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BASTIAN CONTRARIO: BINOTTO AVEVA RAGIONE

Il GP di Francia è andato com’è andato ed inutile stare a recriminare. Chi vi scrive ha troppi segni sulla schiena, dati dalle vergate delle batoste prese per credere nel mondiale piloti. Già era impresa impossibile con trentotto punti di scarto, figuriamoci con più di sessanta, soprattutto contro questo Verstappen. L’olandese, in termini di performance, si equivale con il monegasco solo che (c’è sempre il trucco) il buon Max rispetto al ferrarista ha più esperienza. Se credevate di leggere, su queste righe, il catechismo dell’indottrinamento del tifoso perfetto, allora avete aperto il link sbagliato. Qui non si tifa, si analizzano i fatti.

Charles, con buona pace dei suoi acerrimi tifosi (ebbene sì, la tifoseria social nemmeno lui ha risparmiato), i quali hanno disperatamente cercato conferme nella rottura dell’acceleratore per poter dare la colpa a qualcun altro (indovinate chi?), si è assunto la totale colpa dell’accaduto. Il monegasco, a nemmeno un quarto di secolo di età, ha dato una lezione di vita, di maturità e palle a tante e tanti che bazzicano attorno al mondo della F1. Verstappen sapeva che chi si doveva prendere rischi non era lui; Verstappen sapeva che spingere a rotta di collo avrebbe nuociuto più a lui che a Le Clerc: si chiama maturità, visione di gara in prospettiva futura, cosa che Le Clerc ancora non ha. Pazienza, imparerà!

Eppure questo amaro GP francese non è tutto da buttare. La chiave di lettura ce la dà proprio il buon Carlos che con la sua rimonta ci fa capire come stanno lavorando  a Maranello. Binotto ha sempre detto, tra le mille critiche dei più, che, prima di portare un aggiornamento, il team si sarebbe concentrato nell’estrarre tutto il potenziale dall’aggiornamento portato precedentemente. Per la serie “caviamo sangue dalle rape”! La F1-75 è nata bene, ha un’ottima base e sebbene sia fragile, è velocissima (meglio una macchina veloce e poco affidabile che il contrario) e sta portando tante soddisfazioni: la correlazione tra dati virtuali e reali coincidono. A differenza di Red Bull, che nonostante la mole di punti di vantaggio che si ritrova, ha dovuto spingere tantissimo sullo sviluppo, portando parti nuove praticamente ad ogni GP, tanto che persino il team di ingegneri delle lattine volanti è stato costretto a dare lo stop e addirittura ritornare a soluzioni vecchie. Binotto aveva ragione!

La F1-75 non ha nulla da invidiare alla RB18, anzi ultimamente gli è superiore. Questo è corroborato dal solito Sainz, il quale partendo diciannovesimo si è trovato a lottare per il podio e solo l’errore al box gli ha impedito di festeggiare con lo champagne. Il nuovo fondo portato su entrambe le rosse ha funzionato alla grande e sebbene i primi otto (dal diciottesimo all’undicesimo), davanti a Carlos, non fanno testo è anche vero che vedere lo spagnolo, superare il midfield in scioltezza e ingaggiare una lotta contro Perez, dove non c’è stata storia, era gioia per gli occhi. Binotto aveva ragione! Cosi come il Team Principal della Beneamata aveva ragione sugli ordini di scuderia. Sempre i secondi piloti sono stati il metro di paragone di ciò che sto affermando: sabato Perez si è rifiutato di dare la scia al compagno, Sainz invece ha detto “obbedisco”. Ha fornito la scia necessaria nel settore dove Ferrari perdeva per fargli fare la differenza al traguardo. In gara Sergio era visibilmente smarrito e alla ripartenza Russell lo ha umiliato. Carlos invece ha dato anima e corpo per la squadra. Se si crede che questa condotta di gara, da parte dei due piloti, sia frutto del caso allora non so che fare per voi pochi che mi leggete. Il messicano, sportivamente parlando, è stato castrato ad inizio mondiale con un paio di team order che segano le gambe. Hai voglia a festeggiare a Montecarlo, alla fine certe politiche di squadra logorano. Ed infatti Perez fa l’insubordinato il giorno delle qualifiche come detto.

Sainz dal canto suo, grazie a Binotto, ha l’onore salvato ed il morale alle stelle: carico della sua prima vittoria in F1 (con una rossa per giunta!) e, soprattutto, senza essere stato umiliato da un team order che in tanti invocavano, intelligentemente ha saputo mettersi al servizio della squadra sapendo che non c’era nulla di male e che comunque lo doveva al team ed al compagno. Pensiamo all’incontrario: immaginate che in Inghilterra Binotto avesse ordinato allo spagnolo di dare strada a Charles, che condotta avrebbe avuto in futuro Sainz? Ovvio che non avrebbe avuto più fiducia nella squadra. Per non parlare del fatto che, domenica, Charles comunque è uscito fuori pista, con il risultato che ci saremmo trovati una coppia di piloti completamente spompata: un Le Clerc mentalmente a pezzi e deluso ed un Sainz completamente demotivato; per la serie cornuti e mazziati.

Nonostante le mille critiche da social, nonostante l’attacco frontale da parte di certa stampa, Binotto aveva ragione delle sue scelte con buona pace di tutti i detrattori “dalla chiamata facile”. In questo modo, senza aver “castrato” lo spagnolo, ci ritroviamo una coppia di piloti “magri e famelici”; proprio come i soldati di Massimo Decimo Meridio nella campagna di Germania. Magri perché hanno ottenuto meno di quello che il loro talento e la loro macchina gli consentirebbe e famelici perché, alla luce di quanto accorso (fuoco e fiamme per Carlos e ritiro per Charles), sono incazzati come iene! Binotto non ha mai sognato di far venire in squadra Carlos per fargli fare “il cameriere” come taluni dicono o invocano. Su questa rubrica già mi spesi a riguardo, affermando che guai se il monegasco si fosse plafonato con un compagno accomodante. Charles da il meglio di sé proprio quando deve demolire l’avversario ed in F1, si sa, il primo da sconfiggere è proprio “l’altro” nel box affianco.

Inoltre, non per ultimo, c’è un campionato costruttori da vincere. Il mondiale piloti è stato fortemente compromesso e se scrivo in questo modo è solo perché c’è la matematica che tiene a galle le nostre speranze. Ovvio che se devo usare la logica e rimanere con i piedi per terra, allora personalmente, ho riposte le mie speranze di vedere l’iride che più conta in quella curva dove l’ha parcheggiata Le Clerc. Il mondiale marche è tutt’altra faccenda. Questo Ferrari può e deve portarlo a casa, sia perché ha sfornato una macchina da mondiale e sia perché, checché se ne voglia dire e pensare, la Rossa ha la coppia di piloti migliore di tutto il lotto. Immaginate un Carlos spompato, alla Perez per l’esattezza. Verstappen può permettersi di fare il buono ed il brutto tempo, perché il suo vantaggio è simile al PIL di uno stato sudamericano, mentre Ferrari ha bisogno dell’apporto di tutti e due. Immaginate, dicevo, lo spagnolo che non crede più nella squadra… sarebbe un disastro. Invece, per un motivo o per un altro, sono entrambi motivati e visto che ora nessuno ha più nulla da perdere, magari correranno con la mente più libera… e magari si divertiranno pure. Assolutamente il bicchiere è mezzo pieno e i fatti dicono che Binotto aveva ragione.

 

Vito Quaranta

BASTIAN CONTRARIO: L’IMPONDERABILE

Alla fine è successo quello che non ti aspetti… l’imponderabile. Parto in quarta nel mio Bastian contrario del GP di Abu Dhabi e non potrebbe essere altrimenti. Per imponderabile, mi riferisco all’incidente di Latifi (che andava a sbattere, quello nemmeno era quotato alla SNAI!), che ha catalizzato l’esito finale del GP (questo si che era imponderabile!). Ci ritorneremo dopo. Ciò che non era imponderabile, anzi, era ampiamente prevedibile, è stato il comportamento della Federazione nella persona del direttore Michael Masi.

Del resto ne avevo parlato proprio su queste righe la settimana scorsa, ponendo il quesito: “cosa succederà tra una settimana, alla luce di come si è appena comportata la direzione gara (GP di Jeddah), visto che nel prossimo appuntamento si deciderà chi sarà campione del mondo?”. Detto fatto. La cara “mamma FIA” si è strozzata con le sue stesse regole e a farne le spese è stata proprio la Mercedes di Toto Wolf, che con quelle regole ci ha sempre banchettato. Voglio essere sincero, che Lewis abbia perso il mondiale in quel modo dispiace. Entrambi i piloti meritavano di vincere, eppure, di vincitore ce ne può essere soltanto uno, proprio come in Highlander o nella tradizione di Hokuto. Masi (e quindi la Federazione) non era all’altezza una settimana fa e, di certo, non lo poteva essere domenica scorsa. Il “nostro” direttore, secondo me, stava già andando ad accendere un cero alla Madonna per avergli regalato un Hamilton imprendibile, di modo che se ne sarebbe potuto uscire pulito come si suol dire. Eppure il nostro, aveva già dato segnali di dissociazione proprio al primo contatto, dove Hamilton il fuori pista se l’era preso tutto. Chi vi scrive è per Il “liberi tutti”, solo che se ti appelli alle regole le devi applicare. Invece, le suddette vengono seguite in maniera confusa e, appunto, il destino poi ti presenta il conto e sullo scontrino c’è scritto imponderabile (leggi Latifi). Dopo? Dopo il dramma viene consumato in quei pochi giri dietro la safety car, dove il maldestro Masi, oltre a dimostrare la sua mancanza di carisma, cede alle pressioni Red Bull. Già la settimana scorsa ho detto (e sono stato attaccato per questo) che c’è una guerra di potere tra le due scuderie ed il fatto che la Federazione si comporti a quel modo mi fa capire che AMG, politicamente, non è più quella di prima.

Forse era arrivato il momento di cambiare, prima o poi questo doveva succedere, fatto sta che il teatro andato in onda in mondo visione è stato patetico. Horner e Toto che facevano a gara a chi piangeva più forte verso il direttore di gara, il quale stando tra l’incudine ed il martello, sapeva benissimo che qualunque fosse stata la sua decisione da prendere, avrebbe dovuto fare quello che non avrebbe mai voluto fare: assumersi la responsabilità di decidere. Far finire il mondiale in regime di Safety Car sarebbe stato un disastro. Forse bloccare la gara e fare un restart sarebbe stata la cosa migliore (ed il contatto sarebbe stato garantito!). Far uscire Mylander con qualche giro ancora a disposizione è sembrata l’opzione migliore, peccato che si siano incasinati (siamo sicuri sia stato uno sbaglio?) nel decidere come le macchine dovevano essere posizionate ed il resto è storia, dove nel mezzo troviamo i due pretendenti al titolo.

Il povero (si fa per dire!) Hamilton è quello che più ha pagato per questa guerra intestina che c’è al vertice della cupola della F1 (cosa succederà quando arriverà Ferrari?) e, soprattutto, paga l’inamovibilità del suo muretto, che diciamolo tutta, mai come quest’anno ha subito la pressione e di fatto non sempre c’ha preso. Dal divano è sempre facile giudicare, solo che non è la prima volta che osserviamo elettroencefalogramma piatto nel reparto strategie, a differenza di Red Bull che sono degli autentici diavoli nell’inventarsi anche l’imponderabile, se necessario.

Passi lo stare in pista del re nero all’ingresso della virtual safety car, eppure con le gomme sulle tele e con il fatto che lo stesso Lewis aveva avvisato il suo muretto, in regime di Safety Car avrebbero dovuto reagire. Forse in Mercedes non si aspettavano quel comportamento di Masi, forse Red Bull li ha lasciati in mutande con quella mossa, fatto sta che Hamilton, nella sua stagione più combattuta e di sicuro all’apice della sua forma ha dovuto abdicare nei riguardi di Mad Max. Onore ad Hamilton che ha disputato la sua migliore stagione di sempre a dispetto di quello che hanno detto i suoi acerrimi tifosi (con quale altro pilota ho usato questo termine?) ai quali ripeto, anni di vittorie continue, hanno creato dipendenza da un lato e mancanza di discernimento dall’altro. Hamilton meritava l’ottavo titolo. Certamente e di sicuro non meritava di perdere in quel modo. Fatto sta che per il re nero si è avverata una triste profezia: se avesse vinto, nessuno avrebbe potuto dire nulla… mai più. Purtroppo per lui ha perso e sta di fatto che, nella sua carriera turbo ibrida, due avversari veri ha avuto e con tutti e due ci ha perso. Ripeterò sempre fino allo sfinimento che Hamilton è uno dei migliori di tutti i tempi eppure la pioggia di tutti i suoi successi derivano anche e soprattutto dal fatto che ha avuto poca concorrenza.. spiace! Ci fosse stato maggiore equilibrio Hamilton avrebbe vinto così tanto? Non lo so, so solo che comunque nessuno avrebbe mai potuto dubitare del suo talento.

Fatto sta che lui è un campione vero e a differenza del suo team principal, che è un infimo perdente (Toto è uscito al naturale domenica scorsa), senza esitare, è andato ad omaggiare il nuovo re, perché se c’è una cosa che questa lotta ci ha dimostrato è che tra questi due guerrieri, sebbene si siano sfidati senza guantoni, non c’è mai stato odio, bensì rispetto. Rispetto che Verstappen si è guadagnato sul campo a suon di sportellate e staccate al limite.

Max viene tacciato di scorrettezza, il fatto è che la F1 è da anni che è anestetizzata nel perbenismo che ormai dilaga ovunque. Il padre Jos, in un’intervista, non fa altro che dire ciò che dico da tempo: questi sono piloti e non killer, siano lasciati liberi di correre, senza che astruse regole li castrino per ogni sbavatura che commettono. Purtroppo, il politically correct del globalismo imperante, di cui la F1 ormai fa parte, ha contribuito a consolidare il modo di pensare del tipo “reprimenda e sanzioni” e soprattutto del “oh mio Dio speriamo non si facciano male!”. Mi domando per quale motivo allora ci si ostina a guardare la F1! Fatto sta che poi, quando troviamo un pilota che lotta seguendo le regole old school, a seconda di come gira il vento ci si esalta o ci si indigna. Che Max sia una testa di cazzo, sportivamente parlando, non lo scopriamo oggi. Jos lo ha educato così perché lui appartiene alla vecchia scuola (Schumacher, Hakkinen solo per citare due nomi)? Certamente. Eppure a mio avviso c’è dell’altro: Verstappen padre, l’ha educato a quel modo nell’approccio alle corse, perché aveva già capito che direzione aveva preso la F1 moderna, fatta di fighettine isteriche. Uno stile di guida old school “a figlio di puttana”, come quello di Max, che ha impattato in modo dirompente, nessuno se lo aspettava. Eppure è stato proprio quello stile che gli ha permesso di lottare per il titolo e, soprattutto, di poter tenere testa ad una bestia come Lewis Hamilton. Perché se credete che l’atteggiamento alla Vettel sarebbe bastato, allora andate a vedere il tedesco che fine ha fatto! Purtroppo, il primo titolo di Max verrà sempre macchiato dalla polemica che è arrivato tra mille controversie, eppure così come con Michael il suo primo mondiale avvenne come avvenne, allo stesso modo con Max varrà lo stesso assioma e cioè che la storia alla fine si ricorda solo di chi vince e non di come vince.

Di fatto ha vinto il migliore, come sempre, e tenendo fede in modo coerente alla trama del film che abbiamo visto, ecco che anche il finale si presenta con l’imponderabile “the end”: finalmente rivedremo il numero uno di antica memoria storica.  Onore a Verstappen che a soli ventiquattro anni è divenuto campione del mondo battendo Lewis Hamilton… l’imponderabile appunto!.

Vito Quaranta

BASTIAN CONTRARIO: LA MEGLIO GIOVENTU’

Volendo proprio “raccontare” il GP del Qatar, è doveroso  farlo partendo dalla fine. Ogni GP finisce col podio e quest’ultimo è gioia per gli occhi. Verstappen è esattamente in mezzo “alla vecchia guardia” della F1 moderna. Un trittico che difficilmente si poteva immaginare, il più giovane in mezzo alla meglio gioventù che la F1 moderna abbia potuto sfornare.

Confesso il mio peccato e cioè che avrei tanto voluto che tra quei due campioni ci fosse stato LeClerc, al quale tanto deve mancare il podio e che tanto deve penare ancora per poterci risalire. Purtroppo il suo tempo non è ancora giunto e, intanto che aspettiamo che Maranello gli fornisca (speriamo!) un mezzo alla sua altezza, ci godiamo il suo antagonista per eccellenza, che ci auguriamo, in futuro, darà spettacolo lottando corpo a corpo con lui, proprio come sta succedendo ora con Hamilton, cioè Max Verstappen. Ormai i giochi si stanno per concludere, rimangono solamente due GP, durante i quali, sebbene siano pochi, tutto può ancora succedere. L’olandese della Red Bull conserva ancora un esiguo vantaggio, che in un mondiale così tirato possono essere di sicuro non pochi. Ciò che mi è piaciuto del comportamento di Verstappen è stato la sua non arrendevolezza nel motivare  e nell’incitare la sua squadra “nell’inventarsi” qualcosa per cercare di acciuffare l’imprendibile Hamilton. Max il suo dovere lo ha fatto in partenza, prendendosi tutti i rischi del caso; rischi che avrebbe potuto evitarsi se solo fosse stato più accorto nelle qualifiche.

Purtroppo il ragazzo è stato educato a questo comportamento e chissà, forse un giorno, su questo aspetto cambierà, maturerà un’intelligenza agonistica più acuta, nel frattempo il suo modo di correre, di approcciare al weekend, è al “boia chi molla” a qualunque costo! Un errore gratuito quello di non alzare il piede in regime di bandiera gialla e, considerando che tante ne sono successe tra lui ed il campione inglese e considerando che alla fine è sempre stato graziato, era inevitabile (ed aggiungerei giusta) la penalità inflittagli. Penalità che gli poteva costare cara: l’olandese ha fatto una partenza kamikaze, infilandosi in un budello tra due monoposto al fine di agguantare il vertice della gara il prima possibile, eppure questa manovra sarebbe potuta finire anche rovinosamente. Errori di gioventù e di inesperienza? Personalmente, parlando del comportamento dell’alfiere della Red Bull, lo imputo solo ed unicamente al modo in cui egli approccia le gare. Quello stesso modo che gli sta consentendo di giocarsi il titolo, con il pilota più forte degli ultimi tempi. Vedremo chi avrà ragione, se il giovane contendente o uno dei campioni della meglio gioventù che la vecchia guardia abbia sfornato.

Fatto sta che Hamilton, a differenza di quello che dicono i suoi accaniti tifosi, sta disputando la sua migliore stagione di sempre. Non ci sono giri di parole ed è inutile nasconderlo: troppo comodo dire che ha il mezzo superiore, troppo facile affidarsi solamente su questo aspetto stantio. Ciò poteva essere vero fino all’anno scorso. Questo mondiale è all’insegna dell’equilibrio, un equilibrio che non si vedeva da tempo. La differenza: il pacchetto migliore si è sempre alternato e, nel momento della difficoltà, l’inglese ha tirato fuori tutto il suo estro, compensando le mancanze della macchina prima e della sua squadra dopo e soprattutto poiché quest’ultima, sotto pressione, ha toppato clamorosamente. AMG, condotta dal suo team principal, a sua volta ha cercato di rimediare ai suoi errori dando fondo a tutto… azioni politiche incluse. Non che Red Bull sia da meno sia chiaro. Già è notorio che i “bidonisti” inglesi (è cosi che venivano chiamati negli anni ‘70, visto che per aggirare il regolamento sul limite di peso, aggiungevano letteralmente bidoni pieni d’acqua sulla monoposto!) sono dei pessimi perdenti, figuriamoci ora che c’è in ballo qualcosa di più di un “semplice” mondiale; c’è in discussione il potere e quindi chi comanda. Nulla è lasciato al caso, tutto è lecito, quindi ci tocca sentire per bocca di Toto che la Federazione ha atteggiamenti razzisti (!) nei riguardi della casa con la stella a tre punte perché se la prendono sempre con loro, oppure ci tocca vedere il team principal della Red Bull che deve fare “servizi sociali” all’interno della stessa Federazione a causa dei suoi insulti.

Purtroppo il finale di mondiale sta prendendo una piega quasi squallida, dove i litigi fuori pista stanno divenendo importanti tanto quanto l’azione in pista. Nel frattempo che i due galantuomini delle rispettive scuderie si sputtanano a vicenda, il campione inglese ci mette il suo ed inanella due GP uno meglio dell’altro, tenendo vivo il mondiale e le sue speranze iridate. A dirla tutta, considerando il suo trend positivo visto nelle ultime gare, ci sono tutti i presupposti affinché riesca a fissare “quota Hamilton” (leggi otto titoli). Questo dipenderà solo ed esclusivamente da un unico fattore, che non sono le vittorie, bensì gli errori. Max sabato ha commesso una cazzata gratuita che gli poteva costare cara, come detto, invece gli è andata bene. Stessa cosa per l’inglese il quale dovrà fare attenzione a guardarsi bene le spalle dalle insidie che sono dietro l’angolo: domenica la gomma si è bucata a Bottas. Cosa sarebbe successo se fosse capitato a Lewis?

Chi non si è preoccupato di commettere errori ed ha spinto come non gli capitava da tempo è stato lo spagnolo della Alpine: il mai domo Fernando Alonso. Non potevo non concludere che con lui. Fernando, che di certo non è più un ragazzo, è a buon diritto il rappresentante per eccellenza della meglio gioventù della vecchia guardia e non a caso era lì su quel dannato podio. In una F1 come quella di oggi, dove il mezzo conta molto più che in passato, quel terzo posto agguantato dallo spagnolo ha ancora più valore. Fernando costruisce la sua personale vittoria al sabato: infatti la pioggia di sanzioni cadute sulle teste dei suoi colleghi che gli erano avanti in qualifica, gli consentono di salire fino alla seconda fila… il resto è storia. Se il mezzo lo asseconda, Alonso è un animale da gara che difficilmente si piega. Molti sono rimasti sorpresi di cosa quel “ragazzo” ha saputo dare… colpa di questa F1 castra talento. L’augurio è che il nuovo regolamento possa rimescolare le carte e dare la possibilità a piloti, proprio come Alonso, di poter dire la sua. Fernando ci crede e, senza nascondersi, lo mostra attraverso la sua T-shirt “trust the plan”… quel piano in cui la sua attuale squadra ha puntato tanto, se non tutto proprio, per l’anno prossimo. Sarà un 2022 “affollato” pare: AMG e Red Bull di certo non vorranno mollare l’osso, Ferrari ha fatto “all in” su questo nuovo regolamento e di certo vorrà essere della partita l’Alpine, la quale ha dimostrato di voler far sul serio prendendo a bordo il campione del mondo spagnolo. Di certo Fernando si farà trovare pronto e il podio di domenica scorsa è soltanto un avvertimento. L’età? Non conta se c’è motivazione e fame e nessuno ha più fame di uno come Alonso che per troppo tempo (anche per colpa di scelte sbagliate ovvio) ha dovuto ingoiare bocconi amari.

Avreste mai potuto immaginare un podio più iconico di questo? Non mi illudo, difficilmente si ripeterà nei prossimi due GP finali, nel frattempo ce lo godiamo, augurandoci che l’anno prossimo una cosa del genere diventi routine.

Vito Quaranta

 

(immagine in evidenza da Raiplay.it)

BASTIAN CONTRARIO: TEQUILA E MARIACHI

In Messico si dice “fiesta” quando bisogna fare baldoria e non c’è fiesta senza tequila e mariachi… altrimenti che baldoria è? Il GP messicano è stato un’autentica bolgia, sia sugli spalti, che ormai sono nuovamente gremiti (almeno nelle Americhe), che in pista. Lo strapotere Mercedes sembra, finalmente, volgere al capolinea. Nel contempo, questo coincide con la gioia di tutti noi appassionati che finalmente riusciamo ad assistere a dei GP quanto meno godibili e, di sicuro, non scontati come prima. Resterà sempre il rammarico di questa epopea anglo – tedesca, dove hanno vinto tutto, perché forti certamente e, di sicuro, perché soli. La scelta di spezzare questa monotonia, fosse stata presa prima, ci avrebbe risparmiati ore e ore di noia assoluta e, soprattutto, avremmo avuto la possibilità di apprezzare meglio le doti di Hamilton e non solo le sue.
Hamilton appunto, per il quale di certo non c’è stata né tequila e né mariachi alla fine di questo fiesta messicana. Il campione inglese sta soffrendo dannatamente la presenza dell’olandese, che non arretra di un millimetro e, soprattutto, spiace dirlo, il fatto che da troppo tempo è rimasto lontano da una lotta serrata così come quella che sta affrontando ora. Se Lewis non avesse goduto di tutto questo dominio tecnico che ha sempre avuto a disposizione (che unito al suo talento è stata una vera arma letale), sicuramente non avrebbe vinto così, né tanto meno sarebbe stato accusato di essere stato quasi sempre solo. Questo è il secondo mondiale che si sta giocando fino alla fine e, come ho già ricordato su queste righe, la prima volta non gli è andata tanto bene. Il fatto è che, nel 2016, il titolo comunque rimaneva in famiglia, come si suol dire, mentre ora le cose sono ben diverse. Questa volta si tratta d affrontare avversari estranei alla squadra e nel contempo la ”famiglia” è tutta per lui.
Peccato che nel momento della difficoltà si vede l’uomo ed il campione inglese, in questo suo affannato errare, non ha portato alla famiglia il giusto rispetto. Non credo passeranno inosservate le sue critiche al compagno (reo di non aver chiuso l’olandese in partenza) e la sua squadra (colpevole di non sviluppare la monoposto dal GP inglese). Eppure la combinazione Bottas/AMG ha permesso ad Hamilton di vincere quattro titoli di fila in assoluta tranquillità. Per caso si è dimenticato il soprannome affibbiato al compagno del campione inglese, quando frenava Vettel in quel disgraziato 2018? Veramente Mercedes è così criticabile, dopo che ha fatto valere tutto il suo peso politico in fase regolamentare e dal punto di vista tecnico? Nel 2017 e 2018 se AMG non si fosse data da fare, sfruttando le sue “doti” politiche e tecniche, credo che Hamilton avrebbe avuto molta più difficoltà nel contrastare la Ferrari del duo Arrivabene Vettel (con Binotto dietro le quinte che faceva il vero lavoro… e questa è un’altra storia!). Sebbene ci siano stati errori lungo il percorso, è anche vero che il campione inglese dovrebbe fare muro, quadrato, come si usa dire, e quindi difendere chi lo ha messo in condizione di diventare quello che è attualmente. In questo momento della sua carriera, la debolezza di Lewis è quella di affidarsi troppo all’aiuto esterno della squadra e soprattutto del compagno. Bottas ormai è cotto: sia chiaro, non sto dicendo che è bollito e non serve più a nulla, sto solamente affermando che il finnico ormai è stanco di prestare servizio come cavalier servente, è stanco di vivere all’ombra di una figura ingombrante come quella del pluricampione del mondo inglese. Bottas in partenza non ha fatto nulla, nel senso che non ha stretto l’olandese e di sicuro non ha stretto nemmeno il proprio compagno, semplicemente ha tirato dritto. Piuttosto cosa ci faceva Il finlandese della Mercedes in pole position? Come mai non c’era il legittimo pretendente al titolo? Questa è la domanda… è questo il quesito su cui concentrarsi. Hamilton ha cannato al sabato ed in seguito ha commesso l’errore più grande alla domenica che è stato quello di fare affidamento sul suo compagno.
A differenza dell’olandese il quale, vuoi per fame vuoi per disperazione, si è reso conto che se avesse voluto vincere questo mondiale e strapparlo dalle grinfie dell’acerrimo avversario, si sarebbe dovuto rimboccare le maniche e fare tutto da solo. Perché una cosa è certa, se avesse voluto aspettare l’aiuto di Perez stava fresco! Per inciso, il messicano nonostante il premio da bimbo minchia che la FIA, in concerto con Liberty Media, ci vuole far ingoiare a forza e tutto il tifo di cui ha goduto, comunque non è stato utile alla causa del compagno in quanto non è mai stato un reale problema per Hamilton. Max domenica scorsa ha dimostrato di essere pronto, ha fatto vedere che i tanti anni (Verstappen è in F1 dal 2015… non esattamente ieri) spesi a commettere errori e ad imparare da essi, hanno portato i suoi frutti; non ultimo hanno contribuito ad affinare il suo dannato talento. Incredibile con quanta lucidità, nonostante il suo già consistente vantaggio, abbia rallentato di proposito (circa tre secondi) per impedire a Bottas di agguantare il giro più veloce. Agli occhi di un purista, l’olandese potrebbe apparire come un anti sportivo, eppure non si dimentichi il comportamento di Hamilton nel 2016 ad Abu Dhabi, dove rallentò vistosamente nel finale per far raggiungere Rosberg da tutti gli altri piloti e costringerlo a sbagliare. Questa è una guerra dove nulla è lasciato al caso e nulla viene lasciato per strada all’avversario, perché ogni punto potrà essere determinate. Fatto sta che ora Verstappen ha diciannove punti di vantaggio su Hamilton e con quattro GP all’alba, ora si fa dura per il suo avversario inglese: considerando la costanza dei due contendenti nell’agguantare la prima e la seconda posizione, lasciando le briciole agli altri e, considerando che tra il primo ed il secondo posto ballano sette punti di differenza, Hamilton è costretto a vincere tre GP di seguito per affrontare la penultima gara con solo due punti di vantaggio. Fossi in Lewis inizierei a preoccuparmi: tutto è ancora possibile, tutto può ancora succedere, eppure ora si inizia a parlare di probabilità, le quali pendono tutte dalla parte del giovane della Red Bull. Considerando come quest’ultimo si sta comportando, insieme alla sua squadra che non sbaglia quasi nulla, è altamente improbabile che Hamilton riesca in questa impresa.
Improbabile e di sicuro non impossibile. Di certo Lewis per i prossimi appuntamenti ha bisogno di un gran colpo di fortuna o un mezzo miracolo e questo vuol dire che deve riprovare a replicare ciò che ha fatto in Inghilterra o deve sperare che il motore Honda schianti all’improvviso oppure che l’olandese commetta una boiata delle sue di antica memoria. Fino a prova contraria chi deve spingere e deve rischiare è proprio il campione di Stevenage e, come ho già detto, ora è tutta una questione di probabilità. Una cosa è certa alla luce di quanto stiamo vedendo in questo lungo ed appassionato mondiale e cioè che se Verstappen dovesse vincere si dirà che ha battuto il più grande di sempre di questo periodo storico. Se invece dovesse essere Hamilton a recuperare lo svantaggio che ora lo affligge, di certo laverebbe l’onta delle sue tante vittorie conquistate in solitaria.
Nel frattempo che aspettiamo che la “torcida” brasiliana scaldi i nostri cuori, ci godiamo l’attimo e Verstappen fa altrettanto perché questo è il suo momento, solo che, conoscendolo, di certo non si distrarrà troppo perché il suo obiettivo non è il singolo GP bensì il mondiale… altrimenti niente tequila, niente mariachi, niente fiesta.

Vito Quaranta