F1 in pillole – Capitolo 11

“Senna è morto” titolò Autosprint pochi giorni dopo la tragedia di Imola, con una scritta in evidenza su un lugubre sfondo nero, un metodo brutale per descrivere la sensazione di smarrimento di quel momento che avrebbe cambiato per sempre la Formula 1.

Non fu un periodo facile per nessuno, bastava un incidente per temere il peggio e gli incidenti non cessarono, anzi, mentre il processo sulla morte di Senna procedette senza avvicinarsi nemmeno lontanamente alla verità e la federazione tentava di tamponare la situazione con chicane improvvisate, rivisitazione delle vetture, limiti imposti e poi rivisti, segnali inequivocabili di un’impulsività dovuta al momento e all’incapacità di far fronte ad una vera e propria emergenza. Al contempo proseguì la crisi economica, si ridussero i team e aumentarono i pay-driver con ovvia diminuzione della qualità tra i piloti in griglia, ma la F1 ha sempre qualcosa da raccontare… e allora raccontiamolo.

L’esempio di Alboreto
In seguito all’incidente di Imola i limiti di velocità ai box vennero fissati a 50 km/h, ma dopo alcune gare furono nuovamente alzati. Alboreto, sempre sensibile al problema della sicurezza, continuò a rispettare la velocità dei 50 km/h come monito, anche a costo di compromettere i suoi risultati di gara, dimostrando ancora una volta di avere, oltre a talento e professionalità, dote umani indiscutibili.

Ancora paura nel Circus
L’ambiente dalla F1, già scosso dalla perdita di Senna e Ratzenberger e in apprensione per le condizioni di Wendlinger, sperava di vivere un tranquillo week end di sport ma, sulla pista di Barcellona, il debuttante Montermini, chiamato dalla Simtek in sostituzione di Ratzenberger, nel corso delle prove libere si schiantò ad alta velocità contro le barriere dell’ultima curva prima del rettilineo principale. Ancora una volta brutte scene, casco immobile, attimi di paura e soccorsi in pista, ma fortunatamente Montermini se la cavò con fratture e contusioni e potè tornare a correre in Formula 1, disputando due stagioni con Pacific e Forti, scuderie che non gli consentirono di mettersi in luce; optò dunque per le ruote coperte, dove ottenne ottimi risultati.

200 Gp per Mandingo
Dopo alcune stagioni ricche di soddisfazioni, nel 1993 De Cesaris visse un’infelice annata alla Tyrrell e maturò la decisione di ritirarsi, ma durante l’anno seguente venne richiamato da Eddie Jordan per rimpiazzare Io squalificato Irvine, cogliendo un ottimo quarto posto a Montecarlo. Proprio nel week end monegasco Wendlinger fu vittima di un gravissimo incidente e la Sauber lo sostituì con “Mandingo”,  che “debuttò” a Montreal festeggiando la 200esima partenza, celebrata anche dal team sulla monoposto del pilota romano, che colse un ultimo punto in Francia e si ritirò definitivamente prima della fine del campionato.

Simtek, matricola e meteora
Nel 1989 Max Mosley e Nick Wirth uscirono dalla March e fondarono la Simtek, azienda specializzata in consulenze aerodinamiche, poi Mosley lasciò e Wirth decise di competere in F1 con un proprio team, che visse purtroppo una serie di eventi sfortunati e costretto ad una girandola di piloti. David Brabham corse tutta la stagione mentre l’esordiente Ratzenberger perse la vita a Imola, rimpiazzato da Montermini, vittima di un grave incidente al debutto e a sua volta sostituito da Gounon. Il francese, che aveva già disputato due gare con la Minardi nel 1993, debuttò nel Gp di casa e arrivò nono, suo miglior risultato in carriera, poi scese in pista in altre sei gare prima di lasciare il posto a Schiattarella e Inoue.

Anno maledetto: tocca a Lamy
Dopo una lunga serie di successi nel karting e nelle formule minori, Pedro Lamy nel 1993 ebbe l’occasione di debuttare in Formula 1, dove inizialmente la sua storia ebbe più di un incrocio con quella di Zanardi. Il portoghese venne ingaggiato sostituendo l’italiano, vittima di un grave incidente a Spa, ottenendo la conferma per l’intera stagione 1994. Sfortunatamente, durante un test Lamy fu a sua volta vittima di un incidente che lo costrinse su una sedia a rotelle per circa un anno, sostituito al volante proprio da Zanardi. Dopo una lunga riabilitazione, Lamy corse un anno e mezzo con la Minardi, prima di dedicarsi con successo a vetture sport e gare di durata

Canto del cigno per la Tyrrell
Attivo tra il 1992 e il 1997, il giapponese Katayama visse nel 1994 la sua stagione più felice quando, alla guida della Tyrrell, colse i suoi unici punti in Formula 1. Già forte di due quinti posti (Interlagos e Imola) e un sesto (Silverstone), ad Hockenheim fu protagonista di un’ottima prova in qualifica, centrando la terza fila a poco più di un secondo dalla pole di Berger, mettendosi alle spalle tra gli altri il compagno di squadra Blundell. Scampato dal caos al primo giro che mise fuori gioco dieci vetture, avrebbe potuto ambire ad un buon piazzamento e forse al podio, favorito dal buon passo e dai numerosi ritiri, ma venne tradito dal cambio dopo soli sei giri; in Formula 1 fino al 1997 con Tyrrell e Minardi, non ebbe altre occasioni di entrare tra i primi sei. La buona stagione della scuderia del boscaiolo venne sostenuta anche e soprattutto dall’altro pilota Blundell, che in Spagna centrò il terzo posto, portando la Tyrrell sul podio per l’ultima volta nella sua storia.

Scontro “calcistico” tra Minardi e Jordan
Irlanda batte Italia 1-0, risultato che nel 1994 scatenò una piccola battaglia goliardica nel mondo della Formula 1: l’irlandese Eddie Jordan celebrò il successo della propria nazionale scrivendo il risultato della partita sulle J194 al Gran premio di Francia. L’avventura dei connazionali di Eddie giunse però al termine già negli ottavi di finale, la Minardi ebbe quindi modo di “vendicarsi”: le vetture faentine schierate per il gran premio d’Inghilterra riportavano infatti una visibile scritta sul cofano “Italia IN – Ireland OUT”. L’Italia perse poi in finale con il Brasile e i giocatori verdeoro non mancarono di dedicare la conquista del titolo ad Ayrton Senna.

Sorpresa Barrichello
Completamente ristabilito dal brutto incidente nel tragico fine settimana di Imola, Rubens Barrichello continuò ad alti livelli la sua seconda stagione in Formula 1. A Spa fu particolarmente abile in condizioni di bagnato guadagnando la pole position alla guida della sua Jordan spinta dal propulsore Hart, casa motoristica attiva fin dai primi anni ottanta, che in precedenza aveva colto una sola pole, con Teo Fabi su Toleman al gran premio di Germania del 1985; fu anche l’ultima partenza al palo per Brian Hart, che rimase in Formula 1 come fornitore di motori fino a tutto il 1997. Durante la gara Barrichello tentò di resistere agli attacchi dei rivali, mantenendosi nelle prime posizioni, poi fu costretto al ritiro per un’uscita di pista nel corso del 19esimo giro.

Pay driver all’assalto!
Nel 1994 si è registrata una drammatica serie di incidenti, tragedie e infortuni cui si è aggiunta la crisi di alcuni team, costretti all’ingaggio di piloti con valigia o a cambi di proprietà con conseguenti nuovi assetti, anche per quanto riguardava la line-up, con conseguente girandola di piloti. La Ligier, dopo l’arresto di De Rouvre, fu rilevata dal patron Benetton Flavio Briatore e iniziò la stagione con Panis e Bernard, quest’ultimo poi girato alla Lotus in cambio di Herbert, che a sua volta concluse il campionato alla Benetton, sostituito da Franck Lagorce, il quale dopo un ritiro a Suzuka per una collisione con Martini, ad Adelaide terminò la gara undicesimo a due giri dal vincitore. Abbandonata la F1, dopo alcuni anni in gare Gt, il francese è passato con successo al trofeo Andros, competizione svolta sul ghiaccio con vetture simili a quelle impiegate nei rally.

Goodbye Lotus
A proposito di problemi economici: la Lotus versava ormai in condizioni finanziarie critiche e in due occasioni sostituì Zanardi (a sua volta subentrato all’infortunato Lamy) con Philippe Adams, pilota dall’ottimo curriculum nelle Formule minori. In una classica situazione da pay driver, il belga pagò 500000 dollari per correre e debuttò a Spa, tracciato sicuramente tra i più provanti per i piloti: la poca esperienza si fece sentire, in particolare all’Eau Rouge, dove nei primi giri la telemetria indicò il passaggio di Adams a soli 120 Km/h; un meccanico rivelò che una volta rientrato ai box il pilota ammise di non sentirsi pienamente a proprio agio percorrendo quel tratto del circuito. La prova conclusiva ad Adelaide fu l’ultima di 491 presenze Lotus, che chiuse la propria avventura con 6 titoli piloti, 7 costruttori, 74 vittorie, 102 pole position e 65 giri più veloci.

Adieu Larrousse
La Larrousse, anch’essa ormai finanziariamente stremata, nel 1994 perse i motori Lamborghini e optò per le forniture Ford, mentre sul fronte dei piloti riuscì a confermare Erik Comas, che ad Aida, seconda gara stagionale, centrò un ottimo sesto posto, davanti a vetture più quotate. Il francese rimase poi sconvolto dai tragici fatti avvenuti nel successivo Gp di San Marino, considerando anche il rapporto con Ayrton Senna che due anni prima intervenne in prima persona per assisterlo dopo un terribile incidente e che lo stesso Comas rischiò di centrare le vetture di soccorso in quanto non informato della situazione perchè fermo ai box durante l’incidente di Senna. Annunciato il ritiro, venne convinto a rimanere fino a fine stagione e colse un altro punto ad Hockenheim, correndo l’ultima volta a Suzuka, poi la Larrousse, costretta ad ingaggiare piloti paganti e già con in forze il giapponese Noda, ad Adelaide schierò Deletraz, prima di chiudere i battenti.

Un pò di f… qua?
Campione italiano F.4 e F.2000, Schiattarella venne ingaggiato dalla Simtek alla fine del 1994 e confermato anche nell’anno seguente, nel quale giunse nono a Buenos Aires cogliendo il miglior risultato nella breve storia del team. Dopo un debutto travagliato lo sponsor principale Mtv aveva ridotto i fondi alla Simtek, che iniziò il campionato con un budget risicato: a Montecarlo le attrezzature erano ridotte al minimo e la partecipazione durò lo spazio delle prove causa problemi tecnici, a quel punto il team chiuse i battenti e il pilota italiano si dedicò ad altre categorie. Al contempo Schiattarella è riuscito a portare il proprio nome fuori dal motorsport, grazie al siparietto di Gianni Giudici, alle sue spalle durante un’intervista.

La F1 verso nuove norme sulla sicurezza
Dopo i gravissimi fatti della stagione precedente, dal 1995 vennero introdotte alcune modifiche regolamentari quali la riduzione della cilindrata massima del motore da 3,5 a 3 litri e l’incremento della misura della posizione di guida. La Sauber aveva già inserito anche delle vistose protezioni laterali che diventarono obbligatorie dalla stagione successiva; al volante della vettura elvetica, oltre a Frentzen, si alternarono Wendlinger, provato dal grave incidente avvenuto a Monaco nel ’94, e Bouillon, che nell’unica stagione disputata in Formula 1 colse un quinto posto ad Hockenheim come miglior risultato.

Footwork Arrows: inizio della fine
La crisi economica di molti team portò nell’arco di pochi anni ad una notevole riduzione degli iscritti (dai quasi 40 del 1989 ai 22 del 1996) e all’ingaggio di piloti paganti, con conseguente impoverimento di talento in griglia rispetto agli anni precedenti. La Footwork per il 1995 affiancò a Morbidelli il giapponese Inoue, già utilizzato dalla Simtek a Suzuka l’anno precedente (quando lui stesso dichiarò di non sentirsi all’altezza) e ricordato soprattutto per due incidenti singolari: a Monaco chiese di essere trasportato ai box sulla sua vettura, ma la Safety Car colpì la monoposto al traino sbalzando fuori il pilota che riportò una commozione cerebrale. In Ungheria invece, dopo un innocuo ritiro per rottura del motore, accostò a bordo pista e corse a munirsi di un estintore per spegnere il principio d’incendio sulla sua macchina ma fu investito, a bassa velocità, dalla macchina dei commissari intervenuti per spostare la monoposto, risultando fortunatamente illeso. Simpatico aneddoto: quando Johnny Herbert testò la Benetton girando due secondi più lento di Schumacher ebbe modo di dire: “mi sento come Inoue”. Nel frattempo il team fu costretto al momentaneo allontanamento del titolare Morbidelli, al cui posto venne chiamato Papis, che corse sette Gp sfiorando la zona punti con un settimo posto a Monza. Chiusa la porta F1, Papis si è spostato in America dove ha ottenuto grandi successi quali la 24 ore di Daytona, la 12 ore di Sebring, oltre alle 6 ore di Mont-Tremblant e Watkins Glen; Morbidelli rientrò a fine stagione cogliendo un insperato podio ad Adelaide.

Breve storia della Pacific
La Pacific, dopo aver ottenuto importanti affermazioni nelle categorie minori, dal 1994 decise di approdare in Formula 1, accordandosi con la Ilmor per avere i motori V10 utilizzati dalla March due anni prima e con la Reynard per la progettazione della vettura, affidata a Gachot e al pagante Belmondo. Nel primo anno i due piloti si qualificarono solo in alcune gare iniziali, solitamente in corrispondenza di problemi altrui, senza mai arrivare al traguardo, mentre nel corso dell’anno successivo i problemi economici costrinsero Gachot (che aveva quote nel team) a lasciare momentaneamente posto a Lavaggi e poi a Deletraz. Lo svizzero, già utilizzato nel 1994 dalla Larrousse, debuttò all’Estoril facendo segnare l’ultimo tempo in prova a 12 secondi dalla pole (e a 7 dal compagno di squadra Montermini), ritirandosi dopo 14 giri per crampi, mentre nel successivo Gp al Nurburgring riuscì a terminare la gara, seppur a 7 giri dal vincitore. Gachot tornò al volante per le ultime gare cogliendo un ottavo posto, Deletraz maturò invece esperienza nelle competizioni Gt, vincendo nel 2007 la 24 ore di Spa.

Distacco da record
Dopo una breve alternanza con Mansell, che abbandonò dopo poche gare in quanto insoddisfatto della vettura, Blundell concluse la stagione e la sua carriera in Formula 1 ad Adelaide alla guida della Mclaren, unico pilota in gara per il team britannico in seguito al grave incidente occorso al compagno di squadra Hakkinen, che rimase in coma per due giorni. Quarto al traguardo, l’inglese venne distanziato di due giri dal vincitore Hill, al pari di Panis e Morbidelli, rispettivamente secondo e terzo; era dal gp di Spagna del 1969 (Stewart) che il vincitore non distaccava di due giri il secondo classificato. Blundell vanta nel proprio palmares anche una vittoria alla 24 ore di Le Mans e tre successi in America nella serie Cart.

 

I fatti del 1994 contribuirono ad un cambiamento comunque nell’aria, figlio di una percezione differente del motorsport da parte di “Bernie & Co.”, che avevano contribuito a portare la Formula 1 nell’olimpo degli sport più seguiti, ma si trovavano ora sempre più al servizio di sponsor e tv, dovendo far fronte alle richieste di una platea alla ricerca di uno show più che di uno sport: arrivarono quindi safety car (per fortuna all’epoca poco utilizzata) e rifornimenti, armi per tentare di movimentare le carte in tavola, cercando di fornire una risposta a coloro che ritenevano la Formula 1 “noiosa” e ottenendo a lungo termine il risultato di annoiare pure gli appassionati di vecchia data, ma questa storia la racconteremo prossimamente.

Mister Brown

Per fare un salto indietro nel tempo leggere qui:

Pillole di F1 cap. 1 – Anni ’50 e ‘60
Pillole di F1 cap. 2 – Anni ’70 (1)
Pillole di F1 cap. 3 – Anni ’70 (2)
Pillole di F1 cap. 4 – Anni ’70 (3)
Pillole di F1 cap. 5 – Arrivano gli anni ’80
Pillole di F1 cap. 6 – L’era del turbo (1)
Pillole di F1 cap. 7 – L’era del turbo (2)
Pillole di F1 cap. 8 – Speciale 1989
Pillole di F1 cap. 9 – Campionati 1990 e 1991
Pillole di F1 cap. 10 – F1 nel caos (1)