BASTIAN CONTRARIO “La paura di vincere”

Nello sport, come nella vita, oltre a prendere delle decisioni e quindi stare sempre ad operare delle scelte, c’è sempre da tenere in considerazione la parte educativa e nello specifico, l’abitudine a comportarsi in un certo modo. Ci sono sportivi che affrontano quella sfida consapevoli che non riusciranno mai a raggiungere l’obiettivo massimo, altri che accarezzano l’idea e solo pochi riescono nell’intento di raggiungere la vetta. Quelli che accarezzano l’idea nello specifico, nella maggior parte delle volte si trovano in una condizione mai vincente e, arrivano persino ad abituarsi ad una situazione del genere tanto che, quando ciò accade, non sanno gestirla e finisco per buttare tutto a meretrici. Paura di vincere la chiamo io e, non c’è cosa peggiore che ad uno sportivo possa succedere, in quanto se non si hanno le capacità mentali di riprendersi si entra in un vortice, un loop negativo, dal quale difficilmente si esce. Immaginate un pilota che è abituato a conservare sempre le stesse posizioni, che vanno tra il decimo ed il quarto posto e, all’improvviso si ritrova una macchina che gli permette di giocarsi, se non addirittura vincere il mondiale. Un conto è lottare per posizioni di rincalzo, un altro è sentire il peso della pressione che aumenta, peso che può schiacciarti se non si hanno spalle sufficientemente larghe e da qui il crollo, perché si è abituati a non vincere, da qui la caduta perché si ha paura di vincere.

Di certo chi non ha paura di trovarsi davanti a tutti sono Charles LeClerc e Carlos Sainz, la coppia piloti della Ferrari e, come ho sempre affermato su questa rubrica, la coppia di piloti più forte del mondiale da quando è stata messa assieme. Nel GP di Italia che si è concluso domenica scorsa, abbiamo assistito ad una delle vittorie più belle di sempre perché abbiamo avuto l’esempio di cosa significa “first the man than machine”. La SF24 non vale la MCL38 di Norris e Piastri eppure, è stata la rossa di Maranello a tagliare per prima il traguardo e sempre lei ad effettuare una singola sosta, nonostante la vettura di Woking degradi le gomme decisamente meno. Se Ferrari ha potuto permettersi una scelta del genere (aggiungerei finalmente, visto che era da tempo immemore che non vedevamo il muretto osare in questo modo!) è stato solo per i piloti che abbiamo a disposizione, che decisamente non hanno paura di vincere. Charles domenica scorsa ha posto il sigillo su quello che già si sapeva da qualche gara a questa parte e cioè, che ha raggiunto quella maturazione agonistica definitiva che evidentemente gli mancava, che completa “il pacchetto” di fenomeno e campione che è; mi riferisco alla gestione del passo gara. Il monegasco tra le poche curve e, gli infiniti e velocissimi rettilinei di Monza, ha guidato da consumato campione, in luogo del quale ha sempre tenuto a bada tutti e tutto, senza perdere mai il controllo ed il polso della situazione. Per Charles la parola “paura di vincere” non esiste, in quanto se mai è egli stesso la paura: cosa potrebbe fare un talento cristallino quale è lui se le sue chiappe fossero posate sull’attuale McLaren? La vittoria di domenica scorsa è stata una delle più belle perché è avvenuta principalmente grazie agli uomini prima ed al mezzo dopo, perché come già detto e non è mai poco ripeterlo, attualmente la Rossa non vale la Papaya e, sebbene Maranello abbia portato gli upgrade necessari che devono correggere i casini fatti con quelli portati in Spagna, è anche vero che Monza è una pista a se stante e, la bontà degli stessi la vedremo solo nei GP che seguiranno. Quindi si dia a Cesare ciò che è di Cesare compreso al partente Sainz, il quale affianca il suo compagno a fine GP, per festeggiare nel degno modo perché è un fatto che la vittoria di Charles ha anche la firma dell’iberico dato che quest’ultimo ha fatto muro finche ha potuto contro l’incontenibile MCL38 di Piastri.

Parlo volutamente di vettura e non di piloti perché la McLaren, intesa come squadra, se non fosse per il capolavoro di macchina che ha sfornato, non si ritroverebbe mai a lottare per entrambi i titoli. Ovvio che in F1 la macchina è (quasi) tutto eppure proprio il GP d’Italia, ha dimostrato quanto il fattore umano ancora oggi sia determinate… grazie a Dio! McLaren, per mano del suo pilota di punta (solo perché più vicino a Verstappen), ha gettato alle ortiche l’ennesimo GP i quali ormi nemmeno si contano più. Lando, che è affetto da paura di vincere in forma acuta e avanzata, domenica scorsa ha letteralmente perso la testa: prova ne è la sua entrata in pit lane per cambiare le gomme, dove poco prima della linea di rallentamento, centra in pieno un cartello segnaletico! Una roba del genere non l’avevo mai vista ad essere sinceri e purtroppo, ho come l’impressione che le cose possano solo peggiorare. Lando, come ho descritto prima nella premessa che a lui è dedicata, è entrato in loop dal quale difficilmente ne uscirà fuori, almeno per quest’anno. Tutto quello che è successo nel GP d’Italia è solo e soltanto una diretta conseguenza dell’azione del suo gesto, che di fatto ha scatenato una concatenazione di eventi che hanno portato all’epilogo che tutti conosciamo: se non avesse sbagliato ad infilare e ad impostare male le curve che vanno dalla prima chicane alla Roggia, il pilota inglese sarebbe uscito dalla Parabolica (non me ne voglia il compianto Alboreto!) primo e, di conseguenza avrebbe tagliato da leader il traguardo del primo giro, di modo che avrebbe potuto imporre il suo ritmo e sicuramente avrebbe agguantato una vittoria importantissima, dato che allo stato attuale Verstappen vede il podio solo col binocolo. Invece il pilota inglese non solo non fa nulla di quanto detto, addirittura viene sverniciato, alla suddetta Roggia, sia dal compagno (il quale a sua volta si era detto disponibile ad aiutarlo… figuriamoci se avesse dichiarato che gli voleva male!) che poi dal resto del mondo. Il compagno di squadra di Norris gli ha dimostrato (il GP d’Italia è stato rivelatore!) non solo che in F1 non ci sono amici, che soprattutto non ha paura di vincere. Del resto l’australiano cosa avrebbe dovuto fare? Aspettare che Norris ritrovasse la pista e la testa? Sottolineo questo discorso perché è da domenica, immediatamente dopo il GP, che leggo il mantra “ordini di scuderia”. Premesso che il Team Order è abietto per definizione, vero è che questo può esistere se ci sono le reali condizioni per poterlo dare e cioè che il divario di punti tra inseguito ed inseguitore, sia davvero minimo e soprattutto che chi insegue, non stia li a commettere sempre errori eclatanti mettendo anche in imbarazzo la squadra. Lando ha il destino nelle sue mani e, se inizia a comportarsi da campione a cominciare dalle partenze per poi passare dal vincere le gare, allora avrà la squadra ai suoi piedi la quale sarà anche pronta a far sacrificare il compagno. Fino a quando Norris avrà paura di vincere, perché non sa nemmeno lui che ci fa li su in cima, allora inutile lamentarsi e soprattutto invocare aberranti Team Order, specie nei riguardi dell’attuale McLaren, che ha in questo momento come unico obiettivo il titolo costruttori. La voglia di vincere è di tutti, il non aver paura di vincere evidentemente no.

Vito Quaranta