio sull’interno per anticipare o posticipare a seconda dei casi l’entrata. Stile che deve aver sviluppato sin da ragazzino perché lo ha messo in mostra magistralmente sin dalla straordinaria Brasile 2016 e che da allora mostra ogni volta che Giove Pluvio decide di farsi bello di fronte alle telecamere di Sky (e ammesso e non concesso che la direzione gara glie lo consenta visto che sul bagnato si è via via corso sempre meno). Ad ogni modo anche Zandvoort non ha fatto eccezione. Lo scroscio subito dopo la partenza non l’ha minimamente scalfito e dopo il pit non ha dovuto dannarsi l’anima per rientrare su Perez, girando due secondi (!!!) al giro più veloce: l’aiutino ricevuto nel pit anticipato rispetto a Checo non era davvero necessario. Poi conduce alla grande e in gran controllo girando mediamente tra i 7 e i 9 decimi più veloce degli inseguitori (quorum Perez): supponendo che fosse in controllo è stato semplicemente strepitoso. L’impetuoso scroscio d’acqua nel finale avrebbe dovuto rendere la vita più difficile a Max (anche se sono pronto a scommettere che sulle rain avrebbe girato sui 2.5/3 sec più veloce di chiunque) ma il botto di Zhou ci ha privato, se non del batticuore quantomeno dell’incertezza del risultato finale. Incassa l’ennesima vittoria ostentando, sul podio, uno sguardo un po’ imbarazzato: forse la pensava un po’ come me sull’esagerazione della esaltazione fatta dai suoi connazionali che, con tanto di re, regine, torri e alfieri, gli tributava un inno nazionale cantato in diretta da una tizia in evidente stato di trance idolatra. Si dice che per lui ormai non ci siano più parole però dobbiamo sforzarci di trovarle perché se le merita tutte. E comunque poco male: la matematica sta per dargli il terzo.

ALONSO

Alonso torna ad essere Fernando il magnifico, complice una vettura particolarmente a suo agio nei tortuosi meandri di Zandvoort. Non ho ben capito se Aston abbia portato degli aggiornamenti o sia stato solo un caso, lascio a chi ha più notizie di me dare le opportune valutazioni, ma il fatto che Stroll in Q2 si sia preso 7 decimi e non abbia fatto Q3 (anche al netto del mio personalissimo e opinabilissimo pallino che il suo infortunio ai polsi, in particolare quello sinistro, rimediato a inizio stagione lo stia ancora condizionando) e che in gara non sia stato neanche lontanamente al livello del nostro la dice lunga sulla prestazione di Fernando. E tutto questo con un muretto che non si è mostrato all’altezza in occasione dello scroscio iniziale (ha ritardato non poco il primo pit) sia in occasione di quello prima dello scroscio finale ove un pasticcio con la pistola gli ha fatto perdere secondi preziosi. Bellissimo sia il doppio sorpasso fatto nel primo giro a Russell ed Albon in curva 3 (nonché al giro dopo su Norris sotto il diluvio) e il suo duello finale con Max: per un paio di giri c’è stata l’impressione che Fernando potesse provare a infastidire davvero Max e stavolta credo ci abbia provato ma non appena Max ha deciso di spingere non c’è stato niente da fare. Comunque il titolo di migliore degli altri è strameritato.

GASLY

Il buon Pierre, dopo un inizio di stagione un po’ incerto, sembra che finalmente stia ritrovando la forma che gli conoscevamo. Ieri è stato MVP di giornata non tanto e non soltanto per il podio, comunque risultato eccezionale, quanto per il modo in cui l’ha conquistato. Ha cominciato il sabato mettendo a distanza siderale lo smarrito compagno di squadra e poi domenica, complice una buona partenza e l’azzeccata scelta di pittare subito che l’ha issato ai piani alti. E poi, in questi piani alti, ci è rimasto sfoderando un ritmo eccezionale, perché totalmente inatteso da una Alpine, e una grinta altrettanto notevole in occasione dei duelli con Sainz. Splendido infine negli ultimi giri quando, consapevole della penalità di 5 sec inflitta a Perez appena davanti a lui, l’ha tenuto tranquillamente sui due secondi beneficiando infine del terzo posto sul podio. Ribadisco il ritmo notevole espresso in gara che è stato del tutto simile a quello di Perez e Alonso: in una fase girava con tempi secondi solo a Max (tipo: Max in 15.2 e lui in 15.8 tutti gli altri sopra il 16).

PEREZ

Dopo il semi-incoraggiante GP di Spa Checo torna a sprofondare nell’anonimato. 1.3 sec presi in qualifica, peraltro in un circuito da 1.11, sono un’infinità e non penso che le mutevoli condizioni del clima durante le qualifiche siano sufficienti a giustificarlo. Con una RBR non puoi finire 7° in qualifica, suvvia! A inizio gara si è dimostrato il più sagace là davanti pittando immediatamente e potendo così beneficiare di un bel regalo da parte del clima. Ma non si è meritato nulla perché dopo girava praticamente con lo stesso ritmo di Zhou (che in quel momento era secondo) cioè quasi 2 secondi più lento di Verstappen. Si è già detto che il regalo a Max con il pit anticipato non era necessario: Checo sarebbe stato mangiato senza problemi. Il ritmo successivo è stato di 6/7 decimi, e oltre, più lento di quello di Max il che, sempre considerando la pista così corta, è veramente scadente. Ciononostante, aveva il secondo posto alla portata ma quando è arrivato lo scroscio nell’ultima parte di gara prima si è girato alla 1, manco fosse un rookie alle prime armi, e poi si è stampato sul muretto di entrata ai box che non l’ha fatto frenare abbastanza per rientrare nello speed limit della corsia box e incorrendo così nella fatale penalità di 5 secondi che lo ha privato del podio. E a questo proposito se è giusto riconoscere i grandi meriti di Gasly nel tenerlo nella finestra e altrettanto giusto riconoscere i demeriti di Checo che negli ultimi giri avrebbe potuto tenersi alle caviglie di Alonso ma non l’ha fatto (o non c’è riuscito…). Per sua fortuna, ammesso che si possa parlare di fortuna, Ricciardo si è infortunato e il rischio di sostituzione in corso di stagione si allontana. Tuttavia, gare così insipide continueranno a far starnutire il vecchio Helmut…

SAINZ

Bravo Carlos! Con la SF-23 vista a Zandvoort non c’era da scherzare (citofonare Leclerc) e lui ha saputo domarla quanto basta per portarsi a casa un risultato che per come si erano messe le cose nel week end non sembrava affatto alla sua portata. Va detto che le due Mercedes, le due McLaren e Albon hanno fatto di tutto per aiutarlo, con strategie ridicole che lo hanno avvantaggiato. Ma va anche detto che Sainz è rimasto attaccato alla gara con i denti anche a dispetto di una vettura ben poco performante. Bello il duello con Gasly, alla fine perso ma non senza combattere, e bravissimo anche alla fine a resistere ad un Hamilton che ne aveva decisamente di più. Se non altro un buon auspicio in vista di Monza: non si sa come andrà la Ferrari in quel circuito (ormai è un lancio di dadi ogni volta) ma almeno sappiamo che Carlos non si tirerà indietro. Solido!

E ora raggruppiamo tutti i delusi.

HAMILTON-NORRIS-ALBON-PIASTRI (e RUSSELL)

Perché li raggruppo? Perché i loro muretti ne hanno combinata una più di Bertoldo vanificando tutte le loro ambizioni, che pure c’erano, per questo GP. Cominciamo da Albon che è stato incredibilmente lasciato fuori durante il primo scroscio a prendersi della gran acqua oltre che 5 secondi e più al giro da quelli che avevano messo le Intermedie. Ma che senso ha avuto? Vero che la pista aveva dimostrato di asciugarsi in fretta già nei giorni precedenti ma onestamente, in un circuito così corto, la scommessa non aveva alcun senso. Stesso identico discorso per Piastri. Entrambi, per quanto poi si siano dannati per cercare di raddrizzare la gara non hanno potuto far altro che accontentarsi delle posizioni di rincalzo. Le comiche si sono viste ai box Mercedes che prima non capiscono di dover pittare subito, mettendo entrambi i piloti nelle ultime posizioni, e poi mettono le bianche al povero Russell costringendolo a correre come un nonnetto in gita domenicale. Di solito si dice “eh ma sai, col senno di poi…” e no! Qui era ovvio anche per un divanista come il sottoscritto che le bianche, con quel clima, non avevano alcun senso! Hamilton ha fatto comunque una buona gara mostrando però una certa reticenza in fase di sorpasso: non si è preso mai nessun rischio in quella lunga fase di gara dietro a Norris – vero che questi aveva DRS da Tsunoda ma l’Hamilton del 2012 (per citare un’annata a caso pre-Mercedes) qualcosa in più l’avrebbe tentato di sicuro. Basta solo dire che con il ritmo che aveva se avesse evitato di passare tutto il tempo che ha passato dietro al duo Tsunoda-Norris il podio era certamente alla sua portata (anche al netto dell’eccellente Gasly di oggi). Discorso solo leggermente a parte merita Norris il quale, dopo la buona qualifica, aveva giustamente ambizioni da podio ma tra una partenza non ottimale, il pit iniziale ritardato, e il non essere stato capace di superare Tsunoda per un sacco di giri gli fa meritare un votaccio. Mah!

NOTE DI MERITO

Il già citato Tsunoda, pur lento, le ha provate tutte per provare a finire a punti e per un bel po’ c’era riuscito contenendo Norris e Hamilton per quasi metà gara. Scommette sulla durata delle rosse un po’ troppo.

Liam Lawson debutta in tutta fretta a causa dell’infortunio di Ricciardo. Usa la qualifica per prendere le misure alla vettura e finisce, non inaspettatamente, ultimo. Tuttavia, la gara non solo la porta a termine ma riesce a stare nel gruppone là dietro con una certa facilità, finisce davanti a Tsunoda (grazie alla penalità di quest’ultimo a onor del vero ma intanto è davanti) e, soprattutto, in una gara così complicata non commette nessun errore. Bravo!

NOTE DI DEMERITO

Sargeant e Zhou per i botti. Vero che la gara è stata molto complicata ma non è bello per il proprio futuro far vedere che non si riesce a gestirla. Ma se il botto di Zhou è in qualche modo giustificabile dalle condizioni proibitive (è uscito dov’è uscito Perez) molto meno lo è quello di Sargeant, parso un po’ gratuito, che potrebbe rappresentare l’ultimo chiodo sulla sua bara sportiva. Peccato per lui perché a Spa non era andato poi così male e in qualifica aveva colto un’inaspettata Q3 che poteva far ben sperare.

Leclerc si è ritrovato una Ferrari impazzita in quel di Zandvoort e forse non meriterebbe di stare nelle note di demerito ma prima il botto in qualifica e poi i pasticci in gara che hanno portato al danneggiamento della vettura sono comunque figli della sua frustrazione. A parziale giustificazione va detto che il comportamento erratico dell’anteriore della sua vettura era così intenso da essere visibile ad occhio nudo (quantomeno al mio) ben più di quello del suo compagno di squadra: di chi sarà la responsabilità? Sua che ha chiesto un certo tipo di assetto? Del suo ingegnere che non ha saputo gestire e capire i dati? Sta di fatto che Monza non si presenta certo sotto i migliori auspici.

NOTE DI ANONIMATO

Ocon, nonostante il punto raggranellato, fa un week end distante anni luce dal compagno di squadra e considerato il garone che aveva fatto a Spa è tutto dire. Qui non si è mai visto e conferma che la costanza non è certo il suo miglior pregio.

Stroll dovrebbe stare nelle note di demerito, visto il risultato del suo teammate ma siccome non si è mai visto (magari stava pensando al Roland Garros!) gli do il beneficio d’inventario dell’anonimato. Anonimato in cui sprofondano sempre più le Haas con Magnussen che nonostante la perfetta chiamata del primo giro che lo issa in 7° posizione passa i successivi giri a farsi sorpassare da chiunque.

Infine: qualcuno ha visto Bottas? Corre ancora?

 

Ci vediamo a Monza!

 

Metrodoro il Teorematico