1° Historic Minardi Day

Non avrà vinto quanto la McLaren e non sarà nei cuori dei tifosi italiani come la Ferrari, ma la Minardi merita un posto d’onore nella storia di questo sport. A dieci anni dall’ultima gara del team faentino sul circuito di Imola si è svolto il primo Historic Minardi Day. Fan ed appassionati hanno avuto la possibilità di rivivere le emozioni della Formula 1 di qualche decina di anni fa.

Tra questi, due Ringers d’eccezione.

A loro va il ringraziamento della Redazione per aver scelto Il Blog del Ring come “luogo” dove condividere il racconto di una giornata speciale.

 

La Formula 1 torna ad Imola! – Brown Galazzi –

Finalmente ci siamo, è il Minardi Day, lo sbarco della Formula 1 a Imola, a dieci anni di distanza dall’ultimo gran premio di San Marino, organizzato come d’abitudine sul circuito del Santerno; in quell’occasione la Minardi non fu presente, l’ultima gestione di Paul Stoddart aveva infatti ceduto il team alla Red Bull, la quale a sua volta l’aveva trasformato in “Scuderia Toro Rosso”, destinata principalmente a coltivare giovani talenti. Il cambio di proprietà non segnò comunque la fine della Minardi, in quanto il Patron Giancarlo, rimasto in forza al team con ruoli di primo piano, riprese le redini del marchio optando per altre categorie e mostrando ancora una volta quel coraggio che ha contraddistinto tutta la sua avventura iniziata tanti anni prima.

Tutto iniziò il 7 aprile 1985 sul circuito di Jacarepagua: per il primo gran premio stagionale sulla griglia di partenza si trovavano grandi campioni e importanti case automobilistiche richiamate dalla sfida del turbo, con un impegno economico di grande rilevanza per la Formula 1, mondo in grande trasformazione dall’era artigianale dei cavalieri del rischio a quella dello scontro tecnologico e della grande presenza televisiva. In fondo al gruppo, in venticinquesima e ultima posizione, partiva la Minardi di Pierluigi Martini, che il giorno precedente aveva terminato le qualifiche con un tempo distante oltre sedici secondi dalla pole position di Alboreto, la gara terminò poi dopo 41 giri causa la rottura del motore.

La squadra si era presentata in Brasile con uno staff di appena tredici persone fra meccanici e personale, a dirigere le operazioni tecniche un solo ingegnere, Giacomo Caliri, e alla guida un solo pilota, Martini. Questo gruppo fu la base di partenza per Giancarlo Minardi, che si inserì senza paura nel Circus tra Bmw, Porsche, Honda, Renault e Ferrari, forte delle esperienze nelle categorie minori, dove mosse i primi passi iniziando dalla concessionaria di famiglia e proseguendo in costante crescita fino alla Formula 2, dove si impose come realtà tra le più interessanti, portando tra l’altro alla vittoria Michele Alboreto, fino a scaturire l’idea del grande passo: la Formula 1.

Sono tanti i team passati nella massima serie, ma pochi possono vantare una militanza così lunga: anche grandi case come Bmw e Toyota hanno abdicato rapidamente di fronte ai primi insuccessi, a Faenza invece si è sempre tenuto duro anche quando le cose non sono andate per il verso giusto, con quella mentalità combattiva e fiera, tipica dell’impresa italiana.

Innanzitutto due parole: grazie Minardi!

Uno spazio espositivo, simulatori di guida, settanta auto in pista, una cinquantina di Formula 1 alternate a Formula 2, Formula 3 e SuperCar, una spesa irrisoria per poter girare liberamente in un circuito tra i più belli del mondo per vedere (e sentire!) da vicino le vetture di Faenza, oltre a Ferrari e Toro Rosso, incontrando Giancarlo Minardi, Martini, Nannini, Trulli, Fisichella e tanti altri. La vettura con cui Martini si portò in testa all’Estoril o che schierò nelle prime file in griglia tra l’89 e il ’90, la M01 che fece disperare Badoer a pochi Km dai suoi primi punti, il suono dei motori V10 e V12 o del sei cilindri motori moderni, ma anche le Ferrari di Alesi e Prost, o la Williams Fw07 campione nel 1980, tutto a portata di mano.

Per tutta la giornata, oltre all’aria e al profumo inebriante dei gas di scarico, si è respirata una grandissima passione, e non è forse quello il filo conduttore che, tra continue innovazioni tecniche e regolamentari, ha collegato decenni di Formula 1? La passione che unisce professionisti, tecnici, personale, tifosi e tutto l’ambiente in un’unica grande famiglia. Questo significa che a Imola non si è assistito solo ad una testimonianza del passato, proprio perchè la passione non ha spazio o tempo e la folta presenza di pubblico, nonostante la colpevole disattenzione di alcuni organi mediatici nostrani, dimostra che l’Italia di passione ne ha da vendere, anche se i piloti del bel Paese faticano a trovare spazio ad alti livelli e si dibatte con grande foga della presenza o assenza di Monza dai calendari delle categorie (economicamente) più importanti.

Passeggiando sull’asfalto di Imola e vedere in azione certe vetture è come ammirare un film che riguarderesti all’infinito, ma soprattutto porta alla mente ricordi che vorresti tornassero prepotentemente al ruolo di “realtà”, perchè il tempo passa portando con se cambiamenti e novità più  o meno gradite, ma in quest’epoca l’idea è che si sia perso il filo conduttore e che gli attuali vertici del motorsport avrebbero bisogno di un corso intensivo di “Minardi Day”, per capire che il rinnovamento ha un senso solo se affonda le radici nella propria storia, altrimenti diventa spettacolo fine a se stesso.

Pensieri di un appassionato in estasiPier Alberto

Il box delle verifiche tecniche trasformato in museo. Entri in un corridoio e da una parte hai le prime monoposto di F2 di inizio anni ’80 seguite, in perfetto ordine cronologico, da tutte le altre monoposto fino a fine anni ’90. Dall’altra, tornando indietro, hai tutte le restanti monoposto fino all’ultima di Verstappen e Sainz dello scorso anno.
Così tante macchine di F1 assieme non le avevo mai viste, nemmeno nel leggendario capannone di Maranello dove sono custodite le Ferrari di F1 di proprietà di facoltosi clienti.

E in un colpo solo, in poche decine di metri, puoi vedere tutta l’evoluzione tecnologica della F1 degli ultimi 30 anni.

Non ho potuto fare a meno di pensare che finalmente anche noi in Italia abbiamo avuto la nostra Goodwood. Perché le auto da corsa le sappiamo fare, e non solo a Maranello, e vale la pena mostrare più spesso tutto ciò che è stato realizzato. Anche per i giovani, i quali la F1 non la possono più vedere se non una volta l’anno a Monza a prezzi proibitivi e comunque rigorosamente distanti dalla pista. E invece oggi i giovani che erano presenti hanno potuto ammirare da molto vicino non solo tutte le Minardi e le Toro Rosso, ma anche la Tecno, la già citata Williams FW07 (che è stata oggetto di grandi attenzione da parte di chi scrive), la 312 T, la 641 di Prost e la sfortunata (ma molto molto interessante) F92A, ma anche le March di F3000 e F3. E soprattutto hanno potuto sentire il rombo incredibile dei motori di qualche anno fa. Perché indipendentemente dall’età dell’auto, quando passano sul lungo rettilineo davanti ai box vanno tutte molto ma molto forte e danno quel senso di velocità che solamente una F1 dal vivo può dare.

Non sappiamo se Imola riguadagnerà il GP di F1 il prossimo anno. I vertici del circuito stanno facendo molto affinchè ciò accada, a prescindere da questo è auspicabile che un evento come quello di oggi venga ripetuto, sempre con le stesse modalità: dando l’opportunità a chi partecipa di stare vicino alle auto, di poterle osservare da vicino fino a toccarle, di vedere i meccanici durante le operazioni di manutenzione e di messa in moto. E di vederle sfrecciare in corsia box senza che nessuno li mandi via.