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2017 FORMULA 1 JAPANESE GRAND PRIX – Suzuka International Racing Circuit

Ed eccoci arrivati in terra d’oriente per la sedicesima gara stagionale.
C’era una Formula 1 in cui la classica gara di Suzuka era quella decisiva per il titolo; una gara che bisognava seguire nel silenzio spettrale del proprio salotto per non svegliare nessuno, visto che si svolgeva ad orari improponibili per gli abitanti del vecchio continente. E spesso, come “title decider”, era ben difficile assistervi rispettando la consegna del silenzio.
Ed evitare un paio di scomuniche gentilmente recapitate da solerti messi papali poche ore dopo la fine della gara; fosse essa al primo giro o al quarantasettesimo.
Quei tempi sono andati da un bel po’ ma se si ripensa alla sola edizione dell’anno scorso, pare lo stesso di sfogliare un libro polveroso.
Nella scorsa edizione l’intero week end è stato praticamente nelle mani di Nico Rosberg; Mercedes ha fatto segnare il suo consueto dominio che non concede sconti a nessuno e non fa prigionieri e Brackley ha alzato una protesta formale contro Max Verstappen per il suo “erratic and dangerous” approccio in difesa su un Hamilton, tradito allo start da una zona particolarmente umida proprio in prossimità della sua piazzola di partenza.
La protesta è poi stata fatta rientrare prima della gara di Austin “per il bene dello sport”; argomento che pare essere particolarmente importante per gli uomini di MB, ci fanno sapere dalla regia, sempre molto attenta a queste cose.
Il mondiale era una questione privata in casa Mercedes e si sa che fra moglie e marito è sempre meglio non mettere dito.
O altro, che siano dischi Carbon Industries vetrificati o grasso per lo sterzo che finisce sui contatti.
Chi l’anno scorso giocasse all’account manager depresso a cui mancava tanto l’amante da legare al letto e chi alla casalinga frustrata (o frustata) lo lascio determinare ai gentili e spero compresivi lettori di questo improbabile ammasso di vocaboli che molto ottimisticamente chiamiamo “articolo”.
Sta di fatto che oggi, con le forze in campo rinnovate e con Rosberg che si gode il meritato titolo guardando le gare dal divano di casa, paiono davvero passati altri 20 anni.
Questa edizione se da un lato rappresenta una netta cesura con quanto visto la/le stagioni scorse, ha un che di schizofrenico.
Se si stesse a guardare quello che, chi ne capisce descrive come il “momentum”, Ferrari parrebbe inarrestabile.
Le ultime due gare hanno visto un dominio pressoché completo della squadra di Maranello con una RBR in nettissima ripresa tanto di poter tranquillamente puntare al podio e, perché no? alla vittoria.
Una Mercedes relegata a inseguire i capricci di una vettura che pare tornata la principessina sul pisello di inizio stagione e con problemi che appaiono e scompaiono come i Gremlins che pasticciano con le ali dell’aereo in volo, di un famosissimo episodio di “Ai Confini Della Realtà”.
Una via crucis nipponica per gli “anglotedeschi”, quindi?
Toto Wolff che sbatte convulsamente i pugni in aria stile Tekken 3?
Hamilton che si rifugia a fare il corista in una boy band nella provincia di Birmingham?
Sorrisi per sempre cancellati dagli attoniti volti dei dirigenti a Brackley come auspicava l’Altissimo dal girocollo a canne mozze?
No.
Perché poi uno guarda alla classifica e la sensazione di essere davvero in un episodio del suddetto telefilm si fa più forte che mai.
Nelle ultime due gare dove la Ferrari avrebbe potuto tranquillamente fare strame della concorrenza, Vettel, il pilota del presunto schiacciasassi, ha accumulato un DNF e un quarto posto arpionato con le unghie e coi denti dopo una gara ad inseguimento.
E Hamilton, il pilota che dovrebbe sedare la principessa e il suo pisello, o gorgheggiare scale diatoniche in mezzo a gente persino più tatuata di lui, una vittoria di forza e un solido secondo posto senza grossi grattacapi.
Il distacco fra i due contendenti è di 34 punti.
Che li si possono scrivere come meglio si crede: più di una vittoria e un sesto posto; più di un secondo e un terzo posto; più di tre quinti posti e mezzo giro di pista con Alonso; più di un cordiale con la “mamma” di Verstappen e quella di Stroll, sul cui talento, dopo il cordiale stesso, non avrei più dubbio alcuno; quello che si voglia; tutto bello; ma soprattutto, sono tantissimi punti.
Tantissimi.
E soprattutto lo sono a 5 gare dalla fine.
Certo; i punti messi a disposizione sul conto sono una enormità.
Per carità.
Ma che se si guarda l’andamento della stagione fino a questo punto e il fatto che ogni volta che Mercedes è stata in procinto di finire nelle retrovie, ne ha approfittato invece per allungare ancora di più, qualche legittimo dubbio che le effettive possibilità di Maranello prescindano dai punti ancora teoricamente a disposizione, viene.
Inoltre il pilota dello schiacciasassi, nell’arpionare il quarto posto è finito contro uno stuntman che stava girando a casaccio in pista e che gli ha letteralmente disintegrato retrotreno.
Un incidente nel giro di rientro come non se ne vedevano da almeno un paio di generazioni e che potrebbe determinare la penalizzazione di Vettel in griglia a Suzuka nel caso ulteriori e più approfonditi esami sulla scatola del cambio a banco, o il suo utilizzo nelle FP, ne dovessero determinare la forzosa sostituzione.
Certo una penalità sarebbe l’ennesima mazzata su un mondiale che oggi come oggi parrebbe segnato dal fato.
Per il resto, il tracciato è semplicemente splendido e trasuda di storia ad ogni curva che gli ingegneri della Honda negli anni sessanta, hanno voluto disegnare a raggio doppio, quando non multiplo ; la First Curve, le Esses, in cui svetta la famosa Anti-Banked, la Dunlop, le due Degner, la Spoon, le “Rs” tra cui la 200R e la sorella più famosa, 130R …
Ma è dannatamente difficile sorpassare e per questo i risultati delle qualifiche (o peggio delle eventuali penalizzazioni) saranno assolutamente determinanti.
Il circuito richiede carico aerodinamico medio-alto, una buona forma del motore la cui farfalla resta aperta per oltre il 70% della percorrenza del giro e una superficie dell’asfalto abrasiva che tende al consumo delle coperture.
Unito alle buone probabilità stagionali di qualche scroscio e al fatto che la pista potrebbe lavarsi dalla gommatura delle FP, il buon bilanciamento delle coperture appare quanto mai rilevante.
Le frenate più impegnative sono all’Hairpin e al Casio Triangle ma entrambe vengono dopo curve in pieno appoggio; l’Hairpin dopo la sezione con le due Degner e il Casio dopo la (un tempo) difficilissima 130R.
In entrambi i casi, prima di portare un eventuale attacco, occorre domare la vetture nella scia dei curvoni che la precedono.
Il record su giro che tutti saranno curiosi di veder battuto è di 1m31.540.
Fatto segnare nel 2005.
Da Kimi Raikkonen su McLaren.
Ed ora sembra davvero di parlare di un’altra era geologica.

Also sprach Sebastian

“Wir hätten dieses Jahr alle Rennen gewinnen können.”
Avremmo potuto vincere tutte le gare di quest’anno.

Le parole pesano e se fossero uscite dalla bocca dell’istrionico Lewis Hamilton le avremmo catalogate come la tipica uscita del fenomeno inglese perso a metà strada fra i social network e il mondo glam della Londra-bene.
Oltre al fatto che forse, per farsi capire meglio dal suo box e dall’ineffabile duo composto da Toto Wolff e Niki Lauda, Lewis avesse deciso di studiarsi l’idioma teutonico.
Invece arrivano direttamente dal compassato Sebatian Vettel; un pilota che, tranne quando si lancia in improbabili attività canore dal sedile della sua monoposto, è solitamente sempre discreto e guardingo con quello che lascia trapelare alla stampa e al pubblico.
Il punto è che può sembrare molte cose, ma di certo questa non pare una boutade per aizzare i suoi tifosi.
La 688, nome in codice per definire il progetto della monoposto rossa SF70H, pare davvero una macchina inarrestabile. E realmente l’impressione che ha suscitato nel primo terzo di stagione, è di un mezzo che se solo le condizioni non fossero state particolarmente aleatorie, avrebbe potuto tranquillamente portare in cascina tutte le gare finora disputate.
E tutto questo pare avere origine dalla confidenza e soprattutto la costanza di prestazioni che la Ferrari riesce ad avere con gli pneumatici Pirelli.
Molto si è raccontato dei 2228 chilometri di test effettuati da Sebastian Vettel e dei soli 50 messi in pista da Lewis Hamilton per giustificare l’attuale schizofrenia che pare affliggere il transatlantico teutonico. Ma il punto, più che il mero riscontro chilometrico, paiono essere le condizioni in cui questi test si sono svolti.
Ricapitoliamo un po’ la cronistoria degli eventi e proviamo a vedere cosa vi si nasconde fra le pieghe.
FIA ha stabilito regole ben precise per poter schierare in pista una monoposto che avesse l’autorizzazione a testare i nuovi pneumatici della stagione 2017; dell’intero parco formulistico, solo Ferrari, Red Bull Racing e Mercedes avevano le competenze e soprattutto i fondi sufficienti per mettere in pista dei muletti adatti allo scopo. Delle tre vetture approntate, a quanto risulta solo Ferrari è riuscita a modificare una vettura del 2015 (ricordiamo che per regolamento, per ogni test che non sia calendarizzato espressamente come test stagionale, occorre schierare una monoposto vecchia di almeno due stagioni) simulando in maniera efficiente gli effetti delle modifiche regolamentari del 2017.
Ferrari ha espanso la parte di estrazione posteriore, ha aggiunto flaps sull’anteriore per simulare il maggiore carico, ha modificato l’angolo di incidenza (comunemente detto “rake”) della SF15-T ed ha messo su strada una monoposto fortemente orientata alla stagione 2017. Pirelli ha, tra le righe, lasciato intendere come i dati della portanza generati dalla Rossa non fossero per lei particolarmente significativi; ma evidentemente fornire dati alla Pirelli sulle loro gomme e sullo sviluppo che ne sarebbe conseguito non era lo scopo principale degli uomini GES.
Lo scopo principale era capire, prima di tutti e meglio di tutti, dove  le modifiche al regolamento 2017 avrebbero portato la competizione.
In quali ambiti e con quali scenari.
E soprattutto in un contesto il più possibile attinente a quello che sarebbe stata la realtà delle monoposto del 2017.
Anche RBR e Mercedes hanno portato modifiche alle loro monoposto di test per aggiungere carico ma lo hanno fatto o con soluzioni poi non diventate parte del progetto finale visto il differente passo della soluzione in corso di studio (Mercedes) o con soluzioni che generavano sì il carico che la stagione 2017 avrebbe prodotto, ma lo facevano con ali aggiuntive e bandelle di serraggio dei flussi sottoscocca (di fatto minigonne) che da un punto di vista regolamentare erano illegali e che potevano solo approssimare il reale carico che le soluzioni in corso di studio avrebbero prodotto (RBR).
In entrambi i casi i dati raccolti durante i preziosissimi giorni di test avevano intrinseci problemi di correlazione fra quanto misurato e quanto poi sarebbe andato in pista di lì a qualche mese.
Il perfetto riscontro fra quanto avevano in ritorno dalla pista con la SF15-T modificata in ottica 2017 e i dati calcolati nelle varie simulazioni potrebbero essere una delle chiavi di lettura di questo inizio di stagione per gli uomini in rosso.
Guarda caso, Maranello è tra le poche a non lamentare problemi di correlazione fra i dati del Wind Tunnel e quelli riscontrati in pista.
Ma oltre a quanto discusso finora c’è un altro aspetto che entra in gioco in questo scenario.
In una intervista al quotidiano tedesco Suddeutsche Zeitung subito dopo il weekend monegasco, Toto Wolff, oltre ad ammettere il vantaggio che in questo momento ha la rossa nei confronti delle Silberpfleil, lascia trapelare il fatto che Ferrari abbia un vantaggio indebito nello sviluppo del progetto 668.
Quantificabile in 16 settimane per essere precisi e per usare le sue stesse parole.
“Unseres Wissens hat Ferrari sehr früh mit der Entwicklung des Autos begonnen – im Dezember 2015, wir erst im März 2016. Ferrari hat damals schon über 50 Prozent seiner Ressourcen auf das neue Auto gesetzt.”
Da quanto ne sappiamo Ferrari ha iniziato molto prima lo sviluppo della monoposto, nel dicembre 2015, noi soltanto nel marzo 2016. In quel momento Ferrari aveva già il 50% delle sue risorse impiegato sul nuovo progetto.

Le parole di Toto Wolff vertono sul fatto che Ferrari ha iniziato a sviluppare la SF70H nel 2015; ben prima cioè che il regolamento tecnico che sanciva quanto e come sarebbero cambiate le monoposto fosse stato approvato.
Il regolamento tecnico del 2017 vede la sua pubblicazione definitiva il 9 marzo ma la votazione che ne sancisce i contorni ha luogo il 23 febbraio 2016.
Gli uomini di Maranello, secondo Wolff, stavano lavorando alla 668 sapendo preventivamente quale sarebbe stato l’esito delle modifiche in via di discussione.
E ben sapendo che queste avrebbero avuto il via libera.
Che sia stato il potere di veto minacciato da Maranello o le alleanze con i malridotti “nemici” dei tedeschi (Renault e McLaren in primis) non è dato sapere.
Sta di fatto che la prima delle battaglie, forse la più importante che Ferrari pare abbia portato sul suo campo, è stata proprio avere l’appoggio necessario e sufficiente per avere la certezza che le modifiche regolamentari fortemente volute da Woking avessero il via libera nei tempi, modi e soprattutto forma a loro noti.
Probabilmente ricalcando quanto successo sui tavoli di Place de la Concorde solo qualche anno prima con l’introduzione del regolamento tecnico per le motorizzazioni ibride tanto volute da Mercedes.
Quello che appare evidente è che in questa stagione non manca nulla; lotta al vertice, gare emozionanti, campioni che corrono oltreoceano e l’immancabile accenno polemico che caratterizza ogni stagione epica della Formula 1.