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MIT’S CORNER: LE NON PAGELLE DI AUSTIN

Finalmente una gara in condizioni ottimali, senza piogge, umidità strane, asfalti, buio, monsoni, trattori vaganti, fumogeni arancioni e quant’altro. Il sole si è oscurato solo quando Shaquille O’Neal si è alzato dal divanetto per andare a prendersi una birra e 12 kg di salatini.

Quel che ne è venuto fuori è stato un Gp bellissimo, ad alta tensione, strategico q.b., spettacolare, emozionante tra l’altro in uno dei circuiti più belli e difficili del mondiale in cui, forse non a caso, i piloti hanno potuto far vedere di che pasta sono fatti, nel bene e nel male.

E altrettanto non a caso ha vinto (di nuovo) Verstappen il quale, per una volta, ha anche dovuto affrontare alcune difficoltà che ha risolto magistralmente facendo vedere quanto merita di stare lassù.

VERSTAPPEN

Magistrale l’ho già scritto. Aggiungo un “eccezionale”, per come ha saputo gestire la prima parte di gara, per come ha arrembato nella seconda parte dopo il problema al pit, per come ha gestito le ripartenze in SC (ottima l’idea di andare full gas già alla 17) e per la gestione delle gialle nel finale. C’è anche l’aggettivo “strepitoso” da appioppare al sorpasso su un Hamilton il quale, non avendo nulla da perdere, avrebbe anche potuto buttarlo fuori solo per il gusto di farlo. Se queste fossero pagelle vere sarebbe da 10. Ma senza lode per la caduta di stile (eufemismo) nel commento in radio sul suo problematico pit stop. A questo proposito, va detto che nella concitazione e tensione della gara si tende a perdonare tutto il liquame lessicale, frutto inesorabile di obnubilamento e tensione, che fuoriesce dal cavo orale dei nostri eroi quando si trovano in situazioni del genere. Ma il rabbioso sarcasmo mostrato dall’orange è segno di una lucidità distorta e inutilmente antipatica che non aveva alcuna ragione d’essere considerando per giunta il contesto in cui da diverse stagioni, la scorsa in particolare, i meccanici RBR al pit snocciolano record su record e il cui contributo alla vittoria mondiale 2021 è certamente stato decisivo (e non credo siano loro i destinatari dello sforamento del BC). L’unica cosa peggiore del commento di Max, però, è stata la decisione di mandarlo in onda: l’umiliazione intrinseca del pacchiano errore del meccanico si mostrava da sé e se Max poteva risparmiarsi l’ingeneroso commento altrettanto la regia poteva risparmiarsi di mandarlo in onda.

HAMILTON

Eccellente anche la sua gara. Se anche non è più l’Hamilton dei tempi andati ieri ha tirato fuori tutto il bagaglio di esperienza che ha accumulato. Lucidissimo alla prima curva nell’intuire cosa stava accadendo tra Sainz e Russell e ritmo indiavolato per tutta la gara in relazione alle potenzialità della sua macchina. L’undercut è stato perfetto anche al netto di SC ed errori al pit di Max. Tutti avevamo capito che Max avrebbe messo le gialle e che avrebbe pittato subito nella logica di “marcatura a uomo” avendo 5/6 sec di vantaggio e l’idea era che anticipando il pit mettendo le bianche per andare in fondo avrebbe fatto sì che Max si sarebbe trovato con gialle usurate negli ultimi 5-6 giri con concrete possibilità di vittoria. L’errore al pit di RBR sembrava anche aver premiato la tattica ma solo la capacità di RBR (e di Max in particolare visto che Perez non è stato altrettanto capace) di gestire le gialle fino in fondo non gli ha fatto centrare il bersaglio grosso. Nel mondialino finale tra lui e Russell (tema Mercedes del finale di stagione oltre al tentare di vincerne una) ha segnato un discreto colpo: davanti in Q (sia pur di poco) e decisamente migliore in gara con 7 punti recuperati (in realtà dovevano essere 8 ma ne parlo dopo su Russell) è quel che si porta a casa da Austin.

LECLERC

Tra l’ottima partenza, l’ottima gestione in SC, i sorpassi come sempre fenomenali (da antologia il doppio su Norris-Gasly e meraviglioso quello su Perez) e la strenua resistenza con Verstappen verrebbe da appioppare un bell’”eccellente” anche a lui. Tuttavia mi sbilancio aggiungendo un “meno-meno (con riserva)” alla voce gestione gomme. Il “meno-meno” è dovuto al fatto che sia con gialle che con bianche dura pochi giri e poi plafona 1.5 sec in meno di quanto ci si auspicherebbe e la “riserva” è dovuta al fatto che ancora una volta è mancato il confronto con Sainz per capire se il difetto è stato suo o della macchina. È da Spa che non si capisce bene questa questione delle gomme ma tanto la TD39 non c’entra, giusto? Comunque intanto torna secondo in classifica generale e lo zero di Sainz fa sì che, salvo improbabili ribaltoni nelle prossime tre gare, la gerarchia interna quest’anno non porrà alcun dubbio a nessuno

PEREZ

Solo 2 decimi di distacco in Q dal teammate è già una notizia. Peccato per lui la penalizzazione in griglia. Fa però (come sempre?) un po’ troppa fatica nella prima metà gara ove dopo il parapiglia della prima curva non pare comunque a suo agio come Max. Si riscatta nel finale dove va a prendere Leclerc salvo finire le gomme in anticipo rispetto al teammate e non ha quindi abbastanza tempo per sorpassare CLC e prendersi il podio. Nel complesso maluccio, direi, perché Ham l’ha visto col binocolo, ha subìto il sorpasso da CLC, non ha gestito bene le gomme ed è pure sceso al terzo posto in classifica generale. Vedremo se in patria si riscatterà.

RUSSELL

In Q perde, sia pur di poco, il confronto con Ham, fa una puttanata pantagruelica alla prima curva che secondo me meritava drive through e nell’arco della gara è in generale parso sensibilmente inferiore all’eptacampeao. Si difende cmq bene nella prima parte di gara ma non ha il ritmo del teammate nella seconda parte. Mah! Un po’ pietosa la storia del fastest lap: a che pro? Facile intuire che il tema è il confronto con Hamilton nel finale di stagione. Il vantaggio che aveva nel confronto mondiale sta scendendo di gara in gara quindi il fastest lap senza senso è spiegabile solo in questo modo. Il racconto che si stava dipanando fino a poco tempo fa era che Russell sarebbe stato il cavallo su cui puntare nei prossimi anni, che stava mostrando il suo talento al pluricampione e che era già in grado di dire la sua. Il “risveglio” di Hamilton potrebbe smontare tutto il giochino con inevitabili riflessi contrattuali per il futuro. Se visto in quest’ottica il finale di stagione di Mercedes non è banale ed è da seguire con interesse.

NORRIS

Grazie alle solite piste rifilate a Ricciardo in Q e alle varie penalità comminate agli altri si ritrova in 6 posizione in griglia ma non ne approfitta al meglio complice il casino alla prima curva. La prima parte di gara è comunque decisamente insufficiente ma viene compensata dalla seconda parte eccezionale che mi fa dire che nel complesso la sua gara è stata ottima. Infatti dopo la seconda SC ha avuto una performance eccellente, con ottimi sorpassi e un ritmo secondo solo a quelli del podio. Forse la gara in cui ha più distrutto Ricciardo in questa stagione.

ALONSO

Lo metto qui perché forse il ricorso di Haas potrebbe essere rivisto e comunque è la posizione che ha conquistato al traguardo. Che gara! Se parametriamo la sua performance al gruppo in cui dovrebbe trovarsi direi che è stato eccezionale. Ha dato le piste in stile Norris/Ricciardo a Ocon in qualifica. Si è trovato invischiato nei casini della prima curva ma poi ha recuperato. Ha avuto quel pauroso incidente ma non si è dato per vinto ed è andato alla grande (secondo solo a Norris) dopo la relativa SC con una macchina che incredibilmente (a parte il famigerato specchietto) pareva non avesse ricevuto grossi danni. Che dire? Eccellente!

VETTEL

Ottima gara la sua, considerando il mezzo (anche se in Q le ha prese dal teammate). Sfrutta la complicata prima curva alla grandissima poi gestisce ottimamente le gomme e la strategia per tutta la gara trovandosi anche al comando per qualche giro nei vari giri di pit stop tra le SC. Eccellente anche lui, come Norris e Alonso, nella seconda parte conclusa con sorpasso da antologia al coriaceo Magnussen subito prima del traguardo che gli vale  la settima posizione (salvo riammissione di Alonso). Peraltro senza il disastroso Pit avrebbe fatto sicuramente sesto e sarebbe stata posizione meritatissima. Consolida la sua posizione mondiale sia in assoluto che nei confronti del teammate. 

MAGNUSSEN

Un bel “bravo” non glie lo toglie nessuno. Ha azzardato la strategia ma grazie alle SC e ad un ritmo interessante si è trovato nelle posizioni che contano e non le ha mollate. Non ha potuto nulla al ritorno di Norris/Alonso e il sorpasso finale subito da Vettel è più merito di quest’ultimo che demerito suo. Considerando le magre di Haas in questa stagione questa gara per lui è grasso che cola che ha raccolto alla grande. Uno dei piloti del “non a caso” della premessa: in un circuito probante e in una gara complicata lui è venuto fuori ottimamente. 

NOTE DI MERITO

Tsunoda non l’ho francamente mai visto ma la gara era complicata e il circuito probante e se alla fine si è trovato subito dietro i protagonisti gli va dato atto di aver fatto sicuramente bene. Ancora non so se sarà un pilota meritevole di stare in F1 però quest’anno ha mostrato e continua a mostrare progressi. Vedremo.

Albon ha lottato da par suo e anche se stavolta non sono arrivati i punti gli va dato atto che merita di stare in F1 e sarebbe interessante rivederlo in una macchina più prestazionale. Nel periodo RBR è parso discontinuo mentre in Williams mi pare abbia trovato più solidità.

Zhou partiva in fondo e ha lottato tutta la gara là dove doveva essere. Anche per lui, come per Tsunoda, vale il discorso dei progressi solo che è ancora meglio visto che Tsunoda ha un anno in più di esperienza. La classifica che lo vede molto indietro rispetto al suo teammate secondo me è bugiarda perché Bottas gode del bottino racimolato nelle prime 5/6 gare dopo le quali Zhou si è affiancato come prestazioni e secondo me è andato meglio come rendimento in gara.

NOTE DI DEMERITO

Questa pista così probante ha messo in mostra un bel po’ di cose nel gruppo dietro i primi anche in negativo.

La più evidente riguarda Ricciardo che ormai non è nemmeno più l’ombra del pilota che ho ammirato nel periodo RBR. Ora è persino rinunciatario e in un circuito che esalta il pilota come il COTA arriva addirittura ultimo (vabbè, Latifi non conta). Mah!

Continua a deludermi Gasly che quest’anno, dopo un buon inizio, mi è parso abbia fatto passi indietro rispetto al promettente passato e in questa gara purtroppo per lui si è visto in modo plastico: confusionario, pasticcione, incapace di gestire la lotta con avversari sui quali dovrebbe pure godere di un minimo vantaggio tecnico e fa pure casino con le penalità (che non dovrebbe prendere visto che si trattava di track limits). Gambero.

Stroll in realtà stava facendo un’ottima gara (tra tutti era quello che meglio aveva approfittato dell’incidente Sainz/Russell in partenza) ma poi ha rovinato tutto con la puttanata sesquipedale dell’incidente con Alonso. Purtroppo quello (insieme a tanti altri) è il segno di immaturità e incapacità di gestione che, visto che ormai sono anni che è in F1, evidentemente non si toglierà mai.

Sainz dovrebbe stare nei né carne né pesce visto che è stato subito buttato fuori. E se è vero che la boiata di Russell l’ha visto passivo protagonista è altrettanto vero che non è incolpevole. Colpevole, infatti, è la sua partenza obbrobriosa che butta al vento l’ottimo lavoro fatto in Q. Male, anzi malissimo: queste sono le occasioni che lui dovrebbe sfruttare al massimo e non l’ha fatto.

Mick purtroppo sempre peggio. Stavolta si trova anche a dover fare i conti con la gara eccezionale fatta dal teammate. Per l’anno prossimo si fa sempre più dura.

Latifi: che ve lo dico a fare?

E Bottas?

C’era anche lui?

Sì, stavolta c’era. L’insperata Q3 e le varie retrocessioni in griglia gli hanno dato l’occasione per riprovare a fare i risultati di inizio stagione. E che fa il nostro? Si gira da solo! Bottas è il classico esempio di pilota veloce, molto veloce, che però non merita di stare in F1. Che fosse veloce lo si è visto sin da subito e in qualifica non ha mai sfigurato nei confronti di Hamilton. Però, santo cielo, non sa correre. E in F1, ed in generale nel motorsport non si richiede di essere (solo) veloci ma di saper correre. E oggi, ahilui, di non saper correre l’ha dimostrato per l’ennesima volta

 

Metrodoro il Teorematico

VERSTAPPEN VINCE AD AUSTIN. RED BULL CAMPIONE COSTRUTTORI NEL RICORDO DI MATESCHITZ.

Come prevedibile, ad Austin a tenere banco è ancora la questione budget cap. Il giorno dopo la conquista del titolo mondiale da parte di Verstappen, in Giappone, la FIA ha svelato il segreto di Pulcinella, e cioè che la Red Bull si è macchiata di una infrazione “minore”. Il che significa che ha speso qualche milioncino in più rispetto al massimo. Per cosa, non è dato a sapere, esattamente. Prima si è parlato di catering e malattie, poi dello stipendio di Newey, versato alla società del genio inglese, e quindi da non contare. E, comunque, Horner sostiene che non c’è alcuna violazione. E sostiene che i figli dei dipendenti siano stati bullizzati nei parchi giochi a causa di questa storia, sollevando commenti ironici da parte degli avversari.

Ma pochi minuti prima delle qualifiche, arriva la notizia della scomparsa di Dietrich Mateschitz, e tutte discussioni sul tema vengono così giustamente rinviate per rispetto della memoria del  co-fondatore della Red-Bull, che tanto ha dato al motorsport e non solo.

Ad aggiudicarsi la pole position è Carlos Sainz, davanti al compagno di squadra Leclerc, costretto però a retrocedere di 10 posizioni in griglia per cambio di componenti della power unit, e a Verstappen.

Si spengono i semafori e la gara di Sainz dura poche centinaia di metri. Partito malissimo, e bruciato allo start da Verstappen,  all’uscita di curva 1 viene  centrato da Russell, che si prenderà, per questo, 5 secondi di penalità.

L’olandese, come facilmente prevedibile, si invola, seguito da Hamilton e da Russell, che impiega qualche giro a superare Stroll. Nel frattempo, Leclerc, partito 12°, rimonta diverse posizioni, e al giro 8 si trova in settima.

Al giro 10 Verstappen guida le operazioni con 3 secondi di vantaggio su Hamilton. Perez, partito anch’egli a metà griglia causa penalità, raggiunge Russell ma, forse anche a causa dell’ala anteriore danneggiata, non riesce ad attaccarlo.

Al giro 13 Hamilton rientra ai box per montare la gomma a mescola più dura. Verstappen lo segue al giro successivo, così come Russell, che sconta la penalità. 

Al giro 18 Leclerc è l’unico dei primi a non essersi ancora fermato. Bottas finisce nella ghiaia ed esce la Safety Car. Charles ne approfitta per fare la sua fermata, e riesce così a perdere solo due posizioni, ritrovandosi quarto subito dietro a Perez. 

La gara riparte al giro 21, ma sul rettilineo più lungo si sfiora la tragedia. Alonso affianca Stroll il quale si sposta repentinamente da sinistra al centro della pista. Inevitabile il contatto fra l’ala dell’auto dello spagnolo e la gomma posteriore sinistra del canadese. Solo per un miracolo l’Alpine non decolla, e nessuno centra in pieno l’Aston Martin impazzita.

Esce quindi nuovamente la Safety Car, che resta in pista fino al giro 25. Alla ripartenza, Verstappen si invola ancora una volta. Leclerc attacca una prima volta Perez alla fine del lungo rettilineo, ma va lungo e il messicano tiene la quarta posizione. Ci riprova al giro successivo nello stesso punto e, con una manovra strepitosa, riesce a prendersi la posizione sul podio. Il messicano reclama la posizione, non si capisce bene su quali basi.

Hamilton, che sembrava potere tenere il passo di Verstappen, si ferma per la sua seconda sosta, subito imitato da Max e Leclerc. Ma la fermata dell’olandese è disastrosa, e il ferrarista gli prende la posizione. I due ingaggiano poi un duello bellissimo, con Verstappen che prova una prima volta alla fine del rettilineo del traguardo, ma Leclerc incrocia la traiettoria e gli ripassa davanti. Sul rettilineo lungo non ha però scampo, e si deve accodare alla Red Bull.

Mancano 17 giri e i primi 3 sono racchiusi in soli 3 secondi. Leclerc non riesce a tenere il passo di Verstappen, che si avvicina inesorabilmente ad Hamilton, che monta la mescola più dura, a differenza di Max che ha la gomma a mescola media.

La caccia di Verstappen si conclude al giro 50, quando entra in zona DRS e svernicia immediatamente Hamilton in fondo al rettilineo lungo. Ma Lewis vuole la vittoria a tutti i costi, e non molla l’avversario. Entrambi si prendono anche una bandiera bianco-nera per avere superato troppe volte i limiti della pista. 

Non accade però più nulla, e la gara finisce con Verstappen vincitore davanti ad Hamilton, Leclerc, Perez, Russell, Norris, un magistrale Alonso, settimo nonostante un grande spavento con annesso quasi decollo e l’urto violento con il guard-rail, Vettel, Magnussen e, a chiudere la zona punti, Tsunoda.

Da segnalare le pessime prestazioni di Mick Schumacher, Ricciardo e Ocon, letteralmente distrutti dai rispettivi compagni di squadra in una giornata dove avrebbe potuto esserci molto da raccogliere.

La Red Bull porta così a casa anche il titolo costruttori. Il modo migliore per onorare la memoria di Dietrich Mateschitz.

Appuntamento fra una sola settimana a casa di Checo Perez, in Messico. 

P.S. Probabilmente la Red Bull se la caverà patteggiando, con una multa e una decurtazione di un po’ di ore di sviluppo per le prossime stagioni. Alla fine dei conti, le sarà convenuto.

P.S. 2 Gasly non tiene 10 macchine di distanza durante la seconda SC, e si becca immediatamente una penalità di 5 secondi. Come passa veloce il tempo…

 

 

F1 2022 – GRAN PREMIO DEGLI STATI UNITI

Quart’ultimo appuntamento del mondiale F1 che approda al COTA, ad Austin in Texas.

Peccato che ci si arrivi con la stagione già abbondantemente in ghiaccio, con il titolo piloti assegnato e quello costruttori che è puramente una formalità (e che comunque interessa infinitamente meno per chi guarda da casa).

immagine da lastampa.it

Nelle ultime due settimane e in coincidenza del Gp del Giappone è stato già detto/scritto tutto per cui è inutile dilungarsi su vicende che hanno portato la credibilità di questo sport(?) a livelli davvero bassi.

Questo porta inevitabilmente ad avere poca voglia di commentare anche l’immediato divenire, anche perchè non c’è davvero molto da dire.

L’attenzione (se proprio così la vogliamo chiamare) sarà puntata sulla scontata attribuzione del mondiale costruttori alla Red Bull. Bastano infatti un terzo e quarto posto per chiudere la questione, che viene da dire è stata già chiusa da tempo dalla farsa del budget cap.

Farsa che va avanti, in quanto non si conoscono ancora le famigerate “punizioni” che dovrebbero essere affibiate a Red Bull. Non vediamo l’ora di sentire quali sanzioni draconiane saranno decise…

Intanto in pista le scuderie porteranno gli ultimi aggiornamenti di stagione, tutte in ottica 2023. La pista del Cota potrebbe dare parecchie difficoltà agli ingegneri nel valutare questi aggiornamenti in quanto le irregolarità dell’asfalto texano possono creare parecchi problemi.

In particolare Leclerc dovrebbe montare la sesta PU (nuova ICE) per testare elementi che ritroverà nella PU del 2023. Cinque posizioni di penalità in griglia per lui.

immagine da motorbox.com

Ultime cartucce da sparare quindi per Ferrari, in cerca di un successo che manca dal GP di Austria, per Hamilton e Mercedes che cercano di evitare l’onta di chiudere la stagione senza vittorie (cosa che mi auguro fortemente) e Red Bull che, incassato il mondiale costruttori, ha nel COTA solo un’occasione per aggiornare in positivo le proprie statistiche.

A tal proposito viene in mente che forse l’unico motivo di interesse (siamo propri disperati eh…) sta nella lotta al secondo posto nel mondiale piloti tra Leclerc e Perez, con quest’ultimo che negli ultimi GP ha ripreso la verve di inizio stagione. Certo è che se Leclerc partirà indietro in griglia causa la penalità per cambio della PU, il messicano dovrebbe avere vita facile.

Una doppietta Red Bull nel mondiale piloti darebbe già una bella indicazione su cosa potremo aspettarci nel 2023 e negli anni successivi, almeno fino al 2026.

Le vicende degli ultimi 2 mesi non fanno però che confermare un aspetto: la totale e cronica mancanza di forza politica che la Scuderia ha ormai nel mondo della F1. Se consideriamo le due più grandi rivali, Mercedes e Red Bull, entrambe hanno ottenuto quello che si aspettavano dalle loro battaglie a colpi di carte bollate: la TD39 per Mercedes e il Budget cap “allegro” per Red Bull.

E Ferrari? Tanto strepitare per poi rimanere con un pugno di mosche. E pensare che hanno sempre in tasca un diritto di veto che assomiglia sempre più alla mano in tasca a mimare una pistola del ladro improvvisato alla cassa del fruttivendolo…

Ma anche in questo caso è inutile ribadire l’ovvio, già detto e ridetto in questo lido e altrove. Non resta che sperare in una bella gara e che la fine della stagione 2022 arrivi il più in fretta possibile, senza attendere con ansia l’inizio di quella 2023. Anche perchè basta il pensiero di un doppio GP saudita a partire dal 2024 a smorzare qualsiasi entusiamo.

*immagine in evidenza da motogp.com

Rocco Alessandro

MIT’S CORNER: LE NON PAGELLE DI SUZUKA

Ed ecco altre non-pagelle.

Questo sito mi sta prendendo la mano: spero di non annoiarvi.

E comincio subito nell’inseguire l’auspicio della frase precedente: che non-pagelle si possono scrivere dopo il gp del giappone 2022?

Già, perché onestamente non è che si possa dire granché al proposito salvo esporsi al pubblico ludibrio che additerà qualunque mio personalissimo giudizio come banalità di bassa lega. E sarà gioco facile darmi addosso con questo scopo giacché i nostri eroi hanno corso una gara così poco interessante che tentare di narrare le loro gesta richiamandosi ad archetipi letterari di omerica memoria scadrà inesorabilmente nel ridicolo.

Quindi qualche considerazione preliminare è assolutamente d’obbligo.

La prima, “velatamente” abbozzata in quasi tutti i commenti all’ottimo articolo di Pier Alberto, riguarda il sempiterno tema della corsa sul bagnato.

Il tema è trito e ritrito: si corre o non si corre quando piove?

Le Intermedie e Full Wet vengono portate dalla Pirelli ad ogni Gp, facendo salire la temperatura del pianeta di 15 gradi centigradi ogni volta che i cargo pieni di gomme fanno la spola tra un capo e l’altro del mondo. Le gomme Intermedie ormai l’abbiamo capito: sono gomme eccezionali. Lo dico senza la minima ombra d’ironia e con un sincero complimento al costruttore perché in tante occasioni abbiamo visto quanto riescano ad assicurare performance straordinarie anche in condizioni di pista che, alla vista anche del più allocco tra gli appassionati (che sarei io), sembrerebbero proibitive per gomme che si definiscono, per l’appunto, Intermedie. Ed è ciò che è accaduto ieri. Con una pista che aveva una portata d’acqua che era una combinazione letale tra Rio delle Amazzoni, Yang-Tze-Kiang e lo Jenisei d’estate i nostri eroi con le Intermedie giravano solo un 10/12 secondi più lenti dei tempi che presumibilmente avrebbero ottenuto in condizioni di perfetto asciutto. Chi mastica di F1 sa che questi tempi erano e sono irreali. Dunque “kudos” a Pirelli e ai suoi ingegneri che hanno tirato fuori delle gomme Intermedie da premio Nobel per la chimica (ripeto: il tono è scherzoso ma il complimento è serio).

Mi rimane pesantemente il dubbio, at-this-point, sul senso dell’avere a disposizione gomme Full Wet se, in concreto, queste non possono essere utilizzate in gara. Infatti ieri, come tante altre volte, si è visto che se le condizioni meteo/pista sono tali da consigliare (o in taluni casi obbligare) l’uso delle Full Wet siamo anche nelle condizioni di dover sospendere la gara perché si considera troppo pericoloso correre.

In altre parole: se le condizioni sono da Full Wet anziché correre si sta fermi ai box. È un bel cane che si morde la coda, non credete?

Questo paradosso delle Full Wet mi dà molto da pensare. In passato si correva e basta, pioggia o non pioggia. I piloti si adattavano (o cercavano di farlo) alle condizioni e guidavano di conseguenza sapendo che se facevano troppo gli “spanizzi” andavano a insabbiarsi e addio punti mondiali. Poi c’era chi era troppo “cauteloso” e chi si allenava facendo inondare apposta la pista di Kart sottocasa per allenarsi, chi navigava a vista e se pioveva troppo per i suoi gusti si ritirava al secondo giro (oppure parcheggiava la vettura vicino al suo hotel che raggiungeva poi a piedi) e persino chi, avendo corso con motoslitte su piste di ghiaccio, un circuito di F1 con un po’ di pioggia gli faceva il solletico. Lo sappiamo. Ma il senso era che il pilota si adattava alle condizioni proprio perché tanto meglio lo faceva tante più probabilità aveva di ottenere un buon risultato.

Ho usato il verbo al passato ma in realtà è così tutt’oggi e su ogni pista. I piloti fanno la passeggiata o la sbiciclettata sul circuito ogni volta che possono non perché vogliano sgranchirsi le gambe ma per cercare di carpirne ogni segreto. Prima della 8 c’è un piccolissimo dosso: devo tenerne conto per la frenata altrimenti spiattello di brutto. Il vento tira da nord-est: sto più vicino al muretto in rettilineo così mi disturba meno. I cordoli della 5 e la 6 mi sembrano un po’ più bassi degli altri: magari posso raddrizzare un pelo di più e guadagno 2 centesimi. E così via.

Non si vede perché non debbano fare altrettanto sul bagnato come hanno fatto i loro colleghi nel passato. Sul bagnato si va più piano sennò si vola fuori pista? Andranno più piano! Peraltro, chi va piano va sano e va lontano, dice il proverbio. E in Formula 1, per quanto paradossale possa sembrare, alle volte funziona in modo eclatante. Gli esempi si sprecano e così al volo mi vengono in mente un paio di Montecarlo con vincitori a sorpresa che hanno avuto il merito di tenersi lontano dai guai (a Montecarlo Patrese 82 e Panis 96) e senza andare così indietro nel tempo ricordiamoci di Ocon Ungheria 21.

Dopodiché, per carità, la sicurezza prima di tutto. Ma andrebbero stabiliti dei criteri che lascino meno dubbi sia in chi è direttamente coinvolto sia in chi assiste. Nel calcio c’è un metodo empirico: l’arbitro va in giro per il campo a far rimbalzare il pallone e se questo non rimbalza sospende la partita. In Formula 1 qualcosa di più oggettivo potrebbe essere tirato in ballo ma mi rendo conto di quanto sia difficile perché si deve tenere conto di molti fattori (drenaggio della pista, tipo di asfalto, “rivers” estemporanei, ecc.). E tuttavia serve qualcosa di questo tipo per evitare lo stillicidio di attese visti a Singapore e Suzuka (e innumerevoli altri in questi anni) e di polemiche twitteristiche in diretta su chi vuole partire e chi no.

Una seconda considerazione sulle gomme intermedie va pure fatta. Che le performance che offrono siano eccezionali l’ho già detto. Che la loro finestra di efficienza sia assai disuguale a seconda della vettura su cui sono montato invece no. E qui ancora una volta non si può far altro che complimentarsi con RBR che con entrambi i piloti, ma soprattutto con il fantastico Max, le ha gestite alla grandissima.

L’ultima considerazione la riservo alla stucchevole interpretazione del regolamento in merito all’assegnazione del pieno punteggio. Mi sono già dilungato sugli aspetti giuridici in altro articolo. Qui mi limito a dire che una tale mossa ha più l’aspetto di un regalo anticipato al pur meritevole Verstappen. Regalo di cui non aveva alcun bisogno visto che è da qualche GP che si discute solo sul “quando” e non sul “se” sarebbe diventato matematicamente campione del mondo. Ad ogni modo, quel che rimane è l’amaro in bocca di una gara che non ha avuto molto da dire agli appassionati. La brevità in cui si è svolta ha impedito ai protagonisti di giocare con le strategie, con sezioni di gara più veloci o più lente, di gestire e persino di inventarsi qualcosa: Alonso pitta dietro a Vettel e finisce dietro a Vettel – niente cambia. Peccato. E comunque il punteggio pieno, a mio modestissimo parere, non ci stava – mondiale o meno per Verstappen che tanto l’avrebbe preso comodamente a Austin.

Ma veniamo alle non-pagelle.

Verstappen – che dire? Eccellente ancora una volta. La gara è stata anomala, vista la corta distanza sulla quale si è svolta e darne un giudizio rigoroso sarebbe, da parte mia, assai presuntuoso. Quel che però è sotto gli occhi di tutti è che ad un certo punto si è messo sul 1.47 e non si è più schiodato da quei tempi, cosa che non è riuscita a nessun altro e che quindi rappresenta il suo maggior merito per la gara in questione (oltre ad una intelligente gestione della prima curva nella prima partenza). La certezza matematica del titolo arriva ex post il che gli toglie forse la soddisfazione di poterselo godere appieno in un lento e solitario giro di rientro (per quanto non mi sembri il tipo). Come detto poco fa non era questione di “se” ma di “quando” e non posso esimermi dal complimentarmi con lui per una stagione assolutamente straordinaria che ha dominato non solo grazie al mezzo, certamente superiore alla concorrenza, ma anche grazie ad un sangue freddo a livelli artici e al letale mix di spietatezza, capacità di gestione e maturità in episodi chiave che non poteva sortire altro che il risultato che oggi sta festeggiando. Chapeau!

LeClerc – ci ha provato anche in Giappone a fare il suo. Però, a differenza di Singapore ho avuto la netta sensazione che non abbia saputo esprimersi con la stessa brillantezza – in particolare non ha saputo (o potuto) gestire le gomme nel modo corretto ma va detto che non è stato il solo. Mancando Sainz non sappiamo se tale difetto è da ricondursi alla vettura o alla sua guida. Ma tant’è. Dopo la seconda partenza sta attaccato a Max, fa persino un fastest lap che verrà battuto solo da uno Zhou con gomme fresche ma poi i suoi tempi scendono improvvisamente di un secondo al giro nell’arco di tre tornate lasciandolo a bagnomaria (è proprio il caso di dirlo) tra il sempre più lontano Verstappen e il diligente Perez. C’è un momento in cui Leclerc chiede di pittare ma la sensazione è che non sarebbe cambiato nulla per due motivi. Il primo è che Verstappen avrebbe a sua volta pittato, rimanendo probabilmente primo o alla peggio dietro Perez e il secondo è che anche se VES non avesse pittato il massimo che avrebbe potuto ottenere Leclerc era recuperare la posizione (vedasi Alonso). Ecco, forse l’unica cosa che sarebbe cambiata sarebbe stato il finire secondo senza soffrire il problema Perez. Ma sorpassare quest’ultimo in pista, sia pur con gomme più fresche, era cosa tutt’altro che facile. Sicché, at-the-end-of-the-day, ha fatto bene a restare in pista e il lungo all’ultima chicane va semplicemente visto come un errore del nostro e penalità o non penalità, data alla velocità della luce o dopo ore e ore di discussioni, rimane un errore che si poteva risparmiare.

Perez – Fa il suo compitino in modo molto diligente riuscendo a barcamenarsi senza grossi problemi nelle fasi più concitate e gestendo ottimamente le gomme sino ad andare a prendere un arrancante LeClerc inducendolo all’errore all’ultima curva. Più di così non gli si poteva chiedere. Tra l’altro grazie al sorpasso ex post consente al teammate la matematica certezza del titolo.

Ocon – fortunato a trovarsi al 4 posto e bravo a difendersi da Hamilton. Non che ci volesse molto vista la lentezza di MER. Una gara così corta ci impedisce di dire di più: niente strategie niente situazioni particolari da gestire ma era lì: diamogliene il merito.

Hamilton – sfortunato a trovarsi al 5 posto e male a non riuscire a sorpassare Ocon. Non che fosse facile vista la lentezza di MER. Però va detto che là dietro il suo teammate ha fatto faville nei sorpassi quindi ribadisco il pessimo giudizio sulla sua gara anche perché nonostante i commentatori di sky continuassero a sostenerlo ad ogni pie’ sospinto non avevo la sensazione che potesse riuscire a tenere il ritmo di Perez.

Vettel – ottimo. Non avendo nulla da perdere ha giocato immediatamente la carta Inter alla seconda partenza e ne ha saputo approfittare al meglio. Tra i pochi costanti sui time lap in gara (insieme a Max) si stava comodamente portando sul duo Ocon/Hamilton quando anche a lui sono finite le gomme negli ultimi 4/5 giri. Peccato sennò ne avremmo viste delle belle.

Alonso – bella gara, la sua. Più che altro gli va dato atto di averci provato. Il pit per mettere gomme fresche e i successivi sorpassi mi spingono a usare l’aggettivo “gagliardo” ma la sua posizione finale rimane quella che aveva prima del pit. Almeno si è divertito, suppongo.

Russell – Ottimo. Dopo un Singapore incolore (tale anche al netto dei problemi avuti) si presenta a Suzuka con una signora gara in cui trova sorpassi notevoli (a parità di gomme). Bravo. Unico neo: il celebrato teammate con questa gara pareggia il conto per quanto riguarda le qualifiche. E questo non va bene, vista come era partita la stagione. Il vantaggio su Ham in classifica pare rassicurante (207-180) ma il finale di stagione potrebbe essere più importante, in ottica futura, di quanto non si pensi. Sarà meglio che stia sul pezzo.

Latifi – Come Vettel, non avendo nulla da perdere, va subito ai box per mettere le inter alla rolling start e poi si ritrova sorprendentemente nelle parti alte della classifica. Non può resistere al ritorno di Alonso e Russell ma si attacca coi denti all’ultimo giro per non farsi passare da Norris. Per una volta non fa boiate sesquipedali, il che è una notizia, e si ritrova a punti! Quindi, invece di prenderlo in giro, gli facciamo sincerissimi complimenti!

Norris – Mi verrebbe da scrivere le stesse cose scritte per Singapore. Qui non ho visto i camera car ma in una gara così strana un talento come lui te lo aspetti là davanti a battagliare almeno con Ocon/Ham/Alonso/Russell. Invece non ha mai dato l’impressione di poter fare granché.

 

Note di merito:

Zhou – al di là della posizione conclusiva si è portato a casa un fastest lap che vale solo per la gloria ma che nessuno di quelli che hanno pittato (quorum Alonso) è riuscito a battere.

Magnussen – ancora una volta, considerando la scarsezza della macchina, dimostra di sapersela giocare bene in condizioni difficili. Sarebbe stato interessante vedere che gara avrebbe fatto se avesse pittato con Vettel e Latifi

Mick – sia pur per pochi decimi di secondo ha condotto un GP. Potrà raccontarlo ai nipotini…

Note di demerito:

Gasly – bah. Ok che con le macchine in pista forse le gru dovrebbero aspettare un attimo. Ma se poi fai i 250 km/h, per giunta in quelle condizioni, in regime di bandiera rossa l’unica cosa che devi fare è stare zitto zitto, ringraziare tutti gli dei di tutti i pantheon passati, presenti e futuri che sei ancora vivo e sperare che nessuno si accorga della boiata gigantesca che hai fatto. E poi ha fatto pure una gara catabolitica. Peggio di così non si può.

Sainz – ok le condizioni difficili ma si è girato da solo. Non mi pare sia capitato ad altri. E questo non va bene.

Stroll – demerito molto relativo ma siccome queste condizioni sono le uniche in cui va decentemente mi aspettavo di più

 

Non so che dire di Tsunoda perché non l’ho mai visto. Ricciardo si è trovato dietro al teammate per circostanze e non per meriti. Ad Albon si è fritto il motore quasi subito.

 

E Bottas?

C’era anche lui?

 

Metrodoro il Teorematico

BASTIAN CONTRARIO: HARAKIRI FIA

Trovo incredibile che la FIA abbia deciso (“la coincidenza non ha madre” diceva Hugo Weaving in V per vendetta) di suicidarsi proprio nella terra del “Sol Levante”, la dove l’harakiri, fa parte della cultura millenaria della terra nipponica. La differenza è che chi praticava (almeno lo spero!) questa disciplina letale aveva senso del dovere e dell’onore e, soprattutto, la attuava con consapevolezza. Sono sicuro che, nelle intenzioni di chi gestisce tutto il circo, non ci siano istinti suicidi, anche se l’operato purtroppo lascia presupporre tutto il contrario e, di contro, non riesco a vedere nessun onore nell’operato della Federazione.

La gestione del GP nipponico, sotto la pioggia torrenziale che si è abbattuta domenica scorsa, è stata a dir poco pietosa e già la sola presenza di tutta quell’acqua bastava ad evocare fantasmi che abbiamo vissuto nel 2014. Purtroppo la presenza di più di un trattore a bordo pista, quei fantasmi li ha rievocati tutti, tra le (giuste) ire di appassionati e piloti, con Gasly più di tutti che si è fatto portavoce inconsapevole di questa rabbia. Uno spettacolo osceno, indecoroso e, soprattutto, irrispettoso nei riguardi della famiglia del povero Bianchi, che si è visto portare via il figlio proprio a causa della presenza di un mezzo pesante in pista. La storia non insegna nulla o comunque non insegna a chi non vuole imparare nulla. La spada affilata del giudizio trafigge le carni senza pietà e questo episodio è stato solo il primo affondo dell’harakiri FIA. La lama è lunga e di affondi ce ne sarebbero stati altri prima di arrivare definitivamente all’elsa e, quindi, alla fine del GP. Si parla tanto e solo di sicurezza e ci si ostina ancora ad organizzare il GP nipponico in autunno, dove è risaputo che nella zona del pacifico le piogge non perdonano. La F1 non è più preparata per la pioggia, inutile girarci attorno e negarlo equivale a girarsi dall’altra parte proprio per non vedere. Per F1, intendo non solo la Federazione e gli uomini di cui essa è composta. Intendo monoposto, piloti, team e pubblico da casa, il quale a mezzo social è pronto a dare soluzioni di ogni sorta. Inutile ostinarsi a correre sul bagnato se queste monoposto non possono essere cambiate d’assetto (poi qualcuno mi deve spiegare dov’è la sicurezza in tutto questo), inutile uscire in pista con queste gomme, le quali, sebbene scaricano ettolitri d’acqua al secondo, poi non garantiscono una guidabilità ottimale sia perché troppo larghe e sia perché a causa della nube d’acqua che alza, chi segue dietro, non vede nulla. Che senso ha affannarsi a correre in queste condizioni, se gli stessi piloti non sono più abituati a girare in questa situazione limite? La storia è piena di immagini e video in cui i piloti del passato, con un quarto della sicurezza che le nuove generazioni ora hanno, correvano in condizioni come quelle viste domenica scorsa, eppure si ponevano anche le basi per correre in queste condizioni ambientali. Questi presupposti non esistono più e, nonostante ciò, la Federazione per salvare capra e cavoli, fa voli pindarici con il suo regolamento che nemmeno loro stessi ormai conoscono e ritardano la gara, fino all’imbrunire e da lì si arriva al GP a tempo… la fine dell’evento non è più decretata dal numero di giri percorsi, bensì dallo scoccare inesorabile delle lancette.

In quella manciata di minuti si è conclusa l’avventura mondiale 2022 per Charles Leclerc e qui arriviamo all’affondo finale dell’harakiri FIA. Il monegasco, in questo mondiale non ha nulla di cui recriminarsi: considerando il mezzo che ha avuto e, soprattutto, considerando il mezzo contro cui si è dovuto misurare, ha letteralmente fatto l’impossibile e non so se all’inverso, il suo diretto avversario sarebbe riuscito nell’impresa. Attualmente è lui che comanda le pole in questo campionato e, nonostante i tanti ritiri accumulati fino ad ora, è arrivato fino in Giappone a provare a tenere vive le speranze iridate per la Rossa. Certo, speranze vane e vacue (citando sempre V per vendetta), considerando che contro la RB18 di Verstappen è esercizio pressoché impossibile e soprattutto è inutile combattere contro i mulini a vento. Resto tutt’ora basito per l’atteggiamento adottato dalla Federazione immediatamente dopo lo sventolare della bandiera a scacchi. Esattamente sette giorni prima, il GP di Singapore era finito tra dubbi e tormenti e, per decidere se il messicano della Red Bull avesse davvero vinto, la direzione bontà sua, si prese almeno due ore per decidere il verdetto finale, con tanto di udienza da parte di Perez per ascoltare la sua versione dei fatti (o dovrei dire giustificazioni?). Ebbene sette giorni dopo, ai danni del ferrarista, abbiamo assistito alla più celere delle solerzie e dello zelo che la Federazione potesse sfoderare: erano così presi dal voler dare a tutti i costi la doppietta ai bibitari nella terra dei motori Honda che hanno deciso il verdetto in meno di cinque minuti e senza nemmeno ascoltare il pilota Ferrari! Che Charles abbia ragione o torto, personalmente ed arrivati a questo punto, poco importa al sottoscritto. Le modalità con le quali tutto si è svolto è da far rabbrividire invece! Com’è possibile una così diversa e marcata differenza di giudizio? Dov’è l’onore in tutto questo? Certo, di sicuro sarò contraddetto perché “il regolamento così prevede”. Allora mi chiedo come mai questo fantomatico regolamento, con i suoi mille cavilli, viene interpretato ad uso e consumo e a favore di una sola scuderia e così alla luce del sole? Perché ormai la FIA nemmeno fa più nulla per nascondere la sua sudditanza per Red Bull ora e per Mercedes prima di lei. A memoria non ricordo tanta celerità di giudizio per un episodio che di controverso, ad essere sinceri, aveva ben poco. Eppure tanto è bastato per far consumare a pieno la festa dei bibitari in casa Honda.

Avrete notato sicuramente che il sottoscritto, fino ad ora, non si è ancora congratulato con il dominatore di questo mondiale e quindi bi campione del mondo Max Verstappen. L’olandese, nella restore room, nemmeno sapeva che si era laureato campione del mondo con la sua vittoria. L’ultimo atto dell’harakiri FIA si è consumato immediatamente dopo la sentenza data a Charles: la direzione gara decide di assegnare punteggio pieno a tutti i piloti, naturalmente grazie ai tanti cavilli della bibbia regolamentare. Immediatamente la Federazione si è affannata a dare tutte le spiegazioni possibili per giustificare il suo operato… giustificazioni ridicole che hanno, anche in questo caso, ben poca importanza. Che senso ha applicarsi quando la tavola era già stata apparecchiata? Il punteggio pieno e la relativa retrocessione del ferrarista, sono stati sufficienti per far vincere il mondiale all’olandese. Sia chiaro, Max non ha vinto il mondiale per questo episodio, il quale è figlio di un sistema ormai marcio. Verstappen ha gettato le basi del suo secondo mondiale, all’inizio del campionato, riponendo la sua fiducia nella sua squadra, la quale sa bene come muoversi nelle stanze che contano e, soprattutto, sa come muoversi tra i meandri di un regolamento che fa acqua da tutti le parti. L’olandese, quasi sicuramente, avrebbe vinto questo mondiale anche senza la furbata della sua squadra (al momento che scrivo, la Federazione fa sapere che Red Bull ha commesso un’infrazione minore, quindi ammette che c’è stato un  illecito nel 2021… non immagino allora cos’ha combinato in quest’anno, con un regolamento completamente nuovo), semplicemente perché Ferrari ha dimostrato, tra problemi di affidabilità ed errori strategici, di non essere stata pronta per lottare veramente al mondiale 2022. Personalmente accetto il fatto che una squadra sia più forte di un’altra, quello che non accetto sono le furbate e, quindi, l’anti sportività che serve a raggiungere lo scopo. Red Bull ha barato nel 2021 e, probabilmente, anche quest’anno (per non parlare della DT039 attuata per aiutare AMG!) e purtroppo, a quanto visto durante questo lungo anno sportivo, con queste sue prestazioni in crescendo, il dubbio è più che lecito. Verstappen è pilota di eccezionale capacità e di indubbia classe, eppure egli, a mio giudizio, ha usufruito di un vantaggio che deriva da una furbata. La Federazione con le sue motivazioni (giustificazioni) fa acqua da tutte le parti e come ho già detto, come si muove fa danni. Per la seconda volta di fila, questo pilota è campione del mondo con polemiche, macchie ed ombre e la FIA, con le sue regole sul badget cap non ha fatto altro che contribuire a tutte queste ombre, oltre che a decretare il suo harakiri.

 

Vito Quaranta