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VIVERE LE MANS

E’ il giorno tanto atteso, finalmente l’avventura ha inizio!!

La mia “Road to Le Mans” comincia con il volo del Giovedì mattina da Milano a Parigi, mentre gli altri avventurieri a cui mi sono aggregato hanno viaggiato nottetempo e sono già in campeggio col camper noleggiato per la trasferta. Il volo passa tranquillamente, è quasi troppo breve per slacciarsi e sgranchirsi; si arriva a Charles de Gaulle abbandonando l’afa milanese per trovare un tempo quasi autunnale e cielo moderatamente coperto. La prossima tappa è il TGV che dalla stazione di Charles de Gaulle arriva direttamente a Le Mans, l’attesa è di circa 3 ore utili per consumare il pranzo al sacco. Una volta sul treno compaiono i primi segnali di Le Mans…..infatti nella mia carrozza ci sono dei ragazzi tedeschi, due maschi e due ragazze, che per quanto possa capire io di tedesco, stanno parlando di Le Mans…ogni tanto si sente un “Porsche” alla tedesca. Altro segno inequivocabile è rappresentato da un signore britannico di mezza età che sale con il gilet dell’Aston Martin Racing….lui sicura va dove vado io, ottimo così non sbaglio la fermata!

Il viaggio in treno è più lungo di quello in aereo, e il meteo non migliora di certo, sempre nuvole grigie a vista; la stazione di Le Mans è una classica stazione di provincia, per cui si è subito fuori sul piazzale dove c’è da prendere il tram che porta finalmente al circuito. Inutile dire che fuori dalla stazione molta gente, chiaramente non del posto, era lì per la 24 Ore. Il percorso in tram dura 20 minuti e mi porta verso Sud dove sorge la pista. Il traffico per strada è abbastanza intenso e a giudicare da quello che vedo fuori è causato proprio dall’evento che tutti aspettano. Si vedono decine di auto con targa inglese che sfoggiano decalcomanie e stemmini vari inerenti alla 24 Ore, in più una fila interminabile di TVR inglesi, dalle più vecchie a quelle più recenti come le Tuscan….hanno sicuramente colto l’occasione perché quest’anno la TVR torna come sponsor delle Rebellion LMP1. Vedendo tutti questi inglesi compattati ho pensato che dovevano essere usciti dall’Eurotunnel tutti insieme qualche ora prima. Poco prima di arrivare al capolinea mi metto d’accordo su come farmi trovare dagli altri che sono in zona Paddock (se avete presente il paddock di Monza pensatene 3 insieme). Una volta sceso seguo le indicazioni per l’ingresso e raggiungo i tornelli d’entrata dove comprare il biglietto generale per poter uscire ed entrare in ogni momento…dopo una scarpinata e una serie di sottopassi finalmente incontro gli altri giù dal ponte Dunlop, finalmente ci siamo!!

Il Paddock Village è un paese dei balocchi per qualunque appassionato di motori…ci sono ovunque negozi, stand, boutique riguardanti il Motorsport…dai modellini da collezioni ai capi di abbigliamento Vintage. In più ci sono gli stand delle più grandi case automobilistiche e molte di esse offrono esperienza di simulazione. Per i più ricchi c’è pure lo stand Rolex con vantaggiosissime offerte (si fa per dire!) di orologi a 25.000 €.

Poco dopo iniziano le qualifiche e abbiamo la fortuna di assistere all’uscita dai box di quasi tutte le macchine insieme!! I rombi più caratteristici sono sicuramente l’urlo stridulo e acuto delle 911 che coprono qualunque auto nelle vicinanze; e il rumore tonante delle Corvette: ora ho capito perché si usa l’hashtag “#BringtheThunder”!! Verso sera ci dirigiamo verso il campeggio, che è al di fuori del circuito e all’inizio della velocissima sequenza di curve Porsche, una bella cena in compagnia e si va a letto pronti a vivere una nuova giornata.

Il Venerdi inizia con un cielo coperto e la rugiada che bagna l’erba: si sta bene nl felpa. La prima cosa che si nota è che si vedono passare delle auto dove poche ore prima sfrecciavano senza limiti i bolidi della 24 Ore…già questo è unico al mondo!!! Il programma è fare la Pit Walk (gratis con il biglietto generale) e visitare il museo della 24 Ore. All’ingresso della Pit Lane c’è un ingorgo niente male per accedervi, ma una volta dentro c’è abbastanza spazio e basta attendere il momento giusto per essere in prima fila e scattare qualche foto alle macchine mezze smontate. La parte più interessante è stata vedere il lavoro senza sosta dei meccanici del Cetilar Villorba nel tentativo di riparare la Dallara distrutta nel volo di Sernagiotto la sera prima. Si vedevano i meccanici quasi stremati, probabilmente hanno lavorato quasi tutta la notte! Dopo la Pit Walk siamo andati sotto il famoso ponte Dunlop per vedere il bellissimo scollino che poi porta a Tetre Rouge. La visita al Museo mi ha sorpreso perché mi attendevo giusto qualche vecchia auto vincitrice nel passato…invece da vedere c’era veramente molto, a iniziare da una sala dedicata a tutte le vetture sponsorizzate Gulf, quindi c’erano le stupende Porsche 917, le Ford GT40, Mirage GR8..!! Proseguendo ci si imbatte in una sezione antica con automobili che hanno iniziato la storia delle corse e non solo, tra cui la bellissima Bentley Blower che ha dominato alla fine degli anni’20. Da ammirare c’erano anche alcune macchine stradali avveneristiche, tra cui una vettura francese a turbina. Verso la conclusione del giro si è circondati dalle vetture iconiche della 24 Ore: la Rondeau del 1980, la Mazda 787B del 1991, la Bentley EXP Speed del 2003 e la Peugeot 908 per citarne alcune. Fantastico!!

Finalmente arriva il gran giorno della partenza che tutti aspettano. Una cosa che mi è rimasta impressa quel Sabato mattina è stata vedere una nonnina britannica camminare quasi nel fango, con seggiolina pieghevole appresso, verso la collinetta per assistere al Warm-Up che sarebbe iniziano a momenti. Assistere a questa scena mi ha fatto capire di non essere nessuno e che la mia passione per il Motorsport non è nulla se confrontata con la gente che si trovava lì!

Il suono dei motori alle 9 di mattina è un bellissimo incentivo al risveglio, soprattutto quando rombano le favolose GT. In mattinata ci sono state anche la gara dell’Aston Martin Festival e la Le Mans Cup. Ovviamente non mi sono lasciato sfuggire la gara delle Aston…il paradiso per me. Innumerevoli Vantage, inframezzate qua e là dalle nuove costosissime Vulcan, una vecchia DBR9 GT1 col V12, una manciata di V12 GT3, qualche vecchia Vantage GTE e la nuova Vantage GT3 al debutto assoluto. Assistere a questa “parata” di Aston per me valeva già il prezzo del biglietto.

Nel frattempo mangiamo una pastasciutta verso mezzogiorno e ci dirigiamo verso il Paddock, per poi accedere alla tribuna sul rettilineo del traguardo.

I nostri posti sono all’ultima fila in alto, ci permettono una visuale assolutamente privilegiata e sufficientemente alta da riuscire a vedere interamente i box e i pit stop. Verso le 13 siamo già in tribuna e sulla pista ci sono posizionate le auto a lisca di pesce con una marea di gente ad affollare la griglia. Nel pre-gara si fa vedere Alonso che arriva dai box salutando il pubblico, ovviamente è il grande atteso. Nadal è invece lo Starter dell’edizione e si vede passare in corsia box circondato da personale della sicurezza. Dalla nostra posizione vediamo anche un gruppo di tifosi olandesi venuti a fare il tifo al Jumbo Racing dove corre l’idolo Jan Lammers. Questi tifosi sono veramente organizzati, con tanto di magliette gialle, mani gonfiabili e strumenti musicali da stadio!!

La gente inizia a sfollare la griglia e i piloti si preparano a salire sulle vetture….nel frattempo lo spettacolo offre un BlackHawk dell’esercito che cala un soldato con la Bandiera tricolore, successivamente l’elicottero si esibisce in un passaggio radente sopra il rettilineo provocando un boato imponente. In seguito è la volta delle Frecce Tricolore che si esibiscono nella classica formazione a freccia lasciando dietro di sé i colori della Francia….assistere dal vivo a questi spettacoli è sempre emozionante! Ma ora è la volta di guardare in basso, in pista….i piloti sono pronti, Jacky Ickx è il Gran Marshal pronto a sventolare la bandiera verde per dare il via al giro di formazione…sulle Toyota partono Buemi e Conway. Finalmente si muovono le auto a formare il serpentone di 60 macchine dietro la Safety Car. Verso la metà del lunghissimo giro di formazione cala uno strano silenzio sull’autodromo e si inizia a sentire distintamente la classica musica “Also sprach Zarathustra” di Strauss che contraddistingue ogni partenza della 24 Ore. Durante questi momenti ti senti caricato a mille da queste note assolutamente azzeccate per il momento di attesa impaziente per qualcosa che succede una volta all’anno. Tutti si sporgono in avanti coi cellulari per immortalare questi momenti salienti della partenza e quando meno te lo aspetti senti i motori alzarsi di giri mentre il gruppone passa proprio davanti a te e va in salita verso la prima chicane. Qui succede il primo colpo di scena, con Lotterer che compromette una già di per sé impossibile corsa alle Toyota, tamponandone una e danneggiando il suo muso, costringendo subito il team ad una sosta fuori programma.

Dopo questo episodio la gara delle Toyota si fa ancora più in discesa e giro dopo giro accumulano un buon vantaggio sul terzo in classifica, la SMP Racing LMP1. Nelle altre categorie come LMP2 e GTE Pro le vetture rimangono più o meno vicine, con la coppia di 911 Manthey che si scambiano spesso la testa di classe. Le GT che veramente sono fuori gara, ahimè, sono le nuove Vantage che soffrono terribilmente i rettilinei e ancora rimangono dietro le prime GTE Am. Assistiamo al primo valzer dei pit stop, senza particolari evoluzioni; dopo circa un’ora e mezza di gara iniziamo a spostarci dalla tribuna per iniziare il “giro” di pista. Ci dirigiamo quindi verso il ponte Dunlop e le Esses, dove è molto suggestivo ammirare le auto gettarsi in picchiata giù dallo scollino verso le veloci pieghe che portano a Tetre Rouge. Si vedono rischi e indecisioni nei doppiaggi….è quello che a Le Mans fa la differenza.

Successivamente prendiamo il bus navetta (servizio eccellente) per arrivare a Mulsanne: il tragitto in pullman ti fa vivere una sensazione strana, ti fa sembrare di uscire completamente dalla corsa, perché nelle strade intorno al circuito la gente passa normalmente, quasi come che per gli abitanti del posto la 24 Ore sia una routine anche troppo soffocante per la quantità di persone che porta ogni anno. Vedere le macchine impegnarsi nella staccata di Mulsanne è veramente suggestivo, non è ancora abbastanza buio per vedere i dischi incandescenti, ma è comunque notevole vedere le auto passare da 330 all’ora a 70 in pochi metri. Mentre siamo lì c’è una fase di Safety Car e le Toyota con al volante Lopez e Alonso sono accodate dietro a decine di macchine ovviamente più lente…..abbiamo la fortuna di assistere alla ripartenza e siamo testimoni di Alonso che non vuole perdere tempo e cerca di girare largo a Mulsanne per non trovarsi davanti macchine più lente in accelerazione. Che rischi che si prendono sapendo che la gara è appena iniziata.

Dopo un po’ di sosta ci muoviamo verso la zona di Indianapolis e Arnage, sempre con il servizio navetta. Una volta raggiunta la collinetta dove si assiepavano tutti gli spettatori, ho capito perché molti dicono che quel posto è il più bello per vedere le macchine in azione. Il bello è che stando fermi si vedono le vetture arrivare velocissime alla veloce destra di Indianapolis, affrontare la curva successiva a sinistra e allungare brevemente prima di sterzare a destra per la lentissima Arnage. E’ veramente un tratto unico…c’è tutto: velocità, inserimento, aerodinamica ad alta velocità, telaistica a bassa velocità e trazione dopo Arnage. Qua è abbastanza buio per apprezzare i dischi freno arancioni e la cosa più bella è che le macchine ad Arnage rallentano tanto da vedere anche i dettagli e le mani del pilota che gira il volante. Stupendo!!

Ormai sono quasi le 22 anche se c’è ancora luce in cielo, e decidiamo di ritornare alla base per mangiare, quindi di nuovo bus fino alle curve Porsche dove c’è il campeggio. Dopo una bella pastasciutta per cena, ci armiamo di seggiolina e belli coperti (il vento è veramente freddo di notte) ci appostiamo sulla collinetta per vedere un po’ di azione notturna. Le auto col buio sono veramente belle, ormai piene di fari e LED colorati per farle riconoscere. In questa fase c’è Alonso sulla Toyota #8 impegnato in una rimonta sulla vettura gemella che conduce di oltre 2 minuti….in alcuni passaggi si nota lo spagnolo buttarsi dentro alle LMP2 nella seconda curva delle Porsche, prendendosi rischi enormi…..è una guida ancora da formulista. Dopo 1 ora la stanchezza e il freddo si fanno sentire, e a turno ci ritiriamo tutti per qualche ora di “riposo”, comunque relativo perché la musica dei motori va avanti imperterrita, come la nottata dei tifosi che di certo non sono silenziosi. Di mattina mi alzo un po’ a vedere la gara all’alba e controllare chi non era sopravvissuto alla notte. La cosa che si nota sempre quando ritorna la luce è lo sporco che si è accumulato sulle auto, a rappresentare la durata estrema della gara.

Dopo essere tornato a riposare un po’ in tenda è finalmente mattina inoltrata ed è ora di svegliarsi del tutto. La situazione tra le Toyota nella notte si è ribaltata grazie alla rimonta della #8 e agli errori dei piloti dell’altra macchina, ora Alonso è veramente vicino alla vittoria. Intanto facciamo una bella colazione a base di caffè-latte e biscotti. Una volta lavati e pronti ci appostiamo all’ormai familiare collinetta sulle curve Porsche. L’idea è quella di mangiare sul presto per poi dirigersi verso la tribuna in attesa dell’arrivo. Strada facendo ci fermiamo a osservare le macchine all’uscita delle curve Porsche, in zona Karting, appostati sulla terrazza di un bar. Guardare le macchine passare di lì è assolutamente unico, si percepisce l’idea di velocità e di trasferimenti di carico che in TV non si comprende. Visivamente le Rebellion fanno la differenza in quel tratto….sembrano avere una velocità d’uscita maggiore anche delle Toyota…e i dati sulla percorrenza lo confermano. Più unico che raro è anche vedere da una parte i bolidi che girano in pista, mentre a pochi metri di distanza tanti spettatori si divertono gareggiando sui kart.

Quando riprendiamo i nostri posti in tribuna manca circa un’ora e mezza alla bandiera a scacchi. Stando così in alto il vento fresco si fa sentire. Ormai le posizioni da podio sono praticamente acquisite con la #8 con quasi un giro di vantaggio. In GTE Pro la Porsche “Pink Pig” ha un grande margine sulla vettura gemella e la prima delle Ford, che invece sono distanziate di pochi secondi. Ormai è tutto agli sgoccioli per questa maratona incredibile…sono ormai gli ultimi chilometri per tutti: chi vuole vincere e chi vuole comunque finire. La Toyota con un gesto patriottico consegna le vetture ai 2 piloti giapponesi per questo ultimo stint. L’arrivo del vincitore è in parata, tanto che molte vetture quasi si fermano ad aspettare Nakajima e Kobayashi che finalmente tagliano il traguardo rompendo la maledizione e scacciando i fantasmi degli anni passati. La Toyota ce l’ha fatta! Dopo innumerevoli tentativi e sfortune di ogni tipo, seppur senza avversari all’altezza, i giapponesi hanno finalmente vinto contro Le Mans! Il boato del pubblico è impressionante…da brividi. Ancor più bello quando dopo il giro d’onore Alonso e Buemi salgono sulla loro macchina seduti sulle pance. Divertentissimo è quando Nakajima deve curvare a gomito per entrare in pit lane in senso contrario, ovviamente con queste macchine non è operazione semplice, e infatti Alonso e Buemi saltano giù per fare manovra come fossero 2 parcheggiatori qualsiasi. Lo spirito di squadra si apprezza anche in questi banali dettagli.

Nonostante la “relativa” vicinanza al podio, la massa di gente che c’è non rende facile spostarsi agevolmente. Alla fine ce la prendiamo con calma e arriviamo in pista quando il podio della vittoria assoluta è già stato concluso, ma è comunque bello assistere alla cerimonia delle altre categorie. Questa avventura sta per concludersi, ma l’ultima sorpresa ci è riservata da gran parte delle macchine ferme alla chicane Ford appena prima delle pit lane. E’ incredibile passare fra macchine da milioni di euro che hanno appena percorso le ultime 24 ore non-stop e si sono portate dietro tutti gli acciacchi e lo sporco.

Per me si è ormai fatto tardi e devo tornare in città a Le Mans per la sera, prima di rientrare a casa, per cui una volta salutato e ringraziato tutti, la mia prima Le Mans si avvia alla conclusione.

L’esperienza mi ha riempito di felicità e sicuramente speravo che fosse così, anche se non immaginavo così piena di azione. Dopo tanti anni di Le Mans da casa, in cui la tua esperienza si riduce allo schermo della TV o del computer, quando invece sei veramente lì tutto cambia e quello schermo diventa estremamente grande, tanto che non puoi seguire tutto….o guardi le macchine o guardi i tempi, o ti sposti o guardi le classifiche e gli aggiornamenti. Tutto insieme non si può fare….si rischia di non vivere appieno il contatto reale con la gara e la gente. Bisogna ammettere che vivere una Le Mans da spettatore in campeggio è veramente stancante e tornare alla vita di tutti i giorni non è semplice….per esempio una volta tornato a casa nelle orecchie riecheggiava il magnifico concerto dei motori per almeno due giorni! Il bilancio finale è assolutamente positivo, la compagnia è stata eccezionale e uno dei miei sogni nel cassetto sono riuscito a realizzarlo. Ora mi è venuta voglia di tornarci e provare anche la 24 Ore del Nurburgring e quella di Spa. Vedremo in futuro se ci sarà l’occasione….

 

Scusatemi per il ritardo con cui arriva questo racconto, ma dopo Le Mans non ho avuto molto tempo da dedicare. E vi ringrazio di aver tenuto viva la 24 Ore sul Bring con i vostri preziosi commenti.

Aury

AAA Cercasi antagonista per l’imperatore spagnolo di Sassonia

Al Sachsenring Marc Marquez suona la nona vittoria su nove partecipazioni con altrettante pole position. Il senso della giornata è tutto qui, a conferma delle sensazioni emerse in ogni sessione di prova e delle aspettative della vigilia.

Una gara autorevole, senza sbavature, che ha avuto qualche incertezza sul vincitore solo nei primi giri per lo scatto iniziale di Lorenzo che si è portato in testa e ha battagliato con il futuro compagno per gran parte della gara. Ma alla fine la migliore gestione delle gomme e il passo nettamente migliore hanno consentito a Marquez di smettere di giocare e guadagnare quel paio di secondi che gli hanno consentito di controllare ancora fino alla fine. Alle sue spalle l’unico reale antagonista fino alla bandiera a scacchi è stato Valentino Rossi, costantemente in scia ai primi due e sul gradino d’onore sul podio.

Al terzo posto ha finito il compagno di Valentino, Vinales, che partito indietro, è risalito dapprima fino a stare stabilmente in vista del gruppo dei primi e poi, nel finale di gara, fino a recuperare  il terzo gradino del podio. Questi cambi di ritmo alla stregua di un motore diesel che ha bisogno di riscaldamento restano una costante inspiegabile della stagione del pilota Yamaha.

E le Ducati?  Bisogna dire che la moto, rispetto alle previsioni della vigilia, si è rivelata competitiva a dimostrazione del gran lavoro che Dall’Igna & C. stanno facendo per lo sviluppo della moto. Tutti i piloti, Lorenzo, Petrucci, Dovizioso, Bautista sono stati nel gruppo di testa, alle spalle di Marquez e Rossi, per tutta la gara. Petrucci , partito dalla seconda posizione, è stato autore di una bellissima gara (finalmente!) e si è giocato il podio solo per una toccata con Lorenzo. Il quale evidentemente è ripartito dal Sachsenring non avendo ancora perdonato al Petrux la scia con cui questi sabato gli ha soffiato il secondo posto in griglia.

L’atteggiamento di Lorenzo, il suo minimo senso di appartenenza alla squadra, enfatizza l’amaro in bocca che lascerà l’addio di fine anno e la sensazione di non aver colto da ambe le parti una grandissima opportunità. Lo stesso amaro che si ritrova sicuramente a dover biascicare il Dovi, ultimo dei Ducatisti, alle spalle anche di Bautista e mai in grado di mostrarsi realmente competitivo. La Ducati gli ha dato un ottimo contratto, gli ha messo a disposizione una signora moto e la sta sviluppando costantemente; è necessaria da parte di Andrea un’autocritica e il superamento del “non abbiamo raccolto quanto era nel nostro potenziale”.  La pausa di due settimane che il mondiale si concede per le ferie estive gli sarà utile. Almeno me lo auguro.

Infine per rimarcare ancora di più il valore della prestazione di Marc Marquez, nel caso ve ne fosse bisogno, occorre segnalare che, complice anche la  solita caduta di Cal Crutchlow, per trovare una Honda diversa dalla 93 in classifica occorre risalire fino alla decima posizione di Predrosa.

Pedrosa che  ha annunciato il ritiro a fine anno. Onore a un piccolo grande pilota. Anche se ieri, per come ha corso, si è pensato che avesse anticipato l’evento a subito.

Moto2. Dopo la pole di Pasini le speranze di una lotta italiana sono svanite immediatamente nel primo giro con la caduta dello stesso Pasini che ha costretto Bagnaia ad una lunga gara di rincorsa terminata al dodicesimo posto. Risultato che ha consentito a Bagnaia di restare leader del mondiale per soli 7 punti. Vittoria (la prima!) di Binder con la Ktm e podio per Mir e Marini.

Moto3. Il solito Martin rispetta il pronostico della vigilia e porta a casa una bella vittoria davanti a Bezzecchi e McPhee. Risultato importante per Bezzecchi che resta a sette punti dalla vetta della classifica mondiale.

Valther

MOTOGP 2018 – PRAMAC MOTORRAD GRAND PRIX DEUTSCHLAND

Marquez land

Si potrebbe già finire qui la intro, visto che con ottima probabilità la motogp sarà vinta dal dominatore incontrastato su questo circuito.

  • in 125 nel 2010
  • in moto2 nel 2011/12
  • in motogp nel 2013/14/15/16/17

Visto il suo stato di forma, è ancora meno credibile che quest’anno possa interrompersi la tradizione.

Alle ore 16.00 ci sarà la conferenza stampa di Dani Pedrosa, in cui stavolta si dovrebbe fare definitiva chiarezza sul suo destino. Molto quoto il probabile annuncio del suo ritiro, anche a fronte del fatto che

Ed ecco giunto il giorno in cui Dani Pedrosa ha annunciato che a fine stagione si ritirerà dalle competizioni, anche perchè il nuovo team satellite Yamaha sta puntando su Morbidelli e Quartararò. Non mi è ancora chiaro il perchè il Francese sia così quotato e con molte persone convinte del suo potenziale, visto che doveva essere il nuovo fenomeno delle due ruote, mentre invece ha mancato tutti gli obiettivi, vedremo.

Pedrosa, un pilota che ha rivoluzionato la guida della motogp, costringendo tutti ad imparare a piegare e raddrizzare la moto più rapidamente, ma che la sfortuna, tradotta in cadute con fratture, è finita per non fargli ottenere i risultati meritati. Non è stato un fenomeno, ma un bravissimo pilota. Mai sopra le righe (eccezion fatta contro il Sic), mai pericoloso e sempre onesto. Non potevi odiarlo 😉

Valentino Rossi sembra molto probabile dia il ben servito a Galbusera, decidendo che per le due prossime stagioni possa avere al suo fianco Yamaha ha dato notizia che Ramon Forcada, l’ex capo tecnico di Lorenzo e attualmente al fianco di Vinales, resterà nell’orbita Yamaha, molto probabilmente al servizio di Morbidelli. Maverik ha già deciso di interrompere la collaborazione prima della gara di Le Mans, ed al momento è alla ricerca di un nuovo tecnico, avendo già ricevuto picche da Cazeaux, il suo ex tecnico in Suzuki.

Per la gara, Suzuki e Ducati potrebbero riservarci grosse sorprese, mentre Ktm ancora attende il nuovo portentoso motore.

Mancando altre cose di grosse interesse di cui parlare, godetevi il sount del Triumph 3 cilindri per la moto2 😉

ORARI TV

SKY

Domenica 
8:40-9:00 – Warm-Up Moto3
9:10-9:30 – Warm-Up Moto2
9:40-10:00 – Warm-Up MotoGP
11:00 – Gara Moto3
12:20 – Gara Moto2
14:00 – Gara MotoGP

TV8

Domenica 
19:00 – Gara Moto3
20:20 – Gara Moto2
21:30 – Gara MotoGP

 

Saluti

Davide_QV

F1 in pillole – Capitolo 13

Il Signor Gino era arzillo e con il passare degli anni non perse il vizio di uscire al sabato sera per ballare, pertanto era solito tornare tardi e dormire la domenica, ma l’8 ottobre del 2000 fu svegliato di soprassalto poco dopo le 7.00. Aveva la sfortuna di vivere a fianco del sottoscritto, solitamente attento alla norme del buon vicinato, ma un digiuno di 21 anni che si spezza dopo anni di delusioni e trionfi solo sfiorati meritava urla con un’estensione vocale degna di Bruce Dickinson.

Quella mattina aprì un ciclo straordinario in cui la Ferrari e Michael Schumacher sbaragliarono la concorrenza con una precisione chirurgica sotto ogni aspetto, combattendo anche contro un regolamento che veniva corretto in corsa per arginare un dominio incontrastato e destinato a scatenare l’eterna discussione sulla noia.

Credo che ogni vero appassionato di Formula 1 e Motorsport in generale possa ritenere una “libidine coi fiocchi” (cit. di Jerry Calà, ma anche del Sig. Gino) la perfezione messa in pista del Cavallino Rampante nel primo lustro del nuovo millennio, ma la prevedibilità di un campionato che sembrava già scritto in partenza non poteva che irritare i tifosi occasionali e la schiera di addetti ai lavori che farebbero meglio a parlare di calcio, tutti spuntati come funghi nell’era del dominio Ferrari.

La Formula 1 ha sicuramente cambiato pelle nel 1994, ma è indubbio che la piega che l’ha portata a prediligere le variabili artificiali al merito sportivo trovi le proprie radici in quegli anni, che vi raccontiamo con l’abituale attenzione per le cosiddette scuderie di secondo piano.

Arriva la Jaguar

Nel 1999 la Stewart Gp venne rilevata dal gruppo Ford che la rinominò Jaguar Racing con l’intento di promuovere la casa inglese. Eddie Irvine, dopo aver sfiorato il titolo nel 1999, entrò in contrasto con i vertici Ferrari per il proprio ruolo all’interno della scuderia e accettò l’offerta della Jaguar, che lo affiancò a Herbert, già in forze alla Stewart l’anno precedente; l’irlandese colse gli unici quattro punti stagionali del team, con cui chiuse la carriera alla fine del 2002, salendo due volte sul podio.

Red Bull mette le ali, la Sauber le perde

Attivo in Formula 1 dal 1995, Diniz ha ottenuto in tutto 10 punti, ma non è mai riuscito ad entrare tra i primi sei nel gran premio di casa e in occasione della sua ultima apparizione ad Interlagos non riuscì nemmeno a disputare la gara; nel corso del fine settimane infatti, entrambe le Sauber subirono il cedimento dell’alettone posteriore e vennero ritirate dall’evento per motivi di sicurezza. Curiosamente all’inizio dell’anno Autosprint aveva amplificato l’idea di alcuni tecnici di eliminare gli alettoni e riportare in F1 le minigonne, in modo da favorire i sorpassi. Diniz chiuse il campionato a zero punti e abbandonò, diventando per un breve periodo socio del team di Alain Prost, spostandosi poi in Brasile nel ruolo di manager.

Burti stuntman

Dopo aver iniziato la propria avvenuta in F1 al volante della Jaguar, Luciano Burti venne chiamato da Alain Prost per sostituire Mazzacane nel corso del 2001, cogliendo due ottavi posti come migliore risultato. Nel corso della stagione il brasiliano fu protagonista di due incidenti spettacolari: il primo ad Hockenheim dove la sua vettura decollò dopo aver tamponato la vettura di Schumacher che procedeva lentamente causa un guasto, il secondo a Spa, quando in seguito ad un contatto con Irvine uscì di pista a Blanchimont ad oltre 270 Km/h. Uscito fortunatamente senza gravi conseguenze, non ebbe altre occasioni in F1 e dopo un’esperienza da collaudatore Ferrari passò alle Stock Car brasiliane, prima di diventare commentatore di gare Formula 1 per la nota Rede Globo.

La Prost ai titoli di coda

La scuderia Prost, nata nel 1997 dalle ceneri della Ligier, colse nel primo anno risultati di rilievo, con materiale, tecnici e piloti della precedente gestione, salvo poi subire un calo nelle stagioni successive. Nel 2000 Jean Alesi terminò la stagione a zero punti, unico caso nella sua lunga carriera, mentre l’anno seguente ritornò in classifica con alcune sporadiche apparizioni tra i primi sei: ad Hockenheim il francese partì in settima fila e fu sesto al traguardo, a ridosso delle Benetton. Fu l’ultimo punto per la Prost e l’ultima gara nel team per Alesi, che dal Gp di Ungheria passò alla Jordan, con cui centrò un altro sesto posto, poi a fine stagione si ritirò dalla F1. Riguardo la scuderia francese, sulla seconda vettura Mazzacane venne sostituito da Burti, il quale si infortunò lasciando il posto a Enge, unico pilota F1 della Repubblica Ceca. La situazione finanziaria del team era comunque ormai compromessa: la mancanza di risultati, l’abbandono della Galouises e la rottura del rapporto con Diniz, che precedentemente era entrato in società, lasciarono il team privo di sostegni economici concreti e costringendolo a chiudere i battenti.

Brilla la stella di Alonso

A Suzuka si concluse il mondiale (già conquistato da Schumacher) con l’addio di due protagonisti degli anni passati, ovvero Hakkinen e Alesi, mentre in fondo al gruppo si mise in luce un giovane destinato a grandi traguardi: Fernando Alonso, il quale alla guida della Minardi, in prova si mise alle spalle le due Arrows, la Prost di Enge e il compagno di squadra Yoong, distante quasi due secondi dal suo tempo. In gara lo spagnolo confermò l’ottima prestazione terminando in undicesima posizione davanti ad avversari di vetture più prestazionali; nel corso del week end giapponese arrivò anche l’annuncio dell’ingaggio da parte della Renault, che impiegò Alonso per un anno come collaudatore e poi come prima guida, arrivando alla conquista di due titoli mondiali, nel 2005 e 2006.

Webber, buona la prima!

Dopo una proficua esperienza in Fia Gt Mark Webber tornò in monoposto con il team European Arrows di Stoddart, il quale rilevò la Minardi in F1 ingaggiando il pilota australiano, che nel frattempo aveva svolto il ruolo di tester Benetton. Il debutto fu entusiasmante: partito in nona fila, Mark Webber riuscì a cogliere un insperato quinto posto, unico piazzamento a punti del team nel corso della stagione, dopo aver resistito nel finale agli attacchi della Toyota di Mika Salo.

Chi va piano arriva sano ma non va lontano

Con la riduzione delle vetture al via sotto le 26 unità che un tempo determinavano il limite dei qualificati, dal 1996 al 2002 venne introdotta una nuova regola per prevenire la partenza di vetture molto lente, con esclusione di chi segnava in qualifica un tempo superiore al 107% del tempo ottenuto dalla macchina in pole position. Nel corso degli anni furono rari i piloti incappati in tale ostacolo, tra questi Alex Yoong, malese in forza alla Minardi che nel 2002 mancò la qualificazione in ben tre occasioni, come ad esempio a Imola, quando girò ad oltre sei secondi dalla pole e a due secondi e mezzo dal compagno di squadra Webber.

Addio all’Arrows

L’Arrows, nata alla fine del 1977 da una costola della Shadow, vanta una lunga esperienza in F1 e detiene il record di presenze (382) senza vittorie, con una pole position (colta di Patrese nel 1981) e cinque podi, oltre a un quarto posto nel mondiale (1988) come migliore risultato. Nel 1996 il team fu acquistato dalla Twr di Tom Walkinshaw che poi rilevò anche la Hart assumendone il fondatore Brian ma, a parte un lampo di Damon Hill all’Hungaroring nel 1997, il team accusò sempre maggiori problemi di liquidità stazionando costantemente a fondo griglia. Nel 2002 venne appiedato Verstappen per far posto all’esperto Frentzen, mentre Bernoldi continuò la sua avventura grazie all’appoggio della Red Bull, ma i risultati non arrivarono: al primo Gp entrambe le vetture accusarono problemi e subirono una squalifica, in Spagna Frentzen partì in quinta fila e fu sesto al traguardo, nell’ultima gara conclusa dall’Arrows a pieni giri. Seguì un altro punto a Monaco (prima bandiera a scacchi per Bernoldi), poi in Francia i piloti fecero un solo giro in qualifica per evitare una penale, mancando la qualificazione e il team sparì definitivamente dopo il Gp di Germania.

Il regalo di Fisico per i 200 Gp della Jordan

Alla fine del 2002 la Jordan perse lo sponsor principale con un ulteriore riduzione del budget e la stagione iniziò con due gare difficili, ma ad Interlagos Fisichella centrò la quarta fila (miglior risultato stagionale in prova) e in una gara resa caotica dalla pioggia riuscì a risalire fino ai vertici. Dopo gli incidenti di Webber e Alonso la corsa fu interrotta con attribuzione dei piazzamenti sul giro precedente: per un errore di cronometraggio la vittoria fu assegnata a Raikkonen, poi in una successiva riunione la federazione restituì il successo a Fisichella, che vinse per la prima volta in carriera, mentre per la Jordan fu l’ultima affermazione, proprio nella gara in cui il team festeggiò il 200esimo Gran Premio. Il compagno di squadra di Fisichella, il debuttante Firman, ingaggiato grazie a notevoli risultati in altre categorie, fu messo invece fuori causa dalla rottura di una sospensione; quella del 2003 fu l’unica stagione nel circus per l’irlandese, che colse un punto in Spagna, suo miglior piazzamento in Formula 1.

La Minardi davanti a tutti

“F1 2.0” is coming: nel 2003, oltre all’eliminazione del warm up, venne introdotto il parco chiuso, che vieta ogni tipo di intervento sulla vettura tra la fine delle qualifiche e la gara. Venne inoltre inserito un nuovo assurdo tipo di qualifica basato sul giro secco, scelta che a Magny Cours portò una particolare soddisfazione alla Minardi: le prove si svolsero infatti con pista che andava asciugandosi, con vantaggio degli ultimi piloti a scendere in pista, e Jos Verstappen fece segnare il tempo più rapido, portando la Minardi in testa ad una sessione cronometrata per la prima volta dal 1989, quando Pierluigi Martini aveva marcato la migliore prestazione nel warm up a Spa; le prove del sabato ristabilirono le gerarchie e Verstappen chiuse 19esimo davanti al compagno di squadra Wilson.

Ultimo punto Minardi a griglia completa

Di male in peggio: il regolamento delle qualifiche cambiò ancora basandosi su due sessioni, per cui nella prima tutti i piloti scendevano in pista nell’ordine inverso rispetto ai risultati della gara precedente, mentre per la seconda sessione, dove effettivamente i tempi erano ritenuti validi per la griglia di partenza, l’ordine d’ingresso si basava sui risultati del primo turno; a proposito, in Malesia la Minardi ottenne la miglior prestazione stagionale, con Baumgartner in nona e Bruni in ottava fila. L’italiano, che a Sepang concluse al 14esimo posto ottenendo il miglior risultato in F1 (ripetuto in altre due occasioni) risultò spesso più veloce del compagno di squadra, il quale riuscì però a cogliere un punto nell’imprevedibile gran premio degli Stati Uniti, dove Bruni fu coinvolto in una carambola al via.

Trulli Principe a Monaco

Passato alla Renault nel 2002, Jarno Trulli visse due stagioni in crescendo, poi nel 2004 le sue prestazioni migliorarono ulteriormente, portandolo a lottare ad armi pari con il compagno di squadra, l’astro nascente Fernando Alonso. A Monaco l’abruzzese visse un fine settimana di gloria, con pole position e vittoria, unica per la Renault nel corso del campionato e unica gara non vinta da Schumacher tra le prime 13. A metà stagione nacquero tensioni “contrattuali” tra Briatore e il pilota, che venne licenziato con un pretesto e dopo una gara di stop si accasò alla Toyota, dove corse nelle cinque stagioni successive.

Le ultime pagine della storia Jordan

Con il team in vendita e la nuova vettura, la EJ14, che di fatto era un’evoluzione del deludente modello precedente, in aggiunta alla mancanza di fondi che rese impossibile eseguire adeguati test, era lecito pensare che la Jordan avrebbe lottato a fondo griglia per tutto il campionato. In quella che fu l’ultima vera stagione per il team di Eddie Jordan (che nel 2005 mantenne il nome ma passò nelle mani del gruppo Midland) ebbe modo di debuttare Giorgio Pantano, il quale fu penalizzato da una vettura non competitiva e non riuscì a lasciare il segno che meritava, cimentandosi poi con successo in Gp2 (campione 2008), Superleague, Irl e Gt Open (campione classe GT2). A causa di un contenzioso in corso con il proprio manager, il pilota italiano perse l’appoggio di alcuni sponsor e fu provvisoriamente appiedato dal team, sostituito con il collaudatore Timo Glock. Qualificatosi in quarta fila, a Montreal il pilota tedesco riuscì a concludere la gara undicesimo davanti al compagno di squadra Heidfeld; a fine gara le Williams e le Toyota furono squalificate per le dimensioni irregolari delle prese d’aria dei freni anteriori, permettendo alle Jordan di entrare in zona punti. Dopo un’esperienza in Champ car, Glock tornò in Europa vincendo la Gp2, poi tornò dal 2008 in Formula 1, dove corse con Toyota e Virgin, ottenendo tre podi e un giro più veloce.

Ancora polemiche sulle qualifiche

Come accaduto l’anno precedente, quando fu quinto a Monza, il collaudatore della Williams Genè venne scelto per sostituire Ralf Schumacher, infortunatosi seriamente ad Indianapolis, ma in questo caso i risultati furono meno entusiasmanti: decimo in Francia, lo spagnolo fu dodicesimo a Silverstone in quella che fu la sua ultima apparizione in gara. Il week end inglese tra l’altro fu caratterizzato dalle polemiche in quanto durante la prima sessione di prove, utile per determinare l’ordine di uscita nelle qualifiche, molti piloti girarono volontariamente molto lenti, addirittura frenando in rettilineo, in modo da partire primi, temendo l’imminente arrivo della pioggia. Gené è diventato poi collaudatore Ferrari e affermato commentatore del settore, inoltre ha continuato a correre e non si è fatto mancare affermazioni importanti quali la 24 ore di Le Mans e la 12 ore di Sebring.

Tra limiti e penalità, la F1 perde credibilità

Dal mondiale 2004 venne disposto che ciascun pilota avrebbe dovuto disputare tutto il week-end di gara con un solo motore, con penalità di dieci posizioni sulla griglia di partenza in caso di sostituzione dello stesso (convertita in una partenza dal fondo dello schieramento se il cambio fosse avvenuto dopo le qualifiche). La Bar montava un propulsore Honda RA004E, particolarmente performante e affidabile, tanto da permettere al team di affrontare la stagione migliore della propria storia; oltre a Sato e Button, venne confermato il “terzo” Anthony Davidson, che nei turni del venerdi si mise più volte in luce segnando tempi vicinissimi a quelli dei titolari.

 

Tornando  a noi, come avete potuto leggere, le limitazioni e penalizzazioni che hanno compromesso il regolamento recente della F1 partono purtroppo da lontano; ci stiamo dunque avvicinando alla prossima puntata che rappresenta l’ultima di questa avventura tra i meandri della categoria, ma prima è necessario tornare un attimo a quella mattina del 2000.

L’entusiasmo si sentiva nell’aria, tutti al bar del paese parlavano della Ferrari e il futuro appariva radioso, ma il Signor Gino di F1 ne sapeva poco e incrociandomi per strada, con sguardo truce, ebbe modo di apostrofarmi: “S’et cumbinà stamatèina? Pariva ca i’eran drè maszat!” Tradotto in Italiano: “Cos’hai combinato questa mattina, sembrava ti stessero ammazzando”

 

A presto per l’ultima puntata.

Mister Brown

 

Per fare un salto indietro nel tempo leggere qui:

Pillole di F1 cap. 1 – Anni ’50 e ‘60
Pillole di F1 cap. 2 – Anni ’70 (1)
Pillole di F1 cap. 3 – Anni ’70 (2)
Pillole di F1 cap. 4 – Anni ’70 (3)
Pillole di F1 cap. 5 – Arrivano gli anni ’80
Pillole di F1 cap. 6 – L’era del turbo (1)
Pillole di F1 cap. 7 – L’era del turbo (2)
Pillole di F1 cap. 8 – Speciale 1989
Pillole di F1 cap. 9 – Campionati 1990 e 1991
Pillole di F1 cap. 10 – F1 nel caos (1)
Pillole di F1 cap. 11 – F1 nel caos (2)
Pillole di F1 cap. 12 – Verso il nuovo millennio