IL PUNTO DELLA REDAZIONE

Con l’abbandono della F1 da parte di Daniel Ricciardo, stiamo assistendo lentamente ed inesorabilmente, all’inevitabile ricambio generazionale del nostro sport. Ricambio che sembra promettente, considerando quello che abbiamo visto in queste gare, da parte dei giovanissimi che hanno avuto l’opportunità di poter sostituire alcuni attuali titolari per un motivo o per un altro. Proprio Ricciardo ha dato l’occasione a Lawson, di dimostrare al mondo della F1, di quanta voglia abbia nel fare bene. Infatti l’australiano, facendosi male al polso nelle prove libere del GP d’Olanda dell’anno scorso, da il via libera a Liam per prendere il suo posto e, il neo zelandese non lasciandosi pregare, va immediatamente a punti. Ciò che è triste di questa storia, è che il giovane pilota del vivaio Red Bull, è stato a parcheggio dal momento del rientro dell’australiano (dopo quattro GP) fino al GP di Singapore di qualche settimana fa. Già perché, dopo l’ennesima prestazione opaca da parte di “Riccio”, i giochi per lui si sono definitivamente conclusi.

Umanamente parlando dispiace sempre quando un pilota appende il casco al chiodo perché gioco forza ti ci affezioni, specie se questo si chiama Daniel Ricciardo e soprattutto all’inizio della sua carriera, l’australiano ha fatto sognare ed anche illudere. Perché tralasciando il suo esordio iniziato su monoposto che non avrebbero mai potuto competere per un mondiale, quando Daniel ha avuto la possibilità di dimostrare il suo valore una volta salito su una Red Bull naturalmente, questo ha letteralmente stupito e si ricordi che accanto a lui aveva uno che si chiama Vettel. Vero che il Vettel del 2014 era sazio ed aveva la testa già a Maranello, vero è che non era nemmeno l’ultimo degli arrivati, dato che era il campione del mondo in carica di quel tempo. Non era affatto scontato che l’australiano gli potesse stare davanti vincendo addirittura tre GP che, considerando il periodo storico che stiamo considerando, equivale praticamente ad un mondiale. Infatti se per Daniel la sfiga avesse un nome, questa si chiamerebbe “binomio AMG – Hamilton”, dove a partire dal 2014 hanno fatto incetta di vittorie fino al 2020 e, a tal proposito, mi preme ribadire un concetto che è quello di godersi gli ultimi scorci di questo mondiale e soprattutto il prossimo, visto e considerato che dal 2026 ritorneremo proprio al 2014, sia per quanto riguarda il dominio da parte di una squadra (sarà già grasso che cola se avremo due contendenti!) e sia per quanto riguarda il sound del motore. Infatti quest’ultimo, soprattutto nel periodo più recente, è migliorato non poco risultando gradevole all’udito (nulla di comparabile alla sinfonia dei V10 e comunque sempre meglio delle trombette che abbiamo ascoltato proprio a partire dall’inizio dell’era turbo ibrida) invece con le nuove motorizzazioni, ove la parte elettrica risulterà importante al 50% della potenza erogata, inevitabilmente verrà nuovamente modificato e temo che sarà ridimensionato. Divagazione necessaria questa per far capire la bravura del pilota australiano che aveva fatto della staccata al limite il suo marchio di fabbrica e, proprio questo suo biglietto da visita, è stato stracciato con l’avvento delle nuove monoposto che sono state messe a terra a partire dal 2022. Tralasciando il fatto che, l’arrivo di Verstappen in squadra, è stato il catalizzatore principale per il suo abbandono della Red Bull (Baku 2018 è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso e che ha dato il via libera a Marko per buttarlo fuori) è anche vero che se dal 2019 in poi non ha mai più guidato monoposto vincenti, è anche vero che egli non ha mai saputo adattare il suo stile di guida alle vetture di nuova generazione e purtroppo, agonisticamente parlando, si è perso, smarrito letteralmente nell’oblio.

Come ho affermato all’esordio di questo scritto, sebbene l’addio di Daniel dispiaccia è anche vero che la F1 è un ambiente altamente competitivo e, poiché i piloti non sono di certo ricompensati in natura (a tal proposito il buon “Riccio” è entrato nell’ambiente F1 con le “tasche bucate” e se ne esce con un grasso conto corrente in banca, quindi avrà di che consolarsi per il futuro!) o rendi e dai il massimo o appunto sei fuori. Ricciardo, come anticipato, non è mai riuscito ad adattare o comunque a modificare il suo stile di guida dal 2022 in poi e, se c’è un tratto che distingue un bravo pilota da un cannibale, è proprio quello di essere competitivo in qualunque condizione… quindi onore a Marko che ebbe le palle di prendere la decisione di buttarlo fuori nel lontano 2018, manco avesse visto nel futuro e, nel contempo ce ne faremo una ragione se l’australiano non sarà più in pista.

Anche perché vederlo ultimo in un GP, ridotto a fare il giro più veloce all’ultimo giro dello stesso GP, per poter togliere il punto addizionale all’avversario diretto di Verstappen, diciamocela tutta, è triste e non fa onore a quanto ha dimostrato a tutti noi quando aveva tanta birra in corpo. Allora largo ai giovani e ben vengano piloti come Lawson, Bearman, Colapinto e Antonelli. Il neo zelandese è chiamato ad un all in pazzesco proprio come sta facendo l’argentino della Williams: Liam, inutile girarci attorno, se è stato messo a giocarsela in questi ultimi GP dell’anno è (al di la dei vincoli contrattuali) solo per un motivo e cioè, poter capire (da parte di Marko&Co.) se sarà all’altezza di sostituire Perez e quindi affiancare Verstappen a partire dall’anno prossimo. L’unico ragionamento logico che mi viene in mente è questo, altrimenti non avrebbe senso tutta questa manovra. Tanto valeva far finire l’anno a Ricciardo e dargli il saluto finale ad Abu Dhabi. Invece, come loro soliti, in Red Bull hanno deciso di eliminare il problema alla radice e quindi via l’australiano a sei GP dalla fine, cosi il suo vicino “di isola”, ha il tempo di rodare e accumulare un minimo di confidenza con la pista, ha la possibilità di dare una mano alla Racing Bull e soprattutto, ha appunto l’opportunità di dimostrare se merita o meno il salto di qualità immediato andando nella squadra maggiore. Da qualunque prospettiva la si veda, per Lawson sarà un salto nel buio e nel vuoto a prescindere: infatti può deludere, può riuscire in Racing Bulls per poi essere tritato in Red Bull (Albon e Gasly insegnano) oppure la potrà sfangare risultando all’altezza del compito assegnatogli. Inutile dire che il suo destino è nelle sue mani, anzi nei suoi piedi, quindi non gli si può che augurare un grosso in bocca al lupo per l’impresa che lo attende. Aggiungo che assieme a Ricciardo e Magnussen a fine anno, se facessero le valige anche Stroll, Zhou e Bottas, non sarebbe male come ricambio (Williams avesse appiedato Sargeant già l’anno scorso ora si starebbe giocando il mondiale con Aston Martin!), solo che questa è un’altra storia.

Vito Quaranta