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BASTIAN CONTRARIO: TEQUILA E MARIACHI

In Messico si dice “fiesta” quando bisogna fare baldoria e non c’è fiesta senza tequila e mariachi… altrimenti che baldoria è? Il GP messicano è stato un’autentica bolgia, sia sugli spalti, che ormai sono nuovamente gremiti (almeno nelle Americhe), che in pista. Lo strapotere Mercedes sembra, finalmente, volgere al capolinea. Nel contempo, questo coincide con la gioia di tutti noi appassionati che finalmente riusciamo ad assistere a dei GP quanto meno godibili e, di sicuro, non scontati come prima. Resterà sempre il rammarico di questa epopea anglo – tedesca, dove hanno vinto tutto, perché forti certamente e, di sicuro, perché soli. La scelta di spezzare questa monotonia, fosse stata presa prima, ci avrebbe risparmiati ore e ore di noia assoluta e, soprattutto, avremmo avuto la possibilità di apprezzare meglio le doti di Hamilton e non solo le sue.
Hamilton appunto, per il quale di certo non c’è stata né tequila e né mariachi alla fine di questo fiesta messicana. Il campione inglese sta soffrendo dannatamente la presenza dell’olandese, che non arretra di un millimetro e, soprattutto, spiace dirlo, il fatto che da troppo tempo è rimasto lontano da una lotta serrata così come quella che sta affrontando ora. Se Lewis non avesse goduto di tutto questo dominio tecnico che ha sempre avuto a disposizione (che unito al suo talento è stata una vera arma letale), sicuramente non avrebbe vinto così, né tanto meno sarebbe stato accusato di essere stato quasi sempre solo. Questo è il secondo mondiale che si sta giocando fino alla fine e, come ho già ricordato su queste righe, la prima volta non gli è andata tanto bene. Il fatto è che, nel 2016, il titolo comunque rimaneva in famiglia, come si suol dire, mentre ora le cose sono ben diverse. Questa volta si tratta d affrontare avversari estranei alla squadra e nel contempo la ”famiglia” è tutta per lui.
Peccato che nel momento della difficoltà si vede l’uomo ed il campione inglese, in questo suo affannato errare, non ha portato alla famiglia il giusto rispetto. Non credo passeranno inosservate le sue critiche al compagno (reo di non aver chiuso l’olandese in partenza) e la sua squadra (colpevole di non sviluppare la monoposto dal GP inglese). Eppure la combinazione Bottas/AMG ha permesso ad Hamilton di vincere quattro titoli di fila in assoluta tranquillità. Per caso si è dimenticato il soprannome affibbiato al compagno del campione inglese, quando frenava Vettel in quel disgraziato 2018? Veramente Mercedes è così criticabile, dopo che ha fatto valere tutto il suo peso politico in fase regolamentare e dal punto di vista tecnico? Nel 2017 e 2018 se AMG non si fosse data da fare, sfruttando le sue “doti” politiche e tecniche, credo che Hamilton avrebbe avuto molta più difficoltà nel contrastare la Ferrari del duo Arrivabene Vettel (con Binotto dietro le quinte che faceva il vero lavoro… e questa è un’altra storia!). Sebbene ci siano stati errori lungo il percorso, è anche vero che il campione inglese dovrebbe fare muro, quadrato, come si usa dire, e quindi difendere chi lo ha messo in condizione di diventare quello che è attualmente. In questo momento della sua carriera, la debolezza di Lewis è quella di affidarsi troppo all’aiuto esterno della squadra e soprattutto del compagno. Bottas ormai è cotto: sia chiaro, non sto dicendo che è bollito e non serve più a nulla, sto solamente affermando che il finnico ormai è stanco di prestare servizio come cavalier servente, è stanco di vivere all’ombra di una figura ingombrante come quella del pluricampione del mondo inglese. Bottas in partenza non ha fatto nulla, nel senso che non ha stretto l’olandese e di sicuro non ha stretto nemmeno il proprio compagno, semplicemente ha tirato dritto. Piuttosto cosa ci faceva Il finlandese della Mercedes in pole position? Come mai non c’era il legittimo pretendente al titolo? Questa è la domanda… è questo il quesito su cui concentrarsi. Hamilton ha cannato al sabato ed in seguito ha commesso l’errore più grande alla domenica che è stato quello di fare affidamento sul suo compagno.
A differenza dell’olandese il quale, vuoi per fame vuoi per disperazione, si è reso conto che se avesse voluto vincere questo mondiale e strapparlo dalle grinfie dell’acerrimo avversario, si sarebbe dovuto rimboccare le maniche e fare tutto da solo. Perché una cosa è certa, se avesse voluto aspettare l’aiuto di Perez stava fresco! Per inciso, il messicano nonostante il premio da bimbo minchia che la FIA, in concerto con Liberty Media, ci vuole far ingoiare a forza e tutto il tifo di cui ha goduto, comunque non è stato utile alla causa del compagno in quanto non è mai stato un reale problema per Hamilton. Max domenica scorsa ha dimostrato di essere pronto, ha fatto vedere che i tanti anni (Verstappen è in F1 dal 2015… non esattamente ieri) spesi a commettere errori e ad imparare da essi, hanno portato i suoi frutti; non ultimo hanno contribuito ad affinare il suo dannato talento. Incredibile con quanta lucidità, nonostante il suo già consistente vantaggio, abbia rallentato di proposito (circa tre secondi) per impedire a Bottas di agguantare il giro più veloce. Agli occhi di un purista, l’olandese potrebbe apparire come un anti sportivo, eppure non si dimentichi il comportamento di Hamilton nel 2016 ad Abu Dhabi, dove rallentò vistosamente nel finale per far raggiungere Rosberg da tutti gli altri piloti e costringerlo a sbagliare. Questa è una guerra dove nulla è lasciato al caso e nulla viene lasciato per strada all’avversario, perché ogni punto potrà essere determinate. Fatto sta che ora Verstappen ha diciannove punti di vantaggio su Hamilton e con quattro GP all’alba, ora si fa dura per il suo avversario inglese: considerando la costanza dei due contendenti nell’agguantare la prima e la seconda posizione, lasciando le briciole agli altri e, considerando che tra il primo ed il secondo posto ballano sette punti di differenza, Hamilton è costretto a vincere tre GP di seguito per affrontare la penultima gara con solo due punti di vantaggio. Fossi in Lewis inizierei a preoccuparmi: tutto è ancora possibile, tutto può ancora succedere, eppure ora si inizia a parlare di probabilità, le quali pendono tutte dalla parte del giovane della Red Bull. Considerando come quest’ultimo si sta comportando, insieme alla sua squadra che non sbaglia quasi nulla, è altamente improbabile che Hamilton riesca in questa impresa.
Improbabile e di sicuro non impossibile. Di certo Lewis per i prossimi appuntamenti ha bisogno di un gran colpo di fortuna o un mezzo miracolo e questo vuol dire che deve riprovare a replicare ciò che ha fatto in Inghilterra o deve sperare che il motore Honda schianti all’improvviso oppure che l’olandese commetta una boiata delle sue di antica memoria. Fino a prova contraria chi deve spingere e deve rischiare è proprio il campione di Stevenage e, come ho già detto, ora è tutta una questione di probabilità. Una cosa è certa alla luce di quanto stiamo vedendo in questo lungo ed appassionato mondiale e cioè che se Verstappen dovesse vincere si dirà che ha battuto il più grande di sempre di questo periodo storico. Se invece dovesse essere Hamilton a recuperare lo svantaggio che ora lo affligge, di certo laverebbe l’onta delle sue tante vittorie conquistate in solitaria.
Nel frattempo che aspettiamo che la “torcida” brasiliana scaldi i nostri cuori, ci godiamo l’attimo e Verstappen fa altrettanto perché questo è il suo momento, solo che, conoscendolo, di certo non si distrarrà troppo perché il suo obiettivo non è il singolo GP bensì il mondiale… altrimenti niente tequila, niente mariachi, niente fiesta.

Vito Quaranta

BASTIAN CONTRARIO: IL CAPPIO SI STRINGE

Prima della partenza del GP americano svoltosi domenica scorsa, annunciavo su Twitter che alla prima curva si sarebbe deciso il titolo del mio Bastian Contrario di questa settimana. Evidentemente sono stato troppo ottimista, in quanto i due acerrimi nemici (sportivamente parlando, si capisce) alla prima curva nemmeno ci sono arrivati per farmi prendere questa decisione. Nello specifico, devo ringraziare l’osannato (ormai le masse sono cotte per l’olandese volante) Verstappen per quanto accorso in partenza e, dunque, per il titolo di questo articolo.

Chi legge e non ha visto il GP potrebbe credere che ci sia stato un incidente, quando invece i due piloti, in termini di contatti, sono stati pulitissimi (il che conoscendoli è veramente incredibile). Nessun contatto per fortuna (nostra), solo che ora il cappio inizia a stringersi e spazio per respirare inizia ad essercene davvero poco. Cos’ha combinato il buon Max in partenza? Ha impostato la sua partenza non sull’uscire dalla prima curva primo, conservando così la pole conquistata al sabato, bensì si è concentrato esclusivamente sul chiudere il suo avversario, stringendolo a bordo pista così come si stringe il cappio per un condannato a morte. Stranamente, e per sfortuna di Verstappen, il campione del mondo azzecca la partenza in maniera perentoria e tira dritto per la sua strada. Al paese mio, eseguire una buona partenza significa uscire dalla prima curva quanto meno avendo conservato la posizione di partenza e, in alternativa, se si imposta la suddetta partenza sul chiudere l’avversario, ci si aspetta che questo venga chiuso per davvero e che magari perda anche posizioni. Ebbene al buon Max non è riuscito nulla di tutto questo, sbagliando clamorosamente e mandando a ramengo tutto quello che ha fatto al sabato.

Il risvolto psicologico di questo laccio che si stringe è sintomatico (lo so oggi vado sul tecnico!) di un’ansia da prestazione e di una voglia di concludere che francamente stride con il comportamento in pista dell’olandese. Parliamoci chiaro: davvero Max crede che potrà comportarsi così la prossima volta ( 7 novembre prossimo in Messico) in partenza? Hamilton ha troppa esperienza e troppo “mestiere” per permettere che questo riaccada. Si ricordi, non tanto Monza quanto quello successo in UK, dove il campione del mondo, vuoi per bravura vuoi per fortuna, ne uscì incolume (spedendo in ospedale l’olandese) rimediando un più venticinque molto pesante. Hamilton da poco ha lanciato la carica su Twitter dicendo a gran voce che “non è finita un cazzo!” e ciò mi fa pensare che in Messico, se il ragazzino riproverà a fare lo scherzetto della chiusura del cappio, probabilmente gli andrà male. Certo, attualmente chi ha più da perdere è il campione del mondo considerando la classifica mondiale piloti: allo stato attuale Hamilton per riprendersi la testa della classifica deve vincere tre GP di fila se Verstappen è sempre secondo. In un mondiale, dove non c’è concorrenza se non quella marginale dei rispettivi compagni, lo scenario è presto concretizzato o nella vittoria dell’uno o dell’altro o con l’abbandono di uno dei due… ed in questo caso il mondiale prenderebbe tutt’altra piega. Come ho sempre detto su queste righe, l’esperienza è dalla parte del campione del mondo e la battaglia da asilo nido, che abbiamo visto nelle FP2 con tanto di dito medio di Verstappen, è servita solo ad innervosire quest’ultimo evidentemente. Il ragazzino, nonostante il “fottuto idiota” detto per radio, se l’è legato al dito l’episodio e scommetto che anche se gli hanno “fatto la scuola”, come si usa dire dalle mie parti, se n’è fregato altamente di tutte le parole dantesche “non ti curar di lui… ma guarda e passa” che gli sono state dette e allo spegnimento dei semafori, invece di andare dritto, è andato obliquo, perdendo capra e cavoli. Solo il suo muretto ha evitato che il cappio si stringesse attorno al suo di collo, seguendo alla lettera il manuale del perfetto “muretto di ghiaccio” e piazzando gli undercut decisivi nei momenti decisivi.

Max pagasse da bere a tutta la squadra per il risultato ottenuto, perché solo grazie alla loro freddezza decisionale ha avuto la possibilità di brindare sul gradino più alto, risultando così più alto di Shaquille O’Nealle. Mercedes ormai è sputtanata e, se il suo pupillo non vincerà questo mondiale, presto lo sarà anche lui: al sottoscritto spiace essere così duro, anche perché i tifosi “del nero” sono di notoria reputazione sensibile e suscettibile, solo che è innegabile che se Hamilton ha fatto incetta di record per tutto il globo è perché è sempre stato solo. Due sono i mondiali in cu ha dovuto lottare veramente da quando è nata la (maledetta) era turbo ibrida; il 2016 e il corrente anno. Nel primo caso bene non è andata e se non erro nel 2026 dovrebbe uscire anche il libro con le sue memorie (così disse Lewis immediatamente dopo aver tagliato il traguardo di Abu Dhabi: “fra dieci anni scriverò un libro”). Quest’anno cosa accadrà? I presupposti perché si ripeta il 2016 ci sono tutti… manca solo la rottura del propulsore all’uno o all’altro. Mi pare evidente che allo stato attuale uno zero in casella da parte di uno dei due decreterebbe la fine del mondiale: uno zero per Hamilton sarebbe il chiodo della bara, uno zero per Verstappen sarebbe l’inizio di un incubo. Non male come presupposti. Che peccato che Ferrari non sia della partita. Eppure anche con la rossa il laccio si sta stringendo sempre di più: i piloti sono contenti del comportamento della vettura, soprattutto da parte del propulsore. Addirittura il gap motoristico con McLaren è stato azzerato e solo l’efficienza aerodinamica della monoposto color papaya al momento porta gli inglesi in leggero vantaggio. I soliti detrattori preferiscono focalizzarsi sul distacco rimediato, eppure si seguita a non volersi rendere conto che tutto questo lavoro non era scontato e soprattutto è rivolto all’anno che verrà. La parte turbo ibrida montata dalla rossa quest’anno è la base per la monoposto del 2022 e francamente il lavoro che stanno facendo a Maranello lascia ben sperare. Le aspettative crescono ed il cappio intorno al collo di Binotto inizia ad essere sempre più corto… resta da vedere se alla fine torcerà il suo di collo o quello dei suoi (purtroppo) tanti detrattori, orfani del tedesco che rimedia magre figure contro il “suo datore di lavoro”.  La via della salvezza passa attraverso un progetto ben riuscito dall’inizio (del nuovo mondiale) e da due giovani piloti che hanno voglia di vincere su tutti: Le Clerc è sempre più concreto ed è migliorato in maniera impressionante sulla gestione delle gomme. Del resto non dimentichiamo da quanto tempo è in F1 e di fatto non sta facendo altro che completare il suo apprendistato, proprio come Max (ve lo ricordate quando andava a sbattere e veniva deriso?). Carlos, è cresciuto in maniera esponenziale: dopo un inizio timido, oserei dire ampolloso, è arrivato al punto di superare in classifica il compagno (Vettel in due anni non c’è mai riuscito… così, per dire!), anche se per poco. Al che mi viene da chiedermi che cosa mai potranno fare questi due ragazzi con una monoposto competitiva. Le speranzee sono tante e l’attesa è lunga perché siamo ancora ad ottobre ed il mondiale 2022 inizierà solamente a Marzo, quindi per stringere cappi a Maranello c’è tempo. Per fortuna ci sono Hamilton e Verstappen a tenerci svegli: ogni GP sarà decisivo e qualunque scelta da parte dei piloti, e soprattutto dei loro rispettivi muretti, sarà fatale. Ultimamente Mercedes ha mostrato che il suo muro ha delle crepe. Sotto pressione tutto si amplifica e necessariamente bisogna rischiare… persino il collo con attorno un cappio che si stringe.

Vito Quaranta

BASTIAN CONTRARIO: IL CABRON E LO SFIGATO

Il GP di Russia, svoltosi nel villaggio olimpico di Sochi, ci ha regalato uno spettacolo godibile ed emozionante, che nell’era turbo ibrida è veramente merce rara e preziosa. Neanche a farlo apposta, la pioggia è stata nuovamente la protagonista di quanto accorso in pista; pioggia che fa emergere tutte le mancanze regolamentari di questa F1 e nel contempo fa annegare tutte le certezze di questo o di quell’altro pilota. Ne sa qualcosa Lando Norris, il quale avrà modo e tempo, fino in Turchia (prossimo tappa), di capire il significato di convinzione e di ascoltare chi ne sa più di lui. Di spunti di cui parlare il GP di domenica scorsa ne ha forniti tanti, eppure al sottoscritto ha dato il “coraggio” di parlare nuovamente della Ferrari di Binotto.

Parlo di coraggio, in quanto avendo la rossa (soprattutto questa Ferrari, visto anche il periodo storico che la F1 e le beneamata Scuderia stanno attraversando) nel cuore, per il sottoscritto analizzare la sua condizione in maniera distaccata ed obiettiva risulta sempre un difficile esercizio. Sochi, come detto poc’anzi, mi dà l’occasione per poter esprimere ciò che penso riguardo a quanto visto sino ad ora. Il podio di Sainz, ottenuto in quelle difficili condizioni, va a confermare ancora di più (caso mai ce ne fosse bisogno) che la scelta operata da Binotto è stata quella giusta. L’attuale Ferrari è un cantiere a cielo aperto e completamente dedicata al progetto dell’anno prossimo. L’aggiunta dello spagnolo al posto di Vettel fa parte di uno dei tanti tasselli per poter raggiungere l’agognato obiettivo che è quello di vincere. Leggo troppo spesso le parole “questo risultato non è degno di Ferrari” (per non parlare delle critiche e insulti gratuiti ai danni del team principal), eppure non credo che a McLaren o a Williams, considerando il loro glorioso passato, gli si addica “la fine” in cui versano.

Qualunque ciclo vincente si basa solo ed unicamente su una legge immutabile nel tempo: rafforzare l’organico da un lato e mantenere stabilità dello stesso dall’altro. Chiedere continuamente la testa di questo o di quell’altro team principal, solo perché inanella risultati negativi non porta assolutamente a nulla. Nello specifico, per quei pochi che mi leggono, sanno benissimo che mi riferisco a Binotto ed alle continue e gratuite critiche nei suoi riguardi. Il Team principal della Beneamata è oggetto di scherno e critiche continue solo per un motivo: aver allontanato Vettel. Al buon Binotto, personalmente parlando, gli muovo solo la critica delle modalità dell’allontanamento, per il resto gli si può dire ben poco. Fino ad ora su cosa non ha avuto ragione? Ha avuto ragione nel voler affiancare a tutti i costi al tedesco un giovanissimo Le Clerc, blindandolo per cinque anni. Ha avuto ragione nell’allontanare il tedesco dalla rossa, il quale, oltre a costare come un pil di un piccolo stato sudamericano, non solo non contribuiva alla causa, addirittura si era completamente perso in se stesso. Binotto ha avuto ragione di Sainz, il quale tutto vuole essere, fuorché il Bottas di turno. Cosi come sta avendo ragione dal punto di vista progettuale: i puristi, in questo momento, vorrebbero chiamare il 118 per farmi internare, eppure con l’attuale monoposto (si ricordi com’era quella dell’anno scorso) abbiamo già rischiato di vincere a Monaco e domenica scorsa per poco  non ci riusciva il colpaccio. Binotto a fine gara era contento, al di là del podio della “sua scelta”: sapeva bene che l’aggiornamento (base per l’anno prossimo) montato sulla monoposto del monegasco ha funzionato bene. Questo è segno che il lavoro, che si sta svolgendo nel reparto corse, è nella giusta direzione. Non si dimentichi che Ferrari, a differenza degli altri team inglesi, è completamente isolata e praticamente sta ottenendo i suoi risultati con le sole forze interne, perché lo si voglia o meno accettare, allo stato attuale a Maranello non ci vuole venire nessuno!

Per quale motivo un tecnico di valore si dovrebbe venire ad introiare (il direttore del Blog è il mio maestro lessicale) in un luogo dove ci sono solo beghe interne e si cambia sempre gestione? Chiedo sempre a quei pochi che mi leggono, sebbene la risposta la vorrei principalmente dagli oltranzisti, chi dovrebbe venire al posto di Binotto caso mai il 2022 andasse male? Che cosa succederebbe, dunque, una volta che l’attuale team principal venisse allontanato? Si ricomincerebbe tutto daccapo, ecco quello che suderebbe, perdendo ulteriore tempo prezioso! Al sottoscritto non è mai piaciuto fare paragoni tra campioni, solo che Binotto non è un pilota, allora mi risulta molto più facile poter paragonare la sua condizione a quella di Todt, il quale fino a quando non arrivò sua maestà Schumacher (con tre quarti di Benetton dietro), il francese ingollava altro che asperrime pugne… erano solo (a buon intenditor poche parole!) volatili amari per diabetici. L’anno che verrà non solo non è ancora iniziato, addirittura nulla è ancora deciso, nel frattempo è il qui ed ora su cui ci si deve concentrare, perché è nel qui ed ora che si pongono le basi per il domani. Il presente dice che la Beneamata ha messo sù la coppia di piloti che meglio funziona nell’attuale mondiale, con un Sainz che inizia a prendere le misure al compagno e quest’ultimo inizia a capire che Ferrari è solo sacrificio. Lo spagnolo è stato preso proprio per pungolare continuamente il monegasco: a riguardo non ho dubbi su chi sia più forte tra i due, così come sono sicuro che, se Ferrari avrà una macchina da mondiale, la migliore coppia del mondiale verrà messa a dura prova in amicizia (esiste l’amicizia in F1?) e competizione agonistica, che è proprio quello che Binotto vuole e che di certo proprio la stessa Mercedes ha dimostrato, affiancando ad Hamilton un pilota comunque costante (il Bottas di adesso non conta) nell’apportare punti alla squadra. Red Bull, in questo frangente, con Perez è esattamente l’opposto ed i fatti lo stanno dimostrando. A tal proposito, vi starete chiedendo il perché del titolo: sarebbe stato troppo scontato definire Sainz e Le Clerc rispettivamente il cabron e lo sfigato del GP russo. I piloti Ferrari non centrano nulla nell’intestazione di questa mia rubrica.

Quanto successo domenica scorsa, per la lotta al titolo, non poteva passare in secondo piano, nemmeno se ho dedicato il “Bastian contrario” alla mia Ferrari. Nel GP di Russia, Verstappen “ha trovato l’America”, come si suol dire. Infatti l’olandese, facendo il tagliando completo alla sua monoposto, sapeva già che avrebbe dovuto limitare i danni effettuando una super rimonta delle sue, al fine di perdere meno punti possibili nei riguardi del suo diretto avversario. Alla fine della giostra, Hamilton festeggia i suoi cento GP vinti e, nonostante tutto, ride amaro e a denti stretti perché avrebbe voluto vedere sul podio accanto a lui tutti tranne che proprio Verstappen. Il secondo posto ottenuto dall’olandese vale quanto una vittoria, in quanto il suo tributo al dio dell’affidabilità lo ha già pagato, ottenendo il massimo risultato possibile. Hamilton difficilmente (diciamo pure che è impossibile), potrà arrivare a fine mondiale con l’attuale power unit e presto o tardi (già in Turchia?); sarà costretto anche lui a pagare pegno partendo dall’ultima casella. La domanda è: Hamilton riuscirà ad ottenere lo stesso risultato del suo rivale? Il dramma (che dà sale a questo mondiale) è che attualmente chi tra i due sente maggiormente la pressione è proprio l’inglese (l’errore in ingresso box durante le qualifiche non da Hamilton) e chi rischia di più è proprio lui. Ricordate tutti quello che dico da sempre e cioè; che in questo mondiale gli errori conteranno di più delle vittorie ottenute.

Allora…la domanda resta: chi è stato il cabron e chi lo sfigato del GP di Russia?

Vito Quaranta

BASTIAN CONTRARIO: LA COLPA DI VINCERE

Il mondiale 2021 passerà alla storia come uno degli ultimi più tirati della storia recente della F1. Mettendomi a fare i conti a partire dal 2010, mi rendo conto che proprio l’anno che ho citato ed il 2012 sono stati serrati fino all’ultimo. Nel 2011 e nel 2013 per Vettel fu quasi una formalità, poi è arrivato il 2014 e tutto è cambiato. In quell’anno è iniziato il dominio turbo ibrido della Mercedes di Toto e di Hamilton, il quale salvo il 2016, dove fu un regolamento di conti interno e, fatta eccezione per il 2018 dove Vettel impensierì marginalmente il campione del mondo inglese, ha di fatto sempre lottato contro il nulla.
Mi spiace (soprattutto per gli agguerritissimi tifosi di Hamilton) essere così caustico nei suoi riguardi, solo che la realtà viene facilmente distorta e, soprattutto, quando il tempo passa, è ancora più semplice modificarla. Sono sicuro che fra dieci anni, quando Hamilton ormai sarà passato a fare concerti oppure lo stilista di alta moda, se ne diranno di tutti i colori sulle sue gesta ultra decennali. Come sempre, la storia è scritta dai vincitori, solo che nello sport (e la F1 non fa eccezione a questo), la memoria dei fatti non la si può scalfire, né modificare ed è per questo che del campione inglese si potrà dire di tutto riguardo alla sua bravura (perché è vero!) tranne che ha avuto vita difficile… almeno fino a quest’anno. A memoria, da quando l’inglese ha infilato il casco la prima volta in F1, da quando non soffriva così? Nell’anno del suo esordio, incontrò sul suo cammino un signore di nome Alonso (chi c’era nel 2010 e 2012 a tenere vivo il mondiale fino alla fine tra l’altro?) col quale fu lotta vera ed intestina, l’anno successivo si sudò il mondiale fino all’ultima curva con una Ferrari (bei tempi quelli!), che tanto aveva lasciato per strada. Di fatto il buon Hamilton e a Dio piacendo, abbiamo dovuto aspettare il 2021 per rivedere un campionato serrato ed avvincente come quello che stiamo vivendo ora.
Il preambolo era doveroso, perché, nel frattempo che attendavamo il miracolo di una lotta corpo a corpo e a distanza (in dipendenza del circuito), i tempi sono cambiati e non poco e con loro; anche il modo di approcciare criticamente alle corse. In seguito all’incidente come quello accorso domenica scorsa tra Verstappen ed Hamilton, che dovrebbe essere la normalità per una lotta al titolo, lottare è divenuta quasi una colpa: la colpa di vincere appunto. Personalmente parlando, la sportellata che i due contendenti al titolo si sono dati è stata oro colato per le mie papille gustative. Sia chiaro, non godo nel vedere piloti che si sbattono fuori o peggio che si facciano male (di questi tempi ahimè è doverosa questa specificazione), semmai mi fa piacere vedere due super sportivi che non mollano un centimetro per poter ottenere quello che vogliono e cioè vincere a qualunque costo! Purtroppo, come era prevedibile, immediatamente dopo l’accaduto e a sangue più freddo il giorno seguente, ho assistito ad una pioggia di analisi, fotogramma per fotogramma, nel cercare di capire chi avesse più colpa, nello smascherare chi fosse più in difetto rispetto all’altro. Ha davvero così importanza una cosa del genere in una manovra come quella a cui abbiamo assistito domenica scorsa? Qui non si parla del fatto che l’uno ha sbattuto volontariamente fuori l’altro ed in maniera eclatante anche. Qui si parla del fatto che entrambi “di mestiere” hanno cercato di uscire l’uno davanti all’altro dopo la chicane, magari con “l’altro” insabbiato pure! Davvero ci si vuole applicare su chi, sportivamente parlando, sia stato più figlio di puttana in quella manovra? Davvero si vuole analizzare che “l’insensibile” Verstappen ha abbandonato “la scena del delitto” lasciando il povero Hamilton solo al suo destino? Il povero Hamilton (quando festeggiava a casa sua con l’olandese in ospedale, era lo stesso povero?) che tra l’altro, mentre Max andava via, nel contempo aveva già inserito la retro per cercare di guadagnare la pista… alla faccia dell’avversario che stava passando a piedi in quel momento e di tutti quelli che si sono preoccupati dei muscoli del suo collo.
Non si diventa campioni a caso, di certo non dando spazio al proprio diretto avversario: ne sa qualcosa Prost con Senna e ne sa qualcosa Hill con Schumacher, citando due esempi a caso. Sia a Max che a Lewis importava uscire prima dalla chicane, non tanto per avere più punti dell’altro, tagliato il traguardo alla fine, quanto per il fatto di dimostrare chi comanda in pista. Il leone (questo esempio fu già fatto su questa rubrica) che comanda ha capito che nel suo territorio c’è un nuovo maschio (niente sessismo, in natura funziona così!) che lo vuole spodestare e l’unico modo per far valere la propria legge è quello di abbatterlo. Hamilton, di mestiere, sa benissimo che per vincere contro il giovane leone ha un solo modo e cioè ricorrere ad ogni trucco possibile per tenerselo dietro (in Inghilterra tutto bene vero?). Di rimando, Verstappen sa (perché è così che è stato educato) che se vuole ottenere quello che desidera non deve avere alcuna riverenza nei riguardi del re. Davvero credete che questi due campioni si scompongano a tutte le analisi e alle accuse di colpevolezza che vengono date all’uno o all’altro? Se non fossero colpevoli di voler vincere, vuol dire che non starebbero dove sono in questo momento e, forse, non lo meriterebbero nemmeno. Verstappen, come è costume da parte ormai della FIA, viene punito “postumo”, dopo tre ore dalla fine della gara, quando poi in piena azione viene comunicato che non si sarebbe proceduto ad investigazione. Ebbene, vi posso garantire che il buon Max non solo farà “spallucce” a questa punizione, addirittura sono sicuro che se si ripresenterà l’occasione di non lasciare spazio di certo non lo lascerà. Anzi, la FIA ha creato i presupposti affinché ci sia nuova battaglia in Russia, dato che l’olandese sarà costretto a rimontare furiosamente.
Di fatto se si crede che la ramanzina che comunque è stata fatta ad entrambi, sebbene sia stato punito solo uno, servirà a calmarli in pista in futuro, allora non si è capito nulla. L’incidente italiano non è stato l’ultimo e potete scommetterci che, in un questi ultimi otto GP che rimangono, i due si beccheranno nuovamente. Come ripeto da tempo ormai, ciò che peserà tantissimo nell’assegnazione dell’iride non saranno le vittorie quanto gli errori commessi da ambo le parti. Se proprio vi piace il gioco “trova il colpevole” allora nel GP d’Italia conclusosi domenica scorsa, l’unico colpevole è il box dei bibitari. Premiati ogni domenica di gara per i pit più veloci di tutti i tempi, cannano nel momento cruciale della gara, creando il presupposto dell’incontro scontro in prima variante. Verstappen, su una pista che non gli dava ragione, ha condotto (fino a poco prima del pit) il GP in maniera esemplare (assurde le McLaren sul dritto!), salvo poi essere affossato dalla squadra, il resto è conseguenza come si suol dire. Si vince e si perde insieme, non si dice cosi? Ebbene la pressione in pista è per tutti ed oneri e onori sono ripartiti in egual misura tra box e pilota e la somma degli errori sarà determinate in questo.
Hamilton è già a quota due sportellate in questo mondiale e ciò fino all’anno scorso era quasi impensabile, questo solo per far capire il grado di combattività che c’è in pista. Sarà così fino a Dicembre: Hamilton troppo furbo, Verstappen troppo insensibile, colpa sua, colpa dell’altro… godetevi questa lotta perché nessuno dei due permetterà all’altro di passare, a qualunque costo; non c’è colpa più grande di cui un pilota voglia essere accusato che è quella di vincere.

Vito Quaranta

L’INSOSTENIBILE LEGGEREZZA DELL’#ESSEREFERRARI

Come sa chi mi ha già letto sono appassionato di cinema impegnato, per questo introduco con un dialogo importante tratto dal film “when Harry met Sally”, tra Harry e Jess.

– stai dicendo che non è attraente?

– no, te l’ho detto che è attraente!

– sì, ma hai anche detto che ha molta personalità

– sì, ha molta personalità

– quando una donna è poco attraente la prima cosa che si dice è che ha molta personalità

– senti, se mi avessi chiesto come è fisicamente e avessi detto: “ha molta personalità”, allora non sarebbe attraente. Ma visto che ti dico solo che ha molta personalità può essere due cose: o attraente con molta personalità o NON attraente con molta personalità

– e quale delle due è?

– attraente!

– ma non è BELLA, giusto?

 

La SF21 l’abbiamo aspettata, l’abbiamo auspicata interessante e vincente, l’abbiamo vista! No, non è attraente. Ma ha molta personalità. Allora è brutta? Non l’abbiamo detto! Ma non è Bella!

La discussione in merito ha una certa rilevanza poiché nel mare della poca comprensione, della molta confusione, dell’empirismo tecnico e dell’ostentazione delle poche conoscenze in materia (chi le ha…), la discussione sulla bellezza delle monoposto è la più rassicurante, la più gratificante, e i più riescono a trarne un contenuto tecnico notevole, completo di previsione dell’efficacia fisico-meccanica del mezzo. Non vi sarà passato inosservato che in molti siti i commentatori legano la finezza dei particolari, il colore della livrea, il numero di soluzioni originali, alla forza del mezzo.

“Ma hai visto come hanno lavorato di fino in Red Bull e Mercedes? Non abbiamo speranza. Si vede a occhio nudo. Anche a naso”.

Insomma le vincenti sono belle e profumate, le perdenti sono, nella migliore delle ipotesi, attraenti. Con molta personalità. Ma non belle. Mettersi dietro prego!

Prendere parte a queste discussioni, o anche solo leggerle è divertente diciamocelo. Più che studiare le equazioni dei flussi al diffusore. E noi pronti, parleremo di tutto con particolare attenzione ai particolari importanti, alla bellezza di chi vince.

Noi (nel senso noi ferraristi) presumibilmente non ci saremo, anche se nel cuore nutriamo l’inossidabile speranza che l’acqua possa davvero diventare vino, che uno schifo di uccelletto spennacchiato possa diventare un cigno. No, il pulcino del cigno è bello, non raccontiamoci storielle. Un primo sguardo tenderebbe ad escludere che la SF21 sia un piccolo di cigno.

Ora sta per partire la nuova stagione. Si vede dal fermento, la gente si interessa, partecipa….cit. La stagione tutto sommato appena conclusa è stata degna accompagnatrice di un anno surreale. Entrambi disastrosi, indimenticabili, auspicabilmente irripetibili. Per i tifosi Ferrari si è trattato del proseguimento del precipitare cominciato da Brasile 2008, escludendo i rallentamenti dovuti ad una sporgenza nel 2018, dove peraltro il corpo ha solo rimbalzato facendosi anche male e proseguendo verso il basso fino a quello che tutti reputiamo il fondo. Ma si sa che non c’è limite al peggio, quindi NON illudiamoci con ottimismo ancora non abbastanza giustificato. Volgerei l’attenzione non tanto agli alti e bassi della squadra, quanto ai contraccolpi che riceve il tifoso medio e/o il pilota dalle vicende che interessano l’oggetto del suo tifo. Nel caso del pilota lo strumento con cui si esprime.

E’ senz’altro vero che con il diminuire della forza e della potenzialità di vittoria della Rossa molti suoi tifosi sono passati al rivalutare il titolo costruttori. Molti, non tutti! Ci sono tanti che pur sostenendo anche calorosamente un pilota fintanto che siede su una macchina del Cavallino non fanno passare un minuto prima di scaricarlo se questi dovesse infilarsi in altro abitacolo. E ci sono tuttavia tanti che riconoscono nella coppia dei piloti quello con più capacità e dunque propendono nei commenti a riservargli gli aggettivi più positivi, ma al termine della loro avventura in rosso potrebbero al massimo preferirli ad altri nemici, mettendoli comunque dopo la squadra e in una certa qual misura dopo i piloti della squadra. Tra questi il sottoscritto.

Il povero Vettel, al di là delle nostre posizioni e della stima che verso lui nutriamo, ha subito negli ultimi due anni in Ferrari uno stress notevole. Non che io lo giustifichi per Sochi o Brasile 2019, ma vedevo il malessere. Sembra che ora stia meglio e ne siamo contenti. Magari non stia troppo bene eh!? Benino…:-)))

Il fatto è che non è facile sostenere la “leggerezza” del fardello rosso. #essereferrari rende semmai più difficile giustificare le fisiologiche sconfitte, non aggiunge un plus al mito. Il mito basta a se stesso senza discutibili trovate da marketing. Ma poi cosa vuol dire? Sono quelli con la macchina rossa? Sono quelli col cappellino, la maglietta, la tuta rossa? Parlano in un altro modo? Il loro spettro del visibile ha lunghezze d’onda differenti? Il loro cuore ha un ritmo diverso? Batte in testa? Sono quelli che vedono perdere la loro beniamina ma con uno stile particolare?

Ad #essereferrari è la Ferrari, il resto è spettatore compiaciuto, soddisfatto, appagato. Se vogliamo dare una sorta di importanza al Mondo che gira attorno alla Ferrari possiamo dire che è il vento che soffia sulle vele, non è però la barca, non è neppure l’equipaggio di quella barca. Può esserne l’armatore tutt’al più, e come tale è contento se la barca va e chiede conto se la barca non va. Siamo altre cose, altre persone, certamente con quell’unica passione. Ma, come fossimo un popolo battezzato in una parrocchia a parte, è  spesso incomprensibile a quanti non “passionano” (passatemi il termine) quanto possa essere difficile perseverare nella speranza che arrivino trionfi a cancellare periodi amari. Di quei trionfi nutriamo la nostra esistenza povera di successi, in quei trionfi riversiamo un patriottismo che l’italiano non ha mai concesso al Paese. Si da alla bandiera, o nel nostro caso uno stemma con la bandiera. Sotto il cavallo…!

In tutto questo possiamo inserire il povero Vettel. Caricato di anni di “non trionfi” (manco fosse innaturale non vincere sempre), della responsabilità di essere il Salvatore (l’ennesimo), e di #essereferrari. Non tutti hanno la buccia di Alonso, molti hanno la polpa scoperta e vulnerabile. In più #essereferrari per un mercenario come sono tutti i piloti, dandogli una cittadinanza, una appartenenza che possiamo dare al massimo ai meccanici, (forse a Furia), è un peso enorme. E Vettel se l’era caricato. Più che imputargli il presente, se pensiamo che abbia delle responsabilità come pilota, non può essere. Eventualmente solo dal punto di vista della gestione del mezzo. Un mezzo inadeguato spesso, ma come spesso ricordiamo, anche meraviglioso come nel 2018…

Beh, non siamo qui per rivangare il passato, e Vettel è il passato, ma piuttosto, partendo dal presente, cercare di leggere il futuro. Al momento in cui scrivo ho seguito malamente le prove, e come da tradizione non ci ho capito granchè. Tanto per immaginare (e sottolineo immaginare) che i rapporti di forza in alto, al netto dei tempi, non siano cambiati se non nelle proporzioni. A meno che la Regina, intervenendo qua e là non abbia rotto l’equilibrio che l’aveva contraddistinta dal 2014. E nel contempo, i promotori di quell’orrida bevanda non abbiano evoluto tutte (ma proprio tutte) le aree di intervento. Perché no!? I primi sono umani, molto organizzati ma umani. I secondi hanno Newey.

Ora, mettiamoci comodi e godiamoci la nuova stagione senza sperare in null’altro che nello spettacolo. Ci sono ancora due settimane di chiacchere e poi via. Soprattutto ci sono una manciata di giovani promettenti come non si vedeva da decenni. Ragazzi che vanno oltre la loro macchina, spesso insufficiente, a volte indecorosa. Un probabile nuovo record di vittorie e mondiali all’orizzonte. Uno sfidante che sembra degnissimo. Uno d’esperienza che ritorna. Un marchio prestigioso anche se, per adesso, solo come copertina a coprire il rosa che copre il grigio. Una faentina interessante. Una nobile inglese rinata.

La rossa sarebbe la ciliegina sulla torta se riuscisse a risalire di almeno tre posizioni rispetto al 2020. Non ce lo auguriamo solo noi “tifosi”, come ha detto Elkann in un discorso tutto in inglese tranne quella parola e “grazie” a chiudere. Se lo augurano anche gli organizzatori e, diciamocelo, gli avversari.

Ecco, era tutto qua. Il grido stridulo di un appassionato a cui sta passando la afonia da depressione per dire: Forza Ferrari! Ma anche Forza Formula 1! Non deluderci e non abbandonarci in un anno che non sarà facile!

Un caloroso saluto a tutti! Sperando di rileggere gli assenti dell’ultimo periodo. Buona stagione!

Seldon

 

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