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Peter Collins, il destino di un cavaliere

“Eravamo tutti coscienti il giovedì, quando andavamo via da casa, che forse non saremmo rientrati la domenica, lo sapevano anche le nostre famiglie. Eravamo pazzi, eravamo piloti del Gran Premio, erano una posizione e un privilegio unici”. Lo disse l’ex ferrarista Patrick Tambay alcuni anni dopo la fine della propria carriera, con i capelli grigi e la consapevolezza di avercela fatta, di aver sconfitto il nemico più insidioso. Il francese non era pazzo, come tanti suoi colleghi era animato da una passione che lo spingeva ogni volta a mettersi al volante con la consapevolezza del fatto che la morte facesse parte del gioco, un pensiero che per molti oggi potrebbe apparire folle ma che per loro non lo era affatto e ancora meno lo era per i Cavalieri del rischio che negli anni cinquanta scrissero i primi capitoli della storia della Formula 1, lasciando ai posteri pagine in bianco e nero di racconti e aneddoti indimenticabili.

Capelli biondi, sorriso da copertina patinata, sposato con l’attrice Louise King: potrebbe sembrare l’introduzione per un divo di Hollywood, ma a Peter John Collins piacevano le macchine da corsa e il suo mestiere era quello del pilota: nato a Kidderminster nel 1931, suo padre possedeva una società di trasporti e un garage, aspetti che probabilmente favorirono la sua conoscenza delle auto, che presto divennero una grande passione per il giovane Peter, capace di guadagnarsi un test drive a Silverstone che gli fruttò un contratto sia con Aston Martin che con HWM. Mentre in Formula 1 la sua carriera stentava a decollare, in altre competizioni riuscì a far emergere il proprio talento, al punto da convincere un pilota del calibro di Stirling Moss ad ingaggiarlo per la Targa Florio del 1955, competizione che tra l’altro i due si aggiudicarono. Nel 1957, anno in cui il compagno di squadra Castellotti perse la vita durante un test, venne affiancato alla Ferrari dall’amico Mike Hawthorn, un altro personaggio dallo stile inconfondibile, con il fare elegante e quel papillon con cui era solito correre; dal 1958, con l’ottima 246 F1, i due potevano pensare seriamente al titolo, da contendere alla Vanwall di Moss e al compagno di squadra Musso. Nel team non c’era una prima guida e nacque un’intensa rivalità sportiva, l’allora fidanzata di Musso dichiarò addirittura che i due inglesi si accordarono per dividersi i premi in caso di vittoria di uno dei due, per motivarsi a stare davanti al pilota italiano.

Luigi Musso era considerato uno dei piloti più promettenti dell’epoca e la sua stagione iniziò nel migliore dei modi, con due secondi posti a Buenos Aires e Montecarlo poi, dopo due gare deludenti, si arrivò a Reims dove purtroppo tuttò ando storto: il pilota italiano partì secondo alle spalle di Hawthorn che prese il largo, il ritmo di gara era tiratissimo, Musso non ne voleva sapere di lasciarlo scappare, ma al decimo giro uscì di strada alla Curva del Calvaire e finì nel fossato, venne trasportato in ospedale con ferite alla testa molto gravi, troppo, per lui purtroppo non ci fu nulla da fare, aveva 34 anni ed era la seconda vittima di quella stagione dopo Pat O’Connor, deceduto a causa di un incidente al via della 500 miglia di Indianapolis, allora in calendario iridato. La gara proseguì e Hawthorn vinse agevolmente compiendo tra l’altro un gesto nobile: poco prima del traguardo raggiunse Fangio ma rallentò e gli consentì di transitare prima di lui per evitargli l’onta del doppiaggio, una mossa semplice ma dal grande significato, anche perché per l’asso argentino fu l’ultima presenza: a fine gara infatti tornò ai box, guardo i suoi meccanici e disse semplicemente “è finita”. A quasi 50 anni e con cinque mondiali in tasca decise che ne aveva abbastanza.

Il gesto di rispetto dell’elegante pilota inglese nei confronti di Fangio a Reims esemplifica quanto fossero “umani” i romantici condottieri degli anni cinquanta, e a rendere ancor più l’idea di questo aspetto è un fatto accaduto proprio all’amico di Mike, ovvero Peter Collins, motivo per cui è necessario tornare al 1956. In quella stagione la Ferrari schierò la D50, vettura progettata dalla Lancia, la quale si ritirò dal mondiale e cedette tutto alla casa del Cavallino in seguito alla tragica scomparsa di Alberto Ascari, avvenuta l’anno precedente a Monza mentre il pilota era intento a provare una vettura Sport. I piloti di punta di Maranello per quella stagione sarebbero stati Luigi Musso, proveniente dalla Maserati, Eugenio Castellotti, il grande Juan Manuel Fangio e il giovane Collins, “fiutato” da Enzo Ferrari nonostante fino a quel momento non avesse ancora ottenuto punti iridati. Il Drake voleva in squadra un campione di razza ma non amava Fangio, che in un’epoca dove una stretta di mano valeva più di contratto era invece molto preparato e attento politicamente, tanto abile in pista quanto nella scelta della vettura e del contratto migliori, al punto da riuscire a strappare ad Enzo Ferrari condizioni fino ad allora mai prese in considerazione. Ben diverso il rapporto del Grande Vecchio con l’inglese Collins, cui venne addirittura regalata una bellissima 250GT; ora che correva per Maranello avrebbe dovuto mettere da parte la Lancia Flaminia con cui era solito circolare.

Il mondiale prese il via e in Argentina furono Fangio e Musso a vincere, dividendosi auto e punteggio (all’epoca il regolamento lo permetteva), situazione analoga a quella di Montecarlo dove a condividere il secondo posto alle spalle di Stirling Moss furono Fangio e Collins, che presto diventarono inaspettatamente rivali in quanto l’inglese, dopo la 500 miglia di Indianapolis, calò un bis di vittorie a Spa e Reims, cui l’argentino rispose con i successi a Silverstone e al Nurburgring; si arrivò quindi all’ultima gara, da disputarsi a Monza, con entrambi i piloti in lizza per il titolo e con un terzo incomodo molto pericoloso: Stirling Moss. Iniziò il Gran Premio: sul velocissimo circuito brianzolo, che all’epoca comprendeva sia il tracciato classico che l’anello ad alta velocità, si viaggiava ad oltre 200Km/h orari e causa la tenuta precaria di gomme e vetture non mancarono soste ai box e uscite di strada: Musso e Castellotti tentarono di prendere il largo, poi fu Fangio a passare in testa, ma prima venne superato da Moss e infine fu costretto a fermarsi per noie allo sterzo; con un pretesto venne richiamato ai box Musso per cedere la vettura all’argentino, ma il pilota italiano ripartì subito senza ubbidire alle direttive del team. Peter Collins era ancora in pista e con Fangio fuori dai giochi aveva concrete possibilità di conquistare il titolo, ma ad un certo punto rientrò ai box, scese dall’auto e fece cenno di salire al compagno di squadra, che partì immediatamente lanciandosi con successo all’inseguimento di quel titolo mondiale che sembrava ormai essergli sfuggito, una situazione ideale anche per Enzo Ferrari che dimostrò ancora una volta al suo pilota che la vittoria del campionato arrivò soprattutto grazie alla propria squadra.

A proposito si aprì un dibattito: alcuni nello staff di Maranello dissero in seguito che fosse stato Enzo Ferrari dietro le quinte ad organizzare e gestire la situazione, mentre il manager di Fangio sostenne invece di aver fermato personalmente Collins e che questi accettò l’ordine. La versione “ufficiale” rimase comunque quella dei piloti: Fangio, sempre riconoscente per il gesto del giovane amico, ammise con sincerità che a parti invertite nulla al mondo sarebbe riuscito a toglierlo dalla propria auto per lasciarla ad un collega,  Collins dichiarò invece di aver preso quella decisione serenamente: disse semplicemente a Fangio,  “Guarda, è più giusto che sia tu a vincere questo mondiale, io sono giovane e avrò altre occasioni”. Purtroppo non andò così.

Collins correva anche fuori dalle piste: amante delle donne e della bella vita, conobbe l’attrice Louise King e se ne innamorò a prima vista, due giorni dopo il primo appuntamento la portò in un Hotel a Miami e le chiese la mano, con celebrazione avvenuta una settimana più tardi tra lo stupore di famiglie e amici. In quel periodo stava spostando la propria attenzione anche su altri aspetti esterni alle corse, come il progetto di una nuova casa e alcuni investimenti tra i quali l’ambizione di aprire una concessionaria Ferrari insieme al padre, traslocò inoltre da Maranello andando a vivere con la moglie di uno yacht a Montecarlo, scelta che il Drake non apprezzò. La carriera di Collins proseguì con un deludente 1957 mentre Fangio passò in Maserati e, ironia della sorte, vinse il suo quinto e ultimo titolo mondiale, contrariamente alle previsioni dell’ex compagno di squadra, nonostante l’età ebbe un’ultima occasione iridata.

Torniamo al 1958: superato lo shock per la scomparsa di Musso, Collins non poteva certo dirsi soddisfatto del proprio rendimento fino a quel punto della stagione, con un solo podio e qualche ritiro di troppo, mentre Hawthorn sembrava involarsi sempre più deciso verso l’iride. Nel gran premio di casa fu però Collins a imporsi con un netto vantaggio sul compagno di squadra, anche se la classifica vedeva i due distaccati di 16 punti con sole quattro gare da disputare, quattro battaglie da vincere a partire dal primo scontro diretto: la temibile Nordschleife, più di nove minuti di curve e cambi di pendenza tra prati, colline e alberi, un inferno verde. Il 3 agosto del 1958 Collins partì quarto e si lanciò come una furia all’inseguimento del leader Brooks, ma nel corso del decimo giro uscì di pista a Pflanzgarten davanti agli occhi di Hawthorn schiantandosi contro un albero; morì poco dopo, a 27 anni, durante il trasporto in ospedale. Mike Hawthorn rimase sconvolto, tanto che subito dopo aver vinto il titolo mondiale annunciò il proprio ritiro dalle corse, in una stagione maledetta che pagò un ultimo tributo di sangue con la scomparsa di Lewis Evans nella prova conclusiva disputata in Marocco. Hawthorn era atteso a sua volta da un tragico destino: morì pochi mesi più tardi in un incidente automobilistico. Alcune fonti parlano di un sorpasso finito male mentre era intento a sfidarsi in strada con Rob Walker, signore del Whisky, e anche se le indagini non chiarirono definitivamente l’accaduto la versione è accettata e tramandata da tutti, forse perché rende l’idea di Hawthorn scomparso mentre faceva ciò che amava, correre in macchina, proprio come Collins.

Quel titolo regalato Collins non riuscì mai a conquistarlo, ma il suo gesto è di quelli che eccitano la fantasia popolare e vengono tramandati come un poema epico, si tratta di un episodio più unico che raro di sportività, amicizia e generosità, ma ai fan della Formula 1 non piacciono solo i bravi, amano tutte le storie che da sempre riguardano i propri beniamini: i sogni infranti di chi ha perso la vita inseguendo un sogno, il coraggio di chi torna in pista quaranta giorni dopo un rogo terribile e poche settimane più tardi ammette di avere paura sotto un diluvio ai piedi del monte Fuji, la passione di chi è disposto a correre su tre ruote tentando di vincere un Gran Premio, quella di chi sviene spingendo una macchina, fino a quelli che pur di surclassare un rivale o un compagno di squadra odiato, temuto e rispettato, hanno spinto sull’acceleratore fino ad accompagnarlo nella sabbia o contro un muretto.

Forse Tambay aveva ragione, erano pazzi,  ma è proprio quella pazzia radicata nel dna dei Cavalieri del rischio ad aver reso la Formula 1 uno sport così popolare e c’è un fattore indispensabile che la F1 2.0 ossessionata dallo share e dallo show ha completamente dimenticato, ciò che nel bene e nel male, con pregi e difetti, entusiasmava davvero i tifosi del Circus dei Gran Premi: l’uomo.

Mister Brown

WE ARE BRING – 1ST BIRTHDAY CANDLE

“Siamo tutti delle prostitute sul lavoro perchè quello che amiamo fare lo facciamo gratis” – Marloc

Metà 2010. Un ex collega mi segnalò un Blog di un noto giornalista che si occupava di F1. “Tu che vivi di F1 dovresti proprio leggerlo!” Ma sì dai, leggiamolo. Nei 5 anni e mezzo successivi lessi tanti ottimi articoli ma, cosa ancora più importante, dei commenti ancora migliori da parte di quelle che considerai subito delle Eccellenze. Oggi quelle Eccellenze son tutte qui, o scrivono articoli o li commentano o fanno entrambe le cose. “Se qualcuno ti segue non é per cosa fai o per come lo fai ma PERCHÈ lo fai”.  Il “mio” perchè era e resta “perchè serve un posto sul web dove ci sia libertà di opinione, tifo, espressione e non si debba render conto a nulla e nessuno se non alla propria coscienza”.

Oggi i Bringers compiono un anno. Ne abbiamo fatta di strada dalla chat varata il 31/10/2014 su What’s App che aveva 4 partecipanti ossia me, Emiliano, Grumpy e Filippo. So cosa pensate: assomiglia al “ne resterà soltanto uno” di Highlander. Oggi in realtà ai miei occhi assomiglia di più ad un “mai dire mai”.  La porta é aperta e resterà tale per chiunque abbia la buona volontà di intendere quanto appena scritto. In 1 anno di Bring abbiamo largamente dimostrato di avere una nostra identità ben definita che si chiama onestà intellettuale. Quell’onestà intellettuale che è mancata a tutti quelli che han spacciato per buona la versione “è stato il vento” con Alonso a Barcellona nel febbraio 2015. Quell’onestà intellettuale che può esserci solo dove essendo dei signori nessuno, seppur con due palle grosse così (inteso in senso letterale e quanto a conoscenza degli argomenti trattati), si può sempre parlare con la libertà di chi non deve nulla a chicchessìa. Qui si dice quel che si pensa e ci si confronta (anche aspramente) con chi la pensa diversamente. Lo scambio è fondamentale per la crescita individuale e di gruppo, e questo è un posto dove si cresce non solo attraverso la conoscenza che ci arriva dagli articoli ma anche attraverso l’interazione nei commenti. Questo è un posto dove si viene volentieri perchè c’è sempre qualcosa da imparare e qualcuno disposto ad insegnarlo. Son cose senza prezzo ed infatti il Bring è no profit. Tutto il resto dell’offerta sul web no. Mettetevela via 🙂

Passando a note più lievi che dire? Devo ringraziare tantissime persone per dove siamo arrivati finora. Sono in difficoltà nel farlo per 2 aspetti A l’ordine in cui lo faccio e B la probabilità di dimenticare qualcuno. Sappiate che non è mia intenzione mancare di rispetto a nessuno! Via dunque: grazie a Marloc e Fiammetta, per quel che mi riguarda son sicuro di non essere geneticamente lontano da nessuno dei due. Grazie a Lucx perche senza di lui manco si partiva e grazie a Pier Alberto per averne raccolto il testimone. Grazie a Morok che nei momenti di crisi (tipo la diaspora imolese) ha avuto sempre (le palle ed) il calvinismo di affrontarmi dicendo che stavo infilando qualche errore che molto probabilmente avrei rimpianto. Ringrazio AlexMC12 per riuscire a starci dietro nonostante gli impegni, Aviator per i suoi preziosissimi contributi, Brown per il suo amore nei confronti della F1 che fu, Dave per la sua passione a 4 ruote, Lattughiz per il suo “senso della posizione” nella gestione delle vicende del Bring, l’Orsetto Mannaro (LS) per esser stato tra i primi ad unirsi alla ciurma e per essersi finalmente deciso a rivelare il Verbo, LoSco per quanto ha dato sperando che dia ancora di più nel prossimo futuro, Braccio per essere l’unico tifoso di Vettel che abbia mai conosciuto che prega in un bis dell’accoppiata con Ricciardo, Cliffemall per esser sempre garanzia di un contraddittorio stimolante, Eagle per seguir sempre assiduamente le condivisioni sui socials, Floriano per il suo spessore umano unico che rende tale ogni suo intervento, Timo per lo spaccato scandinavo che ci offre ogni volta che scrive, Luca Bkk per seguirci assiduamente dal Far East, Sancho per la sua genuinità, Tornado per esser sanguignamente con noi fin dagli inizi.

E grazie anche a Corrado Riva, Magic, Aury Vantage, Antonino Rendina, eqqueqquà, Myriam, Dani3lR1cciardo, Diego, al redivivo drnice, a Nikelson, Ricccris, Rosso Ferrari, Seldon, Niki, Il Konz, Gianluca72, lettore espatriato, FerrariScuderia, Sundance76, Sebastian 5, Abramo lo Eretico, Matteo Zamboni, Vanwall e chiunque abbia dimenticato.

Un grazie anche, sia pure obtorto collo, a chi ci da contro ignaro che non esiste cattiva pubblicità ma solo della pubblicità. Continuate così che ci state solo facendo un grosso favore gratuitamente.

Grazie a tutti per essere il Bring! Qui si da voce a chiunque abbia qualcosa da dire sulla F1 in particolare ed il Motorsport in generale. Se avete voglia di farlo fatevi vivi che questo è il posto per voi.

BUON COMPLEANNO!!!!!!!!

HEARTBREAK RIDGE

Ringers carissimi, per festaggiare degnamente i sacri misteri del giovedì sul Bring eccomi qua ad usare il titolo originale di un film da me ritenuto la pietra angolare di ogni uomo degno di essere chiamato tale per parlare (ed invitarvi a fare altrettanto) delle volte in cui la F1 mi ha spezzato il cuore, sportivamente ed umanamente.

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