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L’angolo del Froldi: IO E GILLES

Quando Gilles Villenueve è stato eternato dal mito, l’8 maggio 1982, avevo 10 anni.  Avrei cominciato a seguire la Formula Uno cinque anni dopo. Le ricordo bene le ultime due gare del Mondiale: doppietta di Berger che avrebbe fatto sperare (inutilmente, visto che arrivò il caterpillar MP4/4) in un 1988 scintillante per Maranello. Gilles fu per me, e per tanti altri troppo piccoli prima e troppo grandi dopo per conoscerlo, un idolo postumo. Vivo, vivissimo, ma postumo.  Allora Internet lo usavano pochi fortunati nel mondo, manco ancora esisteva il World Wide Web. Potei “conoscere” Gilles leggendone su Autosprint e Rombo. Con qualche programma sportivo. Sentendo i racconti dei cugini grandi e dello zio che da sempre seguivano la Formula Uno. Collezionando qualche rivista qua e là con tanto di immancabile poster. Quel viso mi raccontava di una purezza adamantina, di un’incoscienza spensierata nel tentare di portare al limite ogni mezzo, per poi superare tale limite. Le riprese video, oggi così vintage, e le tante foto (tutti conoscete le imprese al limite della fisica con un mezzo meccanico di cui era capace e le capacità di gestire le prime monoposto turbo) mi diedero emozioni forti. Prima pensai: ma questo era pazzo. Poi riflettei: c’è del genio in quella follia. Come accade spesso. Lui dipingeva l’impossibile sulla pista. E il suo pennello era la monoposto. Ho ancora uno speciale della Gazzetta dello Sport, con le copertine rigorosamente rosse, sottili come le pagine leggermente patinate, grande come un A4 ma con il dorso pinzato sulla parte corta, in modo tale da aprirlo in “orizzontale” per vedere le foto belle grandi; credo sia del 1988 o giù di li (ora non lo trovo, sepolto non so dove fra fumetti e libri, e sono diventato un pò pigro ultimamente). Ne ricordo a memoria molte foto, compresa quella che aveva proprio la copertina. Un vecchio e magnetico Enzo Ferrari, in giacca e cravatta, seduto, gambe accavallate, rideva di gusto (si, rideva, proprio lui, il Drake) con Gilles, anche lui seduto, al suo fianco, immagino dopo una gara, visto che aveva ancora la tuta addosso e teneva una bottiglia di spumante (suppongo). E anche lui aveva un sorriso grande come una casa. Non sembrava di vedere il rude, talvolta cinico e spietato Enzo. Ma un padre che scherzava bonariamente con il figlio “adottato” per una pazza “scommessa”.

Sono passati così tanti anni, 37, eppure di Gilles si parla sempre. E per un curioso caso del destino condivido con lui il “27” nei miei dati anagrafici. Suo figlio Jacques in parte ne ha rinverdito i fasti, in parte si è preso una “vendetta” postuma contro il destino vincendo quasi ovunque (ahinoi, non guidando mai per la Ferrari). Ma Gilles parla sempre a noi, al nostro cuore bambino (se lo resta), ai nostri sogni di un futuro bello, vincente, dove tutto ci sorride, dove niente può andare storto. Ai miei coetanei, in particolare, ricorda l’adolescenza, la promessa di un’età dove tutto sembrava nuovo, incredibile, fantasmagorico, con così tante certezze. Non conta che non sarà così, conta che Gilles ci dà ancora quelle emozioni. E date retta a quel pazzo scatenato del Foscolo. Sino a quando esisteranno esseri umani, la poesia tramanderà le gesta di coloro che ci hanno fatto battere il cuore, che lo hanno fatto battere ai nostri genitori che ne hanno parlato a noi, come noi ne parleremo ai nostri figli, ai nostri alunni, ai nostri nipoti. E il seme attecchirà. Verso l’infinito…e oltre.

 

Mariano Froldi