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F1 SEASON REVIEW 2000: IL CIELO E’ ROSSO SOPRA SUZUKA

Ci sono eventi che segnano la vita di un appassionato di Sport. Tra questi per quanto mi riguarda il posto sul gradino più alto del podio lo occupa il Mondiale vinto dal Kaiser l’otto Ottobre 2000 a Suzuka. Il perchè è presto detto: ricordo bene tutti e 20 i Campionati compresi tra il 1980 ed il 1999, e li ricordo da Ferrarista. L’atroce 1980 in attesa del turbo, gli ultimi acuti di Gilles nel 1981, il nerissimo 1982 che ce lo portò via per poi privarci di un Mondiale già vinto, il 1983 corso con due Piloti di una mediocrità disarmante, l’arrivo di Michele nel 1984 e la sua vittoria nella fatal Zolder, il “dobbiamo un Mondiale a quel ragazzo” del Vecchio riferito a Michele nel 1985, l’osceno 1986 che partiva con ben altre aspettative, la testa rialzata nel 1987 con le due vittorie di Gerhard in coda al Campionato, la scomparsa del Drake nel 1988 con la doppietta di Monza un mese dopo a sancire l’unica vittoria dell’anno, i ruggiti del Leone nel 1989 sulla 640 di Barnard, il furto subìto da Alain nel 1990 a Suzuka da parte di quello che parlava con Dio, l’inizio della discesa agli inferi nel 1991 senza vittorie, la tremenda F92A del 1992 che di colpo fece sembrare la F1-86 una lama, il rientro all’ovile di Gerhard nel mediocre 1993 che segna l’arrivo di Todt, il ritorno alla vittoria ad Hockenheim 1994 dopo quasi 4 anni, la prima ed ultima di Alesi in Rosso a Montreal 1995, l’arrivo del Kaiser nel 1996 alle prese con una cassapanca nonostante la quale mise a segno 3 vittorie, il match point del 1997 col Kaiser che crollò mentalmente dopo l’ultimo pit a Jerez, il 1998 corso contro una Mecca di un’altra categoria che comunque poteva prendere ben altra piega con la vittoria di Spa, il 1999 del botto di Silverstone in un Mondiale da vincere in carrozza col Kaiser che portò invece al matchpoint non realizzato con Irvine (e son tre di fila consecutivi per la Rossa).

Con queste premesse si arriva al Mondiale del 2000, è la quinta stagione del Kaiser in Rosso affiancato ora da Barrichello al posto dell’uscente Irvine andato in Jaguar a monetizzare i quattro anni spesi a Maranello culminati col secondo posto nel WDC del 1999. Il Team è perfettamente organizzato: Montezemolo, Todt, Brawn, Byrne, la squadra Test capitanata da Mazzola, il Kaiser al volante e (mai dimenticarlo) alle spalle il budget virtualmente illimitato voluto dall’Avvocato per la sua fortissima volontà di tornare all’Iride in modo da dar lustro alla ripresa delle vendite dei modelli stradali che, perlomeno fino all’arrivo della 355, non arrivavano esattamente da una sfilza di successi.  Il Campionato prevede 17 tappe partendo dall’Australia il 12 Marzo e terminando in Malesia il 22 Ottobre. L’arma a disposizione del Kaiser, la F2000 (a proposito: onore imperituro a chi ideò codesto nome/codice semplice e pulito. Dipendesse da me il nome della Rossa di F1 sarebbe sempre una F seguita dall’anno in oggetto o, in alternativa, il numero progressivo del progetto), è la terza creatura Rossa di Byrne dopo la F300 del 1998 e la F399 del 1999. Arriva a completare un Trend di crescita impetuoso che, come già accennato, avrebbe già fruttato il WDC l’anno prima senza il famigerato incidente di Silverstone. Curiosità: a metà Agosto si corse tranquillamente (a Budapest il 13/8), evidentemente la panzana delle “ferie delle maestranze” non aveva ancora preso piede. Maestranze stesse che, ad occhio e croce, avevano in tasca diritti giusto un filo più solidi allora che a metà Agosto si correva rispetto ad ora che ci son le famigerate quattro settimane di stop. Ma non divaghiamo, non qui perlomeno.

Il Mondiale si apre come meglio non poteva per la Ferrari ossia con tre vittorie del Kaiser nei primi tre GP corsi a Melbourne/Sao Paulo/Imola. Il compianto Murray Walker ai tempi commentò che la terna rappresentava “più tre GP persi dalla Mclaren che tre GP vinti dalla Ferrari” e non aveva tutti i torti. In Australia le due Mecca si ritirano per noie meccaniche dopo aver monopolizzato la prima fila in prova, in Brasile stesso copione in prova e stessa sorte in gara per le due Mecca con Mika ritirato e Coulthard squalificato a fine gara per una irregolarità tecnica dopo aver avuto seri problemi al cambio. Sul Santerno c’è sempre Mika in pole con stavolta il Kaiser al suo fianco, che avrà la meglio solo in occasione del secondo pitstop

Iniziano le prime preoccupazioni in concomitanza della fin troppo prevedibile ripresa della Mecca: a Silverstone nel giorno di Pasqua il Kaiser è solo terzo dopo un weekend passato a lottare coi fantasmi dell’anno prima (vince Coulthard su Hakkinen) mentre a Barcellona va pure peggio col quinto posto finale in una gara piena di imprevisti (vinta da Mika). Un paio di importanti “wake up calls” insomma

Nelle tre gare successive il Kaiser torna sulla cresta dell’onda: al Nurburgring vince grazie alla sua maestria sul bagnato in gara. A Monaco invece dopo la sensazionale pole è costretto al ritiro per la rottura di uno scarico (incredibilmente limato ai box la mattina stessa del GP per guadagnare qualche grammo di peso, roba da matti) mentre a Montreal è doppietta Rossa. Ma la cosa più interessante è che Mika al netto della vittoria in Spagna è ancora con le polveri bagnate e Coulthard di fatto gli sottrae punti preziosi per il Campionato

Si giunge così alla fase buia del Mondiale 2000 concentrata in cinque gare nelle quali il Kaiser collezionerà tre ritiri consecutivi seguiti da due secondi posti. Cosa che lo relegherà al secondo posto nella Classifica del WDC dietro al redivivo Mika che, nelle stesse cinque gare, collezionerà invece tre vittorie e due secondi posti. In Francia il Kaiser si ritira per un guasto meccanico dopo aver dovuto cedere la testa del GP a Coulthard nella seconda metà della gara. In Austria il ritiro avviene immediatamente dopo il via per un incidente innescato dal tamponamento di Zonta nei suoi confronti. In Germania è Fisichella a metterlo fuori gara al via invece (nota ilare: Fisico scende dall’auto e si scusa col Kaiser, tempo di tornare ai box e Briatore lo riempie di tante di quelle bestemmie per averlo fatto che alla prima intervista Fisico sostiene di non aver causato l’incidente. Fantastico) ma Barrichello ci mette una pezza vincendo la sua prima gara in F1 resistendo con gomme da asciutto su pista bagnata per 3/4. In Ungheria il Kaiser fa secondo dietro a Mika contenendo a stento gli attacchi di Coulthard mentre a Spa conduce tutta la gara pagando nel finale l’assetto da bagnato su pista ormai asciutta che gli costerà la famosissima sverniciata da parte di Mika con Zonta in mezzo a farsi doppiare. Il Kaiser è indietro di 6 punti nel WDC, la Ferrari di 8 nel WCC

Si arriva così alle ultime quattro gare della Stagione partendo da una situazione di svantaggio in entrambi i Campionati. La tensione è alle stelle perchè lo scenario di un’altra sconfitta per il quarto anno di seguito è tutt’altro che improbabile. Le cose sembrano iniziare per il verso giusto nel weekend Monzese con le due Rosse che monopolizzano la prima fila ma, tempo di arrivare alla Roggia, ed un incidente innescato dalle seconde linee causa la morte del Commissario CEA Paolo Gislimberti (a tal proposito, quando gli intitoleranno la Roggia sarà sempre troppo tardi). Quel che segue sono una dozzina di giri sotto Safety Car che poi a gara ripartita si tradurrà nel ritorno alla vittoria del Kaiser che raggiunge così Senna a 41 GP vinti e riduce a soli 2 punti lo svantaggio da Mika nel WDC

Il vero game changer però sarà il GP successivo ad Indianapolis, gara che peraltro suggella il ritorno della F1 negli USA dopo 9 anni dal GP corsosi a Phoenix ad inizio 1991. Il Kaiser la piazza in pole ed in gara deve sbarazzarsi di Coulthard partito in anticipo e regolarmente in pista in attesa della penalità. Ma la vera minaccia è Mika che nel finale rimonta furiosamente salvo poi arrendersi al cedimento del propulsore della sua Mecca. Per il Kaiser è un doppio trionfo visto che ora torna a guidare il WDC con ben 8 punti di vantaggio su Mika. Cosa che significherà avere il primo match point a disposizione in Giappone a Suzuka nel GP successivo

A Suzuka si assiste ad un (annunciato?) successo corale del Team Ferrari. Il Kaiser la mette nuovamente in pole ma Mika è più lesto al via ed è quindi costretto ad inseguire. In occasione del primo pit Ross Brawn decide di concerto col Kaiser di caricare più carburante in modo da dover affrontare una sosta più breve in occasione del secondo. Cosa che puntualmente avviene e, complice il ritmo forsennato tenuto dal Kaiser, gli vale il sorpasso con Mika costretto ad inseguire nel finale di gara. Inutilmente però, la Ferrari riscrive la Storia tornando al successo nel Mondiale Piloti 21 anni dopo Monza 1979. Come scritto nell’incipit solo chi ha vissuto 20 anni di sconfitte da Ferrarista sa cosa ha provato alle 16:03 (ora giapponese) della mattina dell’otto Ottobre 2000.

IL CIELO E’ ROSSO SOPRA SUZUKA

Col Mondiale Piloti già assegnato il Circus fa tappa a Sepang per la gara finale della Stagione. Il Kaiser mette a segno pole e vittoria per la quarta volta di fila e la Ferrari, grazie anche al terzo posto finale di Barrichello, centra il secondo titolo Costruttori consecutivo dopo quello del 1999 arrivato a seguito di un digiuno di 16 anni. E’ festa sul podio con i due Piloti raggiunti da Ross Brawn

Considerazioni conclusive: questo Mondiale fu davvero il Mondiale vinto da tutta la Squadra. Mi piace pensare a due mosse fondamentali di Jean Todt in merito. Una nel 1996 quando dopo il GP di Budapest con l’ennesimo doppio ritiro (per rottura del cambio scatolato voluto da Barnard)  presentò a Montezemolo le dimissioni. Il Presidente le respinse, la squadra fece quadrato e negli ultimi 4 GP di quell’anno il Kaiser con 2 vittorie 1 terzo ed 1 secondo posto quasi fece da solo la somma dei punti delle due AstroWilliams assieme. Quanto sopra dovrebbe essere sull’enciclopedia alla voce “Team building”, peccato che qualcun altro dopo Abu Dhabi 2010 non abbia avuto le palle di fare altrettanto. La seconda fu la messa al bando del Berillio chiesta ed ottenuta a fine 1999 che di fatto prese il V10 Ilmor e lo trasformò dall’unità più potente, affidabile e meno assetata ad un’unità congenitamente fragile. E’ qualche settimana che Radio Box ripete che Jean Todt sta per tornare a Maranello dopo 12 anni di Presidenza FIA. E’ qualche settimana che chi scrive è convinto che il cerchio si chiuderà. In tutti i sensi

Buon Natale a tutti dal Blog del Ring!

BASTIAN CONTRARIO: TEQUILA E MARIACHI

In Messico si dice “fiesta” quando bisogna fare baldoria e non c’è fiesta senza tequila e mariachi… altrimenti che baldoria è? Il GP messicano è stato un’autentica bolgia, sia sugli spalti, che ormai sono nuovamente gremiti (almeno nelle Americhe), che in pista. Lo strapotere Mercedes sembra, finalmente, volgere al capolinea. Nel contempo, questo coincide con la gioia di tutti noi appassionati che finalmente riusciamo ad assistere a dei GP quanto meno godibili e, di sicuro, non scontati come prima. Resterà sempre il rammarico di questa epopea anglo – tedesca, dove hanno vinto tutto, perché forti certamente e, di sicuro, perché soli. La scelta di spezzare questa monotonia, fosse stata presa prima, ci avrebbe risparmiati ore e ore di noia assoluta e, soprattutto, avremmo avuto la possibilità di apprezzare meglio le doti di Hamilton e non solo le sue.
Hamilton appunto, per il quale di certo non c’è stata né tequila e né mariachi alla fine di questo fiesta messicana. Il campione inglese sta soffrendo dannatamente la presenza dell’olandese, che non arretra di un millimetro e, soprattutto, spiace dirlo, il fatto che da troppo tempo è rimasto lontano da una lotta serrata così come quella che sta affrontando ora. Se Lewis non avesse goduto di tutto questo dominio tecnico che ha sempre avuto a disposizione (che unito al suo talento è stata una vera arma letale), sicuramente non avrebbe vinto così, né tanto meno sarebbe stato accusato di essere stato quasi sempre solo. Questo è il secondo mondiale che si sta giocando fino alla fine e, come ho già ricordato su queste righe, la prima volta non gli è andata tanto bene. Il fatto è che, nel 2016, il titolo comunque rimaneva in famiglia, come si suol dire, mentre ora le cose sono ben diverse. Questa volta si tratta d affrontare avversari estranei alla squadra e nel contempo la ”famiglia” è tutta per lui.
Peccato che nel momento della difficoltà si vede l’uomo ed il campione inglese, in questo suo affannato errare, non ha portato alla famiglia il giusto rispetto. Non credo passeranno inosservate le sue critiche al compagno (reo di non aver chiuso l’olandese in partenza) e la sua squadra (colpevole di non sviluppare la monoposto dal GP inglese). Eppure la combinazione Bottas/AMG ha permesso ad Hamilton di vincere quattro titoli di fila in assoluta tranquillità. Per caso si è dimenticato il soprannome affibbiato al compagno del campione inglese, quando frenava Vettel in quel disgraziato 2018? Veramente Mercedes è così criticabile, dopo che ha fatto valere tutto il suo peso politico in fase regolamentare e dal punto di vista tecnico? Nel 2017 e 2018 se AMG non si fosse data da fare, sfruttando le sue “doti” politiche e tecniche, credo che Hamilton avrebbe avuto molta più difficoltà nel contrastare la Ferrari del duo Arrivabene Vettel (con Binotto dietro le quinte che faceva il vero lavoro… e questa è un’altra storia!). Sebbene ci siano stati errori lungo il percorso, è anche vero che il campione inglese dovrebbe fare muro, quadrato, come si usa dire, e quindi difendere chi lo ha messo in condizione di diventare quello che è attualmente. In questo momento della sua carriera, la debolezza di Lewis è quella di affidarsi troppo all’aiuto esterno della squadra e soprattutto del compagno. Bottas ormai è cotto: sia chiaro, non sto dicendo che è bollito e non serve più a nulla, sto solamente affermando che il finnico ormai è stanco di prestare servizio come cavalier servente, è stanco di vivere all’ombra di una figura ingombrante come quella del pluricampione del mondo inglese. Bottas in partenza non ha fatto nulla, nel senso che non ha stretto l’olandese e di sicuro non ha stretto nemmeno il proprio compagno, semplicemente ha tirato dritto. Piuttosto cosa ci faceva Il finlandese della Mercedes in pole position? Come mai non c’era il legittimo pretendente al titolo? Questa è la domanda… è questo il quesito su cui concentrarsi. Hamilton ha cannato al sabato ed in seguito ha commesso l’errore più grande alla domenica che è stato quello di fare affidamento sul suo compagno.
A differenza dell’olandese il quale, vuoi per fame vuoi per disperazione, si è reso conto che se avesse voluto vincere questo mondiale e strapparlo dalle grinfie dell’acerrimo avversario, si sarebbe dovuto rimboccare le maniche e fare tutto da solo. Perché una cosa è certa, se avesse voluto aspettare l’aiuto di Perez stava fresco! Per inciso, il messicano nonostante il premio da bimbo minchia che la FIA, in concerto con Liberty Media, ci vuole far ingoiare a forza e tutto il tifo di cui ha goduto, comunque non è stato utile alla causa del compagno in quanto non è mai stato un reale problema per Hamilton. Max domenica scorsa ha dimostrato di essere pronto, ha fatto vedere che i tanti anni (Verstappen è in F1 dal 2015… non esattamente ieri) spesi a commettere errori e ad imparare da essi, hanno portato i suoi frutti; non ultimo hanno contribuito ad affinare il suo dannato talento. Incredibile con quanta lucidità, nonostante il suo già consistente vantaggio, abbia rallentato di proposito (circa tre secondi) per impedire a Bottas di agguantare il giro più veloce. Agli occhi di un purista, l’olandese potrebbe apparire come un anti sportivo, eppure non si dimentichi il comportamento di Hamilton nel 2016 ad Abu Dhabi, dove rallentò vistosamente nel finale per far raggiungere Rosberg da tutti gli altri piloti e costringerlo a sbagliare. Questa è una guerra dove nulla è lasciato al caso e nulla viene lasciato per strada all’avversario, perché ogni punto potrà essere determinate. Fatto sta che ora Verstappen ha diciannove punti di vantaggio su Hamilton e con quattro GP all’alba, ora si fa dura per il suo avversario inglese: considerando la costanza dei due contendenti nell’agguantare la prima e la seconda posizione, lasciando le briciole agli altri e, considerando che tra il primo ed il secondo posto ballano sette punti di differenza, Hamilton è costretto a vincere tre GP di seguito per affrontare la penultima gara con solo due punti di vantaggio. Fossi in Lewis inizierei a preoccuparmi: tutto è ancora possibile, tutto può ancora succedere, eppure ora si inizia a parlare di probabilità, le quali pendono tutte dalla parte del giovane della Red Bull. Considerando come quest’ultimo si sta comportando, insieme alla sua squadra che non sbaglia quasi nulla, è altamente improbabile che Hamilton riesca in questa impresa.
Improbabile e di sicuro non impossibile. Di certo Lewis per i prossimi appuntamenti ha bisogno di un gran colpo di fortuna o un mezzo miracolo e questo vuol dire che deve riprovare a replicare ciò che ha fatto in Inghilterra o deve sperare che il motore Honda schianti all’improvviso oppure che l’olandese commetta una boiata delle sue di antica memoria. Fino a prova contraria chi deve spingere e deve rischiare è proprio il campione di Stevenage e, come ho già detto, ora è tutta una questione di probabilità. Una cosa è certa alla luce di quanto stiamo vedendo in questo lungo ed appassionato mondiale e cioè che se Verstappen dovesse vincere si dirà che ha battuto il più grande di sempre di questo periodo storico. Se invece dovesse essere Hamilton a recuperare lo svantaggio che ora lo affligge, di certo laverebbe l’onta delle sue tante vittorie conquistate in solitaria.
Nel frattempo che aspettiamo che la “torcida” brasiliana scaldi i nostri cuori, ci godiamo l’attimo e Verstappen fa altrettanto perché questo è il suo momento, solo che, conoscendolo, di certo non si distrarrà troppo perché il suo obiettivo non è il singolo GP bensì il mondiale… altrimenti niente tequila, niente mariachi, niente fiesta.

Vito Quaranta

BASTIAN CONTRARIO: L’USURA DELLA PAZIENZA

Il GP della Turchia, conclusosi domenica scorsa, ha riproposto nuovamente l’argomento che ormai, su questa rubrica, sta diventando stantìo per quanto viene ripetuto, che è quello dell’ipocrisia di tutto il circo (sempre con rispetto parlando dei circensi) della F1. Il sottoscritto, all’indomani dell’evento (una settimana prima per l’esattezza), invocava una fatwa sul tutto il mondo della F1, auspicando pioggia ad ogni GP, al fine di far collassare il sistema stesso e di farlo annegare nella sua stessa ipocrisia. Purtroppo, non riesco ad essere benevolo, a maggior ragione dopo lo spettacolo al quale abbiamo dovuto assistere, in cui alcuni piloti (dopo Sochi, questo è stato il secondo GP di seguito bagnato) per l’ennesima volta non volevano ascoltare il proprio box: solo che, in questo caso, i box non chiedono ai piloti di fermarsi per montare gomme da bagnato: no! In questo caso “li supplicano” per montare un altro treno di gomme intermedie… preghiera che poi viene esaudita da tutti e con riluttanza da pochi, tranne che da Ocon il quale si è sparato tutta la gara con lo stesso set di intermedie.

Hamilton, dopo aver saputo dell’impresa del francese, per poco non gli prendeva un coccolone visto e considerato che anche lui non avrebbe voluto fermarsi. Quindi il suo muretto, domenica in Russia gli ha “regalato” la vittoria con la chiamata tempestiva ai box, questa volta gli ha negato un risultato molto importante in termini di punti per la corsa all’iride. Il nodo gordiano, comunque, non è il disappunto del campione inglese, quanto proprio l’ipocrisia alla quale dobbiamo assistere. La F1 si spende tanto e vende con convinzione il “prodotto sicurezza” in pista e poi mostra al mondo tutta la sua vulnerabilità regolamentare. Tra Abu Dhabi 2020 (con Grosjean) e Monza 2021 (incidente tra Verstappen ed Hamilton), la F1 ha avuto un enorme ritorno mediatico a favore del dispositivo di protezione frontale denominato Halo. Chili di lodi sono state tessute in suo favore, mostrando a ripetizione come “l’infradito” abbia salvato Romain dall’impatto contro il guardrail o come lo stesso abbia salvato il malcapitato Hamilton dalla ruotata sulla testa da parte di Verstappen.

Eppure, le stesse immagini in HD ci hanno mostrato, in maniera inequivocabile, le gomme dell’alfiere francese della Alpine che erano arrivate praticamente sulle tele. Un preoccupatissimo Mario Isola, che veniva intervistato in diretta durante il GP, denunciava apertamente (il linguaggio del suo corpo era eclatante) il comportamento pericoloso delle squadre che stavano spingendo i loro piloti con il “prodotto” Pirelli ormai al limite. L’usura dello pneumatico era evidente, eppure nessuno accennava a fermarsi. Quindi, ricapitolando la F1 impone il cambio gomme in caso di gara asciutta e accetta il fatto che le gomme da bagnato, grazie all’usura, possano diventare delle slick!

Ad essere sinceri, non so se anche per voi miei cari ed affezionati (pochi) lettori, oltre ad essersi usurate le gomme, si è usurata anche la pazienza. Spiace ripetermi, eppure la F1 merita queste magre figure che, guarda caso, vengono a galle proprio quando piove: non è possibile cambiare gli assetti tra qualifica e gara (nonostante al sabato ci sia stato sole e alla domenica abbia piovuto o viceversa), bisogna andare al massimo anche su ettolitri d’acqua sparsi in pista, altrimenti la macchina non genera carico necessario… è possibile arrivare al traguardo con un unico set di gomme da bagnato senza mai cambiarlo! Dov’è la ricerca spasmodica della sicurezza in tutto questo? Il sottoscritto non vede nulla di tutto ciò, se non proprio il contrario di quanto richiesto. Il sistema tenderà sempre ad auto proteggersi, eppure fino a quando potrà andare avanti in questo modo, nascondendo i problemi come polvere sotto al tappeto? Singolare come l’attuale campione del mondo si sia incazzato, appena è venuto a sapere di Ocon: proprio lui che si è speso in preghiere social di ogni tipo, ringraziando Halo e chi lo ha voluto… proprio lui voleva continuare a rischio della tanto millantata sicurezza! L’usura, si sa, è relativa; specie se ti stai giocando un mondiale. Peccato che la pazienza si sia ormai consumata oltre le tele… passatemi l’assioma di stampo gommista.

Il set di gomme usurato di Ocon, almeno agli occhi del sottoscritto, ha fatto passare in secondo piano tutto il resto, sebbene il comportamento della rossa ed il risultato finale del podio meritano, comunque, una considerazione a parte.

Hamilton, a differenza del suo acerrimo avversario, non riesce a pescare il jolly dopo la sostituzione di una parte della sua pu. Ciò che più dovrebbe dar da pensare è proprio il fatto che Verstappen ha una unità completamente nuova e, partendo dal fondo della griglia, è arrivato a podio (secondo) in Russia. Hamilton retrocede di sole dieci posizioni e, nonostante questo ed il mezzo che si ritrova, arriva solo quinto. Scommetto che anche il campione del mondo a fine gara aveva la pazienza usurata: non deve essere rinfrancante vedere quel ragazzino dannatamente costante e sempre col fiato sul collo. Verstappen, se non vince, è praticamente sempre secondo, non mollando mai di un millimetro. Mi rendo conto che non è impresa impossibile, considerando che a parte i loro stessi compagni, i due contendenti al titolo non hanno praticamente nessuna concorrenza. Anche se si sa, con la pioggia tutti possono diventare eroi per un giorno, così piloti come Yuki “san” Tsunoda e, soprattutto Sergio Perez, tirano fuori “la scienza”, come si suole dire, e tengono dietro di loro il campione del mondo, il tempo necessario per far guadagnare un certo margine di sicurezza all’olandese volante, per arrivare a podio (Bottas questa volta ha fatto bene i compiti). Vedremo negli Stati Uniti, dove entrambi i contendenti partiranno alla pari, cosa combineranno.

Chi di certo non conosce usura al tempo è il tifoso ferrarista, che fermo come una roccia sta lì ad aspettare l’agognata prima vittoria dell’anno della rossa. Nel week end turco, la Ferrari ha dato spettacolo in qualifica, con quello splendido gioco di squadra tra i due alfieri rossi, prima, e la rimonta di Carlos e il passo gara mostrato da Charles in gara, dopo. La Ferrari è decisamente sulla strada giusta e prova ne è che anche lo spagnolo con pu nuova ha dato conferma della bontà del lavoro che si sta svolgendo a Maranello e , comunque, è in chiave 2022. Perché è bene ricordarlo: tutto il lavoro svolto sino ad ora è comunque rivolto principalmente all’anno che verrà. La Ferrari di Binotto, con le sue scelte a partire dai piloti innanzitutto, sta avendo ragione e, ad essere sinceri, il futuro lascia ben sperare. Ovvio che queste considerazioni (del tutto personali), si basano su quello che la rossa sta mostrando gara dopo gara: una cosa è certa e cioè che in Gestione sportiva e nella squadra c’è serenità ed armonia. Il gioco di scie tra Carlos e Charles, per permettere al monegasco di trarre un vantaggio, è stata una vera goduria per gli occhi, perché una intesa del genere non si vedeva da tempo a Maranello ed in pista. Ci preoccuperemo dei litigi tra i due piloti rossi quando “avremo” la monoposto competitiva, nel mentre dobbiamo resistere all’usura del tempo, attendendo giorni migliori e sperando che ciò sia sufficiente a non usurare la pazienza di noi ferraristi.

Vito Quaranta

BASTIAN CONTRARIO: IL CABRON E LO SFIGATO

Il GP di Russia, svoltosi nel villaggio olimpico di Sochi, ci ha regalato uno spettacolo godibile ed emozionante, che nell’era turbo ibrida è veramente merce rara e preziosa. Neanche a farlo apposta, la pioggia è stata nuovamente la protagonista di quanto accorso in pista; pioggia che fa emergere tutte le mancanze regolamentari di questa F1 e nel contempo fa annegare tutte le certezze di questo o di quell’altro pilota. Ne sa qualcosa Lando Norris, il quale avrà modo e tempo, fino in Turchia (prossimo tappa), di capire il significato di convinzione e di ascoltare chi ne sa più di lui. Di spunti di cui parlare il GP di domenica scorsa ne ha forniti tanti, eppure al sottoscritto ha dato il “coraggio” di parlare nuovamente della Ferrari di Binotto.

Parlo di coraggio, in quanto avendo la rossa (soprattutto questa Ferrari, visto anche il periodo storico che la F1 e le beneamata Scuderia stanno attraversando) nel cuore, per il sottoscritto analizzare la sua condizione in maniera distaccata ed obiettiva risulta sempre un difficile esercizio. Sochi, come detto poc’anzi, mi dà l’occasione per poter esprimere ciò che penso riguardo a quanto visto sino ad ora. Il podio di Sainz, ottenuto in quelle difficili condizioni, va a confermare ancora di più (caso mai ce ne fosse bisogno) che la scelta operata da Binotto è stata quella giusta. L’attuale Ferrari è un cantiere a cielo aperto e completamente dedicata al progetto dell’anno prossimo. L’aggiunta dello spagnolo al posto di Vettel fa parte di uno dei tanti tasselli per poter raggiungere l’agognato obiettivo che è quello di vincere. Leggo troppo spesso le parole “questo risultato non è degno di Ferrari” (per non parlare delle critiche e insulti gratuiti ai danni del team principal), eppure non credo che a McLaren o a Williams, considerando il loro glorioso passato, gli si addica “la fine” in cui versano.

Qualunque ciclo vincente si basa solo ed unicamente su una legge immutabile nel tempo: rafforzare l’organico da un lato e mantenere stabilità dello stesso dall’altro. Chiedere continuamente la testa di questo o di quell’altro team principal, solo perché inanella risultati negativi non porta assolutamente a nulla. Nello specifico, per quei pochi che mi leggono, sanno benissimo che mi riferisco a Binotto ed alle continue e gratuite critiche nei suoi riguardi. Il Team principal della Beneamata è oggetto di scherno e critiche continue solo per un motivo: aver allontanato Vettel. Al buon Binotto, personalmente parlando, gli muovo solo la critica delle modalità dell’allontanamento, per il resto gli si può dire ben poco. Fino ad ora su cosa non ha avuto ragione? Ha avuto ragione nel voler affiancare a tutti i costi al tedesco un giovanissimo Le Clerc, blindandolo per cinque anni. Ha avuto ragione nell’allontanare il tedesco dalla rossa, il quale, oltre a costare come un pil di un piccolo stato sudamericano, non solo non contribuiva alla causa, addirittura si era completamente perso in se stesso. Binotto ha avuto ragione di Sainz, il quale tutto vuole essere, fuorché il Bottas di turno. Cosi come sta avendo ragione dal punto di vista progettuale: i puristi, in questo momento, vorrebbero chiamare il 118 per farmi internare, eppure con l’attuale monoposto (si ricordi com’era quella dell’anno scorso) abbiamo già rischiato di vincere a Monaco e domenica scorsa per poco  non ci riusciva il colpaccio. Binotto a fine gara era contento, al di là del podio della “sua scelta”: sapeva bene che l’aggiornamento (base per l’anno prossimo) montato sulla monoposto del monegasco ha funzionato bene. Questo è segno che il lavoro, che si sta svolgendo nel reparto corse, è nella giusta direzione. Non si dimentichi che Ferrari, a differenza degli altri team inglesi, è completamente isolata e praticamente sta ottenendo i suoi risultati con le sole forze interne, perché lo si voglia o meno accettare, allo stato attuale a Maranello non ci vuole venire nessuno!

Per quale motivo un tecnico di valore si dovrebbe venire ad introiare (il direttore del Blog è il mio maestro lessicale) in un luogo dove ci sono solo beghe interne e si cambia sempre gestione? Chiedo sempre a quei pochi che mi leggono, sebbene la risposta la vorrei principalmente dagli oltranzisti, chi dovrebbe venire al posto di Binotto caso mai il 2022 andasse male? Che cosa succederebbe, dunque, una volta che l’attuale team principal venisse allontanato? Si ricomincerebbe tutto daccapo, ecco quello che suderebbe, perdendo ulteriore tempo prezioso! Al sottoscritto non è mai piaciuto fare paragoni tra campioni, solo che Binotto non è un pilota, allora mi risulta molto più facile poter paragonare la sua condizione a quella di Todt, il quale fino a quando non arrivò sua maestà Schumacher (con tre quarti di Benetton dietro), il francese ingollava altro che asperrime pugne… erano solo (a buon intenditor poche parole!) volatili amari per diabetici. L’anno che verrà non solo non è ancora iniziato, addirittura nulla è ancora deciso, nel frattempo è il qui ed ora su cui ci si deve concentrare, perché è nel qui ed ora che si pongono le basi per il domani. Il presente dice che la Beneamata ha messo sù la coppia di piloti che meglio funziona nell’attuale mondiale, con un Sainz che inizia a prendere le misure al compagno e quest’ultimo inizia a capire che Ferrari è solo sacrificio. Lo spagnolo è stato preso proprio per pungolare continuamente il monegasco: a riguardo non ho dubbi su chi sia più forte tra i due, così come sono sicuro che, se Ferrari avrà una macchina da mondiale, la migliore coppia del mondiale verrà messa a dura prova in amicizia (esiste l’amicizia in F1?) e competizione agonistica, che è proprio quello che Binotto vuole e che di certo proprio la stessa Mercedes ha dimostrato, affiancando ad Hamilton un pilota comunque costante (il Bottas di adesso non conta) nell’apportare punti alla squadra. Red Bull, in questo frangente, con Perez è esattamente l’opposto ed i fatti lo stanno dimostrando. A tal proposito, vi starete chiedendo il perché del titolo: sarebbe stato troppo scontato definire Sainz e Le Clerc rispettivamente il cabron e lo sfigato del GP russo. I piloti Ferrari non centrano nulla nell’intestazione di questa mia rubrica.

Quanto successo domenica scorsa, per la lotta al titolo, non poteva passare in secondo piano, nemmeno se ho dedicato il “Bastian contrario” alla mia Ferrari. Nel GP di Russia, Verstappen “ha trovato l’America”, come si suol dire. Infatti l’olandese, facendo il tagliando completo alla sua monoposto, sapeva già che avrebbe dovuto limitare i danni effettuando una super rimonta delle sue, al fine di perdere meno punti possibili nei riguardi del suo diretto avversario. Alla fine della giostra, Hamilton festeggia i suoi cento GP vinti e, nonostante tutto, ride amaro e a denti stretti perché avrebbe voluto vedere sul podio accanto a lui tutti tranne che proprio Verstappen. Il secondo posto ottenuto dall’olandese vale quanto una vittoria, in quanto il suo tributo al dio dell’affidabilità lo ha già pagato, ottenendo il massimo risultato possibile. Hamilton difficilmente (diciamo pure che è impossibile), potrà arrivare a fine mondiale con l’attuale power unit e presto o tardi (già in Turchia?); sarà costretto anche lui a pagare pegno partendo dall’ultima casella. La domanda è: Hamilton riuscirà ad ottenere lo stesso risultato del suo rivale? Il dramma (che dà sale a questo mondiale) è che attualmente chi tra i due sente maggiormente la pressione è proprio l’inglese (l’errore in ingresso box durante le qualifiche non da Hamilton) e chi rischia di più è proprio lui. Ricordate tutti quello che dico da sempre e cioè; che in questo mondiale gli errori conteranno di più delle vittorie ottenute.

Allora…la domanda resta: chi è stato il cabron e chi lo sfigato del GP di Russia?

Vito Quaranta

RICCIARDO E LA MCLAREN RISORGONO A MONZA. VERSTAPPEN E HAMILTON SI SCONTRANO.

Finalmente Monza. Col pubblico (poco). E con il programma espanso grazie alla Sprint Race del sabato, con la qualifica il venerdì, a rendere le tre giornate più vive.

E il week-end parte all’insegna di Bottas, autore della “pole” e vincitore in scioltezza della Sprint. Mentre per il suo compagno la garetta si rivela ancora una volta insidiosa e, con una partenza orribile, vanifica una potenziale pole (visto che Valtteri dovrà partire in fondo causa cambio della power unit), passando da secondo a quinto, dietro Verstappen e le due McLaren che sui lunghi rettilinei brianzoli volano. E a Lewis non resta che pronosticare una facile vittoria per il rivale.

Si spengono i semafori e Ricciardo parte a fionda superando Verstappen, il quale non prova nemmeno a contrastarlo. Ottima partenza anche per Hamilton, nonostante le gomme più dure montate con suo disappunto. L’inglese supera Norris e alla Roggia arriva affiancato a Max, che non gli lascia spazio e lo costringe al taglio di chicane, facendogli perdere la posizione anche su Norris. Dietro di loro, Giovinazzi, autore di un’ottima partenza, arriva lungo e rientrando in pista viene tamponato da Sainz, cui aveva soffiato la posizione all’avvio, finendo contro le barriere. 

Breve periodo di Virtual Safety Car, e, alla ripartenza, Verstappen entra subito in zona DRS con Ricciardo, ma, come già detto, la McLaren vola e Max non riesce a tentare l’attacco. Stessa cosa per Hamilton, che non riesce in alcun modo ad avvicinarsi a Norris.

Al decimo giro, dietro i primi 4 a debita distanza ci sono Leclerc, Perez e Sainz.

Al dodicesimo giro Hamilton riesce finalmente ad arrivare a tiro di Norris e a tentare un attacco, rintuzzato dal connazionale senza troppa difficoltà. Approfittando del duello fra i due inglesi, Leclerc sembra potersi avvicinare, ma è solo un’illusione.

Al giro 21 i tempi iniziano ad alzarsi e i distacchi fra i primi 4 anche. Verstappen va lungo alla prima chicane e perde mezzo secondo, lasciando respirare un po’ l’ex compagno di squadra. E al giro 23 Ricciardo decide di fermarsi ai box ed esce subito dietro Sainz. La Red Bull copre la mossa e fa fermare anche Verstappen, che incappa in un pit-stop lunghissimo e perde 9 secondi. Contemporaneamente, Hamilton supera Norris e la situazione si ribalta completamente.

Ora in testa alla corsa c’è Lewis che, ricordiamolo, ha montato le gomme più dure, e inizia a segnare tempi ottimi, ma la squadra lo fa fermare subito.

Anche per Lewis il pit-stop è molto lento, e così all’uscita si ritrova esattamente di fianco a Verstappen. Entrano assieme alla prima variante, nessuno dei due alza il piede e lo scontro è inevitabile, con la gomma posteriore destra di Max che distrugge l’airbox della vettura di Hamilton e sfiora pericolosamente la sua testa. Se non ci fosse stato l’halo, l’esito avrebbe potuto essere poco piacevole.

L’immagine delle due macchine nella ghiaia, una sopra l’altra, entrerà nella storia. Intervento inevitabile della Safety Car, e la gara riparte con Ricciardo davanti a Leclerc e Norris. Seguono Perez, Sainz e Bottas.

Norris supera Leclerc con una bellissima manovra alla Curva Grande, e si porta dietro al proprio compagno di squadra. Le Ferrari in rettilineo non vanno, e Bottas supera Sainz. Subito dopo anche Perez supera Leclerc, ma lo fa tagliando la chicane senza restituire la posizione, il che gli costerà 5 secondi di penalità. Poi è il turno di Bottas passare davanti al monegasco, che si riprende brevemente la posizione per poi capitolare definitivamente. Nel frattempo le McLaren cercano di prendere il largo. A questo punto i loro avversari per la vittoria sono i compagni di squadra dei due che si sono scontrati poco prima.

Norris chiede al suo box di avvisare il compagno di aumentare il ritmo. 17 giri separano la McLaren dalla vittoria, ma Bottas sembra essere incredibilmente veloce e Ricciardo viene avvisato di questo.

A 10 giri dalla fine i primi sono in fila distanziati fra loro e incapaci di tentare un attacco a chi li precede. Norris chiede un’altra volta cosa deve fare e il team lo consiglia di starsene buono in seconda posizione.

Bottas riesce ad attaccare Perez alla Curva Grande ma il messicano si riprende la posizione alla Roggia. Poi Mazepin parcheggia la macchina alla Ascari, e la direzione gara decide saggiamente di non far uscire la Safety Car ma di usare la Virtual. 

Ricciardo sfrutta tutte le situazioni con grande esperienza, e si mette Norris a due secondi, con Perez e Bottas ad un altro secondo e mezzo. Mancano 7 giri alla fine, e la doppietta McLaren è sempre più vicina.

E, infatti, non succede più nulla, e Ricciardo raddrizza con una splendida e meritatissima vittoria una stagione che fino a qui era riduttivo definire disastrosa. E con il suo compagno di squadra Norris dietro di lui, la McLaren coglie non solo la prima vittoria dopo 9 anni, ma anche la prima doppietta dopo 11. Al terzo posto in pista arriva Perez, ma la penalità lo retrocede al quinto. Sul podio ci va quindi Bottas, rimontato dalle ultime posizioni, seguito da Leclerc, Perez e Sainz, Poi Stroll, Alonso, Russell e Ocon. 

Poca gloria per le AlphaTauri, fuori gioco fin dalla partenza, per Vettel, che sembra vicino al ritiro, e per le Alfa Romeo, con Kubica che, in fin dei conti, è arrivato a pochi secondi da Giovinazzi, il quale, dopo la prestazione odierna, vede probabilmente diventare una chimera la riconferma del posto.

Ho parlato di vittoria meritatissima per Ricciardo. Se è vero che i due favoriti si sono scontrati, è anche vero che fino al momento del fattaccio la gara l’aveva dominata lui. Niente a che vedere con la vittoria di Gasly lo scorso anno, o di Ocon in Ungheria quest’anno. Semplicemente, Ricciardo e la McLaren sono state fortissime a Monza. Come dimostra il giro più veloce segnato all’ultima tornata, segno che Daniel non aveva nemmeno espresso tutto il suo potenziale, come ha poi confermato a fine gara.

Quanto allo scontro fra titani, è difficile trovare una responsabilità precisa. Nessuno dei due molla, e, come ha riconosciuto Verstappen alla fine, per fare la curva bisogna collaborare, e oggi questo non è successo. Bene per la Formula 1, che deve continuare a scrivere pagine che restino nella storia, senza dovere continuamente tirare fuori dagli archivi quelle degli anni settanta, ottanta e novanta.

Ora si va a Sochi, con una Red Bull chiaramente più in forma della Mercedes. E con la prospettiva di tanti altri duelli all’arma bianca fra i due contendenti, sperando che eventuali repliche avvengano sempre a cinquanta all’ora, come oggi, possibilmente senza che le macchine finiscano una sopra l’altra.