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F1 in pillole – Capitolo 9

La Formula 1 visse un inverno bollente, caratterizzato dall’accesa polemica tra il presidente della FISA Jean-Marie Balestre e Ayrton Senna, che lo accusava di aver manipolato il campionato precedente in favore dell’acerrimo rivale Prost. Senna ricevette una multa di 100.000 dollari ed il ritiro della superlicenza, situazione poi risolta da una lettera di scuse spedita dalla Mclaren in febbraio, proprio allo scadere dell’ultimatum di Balestre. Senna poté dunque disputare il campionato e proseguire il duello con Prost, passato ad una sempre più competitiva Ferrari, in un matrimonio che partì con i migliori auspici e finì nel peggiore dei modi, mentre il brasiliano della Mclaren vinse altri due titoli, ora fronteggiato da Nigel Mansell, anche lui protagonista di un rapporto tormentato con il cavallino rampante e rilanciato dalla Williams Renault. Come sempre le pagine di storia della Formula 1 furono scritte non solo dai protagonisti, eccovi dunque un pò di pillole di Formula 1.

Breve storia della Life in Formula 1

Verso la fine degli anni ottanta l’ex ingegnere della Ferrari Franco Rocchi sfruttò una vecchia applicazione aeronautica per progettare un motore automobilistico di nuova concezione: realizzò infatti un propulsore plurifrazionato a dodici cilindri, disposti non a V come di consueto, bensì a W, ovvero con tre bancate, ognuna delle quali ospitava quattro cilindri. In questa maniera, rispetto a un tradizionale V12, il motore era più corto, e di conseguenza la vetture più agile poiché anch’essa più corta, pur conservando teoricamente la potenza del dodici cilindri. L’imprenditore Ernesto Vita fu stimolato dall’idea e acquistò i diritti per vendere i motori in F1, ma non trovò interesse e pertanto costituì un proprio team, acquistando il telaio ideato inizialmente per l’abortito team First sul quale fece adattare il motore W12 partendo con una sola vettura, due motori e ben pochi ricambi. Durante le pre-qualifiche a Phoenix Gary Brabham, figlio di Jack, fece segnare il poco invidiabile tempo di 2.07, a trenta secondi dal già modesto crono della Eurobrun di Langes, mentre poche settimane dopo a Interlagos non completò nemmeno un giro a causa di un guasto. Pensando di ottenere una brutta reputazione, Brabham abbandonò la Life (non ebbe comunque altre occasioni in F1) e fu sostituito l’esperto Giacomelli, ma la Life non riuscì mai ad avvicinarsi nemmeno all’ultimo degli esclusi dalle prequalifiche, girando in alcune piste su tempi da F3. Neanche il passaggio ad un più convenzionale motore Judd portò miglioramenti e tra mille disavventure, dopo un ultimo disastroso tentativo nel Gran Premio di Spagna, il team si ritirò dal campionato, rinunciando alle ultime due gare e sparendo definitivamente dalla Formula 1.

Il riscatto di Riccardo Patrese

Nel 1983 a Imola Riccardo Patrese uscí di pista quando la vittoria sembrava ormai una formalità e venne ingiustamente sbeffeggiato dal pubblico che esultò per la vittoria della Ferrari. Nel 1990 il pilota italiano si riconciliò con i tifosi italiani: terzo in prova, prese la testa della corsa con un bel sorpasso su Berger tra le urla di gioia del pubblico, che lo accolse poi con entusiasmo quando salì sul gradino più alto del podio.

Ultimo capitolo per l’Eurobrun

La scuderia EuroBrun debuttò nel 1988 con risultati altalenanti e difficoltà nel qualificarsi, mentre ancora più disastrosa fu la stagione seguente, con il solo Foitek capace di superare le prequalifiche, tra l’altro in una sola occasione e senza poi riuscire a entrare tra i 26 in gara. Il 1990 iniziò con la vecchia Er189, di cui a san Marino arrivò la versione “B”: Moreno (Già 13esimo a Phoenix) si piazzò in ultima fila, ma si fermò subito per un guasto, mentre Langes nelle prequalifiche risultò più lento di sei secondi rispetto al compagno di squadra (che aveva centrato l’ultimo piazzamento utile) e si fermò di fronte ad un ostacolo insuperabile: alla guida di una vettura modesta e con una concorrenza spietata (35 iscritti) in 14 tentativi non passò mai la sessione del venerdi mattina, trovandosi appiedato a due gare dal termine per l’abbandono del team.

Capelli ad un passo dalla vittoria

Con l’ingresso della Leyton House, la March puntava ad arrivare ad alti livelli e il progettista Adrian Newey, che già aveva ideato la fortunata auto del 1988, si mise all’opera per il modello CG901, il cui prefisso fu una dedica Cesare Gariboldi, manager del team da poco deceduto. Il progetto si basava sulla vecchia vettura, ma dotato di un’aerodinamica più sofisticata, anche se la galleria del vento fornì dati errati e fu necessaria una correzione in corsa. I risultati furono comunque deludenti e Ivan Capelli in Messico mancò la qualificazione, mentre nel successivo Gp in Francia partì in quarta fila e grazie ad un consumo ottimale degli pneumatici si trovò sorprendentemente in testa, arrendendosi solo nel finale ad Alain Prost causa noie al propulsore Judd; chiuse comunque secondo per quello che fu l’unico piazzamento a punti stagionale.

Stagione positiva per la Larrousse

Dopo un 1989 al di sotto delle aspettative, la Larrousse, che nel frattempo aveva ceduto il 50% delle quote del team alla giapponese Espo Corporation e spostato la sede a Signes, si trovò costretta a disputare le prequalifiche. Grazie al nuovo 12 cilindri Lamborghini, più competitivo e affidabile, il turno del venerdi mattina non rappresentò mai un problema e venne sempre superato con facilità dai due piloti Aguri Suzuki ed Eric Bernard, quest’ultimo autore a Silverstone di una prova superlativa, con ottavo posto in qualifica e gara chiusa al quarto posto, alle spalle di Ayrton Senna e addrittura davanti a Piquet. Il francese, che sembrava avviato ad un brillante futuro, colse punti anche a Monaco e in Ungheria, poi visse un deludente 1991 concluso con un grave incidente a Suzuka, in seguito al quale tornò in F1 solo tre anni dopo, prima con Ligier (con cui ottenne l’unico podio in carriera) e poi con Lotus, restando senza un volante prima della fine della stagione.

Ferrari? No, grazie

La Benetton iniziò la propria avventura a metà degli anni ottanta mostrando costanti segni di crescita, così come Alessandro Nannini, che nel 1990 si stava confrontando con ottimi risultati con un compagno di squadra ostico come Piquet, cogliendo risultati di rilievo e alcuni podi. Le prestazioni del senese valsero l’interesse della Ferrari, ma a giochi fatti l’affare saltò, pare per una clausola contrattuale, in ogni caso per motivi che poi il pilota addebitò a Fiorio. Nannini, che affermò di preferire la Benetton in quanto “auto del futuro” (e visti i titoli 94/95, aveva ragione), fu costretto a interrompere la propria carriera in F1 a causa di un incidente con un elicottero.

Niente da fare per la Subaru

Una volta banditi i Turbo, l’Ing.Chiti iniziò a lavorare su un V12 Motori Moderni, quando entrò in scena la Subaru (attratta dai successi della concorrente Honda) che sostenne il progetto richiedendo l’applicazione di principi delle proprie vetture di serie: si arrivò dunque all’1235, l’ultimo motore a cilindri contrapposti ad aver gareggiato in F1, tecnologia già abbandonata da anni in quanto ritenuta poco redditizia. Nonostante la mente geniale di Chiti, il motore si dimostrò un disastro e la Coloni, team che sperava in un salto di qualità, non riuscì mai a superare le prequalifiche, tornando presto ad un tradizionale Ford, che di fatto non portò miglioramenti, visto che Gachot continuò a stazionare all’ultimo posto del turno di prove.

Suzuki e Lamborghini sul podio

La Lamborghini venne acquisita dal gruppo Chrysler, che per rilanciare la fama del “toro” pensò di proiettarsi sul mercato della F1 attraverso un motore da concedere ai team clienti. Per la realizzazione vennero coinvolti due grandi uomini della storia Ferrari, ovvero l’Ing.Forghieri e il team manager Audetto, mentre per coerenza con il prodotto di serie si optò per un 12 cilindri che in fatto di potenza non aveva nulla da invidiare ai propulsori di massimo livello nella categoria, anche se non fu mai raggiunta un’affidabilità soddisfacente. Il miglior risultato arrivò con la Larrousse, quando a Suzuka nel 1990 Aguri Suzuki centrò l’unico podio in carriera per sé e per il motore Lamborghini, mentre con Lotus, Modena Team, Minardi e Ligier non arrivarono risultati all’altezza delle aspettative.  Aguri Suzuki, primo giapponese a podio in Formula 1, partecipò ad 88 gran premi, qualificandosi in 64 occasioni e ottenendo 8 punti, chiuse la carriera in seguito ad un incidente avvenuto, sempre a Suzuka, nel 1995.

Tyrrell, sinonimo di innovazione

Nel tentativo di rilanciare il proprio team, Ken Tyrrell avviò una partnership con la Mclaren e ampliò l’organico, assicurandosi inoltre il contributo di tecnici di rilievo come Harvey Postlethwaite e Jean-Claude Migeot, che per il 1990 progettarono la Tyrrell 019, prima monoposto della storia con musetto rialzato, poi adottato da tutti i team, compresa la Benetton del 1994, prima vettura iridata con quel particolare. Grazie ad un’ottima vettura e ad un motore affidabile (un Cosworth preparato da Brian Hart) la Tyrrell centrò due podi con Alesi e il quinto posto tra i costruttori con 16 punti, ultimo di questi ottenuto da Nakajima nel Gp di casa a Suzuka.

Giornata di festa per la Benetton

Ingaggiato dalla modesta Eurobrun, il “Pupo” Moreno riuscì miracolosamente a qualificarsi in due occasioni, poi la scarsa competitività del mezzo si fece sentire e per otto gare consecutive lo scoglio delle pre-qualifiche risultò insormontabile. La stagione di Moreno svoltò con la chiamata della Benetton in sostituzione dell’infortunato Nannini, cui il brasiliano rispose nel migliore dei modi centrando a Suzuka un ottimo secondo posto alle spalle del compagno di squadra e amico Piquet. Confermato per il 1991, venne poi rimpiazzato a stagione in corso per far posto a Schumacher, continuando a correre con team minori, spesso ottenendo risultati oltre le aspettative.

Watson porta al debutto la Jordan

Ad oltre cinque anni dall’ultima presenza ufficiale alla guida della Mclaren, John Watson fu il primo pilota a guidare per la Jordan, team in procinto di iscriversi al mondiale per la stagione seguente. In un test a Silverstone l’inglese testò la vettura spinta da un tradizionale motore Ford a otto cilindri, mentre per il campionato seguente furono scelti Andrea De Cesaris e Bertrand Gachot, quest’ultimo poi sostituito dal debuttante Schumacher, poi da Moreno e infine da Zanardi.

Il grande passo della Lambo

Un imprenditore messicano commissionò alla Lamborghini Engineering (che già forniva un V12 ad alcune scuderie) il progetto di una struttura completa per entrare in F1 nel 1991; la realizzazione della monoposto fu affidata a Mauro Forghieri, ma quando il prototipo era ormai pronto il finanziatore sparì dalla circolazione. Nonostante gli ovvi problemi economici si decise di continuare autonomamente il progetto e la scuderia venne iscritta come Modena Team: all’esperto Larini venne affiancato Van De Poele, che nei primi due Gp non superò le prequalifiche, mentre a Imola partì 21esimo e si trovò addirittura quarto a poche tornate dal temine, fermato da un guasto alla pompa della benzina che lo costrinse al nono posto. Fu l’unica occasione in cui il belga riuscì a qualificarsi, poi il team chiuse i battenti e Van De Poele tentò con poca fortuna di correre nel 1992 con Brabham e Fondmetal (solo 4 apparizioni in gara) ottenendo poi grandi successi in altre categorie, vincendo tra l’altro cinque volte la 24 Ore di Spa.

Siparietto messicano tra Zermiani e De Cesaris

Con la debuttante Jordan De Cesaris trovò nuovi stimoli grazie all’ottimo rapporto con Eddie Jordan e ad una vettura competitiva con cui disputò una delle migliori stagioni in carriera. Nel 1991, dopo un quarto posto a Montreal il romano concesse il bis in Messico, dove fu protagonista di uno storico aneddoto: rimasto senza benzina a 150 metri dal traguardo (essendo l’ultimo a pieni giri sarebbe comunque stato classificato quarto) scese dalla vettura per spingerla a piedi; a quel punto venne affiancato dal mitico Zermiani che tentò di intervistarlo. il pilota romano rispose allora nel proprio dialetto: “Ma invece de dimme tutte ‘ste fregnacce perchè nun te metti a spinge?”

Il primo Stop&Go della storia

Da alcuni anni la F1 é ridotta ad una sorta di gara di regolaritá, con linee di demarcazione, divieti e penalizzazioni continue che, unite ad un regolamento tecnico discutibile e a meccanismi artificiali come il drs, hanno compromesso la competizione in gara. Un tempo, fortunatamente, non era cosí: si pensi che fino agli anni novanta le sanzioni erano quasi inesistenti e il primo stop&go della storia fu inflitto solo nel 1991 a Pierluigi Martini, colpevole secondo la direzione gara di aver ostacolato Stefano Modena in fase di doppiaggio, forse messo in difficoltá dal circuito stretto e tortuoso del principato.

Si chiude la storia dell’Ags

Confermato per il terzo anno consecutivo, Tarquini arrivò ottavo a Phoenix, mentre con due ritiri a Interlagos e Montecarlo segnò le ultime presenze in griglia per la Ags, team finanziariamente stremato e in pista con la vettura dell’anno precedente. Dopo il Gp del principato le vetture francesi (guidate anche da Johansson, Barbazza e Grouillard) non riuscirono più a qualificarsi e una volta verificato che nemmeno la nuova JH27 migliorò la situazione, in mancanza di fondi la Ags sparì definitivamente dalla F1.

La Porsche al rientro in F1

Il ritorno ai propulsori aspirati aveva portato nuovi motoristi in F1 e dal 1991 tentò di rientrare anche la Porsche, che negli anni ’80 era stata protagonista nell’era del turbo. La Footwork Arrows scelsce il V12 tedesco, che tecnicamente era un doppio V6 ridotto, troppo complesso e ingombrante, al punto che il team dovette ritardare il debutto della nuova vettura per adattarla al motore, che tra l’altro pesava 50Kg in più rispetto ad altri concorrenti, con l’aggravante di 40 cavalli in meno. Nonostante l’impiego di ottimi piloti come gli esperti Alboreto e Johansson, oltre al promettente Caffi, i risultati furono disastrosi e la Arrows a metà stagione optò per il tradizionale Cosworth; la Porsche nel frattempo progettò un V10 più convenzionale, ma i vertici di Stoccarda bloccarono il progetto riutilizzandolo poi per le competizioni Endurance.

Ultimo vano tentativo per la Coloni

Dopo numerose affermazioni nelle categorie minori, Chaves ebbe l’occasione di disputare un campionato in Formula 1 con la Coloni (team ormai in grande difficoltà, le cui vetture non entravano in griglia da ormai due anni). La vettura C4 si rivelò poco competitiva e Chaves non riuscì mai a superare le prequalifiche, piazzandosi spesso ultimo; l’ultima apparizione fu all’Estoril dove fece segnare un tempo distante quasi sei secondi dall’ultimo piazzamento utile per accedere al turno successivo. Deluso dalla situazione e in disaccordo economico con il team, lascio il posto dedicandosi alle ruote coperte e vincendo diverse competizioni nazionali. Il volante del portoghese venna affidato a Naoki Hattori, che a Suzuka siglò il proprio miglior crono in 2.00.035, ovvero a circa 20 secondi dal penultimo tempo del turno e anche se in Australia il miglioramento fu netto non ci fu niente da fare e la scuderia italiana terminò dunque la stagione senza aver mai superato le prequalifiche; abbandonata la Formula 1 dopo aver venduto tutto all’Andrea Moda, Coloni optò per altre categorie, nelle quali si misura tutt’ora.

Verso un nuovo anno zero

Il mondiale 1991 consegnò l’ultimo titolo ad Ayrton Senna, poi la Williams divenne un’armata invincibile che permise a Mansell e Prost di chiudere in bellezza una lunga carriera; l’asso brasiliano fece di tutto per giungere alla corte di Sir Frank, ma una volta arrivato a destinazione nulla andò come sperato. Il nostro viaggio sta per giungere ai momenti che sconvolsero e cambiarono per sempre la Formula 1, ma per questo ci rivediamo alla prossima puntata.

Mister Brown

Per fare un salto indietro nel tempo leggere qui:

Pillole di F1 cap. 1 – Anni ’50 e ‘60
Pillole di F1 cap. 2 – Anni ’70 (prima parte)
Pillole di F1 cap. 3 – Anni ’70 (seconda parte)
Pillole di F1 cap. 4 – Anni ’70 (terza parte)
Pillole di F1 cap. 5 – Arrivano gli anni ’80
Pillole di F1 cap. 6 – L’era del turbo (inizio)
Pillole di F1 cap. 7 – L’era del turbo (fine)
Pillole di F1 cap. 8 – Speciale 1989

ROOKIES OF THE YEARS

In F1 a volte il confine tra debuttante allo sbaraglio e rookie of the year è davvero labile e dipende da tante cose: esperienza, maturità, team preparato a lavorare coi giovani piloti ma soprattutto macchina competitiva, volenti o nolenti la differenza la fa e la farà sempre la macchina, purtroppo, soprattutto in era moderna, anche nella valutazione complessiva di un debuttante.

Nella stagione F1 2017 ci sono stati molti debuttanti: Stroll, Giovinazzi, Gasly, Hartley, più Ocon e Vandoorne che possiamo considerare semidebuttanti dopo le sporadiche apparizioni 2016…and the rookie of the year goes to…Lance Stroll! Il tanto criticato Lance Stroll, il tanto invidiato Lance Stroll, il danaroso figlio di papà Lance Stroll, il raccomandato usurpatore Lance Stroll! Unico deb però ad ottenere un podio (Baku) anche se in modo rocambolesco, un podio all’esordio, come vedremo più avanti nell’analisi dei vari rookies attraverso le stagioni passate, non è poco in F1…

Anni ’50 in principio fu subito record: Nino Farina, anche per una questione di tempismo, è ancora ad oggi il miglior rookie di ogni epoca! Pole, vittoria, giro veloce al primo GP e titolo di campione del mondo a fine anno! Mai nessuno ad oggi è riuscito ancora a bissare questa storica impresa.

Gli altri campionati disputatisi in questo decennio hanno visto debuttare fior di campioni come Mike Hawthorn, Dan Gurney, gli italiani Perdisa e Castellotti ma soprattutto Phil Hill: tutti autori di podi nella rispettiva stagione d’esordio (ma senza alcuna vittoria)

Anni ’60 questa decade è caratterizzata da debutti importanti che segneranno la storia futura della F1 nel vero senso della parola: nomi del calibro di Jim Clark, Jackie Stewart, John Surtees, Richie Ginther (tutti a podio nelle rispettive stagioni d’esordio), infine l’italiano Giancarlo Baghetti, unico (insieme a Stewart) in questo decennio a vincere un GP nella sua stagione di debutto.

Anni ’70 questo decennio ha “partorito” forse i migliori rookies di sempre: Regazzoni, Fittipaldi, Reutemann, Hunt, Jones, Tambay, Gilles Villeneuve, Patrese, De Angelis, Pironi in rigoroso ordine cronologico.

I migliori come risultati: James Hunt (vari podi), Clay Regazzoni ed Emerson Fittipaldi capaci di vincere pure un paio di GP all’esordio oltrechè numerosi podi.

Anni ’80 i campionati disputati negli anni ’80 hanno visto i debutti di nomi di secondo piano come Alesi, Herbert, Cecotto, Capelli, ma soprattutto due assi come Alain Prost e Ayrton Senna: il francese subito piazzato su McLaren in Argentina e Brasile, il brasiliano che stupisce il mondo sotto il diluvio a Monte-Carlo e capace di andare altre volte a podio con una scadente Toleman.

Sempre in quella gara uno sfortunato debuttante, il tedesco Stefan Bellof, stava rimontando ad un ritmo ancora superiore di Senna, ma la sua Tyrrell fu considerata irregolare e squalificata varie settimane dopo.

Anni ’90 questa decade è molto in controtendenza per quanto riguarda i migliori rookies: nomi famosi e veri e propri pezzi da 90 come Michael Schumacher e Mika Hakkinen non hanno segnato grandi risultati all’esordio, mentre i migliori deb di quegli anni sono Michael Andretti, Jos Verstappen, Ralf Schumacher, Olivier Panis, Alex Wurz (con vari podi), un podio pure per David Coulthard che comunque ha avuto una carriera dignitosa in stile Rubens Barrichello ed Eddie Irvine, pure loro debuttanti.

Fino ad arrivare al fulgido esordio di Jacques Villeneuve: pole, gara condotta in testa fino a pochi giri dalla bandiera a scacchi (perdita d’olio), podio e giro veloce, titolo di vicecampione del mondo 1996, vari GP vinti e sorpassi strepitosi come Estoril all’esterno su Schumacher! Insomma in poche parole e molte statistiche il miglior rookie dai tempi di Nino Farina è lui…

Anni 2000 gli anni del nuovo millenio sono lo specchio di quanto possa essere indecifrabile un rendimento da rookie: podi per Tiago Monteiro su Jordan e Nelsinho Piquet su Renault, poca roba per futuri campioni come Alonso e Kimi Raikkonen, buoni piazzamenti per Jenson Button e Nico Rosberg, tanta roba per Juan Pablo Montoya (vittorie, pole, molti podi) ma poi fallendo le speranze iridate…

Kubica poteva avere una carriera sicuramente migliore senza la sfortuna e senza gli incidenti, mentre Kovalainen (autore di un podio come Robert) si è reso protagonista di una onesta carriera da seconda guida.

Il campionato 2007 in particolare ha visto nascere due campionissimi della storia in maniera opposta: Lewis Hamilton che con cifre strepitose batte Jacques Villeneuve come secondo miglior rookie di sempre e quasi detronizza pure Nino Farina, quasi appunto…senza ghiaia cinese e cambio bloccato alla prima curva di Interlagos forse le cose sarebbero andate diversamente!

Con altra risonanza ma non meno classe anche Sebastian Vettel esordisce a metà stagione andando subito a punti, ma il meglio lo darà passando alla ToroRosso e negli anni a venire…

Anni 2010 che dire di questi ultimi anni (sette stagioni completate ad oggi) tanti mediocri debuttanti e pochi pochissimi potenziali fenomeni: il mai sbocciato Hulkenberg autore di una pole da deb, i buoni ma discontinui Sainz e Wehrlein, il “distruttore” ormai in pensione Maldonado! Anonimi i debutti di Ricciardo e del compianto Jules Bianchi (monoposto da ultima fila per entrambi), abbagliante l’esordio di Max Verstappen che sta compiendo tutti i passi per diventare davvero un campione del futuro.

I soli deb capaci di andare a podio da rookie sono stati Kevin Magnussen e appunto Lance Stroll.

Questa analisi in quasi 70anni di F1 non vuole essere dogmatica e di fatto non dimostra nulla, anche perchè come avrete notato non v’è traccia di grandi nomi quali Fangio, Mansell, Nelson Piquet, Niki Lauda; questo non significa nulla appunto dato che uno scadente debutto non ha inficiato in alcun modo i sogni iridati di questi quattro campionissimi!

Quale domanda tra queste due che ci accompagnerà nella stagione 2018 sarà più interessante:

per Stroll fu vera gloria o solo vanagloria?

Infine: sarà il tanto atteso Charles Leclerc a sovvertire o confermare questa analisi?

Lo sapremo presto…

 

Filippo Vettel

DEBUTTANTI ALLO SBARAGLIO

“Gli ultimi saranno i primi” recitava un noto passo evangelico ma questo di certo non vale in F1 dove spesso gli ultimi piloti dello schieramento sono stati veri è propri dilettanti allo sbaraglio!

In principio fu Al Pease, canadese cinquantenne, passato alle cronache nel GP del Canada ’69 per aver ostacolato non solo i piloti a pieni giri ma soprattutto gli altri doppiati, per questa condotta antisportiva e scriteriata fu costretto al ritiro dagli stessi commissari dopo ben 42 doppiaggi subìti!

Negli anni ’70 il tedesco Rikky Von Opel, rampollo della nobile famiglia omonima, proprio per non dare nell’occhio gareggiò alla Brabham con lo pseudonimo di Antonio Bronco, ma l’allora team principal Bernie Ecclestone, che aveva già uno sviluppato senso degli affari, sportivi e non, gli fece capire che non era il caso…

Sempre alla Brabham corse un GP nel 1979 Riccardo Zunino, pilota argentino, degno avo di Gaston Mazzacane in tutti i sensi…

Arriviamo cosi agli anni ’80 caratterizzati dai pugni subìti da Eliseo Salazar nel famoso GP di Germania ’82, dopo il famigerato doppiaggio-speronamento a Piquet costringendolo al ritiro e ad un round di boxe in guanti, casco e tuta ignifuga!

Un altro doppiaggio andato male fu il momento di “gloria” del francese Jean Louis Schlesser a Monza ’88, Senna in fuga solitaria speronato in fase di doppiaggio non la prese benissimo ma fu il ferrarista Berger amico fraterno di Ayrton a beneficiarne.

Nota musicale a margine: sempre negli anni ’80, lo svedese batterista degli ABBA Slim Borgudd corse addirittura con la Tyrrell ma senza lasciare traccia alcuna (per fortuna della musica).

Eccoci agli anni ’90: il giapponese della coloratissima Footwork Taki Inoue, doveva capire che la F1 non faceva per lui e per la sua buona salute, quando a Monte-Carlo e Budapest da ritirato fu due volte investito dai mezzi di soccorso!

Spa 1992 segna un record storico per un pilota di F1: soli 18metri percorsi prima di un ritiro nelle prequalifiche per l’inglese Perry McCarthy sulla “blasonata” Andrea Moda di un noto italiano industriale delle calzature; McCarthy ritirato e il patron arrestato a Spa per falso in bilancio, ma quella delusione fu l’inizio di una seconda carriera molto più gloriosa per l’inglese: divenne infatti The Stig in Top Gear.

Gli anni 2000 hanno visto quattro “fenomeni” stagliarsi su tutti: il malese Alex Yoong a Monza 2001 con la Minardi che introdusse e realizzo’ il concetto di chicane mobile,

il giapponese Sakon Yamamoto che, grazie alla paghetta della mamma ricchissima, corse sulla Super Aguri nel 2007 rimendiando distacchi abissali anche dal compagno di squadra!

Sempre la Super Aguri un anno prima ci regalò il mitico Yuji Ide: leggenda vuole che fosse miope e che non portasse nè occhiali nè lenti a contatto, risultato: superlicenza F1 strappata nel paddock davanti al sindacato piloti riunito per l’occasione…infine forse il top di questo ranking flop: l’israeliano ultraquarantenne Chanoch Nissany terzo pilota Minardi 2005, 13” di distacco dal penultimo nelle prove libere ungheresi, unico caso nella storia delle corse a suo dire di inguidabilità causa “troppo grip” come tristemente riferì via radio agli ingegneri rientrando ai box e chiudendo mestamente la sua brevissima esperienza in F1.

Gli anni 2010, in controtendenza, hanno visto meno bidoni nel vero senso della parola, ma tanti troppi piloti paganti, veri e propri figuranti: Palmer ed Ericsson sono gli ultimi in ordine di tempo ma purtroppo la palma del più famoso in questo senso va senza dubbio a Bruno Lalli, colpevole di un nepotismo imperdonabile per la storia della F1.

Filippo Vettel

LA PRIMA INTERVISTA AL BLOG DEL RING

Ed arrivò il giorno della prima intervista al Blog del Ring, noto come Bring ai propri aficionados. Prima di fine anno riceviamo su info@nordschleife1976.com  questo messaggio da parte di Lorenzo Cimmino dell’Ufficio Stampa di Superscommesse, uno dei primi siti in Italia comparatori di quote per le scommesse sportive:

La contatto perché ci farebbe davvero piacere poter ospitare una sua intervista sul nostro sito, nell'ambito della rubrica Dietro le Quinte, per far conoscere ed apprezzare ai nostri lettori, il suo
lavoro e quello di tutto il team de "Il Blog del Ring"
Dietro le Quinte è una rubrica che presenta le più importanti realtà editoriali del panorama dell'informazione sportiva italiana.
In questo caso vorremmo dibattere inizialmente della sua passione per la F1, per poi passare al personale lavoro che svolge on-line e off-line per il suo sito.

Tempo di organizzarci e l’intervista in quattro e quattr’otto è rilasciata e pubblicata, siamo qui a proporvela:

Dietro le Quinte ha il piacere di presentare l’intervista ad Andras Sideri ideatore de “Il Blog del Ring”, con lui abbiamo parlato della nascita del blog, della capacità dello stesso di far coesistere e partecipare i tifosi delle diverse scuderie di Formula 1 e dell’interesse che il portale nutre per la Endurance e la Formula E. L’autore del portale ci ha infine detto la sua sulle probabilità di successo di Dovizioso e Vettel nella prossima stagione. Buona lettura!

Quando e come nasce il Blog del Ring?
Tutto nasce da una mia idea nella seconda metà del 2015. Un anno prima avevo creato una chat su WhatsApp che riuniva i migliori utenti del Blog di Leo Turrini noto come “Profondo Rosso”. Ci piaceva postare su quel Blog ma avevamo voglia di scrivere articoli noi stessi e desideravamo creare un posto in cui fosse il pluralismo, ossia la libertà di tifare chiunque in F1, ad essere la regola. Ragione per la quale oggi siamo orgogliosi di poter dire che sul Blog del Ring coesistono pacificamente tifosi Ferrari, tifosi Mercedes, tifosi Redbull, tifosi di Vettel, tifosi di Hamilton, tifosi di Alonso e via dicendo. Sfido chiunque a trovare un altro posto sul Web in cui succede tutto questo. Gli inizi son stati stentati ma piano piano abbiamo preso un buon ritmo ed ora la Redazione coordina l’uscita degli articoli e le sezioni attraverso un’altra, apposita chat su WhatsApp. Di norma durante la stagione di F1 usciamo con un articolo di presentazione al GP ed uno di commento allo stesso, il primo di giovedì mattina il secondo di domenica sera. Nei weekend in cui la F1 non corre alterniamo articoli di attualità ad articoli storici, poi c’è la MotoGP per la quale seguiamo lo stesso iter della F1 quanto ad uscite pre/post GP. Solitamente siamo abbastanza fortunati da avere un Redattore che presenzia ai test precampionato di F1 al Montmelò di Barcellona fornendoci così interessanti anteprime tecniche e sportive. L’idea di fondo del Blog del Ring in ogni caso è “dar voce a chiunque abbia qualcosa da dire”: se qualcuno si presenta e vuol scrivere un articolo per noi è il benvenuto. Ovviamente facendolo si espone al giudizio della Rete quindi va da se che solo persone determinate e preparate si offrono per farlo. Ho reclutato i Redattori su vari Websites/Socials, non ultimo Twitter. Il nostro motto è “i commenti non li contiamo, li pesiamo”.

Che lavoro svolge insieme al suo team on e off-line?
Online ci occupiamo fondamentalmente di Moderazione, cercando di limitare al minimo l’Off Topic. A volte serve pure placare un pò gli animi, tipo quest’anno a Baku dopo il tamponamento e la conseguente ruotata tra Hamilton e Vettel. Ok che tutti rispettano tutti e nessuno offende nessuno ma si sa, al cuore non si comanda e durante le fasi concitate del GP nei commenti sul Blog, contestuali alla gara in corso, qualche scintilla può anche volare!

Il blog si interessa di motori in generale non limitandosi alla F1 e alla MotoGP analizzando anche gli eventi della Formula E. Può essere considerata questa la chiave del vostro successo?
Al netto dell’innegabile interesse per la Categoria Regina il Blog del Ring si occupa di Motorsport a 360 gradi quindi oltre alle categorie citate parliamo anche di Endurance ad esempio. Io ad esempio amo particolarmente gli articoli storici sulla F1 degli anni 70 ed 80, altri tempi, altri piloti e, mi sia consentito dire, altra Ferrari. Quella del Drake Enzo, in cui il primo avversario era il compagno di squadra. Una filosofia giusto un filo diversa dallo schema attuale Campionissimo+Secondo designato.

Pensa che Dovizioso il prossimo anno riuscirà a conquistare il titolo o il talento di Marquez sarà ancora troppo grande per competere?
Premesso che MM93 è un fenomeno assoluto il problema è anche dovuto al fatto che correranno su moto diverse. Ducati ha fatto un lavoro straordinario e “DesmoDovi” ne è stato un interprete sublime ma temo che HRC calzi alla perfezione sul talento di Marquez. Però mai dire mai!

Il prossimo anno può essere quello di Vettel. Quante possibilità ha di vincere il titolo?
Vettel è uno dei tre fenomeni assoluti attualmente in F1 assieme ad Hamilton e Verstappen. Metterei pure Alonso assieme a loro ma negli ultimi 3 anni ha guidato una F1 inguardabile per i noti motivi. Detto questo ero e resto convinto che scambiando le macchine tra Hamilton e Vettel nel 2017 il Mondiale lo vinceva comunque la Mercedes. Ed il punto è tutto qui: Vettel può spuntarla se e solo se la Ferrari è davvero a tiro della Mercedes tutto il 2018 come lo è stata fino a Spa nel 2017. Non sarà facile ma Ferrari ha mezzi e uomini per riuscirci. Detto questo farei molta attenzione alle Redbull se, contrariamente agli ultimi 3 anni, Newey non si è fatto la consueta “dormita” invernale che ha poi costretto la squadra a spesso prodigiosi recuperi a stagione in corso quando ormai il Mondiale aveva già preso una strada precisa.

Riuscirà la Fomula E ad ottenere maggiori consensi anche grazie al progredire del dibattito sull’utilizzo di vetture elettriche?
Piaccia o meno il futuro è quello. Noi del Blog del Ring offriamo spesso delle disamine tecniche approfondite su questa Categoria e, anche qui, siamo merce rara sul web. Detto doverosamente questo se penso all’elettrico come mia vettura personale vedo ancora grosse aree di miglioramento quanto a disponibilità di colonnine per i rifornimenti e a prezzi di listino. Una persona che conosco s’è fatto la “Tesla” in versione “light” (quella che fa lo zerocento in 5 secondi anziché in poco più di 3 come la versione “hardcore”) e gli è costata 70.000€. Pura follia, finché i prezzi sono quelli l’elettrico resterà una nicchia sulle strade.

Cosa consiglierebbe ad un giovane talento che vuole avere successo in pista?
Consiglierei a suo padre di far l’impossibile per procurarsi un grosso (ma grosso davvero) sponsor che supporti la carriera del figlio. Solo fenomeni assoluti come Hamilton/Vettel sono emersi per il loro talento e non per lo sponsor che avevano alle spalle. Ma per uno come loro ci son 99 buoni, ottimi piloti che senza sponsor non arriveranno mai da nessuna parte. Triste ma vero.

Il suo blog presenta una sezione dedicata interamente alla storia della F1. Qual è l’immagine che più di tutte è entrata a far parte della memoria collettiva?
Senza ombra di dubbio il rogo di Niki sulla Nordschleife il primo Agosto del 1976.

A cura di Lorenzo Cimmino

That’s it, Folks. L’intervista la potete trovare a questo link:

http://www.superscommesse.it/notizie/il_blog_del_ring__motorsport_a_360_dalla_f1_alla_motogp__passando_per_la_fe_e_la_endurance-11109.html

Ad Maiora!

THE CLINICAL REVIEW – GP ABU DHABI 2017

Ciao a tutti e benvenuti alla Clinical Review post Gran Premio degli Emirati Arabi Uniti 2017!

Quarta review dell’anno, ancora una volta un vincitore diverso: si tratta di Valtteri Bottas (con la sua Mercedes W08 EQ Power) il quale, dopo aver siglato una gran Pole al sabato, ha, di fatto, dominato il GP senza compiere il minimo errore di valutazione.  Detto così sembrerebbe quasi il mondiale 2012, con 7 vincitori diversi in 7 gare.. ricordate? Peccato che questo Gran Premio di Abu Dhabi sarà ricordato come “uno dei peggiori GP della storia della F1” secondo Helmut Marko, che, secondo me, non sbaglia. In questa Review, quindi, cercheremo di capirne le cause e vediamo se dipendono davvero soltanto dalla pista come dicono alcuni.

Il GP svoltosi nella cornice suggestiva e romantica di Yas Marina ha, in sostanza, non solo chiuso il mondiale di F1 2017, ma ha anche rivelato la situazione tecnica dei team di alta fascia, che si era già potuta intuire nelle precedenti tornate, o meglio, si era potuta prevedere a partire dal termine della sciagurata gara di Singapore: Ferrari in affanno sulla PU, Red Bull in crescita dal punto di vista telaistico e Mercedes in piena gestione del campionato, puntando su ottime e soprattutto solide basi.

E proprio da Mercedes iniziamo l’analisi odierna: il team anglo-tedesco si è mostrato, ancora una volta ad Abu Dhabi, il team da battere ma, stavolta, non con i favori del pronostico. Come vi anticipai infatti nella scorsa review, teoricamente (e in base ai rumors del paddock) il tracciato arabo sarebbe dovuto essere più favorevole alla Rossa (per via del tracciato liscio, il T3 e le gomme della gamma più morbida) ma, come spesso abbiamo visto quest’anno, i pronostici hanno un valore davvero relativo e lasciano il tempo che trovano. Mercedes, infatti, forte di un’affidabilità spaventosa (la PU di Bottas ha superato i 7mila km, montata a Spa) e di una PU freschissima (nonostante la limitazione dell’olio a 0.9 per LH) ha deciso di andare completamente Full Power (confermato dallo stesso Toto Wolff a fine GP) sia in qualifica che in gara.  Se a questo aggiungiamo un avantreno completamente nuovo (si parla di sospensioni e sterzo già montate in Brasile sulla W08 #44) che permette di avere una perfetta temperatura sulle gomme anteriori e posteriori, vero punto debole della W08, si capisce il perchè del dominio visto ad Abu Dhabi. Domanda sorge spontanea però: sarà legale tutto questo? Ebbene… no. Da quanto si “rumoreggia” nel Paddock, Mercedes, esattamente come Red Bull in Messico, ha deciso di sfoderare l’arma che avevano preparato in inverno per questo 2017, salvo poi rincartarla a causa delle famosissime letterine di Simone Resta alla FIA (lette attentamente da un certo Budkowski…). A mugugnare, ovviamente, è il terzo incomodo, l’ultimo team dei top a non disporre di una soluzione del genere: è la volta buona che copino questa soluzione piuttosto che scrivere letterine? Io sono fiducioso dato l’approccio mostrato in questa stagione, la certezza però l’avremo fra pochissimi mesi…

E fra pochissimi mesi sapremo anche in che situazioni saranno anche le Power Unit di Ferrari e Renault. Seppur una molto più vicina a Mercedes dell’altra al livello di efficienza e affidabilità, è chiaro che, al momento, sono i due più grandi punti deboli delle rispettive vetture. Red Bull, infatti, ad Abu Dhabi, pur di non perdere molta velocità nei due rettilinei, ha deciso di optare per un’aerodinamica più scarica, sacrificando il settore guidato (attività che il team di Maranello compie dal GP del Canada); Ferrari, invece, anche se non proprio a suo agio con gli assetti, è sembrata vicina a Mercedes solo quando ha potuto spingere (testimone è il giro di Sebastian Vettel al termine della gara di solo 1 decimo più lento di quello fatto registrare da Bottas appena 3 giri prima), beccandosi però 20 sec con Seb (e oltre 40 con Kimi) a causa del risparmio di carburante, necessario sia per la configurazione aero da altissimo carico, sia per il layout del tracciato e soprattutto per l’architettura di questa ultima evoluzione (o involuzione) portata dal GP della Malesia.

Del GP in sé c’è poco o nulla da dire: una gara soporifera nel vero senso della parola, rianimata a sprazzi da qualche duello e qualche colpo di scena (come il ritiro di Ricciardo per problemi idraulici).

Se il weekend è stato poco attraente, di certo però non si può dire lo stesso per la valanga di news e di rumors confermati che hanno invaso letteralmente le testate giornalistiche e che qui di seguito riassumerò:

  1.  Nuovo Logo della F1:  Tifosi sui social e sui blog di tutto il mondo si sono scatenati riguardo la scelta da parte di Liberty Media di dare, anche dal punto di vista grafico, un taglio netto con il passato. Molti loghi erano circolati in questi giorni e molte sono state le discussioni a riguardo; in un clima di profondi cambiamenti per la F1, aggiungerci pure un cambio di logo ha scosso le fondamenta dei più nostalgici. La scelta, a mio parere, è ricaduta sul meno peggio, anzi, potrei anche azzardare un apprezzamento nei confronti del nuovo simbolo della F1 (sarà per il colore? Chissà…), molto giovanile e attraente nella grafica. Azzeccato anche il video di presentazione, in cui si presentano e si sottolineano con chiarezza le ambizioni del nuovo gruppo di lavoro.
  2. Nuove mescole per il 2018: Pirelli, dal 2011 a capo della fornitura delle gomme in F1, credo sia stata il più grande motivo di discussioni ogni anno ad ogni GP e anche questa volta non farà eccezione. Si conoscevano le intenzioni di Liberty di creare spettacolo e la risposta del costruttore italo-cinese è stata di: rendere più morbide tutte le mescole; aggiungerne 2, una morbidissima, la HyperSoft (Rosa), e una superdura, la SuperHard (Arancio). La vera domanda è: modificare ancora gli pneumatici (speriamo non toccandone la struttura) garantirà davvero maggiore spettacolo?
  3. Ritorno di Kubica nel 2018: manca ancora l’ufficialità, ma il nostro Robertone pare sia davvero pronto per il ritorno in F1 a bordo della Williams-Mercedes dell’appiedato Felipe Massa. Ovviamente scelta coraggiosa di un team che non naviga in buone acque e che ha bisogno di un ritorno mediatico, ma le prestazioni di Robert nei test ad Abu Dhabi (che si sono appena conclusi) sono in linea con quelle di Massa e (si dice) superiori a quelle di Stroll… In una F1 che cambia, il ritorno di un veterano è un motivo in più (o forse uno dei pochi) per seguirla…
  4. Santander dice addio alla Rossa: ebbene si, la banca spagnola che faceva capo ad Emilio Botin, accanito sostenitore di Fernando, dopo la sua morte (di Emilio ovviamente), ha deciso di far scadere il contratto e lasciare la F1 per la Champions League. Si parla di Phillip Morris come sostituto main sponsor (come in epoche gloriose), già presente ma che sarà più visibile e di una nuova partnership con l’azienda di moda Supreme. E i Tifosi iniziano ad immaginare la livrea…
  5. Accordo concluso tra Sauber e Ferrari: come da qualche settimana si mormorava, il nostro Sergione Nazionale ha concluso la trattativa con gli elvetici (o svedesi, decidete voi) di Sauber per la ribrandizzazione della scuderia e per la creazione di un Junior Team, tanto ricercato da anni (dopo il fallimento del progetto con Haas). Si parla di una forte partnership tecnica, per più stagioni, che garantirà non solo la PU (si dice anche trasmissione, retrotreno Ferrari e piloti, uno su tutti Charles Leclerc) alla Sauber, ma anche la possibilità di affiancare ai giovani ingegneri Alfa Romeo i veterani di Maranello, facendo quindi crescere in tutti i sensi una azienda che per anni era stata dimenticata. Bentornato biscione!

COSA VEDREMO NEL 2018?

Abbiamo parlato delle tante novità presentate in questi giorni ad Abu Dhabi, ma non dimentichiamo (purtroppo) quelle già approvate, come Halo (ora anche in versione dispositivo aerodinamico e motivo di anoressia per i piloti), la telecamera a 360° che, seppur utile, posta davanti ad Halo è davvero di pessimo gusto e, per la gioia di Renault e Honda, i 3 motori per 21 gare. Welcome to the new era.

Alla prossima!

Chris Ammirabile