LE F1 INVISIBILI – PAUL WARWICK

Esiste quella che chiamo la “F1 invisibile”, quell’insieme di personaggi che potevano essere campioni ma che hanno mancato l’appuntamento col Destino.

La storia è opaca. Noi vediamo chi ce l’ha fatta; ignoriamo chi ha fallito. Tutti i miei articoli alla fine parlano di questo: gli articoli sulla F2 mostrano la Storia che si dispiega in tempo reale; questi altri ambiscono invece a dar corpo, sia pure per un attimo, alla F1 invisibile.

Qualunque serio appassionato di storia della F1 conosce Derek Warwick: fu una grossa promessa del motorsport britannico, era veloce tuttavia non rese quanto era lecito aspettarsi. Ma è una figura comunque realizzata, che aveva trovato la sua dimensione e il suo spazio. Stavolta voglio invece parlare del fratello Paul, classe 1969, 14 anni più giovane.

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Mentre Derek esordiva nella massima Formula, nel 1981 Paul iniziava la sua carriera nel mondo del karting. Warwick jr filava forte davvero: diventò campione nazionale Superstox nel 1984 a Ipswich (dopo aver falsificato i documenti per risultare più vecchio e aggirare i limiti di età), East Anglian e British Champion nel 1985 a Wisbech. Nel1986 passò alle monoposto: alla sua prima stagione in Formula Ford 1600 Paul riuscì a vincere otto delle dodici gare della Dunlop-Autosport Star of Tomorrow e, già che c’era, conquistò pure la Townsend Thoresen Junior. Lo stesso ruolino di marcia di un paulista mooolto discusso…

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Nel 1987 Paul approdò in Formula Ford 2000. Il campionato era in declino, senza un grande supporto finanziario e tecnologico; l’annata fu complicata da carenze tecniche e da un ambiente instabile, ma comunque mostrò velocità e solidità. I risultati conseguiti infatti gli permisero di proseguire e di approdare nella F3 britannica con il team che l’anno prima aveva vinto con Johnny Herbert. Entrò nel campionato da gran favorito, tuttavia non andò come sperava, sia per motivazioni tecniche (una cattiva integrazione tra telaio e motore – dico solo che in una gara si ritrovò con il volante in mano) che per una salute traballante, e non andò oltre l’ottava posizione.

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Il 1989 fu simile, malgrado, per l’ennesima volta, un cambio di scuderia avesse fatto ben sperare. Ancora una volta si era trovato nel posto giusto al momento sbagliato: il telaio era peggiore di quello dell’anno prima e il motore era un rantolo. Neanche i compagni di squadra Vincenzo Sospiri e Damon Hill (!) riuscirono a estrarre qualcosa di buono da quella macchina. Gli sponsor si mettevano in mezzo e facevano pressione, i risultati non arrivavano, nel team non si respirava una bella atmosfera. Con tre punti chiuse lontanissimo dai primi, comunque davanti agli illustri teammate, a dimostrazione del suo talento.

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Che fare? Le opzioni a questo punto sono tre: spostarsi in F3000 (la F2 dell’epoca), arretrare nella Formula Vauxhall Lotus o continuare a erodere la sua reputazione in F3. Andare in una categoria superiore sarebbe stato incerto e costoso, retrocedere avrebbe sancito in pratica la sua fine agonistica, pertanto Paul decise di restare in F3. Stavolta, spostatosi in un team dall’ambiente più favorevole, le prestazioni furono incoraggianti, ma ancora una volta fu sopravanzato da piloti meno esperti ma con macchine più supportate.

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Dopo aver meditato di lasciare le corse, riuscì a trovare un sedile in F3000. Era solo una sostituzione per quattro gare e la macchina era una tremenda Leyton House (non che il team non fosse abile, tutt’altro, solo che stavano concentrando le loro risorse in F1), ma fu sufficiente. Senza la pressione opprimente della F3 si mostrò finalmente competitivo e portò a casa i migliori risultati stagionali per il team.

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Aveva retto molto bene l’incremento delle potenze; Nigel Mansell, che in quel periodo gestiva anche una scuderia, rimase colpito e gli offrì un volante per correre nella F3000 britannica, uno dei campionati al vertice delle serie minori. Paul accettò e a questo giro concretizzò l’occasione. Prima gara, pole e vittoria come non accadeva da tre anni. Seconda, idem. Il suo dominio fu strepitoso: nelle prime quattro gare ottenne sempre la pole, la vittoria e il giro più veloce. La F1 e la F3000 Giapponese (campionato prestigioso, all’epoca – fece anche un test) si stavano interessando a lui.

I was gutted and remember thinking ‘for f***’s sake, what do I need to do to beat this guy?” pensò il suo rivale Phil Andrews dopo che, a Oulton Park, per la quinta volta Paul ottenne la pole. In gara si ripetè lo stesso copione: Warwick jr mantenne la testa al via e staccò il gruppo senza fatica. Fino a sette giri dalla fine.

La Knickerbrook è una rapidissima curva a destra che prende il nome dal fatto che, durante la costruzione del circuito, in quel punto venne rinvenuta della biancheria intima femminile (cercate “knicker” sul dizionario). All’epoca lì si toccavano i 260. Oggi è preceduta da una chicane lenta.

A sette giri dalla fine Warwick impostava per l’ennesima volta la Knickerbrook; era in totale controllo della gara, ma il mezzo fli riservò una sorpresa. Un braccetto della sospensione anteriore cedette, e Paul si trovò senza sterzo né freni proprio in prossimità della curva. “There was a puff of smoke from his car and he went straight in to the barrier (…) It just came straight back out from the barrier, but it also went up in the air after the impact and then it just erupted in to flames” raccontò Richard Dean, il più vicino degli inseguitori.

Dean fermò la macchina nei pressi dell’impatto; gli altri piloti pensarono semplicemente che avesse forato sui detriti e tirarono dritti. “I could see the rear of the car but the smoke was so thick it was difficult to see anything beyond that. I tried to feel for the cockpit of the car with my hands but there was just nothing there. I could see the wheel was attached to the rear bulkhead and the front axle was intact but the cockpit opening was just shattered“.

Dean aiutò i commissari a estrarre Paul. L’eroismo fu inutile e non ebbe mai un riconoscimento ufficiale: Paul Warwick fu trasportato in ospedale ma morì subito dopo l’arrivo. La gara fu stoppata e, secondo il regolamento, la classifica da tenere in considerazione era quella del giro prima. Paul Warwick risultò pertanto vincitore per la quinta volta consecutiva; abbastanza per vincere il campionato. Un campione postumo, proprio come era accaduto in Formula 1 a Jochen Rindt, ventuno anni prima.

Dal principio all’epilogo, si era sempre trovato nel posto giusto al momento sbagliato.

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La sua carriera fu dimenticata in fretta. Lasciò un segno solo sulla Knickerbrook, che venne rallentata da una chicane, come di solito accade.

Lorenzo Giammarini, a.k.a. LG Montoya

[Immagine di copertina tratta da au.Motorsport.com]