La lunga, quanto inedita, pausa autunnale, si è fatta sentire: c’era voglia di azione e al COTA di Austin, Texas, nessun pilota si è risparmiato e tutti (tranne uno) si sono divertititi e ci hanno fatto divertire. Quell’unico pilota che non si è divertito risponde al nome di Lewis Hamilton che smentisce il suo straordinario curriculum su questo circuito (ricordiamo che ne è stato il primo vincitore nel 2012 quando era ancora in McLaren ed altre quattro volte con Mercedes) riuscendo nella poco gloriosa impresa di sbagliare tutte le sessioni del week end.
Si arriva ad Austin con l’ennesima polemica tecnica. RBR, infatti, pare sia stata scoperta ad utilizzare un dispositivo in grado di alterare l’assetto della vettura, giocando sull’altezza da terra del fondo, tra qualifiche e gara. Grazie a ciò, si dice, RBR ha potuto aggirare il divieto di lavorare sulle vetture in regime di parco chiuso. Lasciate che dica due parole su questo escamotage. Se sono poco commendevoli i tentativi che tutte (diciamocelo) le squadre fanno per trarre vantaggi velocistici a dispetto del regolamento tecnico figuriamoci quanto può esserlo uno che aggira un principio cardine (che si sia, o meno, d’accordo) che caratterizza la F1 ormai da parecchi anni: una volta settata la vettura al sabato poi non si tocca più. I “trucchetti” utilizzati per far andare più veloce la vettura sono da condannare, certamente, in quanto illegali – ultimi ma non ultimi, è proprio il caso di dirlo, la presunta valvolina di RBR che fa girare di più la ruota all’interno della curva e lo pseudo-DRS di McLaren – ma, in qualche modo, fanno parte di un gioco, quello della Formula 1, in cui si cerca sempre la massima prestazione. Quando si “sforano” i parametri tecnici si va in fallo e non lo approvo, questo è certo, ma lo capisco e lo comprendo perché si è comunque dentro una sorta di logica condivisa, per quanto illegale, che costituisce la trama di una gara di Formula 1 e dell’intera stagione. Tuttavia, questo trucchetto di RBR mi sembra che vada oltre quanto appena descritto. A prescindere dagli effettivi benefici che possa averne ricevuto, invero pochi a guardare la seconda parte del campionato (oppure tanti se si suppone che senza il trucchetto forse RBR sarebbe stata molto più in difficoltà di quanto già è apparsa), questo trucchetto non è solo illegale ma è anche sleale. Si colloca, cioè, su un piano di slealtà a mio avviso superiore a quello del tecnicismo che sfora i labili e grigi confini dei parametri costruttivi della vettura. È immorale al quadrato, per usare una facile formula. Non è questa la sede per disquisire sulle convergenze e divergenze tra legalità e moralità e su come si possa essere leali pur essendo illegali o viceversa. Mi basti dire che gli artifici e raggiri tecnici si possono collocare su una certa scala di illegalità, diciamo livello del baro A. Poi posso dire che c’è una scala B del baro, di per sé più grave, nella quale anche la più lieve infrazione è comunque più grave della peggior infrazione compresa nella scala A. Ecco, il dispositivo sul cosiddetto “T-Tray” di RBR, secondo me, fa parte di questa scala B. Diversamente da ali flessibili, olio birbante, valvoline birichine, finti DRS e quant’altro la modifica dell’assetto in regime di parco chiuso si colloca su un altro livello, su un’altra scala, è sleale in modo più profondo di quanto non lo siano i trucchetti sopra citati. Se tutto ciò è minimamente comprensibile allora sarà comprensibile anche il perché mi spingo a condannare molto più questo escamotage degli altri e a rimproverare la FIA per non aver preso provvedimenti esemplari. È sempre antipatico vedere qualcuno performare oltre il proprio merito ma lo è ancora di più se nel farlo si va contro dei principi che con quei, pur distorti, meriti non hanno nulla a che vedere. Può essere che in un prossimo futuro vedremo la FIA, svegliatasi finalmente, accanirsi contro la RBR su questo punto e allora sarò soddisfatto.
Ma ne dubito.
Quanto sopra lascia molto amaro in bocca ed è un peccato perché stiamo assistendo ad un campionato magnifico in cui ogni gara presenta situazioni complesse e difficili lasciando molta incertezza sul come si svilupperà. Tutto ciò rende le gare spettacolari ed emozionanti come non accadeva da tempo.
E questo GP non si sottrae a tale magnificenza: si colloca certamente tra i più belli del 2024. Perché? Perché sono successe tantissime cose e non sarà facile tirare i fili per capire come si sono comportati i piloti: tra situazioni contingenti, strategie difficili da interpretare e l’incognita gomme hanno avuto un bel daffare.
E dunque?
LECLERC
Che siano pagelle o non pagelle il voto al buon Charles deve essere il massimo. Ha fatto tutto quel che serve per vincere un GP: è stato veloce, accurato, non ha commesso errori, ha gestito ottimamente le gomme, ha approfittato delle situazioni a suo favore e ha amministrato a dovere la miglior strategia. Che cosa si vuole di più? Partiamo dalla garetta del sabato, di cui per coerenza non vorrei parlare visto quanto mi sia invisa concettualmente, ma che ha mostrato quanto entrambe le Ferrari fossero decisamente in palla e, numeri alla mano, assolutamente in grado di vincere la gara, quella vera. E forse anche la garetta se Sainz non avesse voluto mostrare e di-mostrare (con la mossa geniale tra le curve 15 e 16, presto copiata dallo stesso CLC e dagli altri piloti il giorno successivo) quanto improvvida sia stata la scelta di scaricarlo. In qualifica, la bandiera gialla durante il giro decisivo impedisce al nostro di puntare alla pole ma la seconda fila va comunque bene. Nella gara, il colpo di genio Charles lo fa al via. Intuendo che Max avrebbe fatto di tutto per sopravanzare Lando alla prima curva decide di stare interno per approfittare dell’ipotetica opportunità (e anche, ça va sans dire, per mettere in difficoltà Sainz…). Opportunità che puntualmente si presenta e che gli consente di arpionare il primo posto. Riparte bene dopo la SC del terzo giro nonostante la pressione di Verstappen. Quel che poi fa è ancora più interessante: stacca agevolmente Max rifilandogli una dozzina di secondi in 25 giri. E attenzione, stiamo parlando di un Max ringalluzzito dagli aggiornamenti RBR che seppur non rivoluzionari sembrano comunque portare acqua al suo mulino. È sagace, Charles, quando arriva la lunga finestra dei pit stop, a tenere ben saldo il timone della strategia: sa che è Max quello da “marcare” con attenzione e lo fa bene. Con le gomme bianche viaggia con una certa prudenza per qualche giro. Supera un (poco sorprendentemente) arrendevole Piastri senza perdere tempo e poi tiene un ritmo notevole per tutto il resto della gara. Quando capisce che McLaren (che nei team radio a Norris millantava ritmi di due secondi al giro superiori a tutti) non ne ha per potersi avvicinare prova anche a portarsi a casa il punto addizionale del giro veloce che è l’unica cosa che gli sfugge in questo fulgido GP ma poco male. La battuta che tutti giornalisti hanno fatto è che tolti a McLaren e RBR qualche “trucchetto” la Ferrari si ritrova con una doppietta inaspettata. La realtà credo sia molto più prosaica e concreta. Da Zandvoort in poi Ferrari è riuscita via via a trovare un buon compromesso su tutte le componenti della vettura al punto tale che, soprattutto in gara, non ha la più necessità di fare molto tyre-saving e può esprimersi velocisticamente al meglio delle sue possibilità. Quand’è così, ad un pilota come il nostro buon Charles, basta chiederlo! Bravissimo!
SAINZ
Voti alti anche per Carlos che fa un week end sostanzialmente in coppia con CLC. Nella “garetta” esagera un poco nella lotta fratricida ma vista la sua situazione possiamo fargliene una colpa? E poi quella geniale mossa in curva 15-16 vale il week end. In qualifica gli sta addirittura davanti. Diversamente da Leclerc alla partenza del GP non tiene conto delle probabili “cornate” tra i due davanti e ne approfitta solo a metà: supera agevolmente Norris ma è costretto ad accodarsi Max al quale mette subito molta pressione. Un piccolo problema non gli consente di mantenere viva la lotta con Max sicché è costretto strategicamente a fare la mossa per primo: al 20° giro pitta per tentare l’undercut. Max decide di non seguirlo e il gioco è fatto. Dopo tutto il giro dei pit stop si trova in seconda posizione a circa 6 secondi da Leclerc e con Verstappen dietro di lui a un paio di secondi. Max non è un pensiero perché preferisce guardarsi le spalle dal rientro di Norris sicché Carlos può comodamente dedicarsi a gestire il resto della gara. Secondo posto che vale oro per il costruttori e spasmodica attesa per il Messico. Va bene? Va bene!
VERSTAPPEN
Max arriva ad Austin con una RBR leggermente migliorata ma accompagnato dalle polemiche sul sistema per cambiare assetto tra qualifiche e gara. Si tratta di una spada di Damocle (morale, se non altro) della quale ho già parlato più sopra e sulla quale non mi dilungo e di cui il suo smisurato talento non ha alcun bisogno. Infatti, al sabato “poletta” e “garetta” sono sue: la sua abilità straordinaria e controllo senza pari risaltano ancora di più quando gli altri stanno ancora annaspando alla ricerca del miglior assetto. Forse avrebbe fatto un po’ più di fatica, nella garetta, se i due ferraristi non avessero indugiato in qualche scaramuccia di troppo ma importa? Il suo obiettivo da qui alla fine dell’anno, forte dei 50 punti abbondanti di vantaggio su Norris (e un’ottantina su Leclerc) è quello di massimizzare quanto più possibile. Sicché, in quest’ottica, non poteva passare un sabato migliore. Alla domenica, sempre con in mente questo obiettivo, punta subito Lando alla partenza: attacco “telefonatissimo” di cui l’unico a essere sorpreso pare proprio Landino nostro che non sa come reagire. Poco importa, a Max, che Leclerc ne approfitti: basta stare lì in zona e il suo obbiettivo è alla portata. Che sia questo il suo unico pensiero lo vediamo al giro 20, quando Sainz, terzo dietro di lui in quel momento, apre le danze dei cambi gomme dei primi cinque. Ebbene, in un contesto normale, con circa 2 secondi di vantaggio in quel momento, Max avrebbe dovuto “marcarlo a uomo” ma non lo fa. La ragione è semplice. Chi deve controllare è il solo Norris e non pitta. Non può comunque farne a meno, una mezza dozzina di giri dopo, perché le gomme presentano il conto ma la mossa è sempre e comunque da leggersi in funzione anti-Norris: impedire l’undercut è un must. L’overcut, di contro, può essere tenuto sotto controllo: per quanto più veloce verso la fine, Norris dovrà comunque superarlo e tutti sanno, Max per primo, quanto sia difficile. Meglio, dunque, sacrificare la posizione su Sainz che rischiare di perderla su Norris. Tutto quanto previsto avviene e quando negli ultimi giri Lando lo raggiunge assistiamo ad un bellissimo duello in cui Max mette in mostra tutte le sue migliori qualità che stavolta lo vedono protagonista nel ruolo di difensore anziché in quello di attaccante. Per diversi giri assistiamo ad una vera e propria lezione di come si fa a difendersi nel motorsport su circuito: gestione dell’uscita curva prima di ogni rettilineo, chiusura degli interni sulle curve a stretto raggio, gestione della parte elettrica, traiettorie giuste in ogni situazione. Semplicemente straordinario! Anche quando, a 5 giri dalla fine, Lando sembra finalmente aver trovato il momento giusto, Max non perde lucidità e con una furba manovra alla curva 12 costringe Lando a uscire dalla pista stando ben attento ad avere il muso davanti nel punto di corda della curva, il cosiddetto “apex”. La lucidità consiste nel sapere che se Norris sfrutta il tratto off track per superarlo sarà penalizzato e poco importa se la sua mossa verrà giudicata furbetta: fino a lì ne avevano pagato le conseguenze Tsunoda e Gasly e non c’era ragione per pensare che con lui i solitamente magnanimi commissari avrebbero preso decisioni diverse. Tant’è, infatti, che Lando “casca” nella sua trappola e riesce a portare a casa l’obiettivo che voleva, uscendo dal COTA con più punti di vantaggio sul secondo di quando c’era entrato. Chapeau!
NORRIS
Il voto che si merita Lando, in Texas, non può che rispecchiare i momenti clou che l’hanno visto protagonista: la partenza e il duello finale con Verstappen. Tutto il resto conta relativamente, salvo il fatto che gli ingegneri che gli telefonano promettendogli mari e monti come un call center qualunque non hanno fatto, diciamolo, una bellissima figura. “Prevediamo un ritmo di 2 secondi al giro più veloce di tutti negli ultimi 15 giri e punteremo direttamente a Sainz” gli dicono. Lando crede loro così tanto che, dopo il pit al 31° giro, passa anche 5-6 giri a “introdurre” dolcemente le gomme bianche. Quando finalmente gli danno il via libera la realtà colpisce Lando direttamente sul naso! Per fortuna ha il casco. Il ritmo è sì più veloce di quello di Max ma di 7-8 decimi/giro, non certo di 2 secondi! Ora, so che non dev’essere affatto semplice maneggiare la mole di dati che arriva sulle dashboard analitiche delle strategy room ma se persino ad un “divanista” come il sottoscritto quei calcoli parevano abnormi (e non per sensazione ma per semplici comparazioni con la differenza di ritmo dei piloti che avevano già cambiato gomme) come è mai possibile che in McLaren abbiano commesso un errore di valutazione così grande? Infatti, Lando fatica molto più del previsto anche solo per raggiungerlo, Max. E quando gli arriva a tiro il suo vantaggio di ritmo è ridotto a 3 decimi. Ma andiamo con ordine. Avevo scritto che il suo voto dipende dai due momenti clou della sua gara e il primo è stato alla partenza dove il nostro scatta perfettamente, persino meglio di tutti!, e giustamente si porta subito verso l’interno per chiudere ogni spiraglio all’arrembante Max. E poi? E poi non completa la manovra! Cioè non prende la corda di curva 1! Francamente non so cosa pensare. Chiunque sapeva che Max ci avrebbe provato. L’ha detto lui stesso, l’ha detto Leclerc il giorno prima annunciando neanche troppo surrettiziamente che avrebbe cercato di cogliere ogni opportunità, l’ha detto la storia dei loro confronti anche recentissimi. Perché, dunque, Lando non ha completato la manovra? Cosa gli sarà passato per la testa? Oppure, meglio, cosa NON gli è passato per la testa? Se Max ha brillato per la straordinaria lucidità in ogni fase di gara lui, che pure a parole gli vorrebbe contendere il titolo, non mi pare capace di fare lo stesso. Fatto sta che non completando la manovra lascia quel minimo spiraglio che consente a Max di fare quello che tutti sapevano avrebbe fatto: infilarsi all’interno e succeda quel che succeda. Per fortuna l’istinto lo sorregge e riesce ad evitare lo scontro. Scontro che avrebbe danneggiato più lui di Max in ottica mondiale e che è un’altra delle ragioni per cui Lando avrebbe dovuto aspettarsi l’attacco. Ad ogni modo, allarga sulla destra rallentando di colpo e il loro tira-e-molla consente a Leclerc di involarsi in prima posizione. Gli va male perché anche Sainz si infila e si mette tra lui e Max. Di lì in avanti sono di nuovo gli ingegneri, questa volta in veste di grillo parlante, che gli consigliano di non forzare il ritmo. Decisione spiegabile solo con le misurazioni del giorno prima, durante la “garetta”, che hanno visto le gomme gialle consumarsi più del previsto. Vero. Ma è anche vero che dopo la garetta ci sono state le qualifiche e, suppongo, pure qualche gara di contorno, la pista è più calda, più gommata, più pronta. Mi pare strano che questi parametri non siano stati considerati. Ancora più strano dopo che nei primi 10 giri si vedeva Leclerc andare con un ritmo velocissimo senza preoccupazioni di consumare le gomme. Insomma, con tutto questo popò di informazioni pure il sottoscritto, laureato in motorsport da divano, stavo “spingendo” idealmente Lando a tirare fuori il suo meglio. Quando Max pitta Norris, ancora con le gialle, si mette a girare un secondo (1 sec!) al giro più veloce di quanto faceva prima. Nel duello finale, invero bellissimo fino alla sua deludente conclusione, Lando fa molta fatica, molta più di quanto preventivato dai suoi ingegneri e, forse, da lui stesso. Quel che non gli perdoniamo è, ancora una volta, la perdita di lucidità nel momento clou. Quando finalmente sembra aver trovato lo spunto giusto per superare Max Lando non pensa minimamente alla possibilità che Max lo porti fuori in curva 12 e decide di resistere, testardamente, all’esterno della stessa curva. Non v’è chi non veda, in quella condizione la mossa più sagace è quella di provare l’incrocio in uscita, manovra che è tanto più efficace quanto più hai costretto l’avversario ad allungare la frenata. E invece no, Lando, che pure in passato, in circostanze analoghe, non aveva lesinato in questo tipo di mosse, non fa nulla di tutto ciò e cade nella trappola ben congegnata da Max. Non ha, poi e nuovamente, la lucidità di restituire immediatamente la posizione: mancavano ancora 4 giri e la possibilità di riprovarci era concreta. Forse in questo è stato mal consigliato dal suo muretto (ancora una volta!). Sta di fatto che la penalità di 5 secondi arriva puntuale e devono pure stoppare Piastri nell’ultimo giro altrimenti rischiava anche il quarto posto. In tutto questo il voto precipita in aree che di lusinghiero hanno ben poco. Certo, però, che la McLaren così preponderante delle 4-5 gare precedenti a Austin non si è vista affatto sicché se è vero che Lando e il suo muretto strategico hanno deluso assai è forse ancora più vero che gli aggiornamenti portati al COTA, circuito con tutte le caratteristiche possibili in cui serve un bilanciamento perfetto, non sembrano aver dato risposte positive. E tutto questo al netto della sparizione dello pseudo-DRS. In questo modo il mondiale non arriva, caro Lando!
PIASTRI
Anonimo tutto il week end. Non è passato inosservato il suo arrendevole comportamento contro Leclerc, intorno al 30° giro, quando si è fatto letteralmente da parte senza opporre alcuna difesa e senza, cioè, far nulla per favorire il compagno di squadra. Qualcosa dovrà pure significare, no?
RUSSELL
Il week end di Giorgino è stato caratterizzato da alti e bassi. Anche Mercedes ha portato aggiornamenti ma non pare che abbiano dato sicurezze ai piloti, curiosamente vittime dello stesso incidente nella stessa curva. Mentre quello di Russell lo costringe, sostanzialmente, alla partenza dai box (peraltro per una penalità abbastanza rara con i tecnici che dimenticano di mettere i sigilli da parco chiuso nel post-qualifica), quello di Hamilton costa la gara ma questo è: un sottosterzo improvviso e senza avvisaglie che è abbastanza raro vedere con questo tipo di vetture a effetto suolo. Staremo a vedere. Giorgino, comunque, ha fatto una bella gara, assai gagliarda, con duelli all’ultimo sangue con chiunque gli si parava davanti e alla fine si merita un buon voto.
I SORPASSI – voto 8 ai piloti e 5 ai commissari.
Faccio un inciso sui sorpassi sfruttando la penalità comminata a Russell. Al tredicesimo giro Giorgino incalza Bottas in fondo al lungo rettilineo tra la 11 e la 12 e vedendo che quest’ultimo non fa nulla per difendersi (davvero? Bottas non fa nulla per difendersi da un sorpasso? Ohibò! Quale impensabile e bizzarra evenienza!) si infila in un classico quanto facile sorpasso frenando all’interno. Ecco, così descritte, le circostanze non sono di quelle che possano far pensare ad una penalità che invece, sorprendentemente, viene comminata a Russell. Non influisce sul risultato finale della sua gara ma è una penalità che dà da pensare. Il caso, e solo il caso!, ha voluto che nell’apex della curva il muso della Sauber fosse davanti a quello della Mercedes di qualche centimetro ma ciò è accaduto per ragioni, per così dire, naturali, per la normale dinamica di come si stavano comportando le vetture in quel frangente. Non è stato Russell a spingere Bottas all’esterno né è stata un’arcigna difesa quella che ha portato quest’ultimo oltre il cordolo bensì un naturale svolgersi degli eventi. Un sorpasso normale e regolarissimo, mal gestito in difesa da Bottas che ha avuto come conseguenza che quest’ultimo sia finito un po’ troppo largo in uscita di curva. Secondo me non c’era nessuna penalità da assegnare e continua la mia perplessità su alcune decisioni che nel corso dell’anno sono state prese e che qui ad Austin sono fioccate con troppa foga da parte dei commissari. Regole ferree per quanto oggettive, (il muso davanti all’apex), non possono determinare da sole la regolarità di un sorpasso quanto invece può fare una valutazione della dinamica e delle decisioni prese in quel frangente dai piloti. Sappiamo che questi piloti, che sono i migliori del mondo, sono capaci di valutare in frazioni di secondo quello che una persona normale fa non in secondi ma in minuti o ore (ammesso che ne sia capace!) sicché la valutazione della regolarità di un sorpasso deve per forza tener conto delle circostanze e delle decisioni prese dai piloti. Un ex-pilota può comprendere la dinamica di un sorpasso, e conseguentemente la sua regolarità, molto meglio di un qualsiasi parametro oggettivo. L’avere il muso davanti all’apex può essere un parametro di supporto, una sorta di euristica generale ma non può essere IL parametro decisivo. Il rischio è che manovre geniali e dalla dinamica perfettamente in linea con lealtà e correttezza vengano penalizzate mentre dinamiche scorrette o quantomeno poco sportive per non dire sleali vengano giudicate legali. Nel caso di Russell contro Bottas è evidente quanto sia quest’ultimo a prendere le decisioni sbagliate in quelle frazioni di secondo: prima lascia la porta aperta e poi abbozza una ormai inutile resistenza che ha come mera conseguenza l’uscire dal cordolo. La manovra di Russell è sostanzialmente pulita, non c’è nulla di sleale nel suo infilarsi all’interno perché, guardando le immagini, quando le due vetture impegnano la curva sono separate lateralmente da almeno un metro e mezzo! Tutto questo mi fa tornare al sorpasso non-sorpasso di Norris a Verstappen. Poco fa sono stato severo con Norris e gli ho rimproverato il non essersi mosso con sufficiente sagacia per provare il sorpasso in altro modo, magari incrociando e aspettando la congiunzione tra la 15 e la 16 per fare un sorpasso a là Sainz o quant’altro. Tuttavia, la dinamica della difesa di Verstappen in quel frangente a me pare chiaramente rivolta a far uscire Norris dal tracciato. Sapendo quanto è abile Max è perfettamente plausibile che durante quel duello avesse già scelto come comportarsi alla curva 12 quale che fosse la situazione e sapendo del parametro muso-davanti-all’apex abbia consapevolmente scelto di allungare oltremodo la frenata al solo scopo di superare il punto di corda con il muso davanti a quello di Norris. E tuttavia, in questo modo, si può dire che sia stata una difesa corretta quella di Max? Formalmente sì: aveva il muso davanti all’apex. Ma nella sua dinamica è stata decisamente scorretta: Max non ha puntato a fare la curva! Se si fosse visto che puntava a curvare anziché portare Norris fuori dal cordolo allora la penalità a Norris sarebbe stata sacrosanta ma così? Siamo davvero sicuri che il mero parametro sia giusto? Ora, mi si potrà obiettare, se non mettiamo un parametro oggettivo al quale appellarci qualunque decisione presa in base alla dinamica sarebbe discrezionale e foriera di polemiche. Vero. Ma se la direzione gara tende a decisioni di buon senso che in generale tengano conto anche delle dinamiche sarà più facile accettarne gli eventuali errori. Inoltre, i piloti saprebbero che la correttezza delle loro manovre verrà valutata in quanto tale e non solo in base a parametri misurabili sicché farebbero convergere e allineare i loro comportamenti. Intendiamoci, ciò non significa che non assisteremo mai a scorrettezze o a mosse sleali. Però dare un margine di discrezionalità al direttore gara o ai commissari deputati a decidere in queste situazioni che sia basato su criteri prettamente sportivi consentirebbe di punire i comportamenti scorretti che per furbizia o casualità rientrano nei parametri (com’è il caso di Norris-Verstappen di Austin) o, al contrario, evitare di punire comportamenti corretti con penalità che non hanno alcuna ragione evidente che non sia il mero trovarsi 10 cm più indietro nell’apex anche se il sorpasso è condotto perfettamente (come nel caso Russell-Bottas).
PEREZ
La luce è decisamente spenta.
HULKENBERG
Le Haas si sono dimostrate piuttosto efficaci a Austin ma per una volta è parso molto più in palla Magnussen di Hulk. Solo che a Magnussen è stata affibbiata una strategia a due soste che si è rivelata totalmente errata. Ciò ha consentito a Hulk, peraltro partito bene e con l’unico pit esattamente a metà gara, di giocarsi le sue carte con una certa tranquillità dovuta al fatto che non si è mai trovato nella bagarre più difficili.
LAWSON
Bell’esordio del neozelandese che, esattamente come l’anno scorso, punta a “fare legna” in gara più che a cercare la performance. Che non è nemmeno male: nelle circostanze un po’ anomale delle varie qualifiche texane condizionate da track limits a gogo i suoi crono ufficialmente registrati sono migliori di quelli ufficiali di Tsunoda. Ma è comunque in gara che fa vedere le sue qualità: sempre pulito e sempre “sul pezzo”, ha dato la sensazione che fosse tutt’altro che esordiente, come se guidasse in Formula 1 da 10 anni anziché da pochi giorni. Sembra un po’ come Piastri. Resta da capire qual è la sua velocità reale.
COLAPINTO
Quattro gare in Formula 1 con Williams e ha già più arrivi nei punti di Sargeant in due anni. Che gli si può chiedere di più? Qui a Austin mi è piaciuto per la lucidità che ha mostrato. Grintoso, sì, ma con la dovuta circospezione la qual cosa pare difettare al suo pur lodevole compagno di squadra, Albon, qui autore di svarioni poco eleganti. Non so come la pensate voi ma con ancora cinque gare da disputare ho la sensazione che questo ragazzo possa giocarsi bene le sue chance per rimanere in F1 anche nel 2025. A giudicare da alcune simpatiche interviste che si trovano sul web e il ragazzo pare anche essere dotato di personalità interessante e sappiamo quanto queste cose siano importanti. Bravo!
NOTE DI MERITO
Nonostante l’abbia criticato in occasione della sua disarmante condotta nel sorpasso subito da Russell, ho visto Bottas fare una prima parte di gara decisamente interessante, più o meno alla pari con chi gli stava intorno. Considerato il mezzo sconfortante che si ritrova e anche il tipo di circuito non è stato affatto male. Si è poi perso nella seconda metà ma per una volta non ha dato l’impressione di essere un ex pilota.
NOTE DI DEMERITO
Mi aspettavo molto di più da Alonso che in una gara dai contorni caotici e piena di bagarre complicate come Austin avrebbe dovuto far valere la sua esperienza ed entrare nei punti (come ha fatto Hulk, ad esempio).
NOTE CHE BEL CIRCUITO CHE È IL COTA
Per l’ennesima volta il COTA, anzi lo scrivo per esteso, il Circuit of the Americas, si dimostra uno dei circuiti “nuovi” con più personalità. Nuovo lo è per modo di dire visto che è dal 2012 che è entrato nel circuito mondiale ma dei cosiddetti “tilkodromi”, a mio modesto avviso, è il migliore insieme a Sepang e Istanbul. L’alternanza delle varie sezioni, l’una diversa dall’altra, è qui proposta in modo tale da conferire un minimo di fascino. Lo “snake” è il tratto più spettacolare. Il rettilineo dello start si inerpica sulla collina e si butta giù a sinistra con una curva ad angolo retto e carreggiata amplissima in modo da favorire traiettorie diverse. Il lungo rettilineo che porta alla 12 è adattissimo ai duelli ad alta velocità. Infine la parte più impegnativa in cui il raccordo 15-16 con due curve a raggio diseguale è anch’esso adatto a duelli spettacolari che portano poi alla difficilissima curva 19 (quella dei track limits per intenderci) percorrendo la quale la capacità di controllo dei piloti viene messa a dura prova. Quando un circuito è concepito così bene è quasi inevitabile che ne escano anche delle belle gare. Mi auguro che continui.
Ci vediamo in Messico!