Fuoco, fiamme e scintille in Malesia

Si può proprio dire che quello di Sepang sia stato un week-end caldissimo.

Si parte dalle temperature, mantenutesi altissime per tutto il weekend, con la pista a 50 gradi. Poi venerdì il fuoco della Renault di Magnussen, il cui balzo fuori dall’abitacolo ha sollevato molti interrogativi sull’opportunità di adottare un dispositivo di sicurezza come l’Halo. Quindi le scintille in partenza, con un Vettel per nulla sereno che quasi distrugge la gara di Rosberg, oltre che la sua. E infine le fiamme del motore di Hamilton.

Ma andiamo con ordine.

Le prove libere, come spesso accaduto quest’anno, avevano fatto dire agli esperti che i passi gara delle tre scuderie di vertice erano molto vicini, e che sarebbe stata una gara molto combattuta. Dopodichè, ovviamente, le qualifiche avevano piazzato le due Mercedes ben davanti a tutti, con la Ferrari a confermarsi la terza forza. Se i piloti della Scuderia si mostravano abbastanza delusi e rassegnati del risultato, altri esponenti di Maranello continuavano a dire che in gara le distanze sarebbero state molto più vicine. E infatti alla prima curva Vettel si è avvicinato tanto alla Mercedes di Rosberg, ma con esiti disastrosi. Si tratta del quarto incidente in partenza per Seb, e sempre c’è stata una Red Bull di mezzo. Ma in 3 casi su 4 il ferrarista era, se non proprio colpevole, quantomeno corresponsabile. Nel caso di oggi, di sicuro l’unico a sbagliare è stato lui, anche se, ha tenuto a precisare, Verstappen si è reso responsabile di una chiusura poco gentile.

E’ bene far notare che è dal 2009 che la Ferrari non frequenta più costantemente le prime file, prediligendo in particolare la terza e la quarta, ma mai come quest’anno si è assistito a tanti incidenti con vetture rosse coinvolte. Anzi, con una vettura in particolare coinvolta, essendo l’altra in alcuni casi vittima di errori non suoi. Evidentemente il pilota di punta ha qualche problema di approccio alla prima curva, e sarebbe forse il caso che qualcuno si occupasse di questo problema.

Fatto sta che dopo due curve un possibile protagonista è già uscito di scena, mentre un altro, Rosberg, si ritrova in fondo al gruppo, con la gara virtualmente distrutta. E pure Verstappen paga qualche posizione, tanto da decidere di fare un primo pit stop in regime di Virtual Safety Car, riuscendo a perdere pochissimo tempo. La VSC fa la sua comparsa nuovamente al nono giro, e in questa occasione si ha la misura di quanto scaltro sia il ragazzino, il quale riesce letteralmente a fregare Raikkonen nell’esatto momento in cui il regime di VSC cessa. Riguardando il replay si nota come il sorpasso sia iniziato nel momento stesso in cui le luci diventano verdi, risultando del tutto regolare, segno che Max è sempre maledettamente sul pezzo, a differenza del pilota esperto che in quel momento lo precedeva, sul quale SC e VSC hanno un effetto soporifero.

Dopo le scintille iniziali, la gara si trascina come quasi tutte quelle che l’hanno preceduta, con una Mercedes, quella di Hamilton  in questo caso, in totale controllo della situazione, e due Red Bull dietro, essendo Rosberg impegnato in una rimonta dal fondo che in poco tempo lo porterà a ridosso della Ferrari superstite.

Fortunatamente ci pensano i due baldi giovani della Red Bull a movimentare un po’ la situazione. Con Verstappen in rimonta avendo gomme più fresche, impegnato a non perdere troppo da Hamilton col quale poteva essere virtualmente in lotta per la vittoria nel caso l’inglese si fosse fermato ulteriormente, era logico aspettarsi la richiesta della squadra a Ricciardo di lasciarlo passare. Richiesta che non è arrivata, e il ragazzino ha quindi pensato di fare da solo, ingaggiando un bellissimo duello durato diverse curve, salvo poi rendersi conto che il sempre sorridente Daniel non intendeva farlo passare, e decidere di mettersi diligentemente in coda.

Con Hamilton tranquillamente avviato verso l’ennesima vittoria stagionale, c’è tempo per una riflessione: anche negli anni 80 si assisteva a gare noiose, con due macchine, in quel caso biancorosse, che veleggiavano in testa dall’inizio alla fine. La  differenza è che qualche volta nell’inquadratura si presentava improvvisamente una macchina biancorossa con fumo bianco che usciva dagli scarichi, e il pilota francese alla guida che accostava mestamente. Ora questo non accade più. Giusto il tempo di terminare la riflessione, e sullo schermo appare una macchina grigia con le fiamme che escono dagli scarichi. Inutile guardare il numero e il colore del casco, perchè è ovvio che sia quella dell’equivalente odierno del pilota francese di allora, e cioè il povero Lewis Hamilton. Il quale poi alla fine si chiederà come mai si rompano solo i suoi motori. E’ una domanda alla quale si può anche non dare una risposta, certo è che questa rottura cade a fagiolo nell’ottica di fare arrivare il mondiale all’ultima gara.

Approfittando della VSC uscita per agevolare lo spostamento dell’auto di Lewis, i primi 4 cambiano tutti le gomme, ed escono nello stesso ordine in cui sono entrati. E così arriveranno alla fine, con Verstappen mai pericoloso nei confronti di Ricciardo, e Rosberg impegnato a costruire un gap di almeno 10 secondi nei confronti di Raikkonen, per compensare una precedente assurda penalità comminatagli per un sorpasso aggressivo inflitto a Kimi.

E così Ricciardo riesce finalmente a raggiungere la meritata vittoria sfuggitagli quest’anno per colpe non sue in almeno due occasioni. Ed è ormai chiaro che per la Ferrari il terzo posto nel mondiale piloti e il secondo posto nel mondiale costruttori siano obbiettivi difficilissimi da raggiungere, così come l’ottenere almeno una vittoria stagionale. Se ripensiamo ai proclami di inizio stagione, non possiamo non fare a meno di chiederci che cosa li giustificasse.

Dietro ai primi tre, meritano una menzione speciale Alonso, arrivato settimo partendo dal fondo con una McLaren che inizia finalmente ad essere consistente, e Palmer che è riuscito ad agguantare il primo punto di una carriera che con molta probabilità lascerà negli albi d’oro la stessa impronta, molto piccola, di quella del padre.

Ora si va subito a Suzuka. Si spera che il volo in Giappone risollevi un po’ il morale al povero Vettel, il quel può consolarsi per il risultato di oggi pensando che, se non avesse sbagliato la staccata alla prima curva, gli sarebbe probabilmente toccato di bere champagne dalla scarpa del suo ex-compagno di squadra.