Turisti (quasi) per caso: il circuito di Hockenheim

A volte, chissà perché, l’itinerario delle vacanze porta proprio laddove la passione vorrebbe andare. In Germania, ai confini fra i land Renania-Palatinato e Baden-Württemberg, lungo il corso del fiume Reno (quello tedesco, s’intende) esiste un luogo il cui nome evoca sempre grandi ricordi, belli e brutti, nella mente degli appassionati di auto da corsa. Forse non tanto quanto il luogo che dà il nome a questo blog, ma poco ci manca. Perché in Germania la passione per il motorsport è sempre stata forte, come in Italia, e i luoghi storici per la Formula 1 sono anche in questo caso due.
Stiamo ovviamente parlando del circuito di Hockenheim, che si trova nella Germania centro-occidentale, non lontano dalla città di Spira, in una zona forse non molto conosciuta da noi italiani, ma dove sono presenti luoghi molto interessanti da un punto di vista turistico.
E fu così che dopo avere organizzato un soggiorno vacanziero in quel di Spira, ci si accorse (quasi) per caso che lì vicino c’era una delle piste che ci faceva sognare fin da bambini, e corse l’obbligo di farci tappa.

Alcune informazioni storiche: il tracciato fu costruito negli anni 30, partiva dal centro abitato di Hockenheim e si inoltrava nella vicina foresta, per un totale di 12 km. Negli anni 60 fu costruita un’autostrada che, passando vicino al centro abitato, tagliava in due il circuito, e fu così realizzato l’attuale Motodrom, eliminando la parte nel centro abitato ma mantenendo quella nel bosco, e la lunghezza si ridusse a 7 km. Il circuito assunse così la fisionomia che poi ha mantenuto fino al 2001. Il mondiale di F1 vi arrivò nel 1970, quando sulla mitica Nordschleife erano in corso dei lavori, ma già due anni prima la pista era balzata agli onori della cronaca mondiale a causa dell’incidente mortale occorso a Jim Clark durante una gara di F2.
Nel 1971 il mondiale ritornò alla Nordschleife, che venne poi abbandonata definitivamente nel 1977 a seguito dell’incidente a Niki Lauda dell’anno precedente.
Da quel momento Hockenheim divenne sede fissa del GP di Germania fino al 2008, con l’eccezione del 1985, quando la gara si disputò sulla nuova pista corta del Nurburgring, e del 2007 quando il GP di Germania non venne disputato. Dal 2009 vige una precaria alternanza con il Nurburgring, costantemente minacciata dai problemi finanziari per quest’ultimo e dalla scarsa affluenza di pubblico per Hockenheim, curiosa situazione visto il dominio delle auto e dei piloti tedeschi. Per i tedeschi (e per Ecclestone, of course) il business viene prima di tutto, e se non ci si guadagna non si corre.

La pista nasce con un profilo di alta velocità, poi con la modifica degli anni 60 viene di fatto divisa in due parti, una velocissima nel bosco e una lenta nel Motodrom, che ha l’aspetto di un vero e proprio stadio. Per limitare la velocità vengono inserite chicane a spezzare i due lunghi rettilinei che confluiscono nella curva ovest. Dopo l’incidente mortale di Depailler del 1980 anche in questa curva viene inserita una chicane posticcia, teatro nel 1982 della scazzottata fra Piquet e Salazar, poi nel 2002 lo scempio si completa con l’eliminazione della parte nel bosco e la conseguente riduzione della lunghezza a poco più di 4 km, rendendo il circuito decisamente meno interessante.

La nostra tappa “turistica” ad Hockenheim ha luogo qualche giorno dopo il GP del 2014. Arriviamo senza sapere se e come sarà possibile entrare, anche se non abbiamo tanti dubbi vista la capacità teutonica di trasformare qualsiasi location in un museo visitabile. E infatti, non solo c’è la possibilità di entrare al circuito, ma c’è pure un museo e la visita guidata con tanto di giro della pista.
Si entra sul circuito attraverso una delle tribune del Motodrom, quella dell’ultima curva, e ci si rende subito conto della spettacolarità di questo tratto della pista, in grado di ospitare decine di migliaia di persone, che godono di una visuale strepitosa su un ampio tratto, compresi box e rettilineo di partenza.
Le strutture sono state rinnovate di recente, e sono veramente imponenti.

Veniamo poi accompagnati in pista, per visitare i box ed entrare sul rettilineo di partenza. Le strutture dei box sembrano un po’ datate, in confronto ad esempio a quelle del circuito di Imola. Entrando in pista, sulla linea di partenza balza subito all’occhio la vicinanza della prima curva. La distanza è più breve di ciò che si immagina dalla televisione, e anche la piega a destra è molto più secca se vista dal vivo. Ai lati della pista resta ancora qualche detrito dal GP che si è corso pochi giorni prima, in particolare i famigerati marbles.
La guida ci accompagna poi nella parte nuova, quella che ha sostituito il tratto nel bosco. Da un’unica tribuna si riesce a vedere il lungo curvone parabolico che porta al tornante, e il rettilineo di ritorno che finisce su una chicane lenta dalla quale, attraverso un breve ulteriore tratto rettilineo, ci si immette nel Motodrom.
Anche in questa parte del circuito lo spettatore ha un’ampia visuale, potendo vedere le auto sfrecciare alla loro massima velocità sulla curva parabolica, arrivare alla frenata del tornante, praticamente l’unico punto della pista dove si può azzardare un sorpasso creativo (salvo poi venire penalizzati, come ha imparato Rosberg recentemente), e ritornare verso la chicane, molto vicina alla quale è posta la tribuna.

Proprio mentre ci descrive questa tribuna, la guida ci racconta di come negli ultimi anni il pubblico sia drasticamente calato, dicendoci che la massima affluenza si è raggiunta ai tempi in cui Schumacher guidava la Ferrari. Mentre ne parla si coglie chiaramente un velo di tristezza, che peraltro condividiamo pienamente.
La visita dovrebbe continuare con il giro di pista, ma ci informano che causa preparativi del festival rock che si sarebbe tenuto di là a qualche giorno, per ragioni di sicurezza ciò non sarà possibile.

Ci resta quindi da visitare il museo che sorge accanto alla pista, le cui dimensioni sono contenute ma dove sono ospitate alcune interessanti auto di F1, come la prima Jordan del 1991, la Benetton e la Williams del 1990.
La visita si conclude e ci allontaniamo dalla pista sperando di poterci tornare in futuro a vedere un gran premio. In definitiva è molto facile da raggiungere (l’uscita dell’autostrada è a meno di 1 km dalla pista), se venissimo di venerdì avremmo l’autodromo tutto per noi, come abbiamo visto la settimana scorsa…

Ma avremo prestissimo altre occasioni per vedere auto di F1 e altre chicche imperdibili per gli amanti della tecnica, quali siamo noi. Nel raggio di una trentina di km dal circuito si trovano ben due bellissimi musei della tecnica, quelli di Sinsheim e di Spira. Nel primo sono esposti fra l’altro un Concorde e il suo alter-ego russo, il Tupolev TU-144, oltre ad un buon numero di monoposto di F1, fra le quali spicca la primissima versione della Tyrrel a 6 ruote, quella con le due prese d’aria ai lati del roll-bar. Nel secondo vi sono un 747 e uno degli Space Shuttle russi superstiti, il Buran. Tutti i 4 velivoli sono visitabili all’interno, e si ha la possibilità di ammirarne da vicino la tecnologia, sicuramente un po’ datata ma proprio per questo affascinante.

Articolo a cura di Pier Alberto