A.A.A. Cercasi management Ducati disperatamente

Come prevedibile il round del Portogallo a Portimao non ha rivoluzionato quelli che sembrano essere dei valori in campo piuttosto consolidati tra i team e i piloti di punta.

Kawasaki e soprattutto Rea sugli scudi, che si aggiudicano 2 gare su 3. Parziale riscatto Ducati che vince gara 2 con Bautista e piazza Davies e Bautista a podio in gara 1 e Superpole race. Yamaha alla finestra che salva l’onore con il podio di Van der Mark in gara 1 e Lowes in Superpole Race.

In definitiva, Rea aumenta di qualche punticino il vantaggio su Bautista e si avvia sempre di più al suo quinto titolo consecutivo, mentre per Bautista sembra esserci spazio solo per qualche vittoria di tappa ma ormai per il mondiale, i buoi sono abbondantemente scappati…

Ma c’è un altro tema da approfondire e che, a mio modesto parere, rappresenta il vulnus della stagione Ducati e rischia di esserlo anche per quella del 2020: la gestione dei piloti e gli sviluppi della V4 durante la stagione e che chiamano in causa soprattutto chi ha le redini del comando nel box Ducati e a Borgo Panigale.

Ma è un argomento su cui torneremo, adesso spazio alla cronaca di un weekend che non era partito male per Ducati, con Bautista attaccato a Rea nelle prove libere. La Superpole ha però raccontato una storia diversa, con Rea in pole e Bautista invece a remare in sella alla V4 e complice la spalla dolorante, chiudere sesto a 7 decimi. Peggio di lui Davies addirittura 12esimo. Sorprendentemente si piazzano secondo e terzo Sykes e Cortese, con Haslam e le Yamaha ufficiali solo quarto e quinto con Lowes.

immagine da motoblog.it

Gara 1 vede subito un problema per Bautista, che si tocca con il compagno Davies e deve rialzare la moto finendo nelle retrovie. Rea ne approfitta per fare gara solitaria mentre Bautista inizia una rimonta che, a fatica, lo riporta in quarta piazza. Una rimonta in cui si vede già chiaramente come la Ducati sia estremamente nervosa in inserimento e percorrenza di curva. Secondo chiude Davies che raddrizza in maniera imprevista una difficile qualifica e precede Van der Mark su Yamaha, anche lui partito attardato in decima piazza. Quinto Haslam che precede Razgatlioglu e Lowes, con Cortese che rientra nei ranghi dopo l’ottima qualifica e chiude ottavo.

Superpole Race che vedeva un logico favorito in Rea e la gara ha confermato questa premessa, con Rea che, complice un Bautista attardato in decima posizione al termine del primo giro, ha potuto “tranquillamente” avvantaggiarsi e contenere senza patemi la rimonta dello spagnolo che è riuscito ad arpionare la seconda posizione al termine dei 10 giri previsti. Lowes torna sul podio e precede Razgatlioglu e Haslam, con Van der Mark e Sykes molto deludenti e chiudono staccato in settima e sesta posizione. Male anche Davies che non ripete l’exploit di gara 1 e finisce ottavo.

Gara 2 era l’ultima occasione per Bautista per ritornare alla vittoria dopo il lungo digiuno iniziato a Imola. E in qualche modo, remando, faticando e sfruttando la potenza del V4 in rettilineo, è riuscito a portare a casa la vittoria precedendo Rea di un solo decimo, che si accontenta di un comunque ottimo secondo posto. Terzo un sorprendente Razgatlioglu che ha evidentemente imparato dagli errori commessi nelle due gare precedenti. Lowes chiude quarto e vince di nuovo il duello tra le Yamaha precedendo Haslam, Baz e Van der Mark. Disperso Davies addirittura sedicesimo.

immagine da moto.it

Rea chiude quindi il weekend portando a 91 i punti di vantaggio su Bautista. Gli basterà amministrare il vantaggio per conquistare il suo quinto mondiale e non c’è dubbio che sia un pilota sufficientemente intelligente da saperlo fare.

Ma ora torniamo sul tema introdotto in precedenza, ovvero i “guai” in casa Ducati. Più volte la Ducati è stata “accusata” di non saper gestire i piloti, cosa avvenuta spesso in MotoGP e sembra che la stessa cosa stia avvenendo in SBK.

Suona molto strana la scelta dei vertici Ducati di non voler dare seguito al progetto vincente V4 Panigale con l’unico pilota che ha dimostrato di saperla portare ripetutamente alla vittoria, con ben 15 affermazioni, ovvero Alvaro Bautista. Quest’ultimo  ha dichiarato che non è andato via per soldi ma per una nuova sfida che lo motiva molto. Sarà…ma è innegabile che ci devono essere state frizioni con i vertici Ducati anche e soprattutto in tema di ingaggio per il 2020.

In ogni caso, in Ducati si è preferito lasciar andare via Alvaro, in procinto di accasarsi in Honda ufficiale SBK, e far salire in sella alla V4 Scott Redding, attualmente leader del British Superbike sempre in sella alla V4. Poco male direte voi. Invece no, perché Redding si porta dietro tante incognite: è un pilota imprevedibile, veloce ma che non ha mai offerto garanzie di costanza di rendimento, dovrà riadattarsi ad una V4 che è diversa da quella su cui corre attualmente e che vede un ruolo molto limitato dell’elettronica. Infine dovrà capire cosa non funziona e indirizzare i tecnici verso quelle migliorie di cui necessita la V4, ovvero stabilità in frenata e percorrenza di curva, oltre a renderla un po’ meno impegnativa fisicamente da guidare.

Per tutto questo serve tempo che la Ducati non ha e che rischia di farla partire con un handicap anche nella prossima stagione. Tenere Bautista avrebbe consentito di sapere già cosa migliorare, in che modo e con un feedback immediato del pilota esperto che ha già vinto con la V4. Considerando anche che è davvero l’unico pilota a saperla portare al limite, considerando le 15 vittorie in stagione contro l’unica di Davies e le prestazioni davvero imbarazzanti degli altri piloti Ducati.

A tutto ciò si aggiungono le parole polemiche di Bautista che al termine di gara 2 ha dichiarato che “la moto da inizio anno non è migliorata nelle aree deboli e che i successi iniziali hanno illuso in tanti che la moto fosse già perfetta. Ducati conosce il problema ma non la soluzione” “La moto ha bisogno di più stabilità e maggiore trazione, e anche Davies è d’accordo con me”

Insomma, si è scelto l’ennesimo salto nel vuoto, dalle prospettive difficilmente immaginabili. Ci sarà di sicuro una strategia sensata dietro tutto ciò che noi non conosciamo ma sarebbe illuminante sapere cosa passa per la testa dei vertici Ducati. E pensare che nel 2009 avrebbero potuto prendersi Rea invece di affidare l’allora bicilindrica nelle mani di Haga.

Sliding doors che si ripropongono, e intanto l’ultimo mondiale in superbike vinto è ancora quello del 2011 con Checa. Gli anni passano e la strategia Ducati sembra assomigliare sempre più alla tela di Penelope, ovvero disfare quello che di buono si costruisce .

*immagine in evidenza da sbk-italia.it

Rocco Alessandro