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LA STORIA DEL DRAKE PARTE 8- ANNI DURI: DAL 1957 AL 1961

Dino Ferrari è appena deceduto, il cuore di Enzo è spezzato e il Drake medita l’addio alle corse ma, fortunatamente, questo non avverrà mai.

Siamo nel 1957, anno che rappresenterà l’ennesimo travaglio per Ferrari. Oltre i tormenti del Drake, ci sarà l’addio alle corse di Pietro Taruffi, chiamato da tutti “la volpe argentata”, nomea dovuta ai suoi capelli bianchi.

Pietro fu pilota Ferrari durante i mondiali di Formula 1 del 1951, 1952, 1954 e 1955, e raggiunse il terzo posto nel mondiale, suo migliore piazzamento di sempre, nel 1952.

“Altra volpe argentata – come lo chiamava la folla per i capelli grigi degli ultimi anni e per il temperamento – era l’ingegner Pietro Taruffi, che debuttò proprio con un’Alfa della Scuderia Ferrari nel 1931 al circuito di Bolsena. Debuttò e vinse.”(Enzo Ferrari)

Sarà proprio Pietro Taruffi a vincere, per la Ferrari, l’ultima edizione della Mille Miglia del 1957.

Pietro ha già corso per tredici volte la Mille Miglia ma senza mai vincerla, ha 51 anni e prima della corsa fece una promessa alla moglie: quella sarebbe stata l’ultima corsa della sua vita se riuscirà a trionfare. Enzo è al corrente di questa promessa e decise di aiutare Pietro in questa impresa.

E’ il 12 maggio, giorno della competizione, Taruffi è in seconda posizione, arriva al rifornimento fisicamente distrutto, ad attenderlo c’è Ferrari che cerca di rincuorarlo e gli annuncia che Peter Collins, avanti a lui, ha problemi tecnici, mentre dietro di lui Wolfgang Von Trips di certo non proverà l’attacco poichè sarà avvertito da Ferrari di non farlo. Peter e Wolfgang erano suoi compagni di squadra.

Ferrari a quel punto abbandona e torna a Modena, Collins si ritira e Von Trips, da perfetto uomo di squadra, accompagnò Taruffi al traguardo che vincendo, mantenne la parola alla moglie.

Purtroppo questa grande gioia per la squadra di Maranello è macchiata da un doloroso incidente, accaduto proprio nelle battute finali.

Poco vicino Mantova, la ruota della Ferrari 335 S di Alfonso De Portago scoppia, la vettura va fuori strada e nell’incidente moriranno sia il pilota che il suo copilota. Purtroppo non solo i piloti saranno vittime dell’incidente ma anche nove spettatori, quattro dei quali erano solo dei bambini. Un vera tragedia. Gli organizzatori decideranno di cancellare la corsa al fine di non ripetere più questi infausti avvenimenti.

Ovviamente dalla tragedia di Guidizzolo, comune del mantovano dove avvenne l’incidente, derivarono polemiche davvero molto aspre e dure nei confronti di Enzo Ferrari che verrà additato come responsabile dell’accaduto.

Enzo sarà, successivamente, chiamato dalla magistratura che lo processerà per omicidio colposo: secondo l’accusa la colpa era quella di aver dotato la vettura incriminata di pneumatici non adatti alle prestazioni della stessa.

Dopo quattro anni, caratterizzati da aspre battaglie giudiziarie,  Ferrari viene assolto. A seguito di molte e scrupolose perizie trovarono che lo scoppio del pneumatico è da imputare ad uno degli “occhi di gatto” installati a bordo strada. Decisione fu che verranno vietati su tutto il territorio nazionale.

Il 1957 era iniziato sotto una cattiva stella per la Ferrari, anzi era cominciato con molta afflizione, visto il quinto posto ottenuto dal Cavallino Rampante nel Gran Premio di Argentina, il 13 gennaio, mentre per la Maserati sarà un dominio assoluto.

Lo squadrone rosso per quell’annata poteva disporre di pezzi da novanta del motosport mondiale. Piloti del calibro di Luigi Musso, Peter Collins, Wolfang Von Trips, Alfonso De Portago, Mike Hawthorn ed Eugenio Castellotti avevano abbracciato il progetto della casa modenese.

La Ferrari comunque non è una squadra che non lotta, anzi continua a combattere con tutte le sue forze per risollevare la china.

Subito dopo il Gran Premio di Argentina la Scuderia Ferrari si rifa nella 1000 km di Buenos Aires dove Musso, Castellotti e Gregory vincono con la 290 MM.

Di lì a poco , però, ci sarà l’ennesima tragedia per il Drake: la morte, durante un collaudo sul circuito di Modena, di Castellotti.

Ma chi era Eugenio Castellotti?

Eugenio Castellotti era definito dal Drake un giovane signore di campagna. Proveniente da Lodi, arrivò nel mondo delle competizioni pagando tutto di tasca propria.

“Non si può dire che sia stato un pilota di classe eccelsa e di stile perfetto, ma si deve dire che è stato un giovane dal cuore enormemente grande, un atleta di straordinaria generosità”(Enzo Ferrari)

Di Eugenio si ricorda molto probabilmente la prova superba della Mille Miglia del 1956, ottenuta sotto una pioggia torrenziale. E’ proprio in questa cornice plumbea che Eugenio da prova di tutto il suo coraggio.

Enzo lo ricorda anche come un grande improvvisatore.

Ricordo che nel Giro di Sicilia del 1957 Eugenio era in testa, a quattro quinti di gara, con oltre 7 minuti di vantaggio. Appiedato per un banale incidente a Fiumefreddo, nascose la vettura spingendola in una strada laterale, lasciò passare il suo inseguitore, Taruffi su Maserati, e riuscì a segnalare al compagno Collins la situazione creatasi. Così Collins recuperò il ritardo di 8 minuti e vinse con 53 secondi di distacco il suo Giro di Sicilia” (Enzo Ferrari)

Un ragazzo davvero generoso, che certamente avrebbe voluto la vittoria per sé ma che si prodigò tantissimo alla causa della squadra. Forse è anche per questo che Enzo lo amò tantissimo non tanto per il suo talento e per la sua velocità quanto per il suo forte spirito di gruppo. Ma ci lasciò davvero prematuramente.

Arriviamo al mese di marzo del 1957, precisamente al 14, quando Eugenio venne chiamato da Enzo per eseguire delle prove sulla pista di Modena. Castellotti doveva anche battere il record del circuito che apparteneva a Jean Behra. Ma una semplice prova si trasformò in un disastro. Mentre il pilota stava per affrontare una curva nelle vicinanze del rettilineo delle Tribunette, perse totalmente il controllo della vettura e si andò a schiantare a circa 200 km all’ora. Per Eugenio non ci fu niente da fare, morì sul colpo.

Furono configurate varie ipotesi riguardo l’incidente, tra le quali compaiono anche le condizioni psicofisiche del pilota. Si dice che Eugenio fosse molto stanco visto che poco prima del test si trovava a Firenze per seguire la fidanzata Delia Scala, attrice, che stava partecipando ad una piece teatrale. Si indagò anche sul panorama tecnico in cui versava la macchina, si ipotizzava infatti un repentino cedimento dell’albero della trasmissione della monoposto. I funerali si tennero il 16 marzo dove si ebbe una sentita partecipazione di tutti i suoi colleghi.

Purtroppo non solo il 1957 fu un anno avaro di gioie ma ricco di patimenti per la Ferrari ma anche il 1958 continuò sulla falsa riga dell’anno precedente. Avevamo salutato Castellotti, De Portago e il suo copilota e alcuni civili e il mondo dell’automobilismo ancora non sapeva che sarebbero morto, il 6 luglio, un altro personaggio davvero caro al Drake, il pilota Luigi Musso, scomparso in un incidente a Reims.

Luigi Musso, nato a Roma, il 28 luglio 1924, da una famiglia benestante, si appassionò sin da giovane alle macchine e cominciò a gareggiare solo verso gli anni ’50 ma si mostrò subito molto forte e deciso, tanto che nel 1953 si laureò campione italiano di sport prototipo nella categoria per motori a 2 litri.

Fece il suo ingresso in Formula 1 sempre nel 1953 guidando una Maserati nel Gran Premio di Italia. Continuò il suo cammino in Maserati fino al 1955 per poi fare il passaggio in Ferrari. E sarà proprio il Cavallino Rampante a regalare a Musso la sua prima vittoria, in occasione del Gran Premio di Argentina.

L’anno successivo Luigi, ottenendo il terzo posto nella classifica piloti, raggiunse il suo miglior risultato in carriera. Nel 1958 decise di rimanere legato ancora alla Rossa, con la quale guadagnò due secondi posti nelle prime due gare della stagione, addirittura grazie a questi due piazzamenti Luigi prese il vertice della classifica.

Purtroppo la carriera di Luigi si arrestò durante il Gran Premio di Francia, complice un incidente alla curva Gueux, chiamata anche Curva del Calvaire. Era il decimo giro, Musso inseguiva Hawthorn ma purtroppo terminò la sua corsa nel fossato presente all’esterno della curva, la vettura si capovolse. Inutili furono i soccorsi e il trasporto in ospedale Musso versava in condizioni davvero disperate e critiche. Morì qualche ora più tardi a causa di ferite molto gravi riportare alla testa.

“Luigi Musso è stato l’ultimo pilota italiano di classe internazionale, direi l’ultimo esempio di una scuola di guidatori di stile perfetto, che prese l’avvio da Nazzaro e da Varzi. Aveva cominciato anche lui con vetture Sport acquistate con i suoi soldi, e lo chiamavano Luigino, poi fu il Luigi campione d’Italia professionista sportivo. E restò un signore. Scomparve nel 1958 a Reims. Su quell’incidente con Mike Hawthorn, pochissimo si è scritto e abbastanza si è detto, ma i più non conosceranno mai compiutamente la verità o le verità. Resta un fatto: quando l’ansia della vittoria pervade un pilota generoso, è facile che egli affronti rischi non calcolabili, soprattutto quando l’antagonista diretto è animato dalla medesima ostinata volontà di successo.”(Enzo Ferrari)

A vincere la gara fu il compagno di squadra Mike Hawthorn che, grazie a questa unica vittoria, conquistò il titolo mondiale. Ma l’incidente di Musso lasciò profonde cicatrici nel cuore di Mike che decise comunque di ritirarsi.

Sei settimane dopo l’annuncio del suo ritiro Mike morì per un incidente accaduto, nei pressi del Guildford Bypass, con la sua macchina da turismo, una Jaguar Mk1 3.4 . Furono pochi i testimoni oculari dell’evento, uno dei quali fu Rob Walker, proprietario di una scuderia privata di Formula 1, che affermò che Hawthorn avesse bevuto un po’ troppo. Finendo contro un albero, terminò la sua vita.

Che destino per Luigi e Mike. Morti lo stesso anno, per la stessa causa in due occasioni diverse, uno durante una corsa e l’altro in circostanze davvero stupide. Chissà forse era destino per entrambi finire i loro giorni così, guidando, facendo ciò che a loro piaceva di più.

Hawthorn primo pilota inglese a vincere un mondiale, fu vittorioso non solo il Formula 1 ma bensì anche nella famosa edizione della Le Mans del 1955, gara che spesso viene ricordata per l’infausto incidente dove persero la vita ben 83 persone e il pilota di Pierre Levegh.

Viene ricordato anche per la vittoria del Gran Premio di Francia del 1953, durante il quale fu capace di tenere testa alla leggenda del momento, Juan Manuel Fangio.

“Hawthorn è stato un pilota sconcertante per le sue possibilità e per la sua discontinuità. Un giovane capace di affrontare e risolvere qualunque situazione con un coraggio freddo e calcolato, con una prontezza eccezionale, ma incline anche a cadere vittima di paurosi cedimenti. Tutto sommato, era comunque un pilota che nelle giornate in cui era in vena non temeva rivali e seppe dimostrarlo in numerosi occasioni”(Enzo Ferrari)

Lo stesso anno il mondo delle corse perse anche Peter Collins al Nurburgring, precisamente il 3 agosto.

Peter Collins, nato a Kidderminster, il 6 novembre 1931, vinse in tutto tre gran premi. Fece il suo debutto in Formula 1 con la HW Motors e arrivò in Ferrari nel 1956.

Peter è un bel ragazzo e come lo descrive Enzo Ferrari  non tanto alto, robusto e con la faccia schietta.

La particolarità di Peter non era solo il suo talento nel correre ma anche la profonda competenza meccanica, derivata da un contesto famigliare molto particolare dedito alle costruzioni meccaniche e di grandi imprese di trasporti.

“Peter era l’uomo che montava su una macchina e al primo giro di percorso sapeva individuare l’esatto regime di coppia massima del motore, il regime massimo al quale conveniva sfruttarlo e cambiare le marce per ottenere il miglior rendimento, e così via. Era un pilota, in una parola, che assimilava la macchina.”(Enzo Ferrari)

Collins verrà ricordato anche per un gesto di estrema generosità fatto nei confronti di Juan Manuel Fangio, infatti il pilota inglese decise di concedere la sua vettura all’avversario diretto per la vittoria del mondiale.

L’evento avvenne al Gran Premio di Italia a Monza, del 1956, quando il capitano della Lancia-Ferrari Juan Manuel Fangio decise di ritirarsi a causa di un problema meccanico. Rinunciando a correre, Fangio avrebbe consegnato la leadership al rivale della Maserati Stirling Moss. Collins, che in quel periodo era il compagno di squadra di Fangio, optò per cedere la vettura al suo caposquadra, il quale non solo ottenne il secondo posto in gara ma anche il titolo mondiale, il quarto per l’esattezza. Ovviamente la pratica era concessa dal regolamento sportivo.

“Non ho mai pensato che un giovane di venticinque anni come me, possa assumersi una responsabilità tanto grande. Io ho molto tempo davanti a me: Fangio deve restare ancora per quest’anno campione del mondo perchè lo merita, e io sarò sempre pronto a dargli la macchina ogni volta che questo potrà agevolarlo”(Peter Collins) 

Ma il tempo e il destino con lui furono avari e crudeli, infatti perì due anni dopo senza mai aver vinto il titolo mondiale. L’ appuntamento con il fato avvenne sul circuito del Nürburgring: la sua vettura, una Ferrari 246 F1, purtroppo uscì di strada alla curva Pflanzgarten e finendo in un fosso si cappottò più volte. Morì durante il tragitto verso l’ospedale di Bonn per le fratture che aveva riportato al cranio.

L’ennesimo lutto importante, in casa Ferrari, avvenne nel 1961 nell’Autodromo di Monza il 10 settembre, precisamente alla Parabolica. Protagonisti dell’incidente furono Wolfgang Von Trips e Jim Clark.

“Un giovane di grande nobiltà d’animo”(Enzo Ferrari)

Wolfgang Alexander Albert Eduard Maximilian Reichsgraf Berghe von Trips, nato a Colonia il 4 maggio del 1928, ha all’attivo due vittorie in Formula 1.

Nonostante soffrisse di una forma di diabete, Wolfgang riuscì comunque ad intraprendere la carriera da pilota.

“Amava tutti gli sport, ma in particolare l’automobilismo ed era un signore nella guida come lo era nella vita. Pilota velocissimo, era capace di qualsiasi ardimento senza che quel sorriso costantemente atteggiato a una leggera mestizia abbandonasse il suo volto fine e nobile.”(Enzo Ferrari)

In Formula 1 venne soprannominato Taffy, e fu ingaggiato dalla Ferrari nel 1957 e proprio durante l’anno della sua dipartita vincerà le sue prime due e ultime gare, esattamente in Olanda e in Gran Bretagna.

Ma dietro l’angolo, anche per lui, si nasconde la maschera della morte con la sua grande falce, pronta a prenderlo con sé.

Il trapasso avvenne appena nelle prime tornate del Gran Premio quando il pilota tedesco entrò in collisione con Jim Clark alla Parabolica. La Ferrari di Wolfgang, uscendo di pista, si schiantò contro le protezioni, dietro le quali c’erano un gruppetto numeroso di spettatori. Oltre a Von Trips perirono 15 persone.

L’incidente ebbe molti contraccolpi anche all’interno della squadra. Infatti si dimisero 8 fra dirigenti e tecnici fra i quali Carlo Chiti e Giotto Bizzarrini. Insomma proprio una rivoluzione. Ferrari a questo punto decise di nominare come direttore tecnico un giovanissimo Mauro Forghieri.

Laura Luthien Piras

WILLIAMS-MERCEDES FW43B

Nona in ordine di presentazione monoposto 2021 ecco la FW43B.

Non siamo ancora di fronte  ancora alla prima monoposto del dopo Frank ed il nome di battesimo lo conferma. Apprezzabile aver confermato la sigla in onore di un team owner che è stato parte fondamentale della storia di questo sport.

La dirigenza attuale è stata si aiutata dal regolamento congelato, ma avrebbe potuto anche dare un segno di discontinuità: bravi a non averlo fatto.

La vendita del team e relativa riorganizzazione dovrà confermare i timidi passi avanti fatti nel 2020. Dopo il disastro del 2019 (non si arrivo nemmeno a completare l’auto in tempo per i test)  con le monoposto che giravano allegramente a tre secondi dalle prime smontandosi sui cordoli, il cambio di proprietà ed il nuovo management sono chiamati a replicare l’impresa compiuta dai cugini della McLaren in poco tempo.

Ce lo siamo detti sino allo sfinimento che il “blocco” regolamentare del 2021 non potrà stravolgere i rapporti di forza 2020, ma dietro alla schiena di Russell e Latifi c’è pur sempre la PU migliore del lotto che tiene viva la speranza.

La nuova livrea lascia perplesso chi scrive, seppur più piacevole della 2020.

 

Sulla monoposto che dire? Nulla. Difficile apprezzare modifiche sostanziali ad un primo sguardo e soprattutto impossibile verificare dove siano stati spesi i gettoni.

 

(immagini tratte dal profilo twitter ufficaiale del team)

 

ASTON MARTIN-MERCEDES AMR21

Dopo aver coronato il sogno di avere un team di F1 motorizzato con il miglior “pezzo” che il mercato potesse offrire, Lawrence Stroll lo ha perfezionato dotandolo di nome blasonato. Non contento ha infilato nell’abitacolo un quadricampeao. Possiamo parlare fino a domani, ma è innegabile che si tratti di un impresa che merita rispetto.

La livrea della RP20 è stata ovviamente stravolta in favore di una corposa tonalità di “british green”: la monoposto risulta indubbiamente bella ed elegante.

Presente sull’AMR21 il fondo tagliato nella zona delle ruote posteriori come da limitazioni 2021. Anche i tecnici Aston avranno l’arduo compito di recuperare i punti di carico perduti.

Al solito la prima occhiata potrebbe non rivelare grosse differenze rispetto allo scorso anno, eppure…

La zona delle pance dietro ai sidepods appare fortemente snellita al fine di migliorare il flusso d’aria verso l’ala posteriore.

Evidente lo snellimento del cofano motore che presenta due rigonfiamenti su entrambi i lati proprio sotto il canale della presa d’aria sopra il roll bar.

Parecchio lavoro anche nella zona dei bargeboard che ora appaiono ben più complessi.

Insomma la Mercedes rosa è diventata verde ed è finita sotto il deretano dello “stempiato” Sebastian Vettel ansioso di riscattare le cocenti delusione del recentissimo passato rosso. Chissà se gli ricresceranno i capelli…

Per adesso il sorriso è tornato. L’augurio è che rimanga sul suo viso, per il suo bene e per quello dello sport.

(Immagini tratte dal profilo twitter ufficiale del team)

MERCEDES AMG W12

Ladies and gentleman a voi la Mercedes W12 che affronterà il mondiale di F1 2021.

Il semplice fatto che a Brackley abbiano scelto di battezzare la neonata con la classica numerazione progressiva lascia presagire che le novità saranno parecchie rispetto allo scorso anno seppur “ingabbiate” dal regolamento congelato.

La nuova ed accattivante livrea della regina incontrastata dell’era turboibrida maschera il confronto con la monoposto precedente, seppur si nota un’accentuata inclinazione nella zona dei sidepod.

Le linee sono quelle conosciute, con il muso stretto che ha fatto scuola e con una zona centrale-posteriore estremamente ricercate. Dalle immagini dall’alto si può apprezzare l’adozione del nuovo fondo “tagliato” verso l’interno vettura come da regolamento per limitare il carico posteriore. Tale limitazione dovrebbe incidere meno che su altre vetture in funzione del basso angolo di rake da sempre adottato rispetto alle sue avversarie.

La W12 non potrà adottare il tanto chiacchierato DAS che forniva un vantaggio in fase di ripartenza da SC e sul bagnato permettendo ad Hamilton e Bottas di mandare in temperatura le gomme anteriori prima degli altri.

Come le altre monoposto anche la W12 che metterà le ruote sull’asfalto dei primi tests presenterà ulteriori modifiche di carattere aerodinamico, ma pare che potrà sprigionare anche più potenza, come se quella degli anni passati non fosse ancora sufficiente…

I motoristi AMG avrebbero sbloccato circa 20 cv di potenziale ibrido “inespresso” lo scorso anno per timori in merito all’affidabilità: una riserva utilizzata in qualifica che quest’anno potrebbe essere usata in gara anche se non è ancora chiaro per quanto tempo.

Insomma, bella è bella..

Re Lewis VII abdicherà in favore di LewisVIII

 

(immagini tratte dal profilo twitter ufficiale del team)

RED BULL -HONDA RB16B

Svelata oggi  l’arma austro/giappo/inglese che Verstappen e Perez porteranno in giro per le piste mondiali nel 2021.

Quarta monoposto in ordine di presentazione, sarà verosimilmente la seconda forza in campo come nella scorsa stagione,

A Milton Keynes hanno scelto di battezzare la vettura aggiungendo la lettera B al fondo del nome 2020, a testimonianza del fatto che la monoposto 2021 è un “obbligata” evoluzione della sua antenata.

Da una prima occhiata si fatica a capire dove siano stati concentrati gli sforzi dei tecnici alle dipendenza di Adrian Newey.

Nel confronto vista laterale con la RB16 si nota l’assenza del nome Aston Martin rientrato in possesso del legittimo proprietario.

Difficile trarre informazioni tecniche dal confronto delle foto del lancio 2020 vs 2021: in RBR hanno lavorato parecchio durante la stagione. Le differenze si possono apprezzare ma sarebbe stato più opportuno fare un confronto con la RB16 delle ultime gare (a patto di trovare immagini confrontabili).

 

In parziale aiuto ci vengono le foto del giornalista spagnolo Albert Fabrega

Le differenza evidenziate ci suggeriscono una diversa gestione dei flussi all’anteriore ma possiamo stare certi che ulteriori modifiche saranno visibili ai primi tests in pista.

Intanto godetevi le forme.